La notizia della formazione e degli esordi di Zelotti nella città natale non è sostenuta da testimonianze documentarie, ma da una tradizione veronese settecentesca che intende ribadire le origini di un pittore il quale, non ancora trentenne, riuscì a superare la dimensione artistica locale.
Le più antiche notizie infatti testimoniano l'attività di un artista piuttosto giovane e già impegnato in significative commissioni pubbliche veneziane. È del tutto legittimo chiedersi come arrivi questo pittore in laguna e attraverso quali percorsi giunga al coinvolgimento in simili imprese.
Ottenuto l'apprezzamento dei committenti in terraferma, maturato un repertorio figurativo e formale riconoscibile, Battista Zelotti è ormai pronto per ricevere incarichi pubblici a Venezia. Stando a Vasari, Giovanni Battista Ponchino, incaricato di decorare la Sala dei Dieci e la Stanza dei Tre capi285 in Palazzo Ducale, volle affiancarsi Paolo Veronese e Battista Zelotti:
Conoscendo costui non poter far da sé ed avere bisogno d'aiuto prese per compagni Paulo da Verona e Battista Farinato.286
È del tutto impensabile che Ponchino si sia mosso autonomamente, senza rendere conto ai nobiluomini che sovrintendevano al rinnovamento di quelle sale. Qui prese forma un apparato decorativo complesso, realizzato
285
''In seno al Consiglio dei Dieci venivano scelti ogni mese i tre Capi, alternativamente di settimana, i quali lo rappresentavano stabilmente. Ad essi spettava l'iniziativa degli affari, il far eseguire le deliberazioni del Consiglio, il difendere la quiete e la libertà dei sudditi da prepotenti, la sorveglianza delle carceri, etc. Davano udienza tre giorni per settimana, erano privati dell'ufficio se mancavano per otto giorni di seguito, dovevano osservare la contumacia di un mese. Avevano anche funzioni giudiziarie autonome, come il decidere in ultima istanza i casi urgenti ma non gravi di soprusi del patriziato.'', Da Mosto, 1937, I, pp. 52 e 53.
286
nel rispetto di un programma iconografico d'impronta mitologica/ allegorica ideato da Daniele Barbaro.287
Questi incarichi ufficiali misero in luce i due pittori veronesi, i quali successivamente ricevettero altre prestigiose commissioni, sia a livello pubblico che privato. Successivamente, assieme ad altri artisti, vennero coinvolti nella realizzazione di ventun tondi che, nella Libreria di San Marco, avrebbero ornato la sala destinata alla conservazione dei codici lasciati alla Serenissima dal cardinale Bessarione.288
Ordinatore dell'impresa è il procuratore di San Marco Vettore Grimani affiancato dal procuratore Antonio Cappello, i quali presumibilmente orientarono la scelta degli artisti e dei sistemi figurativi.289 Arbitro dell'operazione, come è noto, fu Tiziano,290 ma è del tutto legittimo credere che i due procuratori abbiano avuto un'influenza in grado di andar oltre il mero esercizio delle loro funzioni ufficiali. Alcuni di questi pittori come Battista Franco o Giovanni De Mio infatti erano legati a Vettore Grimani, che precocemente sembra informare l'ambiente veneziano del gusto artistico centroitaliano.291 Altri pittori invece, come Paolo Caliari e Battista
287
''Et l'inventione fu di Daniel Barbaro eletto d'Aquileia dottissimo gentilhuomo di questa età.'', Sansovino, 1581, p.123 b.
288
''Fu già un cardinale che si chiamò Bessarione, huomo greco. Costui a suoi tempi hebbe una honorata libraria, così di cose greche come latine. Venendo à morte lasciò tutto al Dominio. In questa fabbrica adunque si metteranno i detti libri.'', Sansovino, 1561, p. 23r.; Zorzi, 1987, p. 63. 289
Le discussioni relative al completamento della sala della Libreria risalivano a vent'anni prima, come ricorda Sanuto il 21 gennaio 1533: ''Fo in Collegio con li Cai di X, in execution di la parte presa in Conseio di X, di elezer uno per il compir la sala di la Libraria, sofitarla, etc., et tolti . . . . , rimase sier Jacomo Soranzo Procurator, balotadi sier Antonio Capello Procurator, sier Vetor Grimani Procurator, sier Antonio Mozenigo Procurator, sier Francesco Contarini fo savio à Terraferma, et alcuni altri.'', Sanuto, LVII, c. 447.
290
Vasari, 1568 (1878-1885), VI, pp. 372-373; Ridolfi, 1648 (1914), I, p. 305; Ivanoff, 1968, pp. 35-78.
291
Bisogna costantemente tenere presente il vincolo che unisce Vettore e gli altri esponenti della famiglia Grimani agli artisti di area centroitaliana: ''Carattere comune degli artisti è il loro legame con l'ambiente dei Grimani; essi inoltre partecipavano tutti in maggiore o minor misura del gusto nuovo, giunto - a opera soprattutto dei Grimani - dall'Italia centrale.'', Zorzi, 1987, p.141. Per il mecenatismo della famiglia Grimani: cfr. Paschini, 1926-1927, p.140-190 e Paschini, 1960.
Zelotti, sembrano collegarsi prevalentemente all'ambiente culturale e alla rete di contatti di Antonio Cappello. Il confronto tra le varie informazioni in nostro possesso ci aiuta a indagare un rapporto di interdipendenza tra ambito pubblico e committenza privata, che nel caso di Grimani e Cappello diventa particolarmente rilevante. Le due situazioni, pur diverse, manifestano caratteri e peculiarità che le rendono significative: se più nota e appariscente è quella di Vettore Grimani, non meno interessante è quella di Antonio Cappello. In un caso si tratta di un forte interesse che coinvolge l'intera famiglia,292 nell'altro invece si tratta di un'attenzione generata da contingenze professionali e sviluppatasi poi autonomamente. In questa maniera si possono comprendere peraltro alcuni aspetti relativi all'arrivo e alle prime commissioni di Battista Zelotti a Venezia.
La nostra indagine si appunterà proprio sulla figura di Antonio Cappello, sulla sua innata capacità di intessere rapporti, sulla sua abilità nel gestire i contatti, sul suo peso nel determinare le scelte. Grazie al suo pragmatismo e all'intesa professionale coi suoi collaboratori, le volontà oscillanti della pubblica committenza finalmente sembrano diventare progetti realizzabili.
292
L'amore per le arti e per l'antichità che animava il cardinale Domenico Grimani fu ereditato anche dai nipoti Vettore, Marco, Marino, Giovanni. Riflessi di questa cultura antiquariale e di questo gusto figurativo di matrice centro-italiana finirono per informare le tendenze artistiche veneziane. Il contributo di Vettore si riconosce soprattutto nelle iniziative di carattere pubblico. Non è possibile riferire completamente della densa bibliografia sull'argomento. Paschini, 1960; Foscari - Tafuri, 1982, pp. 100-123; Gullino, 2000; Lotto, 2003-2004, pp. 23-30; Bristot - Cadore, 2010, p.28-29.