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Appartenente alla nobile famiglia Emo, della parrocchia di San Leonardo, egli era figlio di Alvise di Leonardo e di Andriana di Piero Badoer. In riferimento alle fonti, apprendiamo che Leonardo nacque nel 1532 e che si imparentò coi Grimani di Santa Maria Formosa, sposando Cornelia figlia di Vincenzo nel 1565.128 Stando alla ricostruzione di Donata Battilotti, risalirebbe proprio al periodo che precede le sue nozze la commissione della fabbrica palladiana nella proprietà di Fanzolo.129

Ma andiamo con ordine, ripercorrendo brevemente il cursus honorum del nobiluomo. Nonostante il prestigio del casato da cui discendeva, Leonardo di Alvise Emo ricoprì cariche di importanza relativamente modesta. La sua vita pubblica ebbe inizio nel 1569 quando divenne podestà di Chioggia; successivamente ricevette altri incarichi tra i quali ricordiamo quello di provveditore alla Sanità (1573-1574), Ufficiale alle Rason Vecchie (1575), membro dei Dieci Savi alle Decime (1577), Savio alla Mercanzia (1585) e infine Depositario al Sal (1586).130 Furono probabilmente il tardivo ingresso sulla scena pubblica e la morte occorsa all'età di cinquantaquattro anni a limitare la sua carriera politica. Egli infatti non raggiunse mai il prestigio del prozio Giorgio, procuratore di San Marco, o del nonno Leonardo che sfiorò addirittura la nomina a doge.131

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ASVe, Miscellanea codici I, Storia veneta, 19: M.Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, III, p. 220v; ASVe, Avogaria di Comun, Nascite,Libro d'oro, reg. 51/1, cc. 73v, 300v; ASVe, Avogaria di Comun, Cronaca matrimoni, reg. 88/1, c. 130v.

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Puppi-Battilotti, 2006, pp. 352-353; Battilotti, 2009, pp.13-33. 130

ASVe, Segretario alle Voci, Elezioni in Pregadi, reg. 4, cc. 26, 36, 44, 53, 69, 81; reg. 5, cc. 8, 21, 23, 30, 124. Cfr. Morao, 2009, pp.40-43.

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Per i profili di Giorgio (1450-1521) e di Leonardo Emo (1471-1540) si fa riferimento ai lemmi contenuti nel Dizionario Biografico degli Italiani. Cfr. Zago, 19931, pp.631-638; Zago, 19932, pp.

Anche per gli Emo, come per i Foscari o per i Cappello, la formazione della proprietà familiare affonda le sue radici alla fine del secolo XV per svilupparsi poi in un vasto progetto di investimento e di riqualificazione fondiaria. Erede di una piccola proprietà ''a Fanzuol e Valà'', Leonardo di Giovanni Emo, acquistò nel 1507 ottantadue campi e successivamente altri appezzamenti.132 Con una serie di acquisizioni egli continuò a estendere la proprietà di Fanzolo fino al 1509, quando scoppiò la guerra di Cambrai, portatrice disordini in tutto il territorio circostante. La campagna di investimenti fondiari riprese il suo corso dopo la conclusione delle vicende belliche: infatti nell'estimo di Castelfranco del 1518, Leonardo di Giovanni Emo risultava essere il maggior possidente di Fanzolo con una proprietà di 269 campi, ''una casa da muro e due tezze''.133

Oltre al consolidamento della proprietà, un aspetto fondamentale del piano è costituito dal progetto di irrigazione di quelle terre sempre troppo aride. Spetta al vecchio Leonardo Emo il merito di portare l'acqua nella villa di Fanzolo: si tratta di una concessione ottenuta dalla Serenissima, ma sempre ostacolata dai villaggi limitrofi e dalle giurisdizioni locali.134 L'acqua dunque è la condizione necessaria per l'incremento dell'attività agricola, ma anche per l'insediamento di una villa, che innanzitutto deve essere in grado di provvedere al suo mantenimento.

La proprietà che il giovane Leonardo ereditò alfine era stata creata dagli sforzi devoluti dal nonno: la villa palladiana dunque diventa il

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Come dimostrato dagli studi di Annalisa Tessarolo, Leonardo e Giorgio avevano ereditato dal padre Giovanni alcuni terreni ubicati ''a Fanzuol e Valà''. Cfr. Biblioteca Civica di Castelfranco Veneto, (d'ora in poi BCCV) Estimo Generale della Podestaria di Castelfranco, reg. 2, anno 1493, c. 150r, in Tessarolo, 1991, p. 90.

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BCCV, Estimo Generale della Podestaria di Castelfranco, reg. 7, anno 1518, cc. 58-60 in Tessarolo, 1991, p. 95; Morao, 2009, p. 40.

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culmine di un lungo progetto perseguito con impegno e continuità.

Dalle fonti documentarie poco si apprende sulla personalità del giovane Leonardo Emo, che risulta essere rigoroso nell'adempimento dei suoi incarichi pubblici, oltre che attento nell'amministrazione delle sue proprietà. Nulla purtroppo emerge sulla sua formazione culturale: informazioni a tal proposito illuminerebbero sulla scelta di Palladio come artefice di questa villa.135

A questo punto si fa strada la medesima questione, mai definitivamente chiarita nella totale assenza di appigli documentari. Ci chiediamo infatti dove si collochi la figura del decoratore e quale ruolo ricopra. Come si è visto, l'unica informazione sulla presenza di Battista Zelotti a villa Emo spetta alla testimonianza di Palladio. Stando al manoscritto de I Quattro Libri dell'Architettura,136 dettato da Palladio al figlio Silla e forse corretto da Orazio,137 il riferimento agli interventi zelottiani non era previsto ed è stato aggiunto successivamente, intorno agli anni 1566- 1567.138 Se non fosse per l'assoluta assenza di ulteriori documenti, un episodio come questo sembra assegnare al pittore un ruolo implicito e secondario.

Carlo Ridolfi, a settant'anni dalla morte del pittore, incapace di comprendere un simile silenzio, cercherà d'individuarne le ragioni:

Battista dunque si cagionò in gran parte il proprio danno avendo per lo più dipinto ne' villaggi, e rese, per cosi dire, selvaggie le più belle sue fatiche,

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''Sappiamo infatti poco, tutto sommato, a proposito della personalità di Leonardo Emo, rispetto a un Daniele o a un Marcantonio Barbaro, a un Francesco Pisani, a un Paolo Almerico, ad altri committenti di Andrea Palladio: Donata Battilotti propone ragionevolmente di ascriverlo a quel 'partito palladiano' che Manfredo Tafuri aveva divinato anche con più precoci anticipi.'', Barbieri, 2009, p. 56.

136

Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codice Cicogna 3617, c. 20r. 137

Puppi, 1988, p. 75. 138

ove non capitando che di rado gl'intendenti (che possono aggrandirle con le ragioni e con le lodi), rimane appresso di molti adombrato il nome suo.139

Zelotti sembra dunque aver intrapreso un percorso dettato da una scelta specifica: egli preferisce l'attività di decoratore in villa a una competizione diretta con gli altri artisti in un contesto cittadino. Giuseppe Barbieri nel suo saggio su villa Emo riflette proprio su questa scelta dell'artista, che sembra procedere parallelamente alla scelta del committente:

Se, almeno per alcuni committenti palladiani [...] la villa costituisce, un'alternativa abbastanza radicale al palazzo urbano, e prefigura di conseguenza un modo diverso di impostare la propria vita personale e familiare, le relazioni con l'intimo statuto della natura, con il registro delle passioni, con il sostrato elementare che connota ogni frammento di creazione (tutti temi presenti nell'apparato zelottiano di villa Emo), ritengo sarebbe il caso di interrogarsi finalmente e precisamente su questo punto: un determinato soggetto comunica significati e sensi diversi a seconda della dislocazione cui è coscientemente destinato?140

Determinati soggetti dunque avrebbero una funzione diversa a seconda del contesto in cui vengono consapevolmente collocati. Il rifiuto degli artifici cittadini che sembra accomunare pittore e committente, finisce per ricadere sul ciclo decorativo e sui suoi molteplici significati. Non ci soffermeremo in questa sede sui messaggi veicolati da queste decorazioni, quanto invece sulla scelta di collocarli proprio in una dimora campestre.

A tal proposito un importante esempio è costituito dalla storia di Callisto che Zelotti raffigura nella loggia della villa. Come sottolinea Giuseppe Barbieri, queste rappresentazioni trovano un precedente importante nelle decorazioni del palazzo Grimani a Santa Maria Formosa. Una volta divenuto unico proprietario dell'edificio, il patriarca Giovanni Grimani aveva avviato un'importante opera di ammodernamento e

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Ridolfi, 1648, (1914), I, p. 364. 140

decorazione, che durerà molti anni e che coinvolgerà numerosi artisti.141 Stando a una data incisa nel fregio del soffitto, risale al 1539 il camerino decorato dagli stucchi di Giovanni da Udine e dedicato proprio al mito di Callisto: sarebbe questo il precedente agli affreschi della loggia della villa di Fanzolo. I rapporti tra gli Emo e i Grimani, ribaditi dal matrimonio di Leonardo e Cornelia nel 1565, risalivano al 1557 quando la cugina Andriana figlia di Giovanni Emo aveva sposato Vincenzo di Antonio Grimani.142 Oltre a questi importanti vincoli familiari, si può notare un comune retroterra artistico e culturale. L'aspetto per noi importante però è un altro, ovvero gli strumenti utilizzati e gli effetti sortiti con la rappresentazione del medesimo episodio. Riprendendo la storia di Callisto, presente sia a Venezia che a Fanzolo, notiamo che l'utilizzo dei mezzi e delle modalità produce esiti diversi:

L'effetto su chi osservi le due versioni non può essere lo stesso, e questo dipende anche dall'ingombro materiale, dal formato delle due rappresentazioni. A Palazzo Grimani nel Camerino di Callisto, come in quello attiguo di Apollo, la sensazione è quella dell'omaggio antiquario, raffinatissimo, a quel sapere ''archeologico'' cui la cerchia di Raffaello, e in essa Giovanni da Udine, aveva tanto contribuito. Nella loggia di villa Emo le figure e il paesaggio hanno la naturalezza di un mondo concreto e presente.143

La medesima figurazione dunque produrrebbe effetti diversi se collocata in un palazzo veneziano o in una villa campestre, dove l'uomo entra in comunione con la natura e i miti classici assumono una concretezza quasi tangibile. Questa riflessione ci rimanda inevitabilmente alla scelta di Leonardo Emo, e a Battista Zelotti che di questa scelta si fece interprete.

141 Bristot, 2008. 142 Morao, 2009, p. 43. 143 Barbieri, 2009, p. 70.