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L’amico professor Mario Verdone

Nel documento Mario Verdone. Lo sguardo oltre lo schermo (pagine 137-141)

Nel 2005 mio padre Sergio Micheli pubblicò il volume Il Pianeta Cinema1, un’appassionata car-

rellata di incontri con registi, attori, artisti, scrittori, scenografi, direttori di riviste, operatori di cinema, giornalisti e critici cinematografici che hanno fatto la storia del cinema in Italia e nei Paesi stranieri che aveva avuto l’opportunità di visitare come docente di Storia e critica del cinema. Nella premessa al volume dichiara tra l’altro: «Nell’elencare la gente di cinema che ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere, ho voluto prendere in considerazione non tanto il loro lavoro e la loro storia personale, quanto invece quegli aspetti di piacevole aneddotica che sono emersi in occasione di contatti e incontri più o meno occasionali, più o meno combinati, se non periodici e duraturi». Fra circa un centinaio di figure raccontate nel volume in questa prospettiva, compare anche Mario Verdone, di cui mio padre era amico ma anche, come si vedrà, grande estimatore, malgrado negli anni non fossero mancate occasioni di dibattito e divergenza, tuttavia sempre nel reciproco rispetto della diversa storia personale e professionale.

Paola Micheli

Nei primi giorni di ottobre del 1962 il Cineclub FEDIC Milano, il cui presidente era il dinamico Nino Giansiracusa, anche autore di ragguardevoli film d’amato- re, aveva organizzato le Giornate Internazionali del Cinema di Amatore nella splendida cornice di Stresa. La manifestazione consisteva in un convegno sul documentario; relatori Luigi Serravalli, Mario Verdone, Giampaolo Bernagoz- zi, Leonardo Autera e il sottoscritto. Era inoltre in programma la proiezione di alcuni corti di produzione italiana e di altri paesi del mondo scelti per le loro particolari qualità contenutistiche ed estetiche. Anche Mondo di notte2 fu inserito

in questo programma.

In tale occasione conobbi, finalmente, il mitico Verdone. Il luogo più giusto per l’incontro con lui doveva essere logicamente Siena, considerate le sue assi- due frequentazioni poiché attratto dal posto in cui è cresciuto, in cui ha studiato e dove gli amici che lo stimano non si contano. Io ero restato fuori da questa cerchia perché non era mai capitata una qualche combinazione favorevole. Così quello di Stresa fu un approccio e una compagnia oltremodo piacevole anche perché, avendo tutti e due la città di Siena in comune (anche se lui della contrada

1 S. Micheli, Il Pianeta Cinema. Incontri ravvicinati, Cassano all’Jonio, La mongolfiera, 2005. 2 Mondo di notte è un documentario realizzato nel 1962 da Sergio Micheli, coadiuvato da Gio-

della Selva, io dell’Istrice), capitò di entrare nel merito di una serie di argomenti nei quali ci trovavamo a discutere con cognizione di causa e, come dire, all’uni- sono.

Quando il Comune, l’Azienda autonoma di turismo e altri enti senesi decisero di organizzare, su suggerimento di Verdone, il primo Festival del folklore, dove io avevo l’incarico di segretario, si creò felicemente l’occasione per consolidare l’amicizia con Mario. Scoprii che la sua vicinanza e la sua compagnia, quindi le conversazioni con lui, erano così gradevoli da lasciarmi incuriosito sempre più ogni volta che dovevamo salutarci.

Il suo senso dello humor, il suo volgere allo scherzo le cose che non meri- tavano attenzione, quindi la sua conseguente tipica e inconfondibile risata di un curioso sonoro musicale, mi convinsero di quanto fossero apprezzabili le sue doti di affabile e simpaticissimo conversatore. Ricordo ancora la sua solita espres- sione quando si selezionavano i film in concorso. La pellicola, nello scorrere in proiezione, aveva depositato sulla finestrella dell’obiettivo i soliti noiosi residui di microscopica peluria.

«Sarà bene – disse Mario – pulire questo obiettivo...». «Semplice – dissi – ci si dà una soffiata!».

Questa espressione, che indicava un modo immediato ed empirico di rime- diare all’inconveniente, gli sembrò così buffa da suscitare in lui la solita reazione consistente in una spontanea risata, alla sua maniera, che non finiva più. Il con- tagio di quel modo di ridere prese tutti i componenti la giuria fino a risolversi in una allegra chiassata generale.

Devo poi a Mario se cominciai a collaborare alla rivista «Bianco e Nero» quan- do lui, in quella redazione, ricopriva la carica di segretario. Era il 1966, eravamo proprio in Piazza del Campo e c’erano con lui i suoi ragazzi Carlo e Luca, allora giovanissimi, quando mi propose di scrivere qualcosa per la sua rivista. Ero re- duce da pochi giorni dalla Mostra del Cinema di Venezia, dove Antonioni aveva ricevuto il Leone d’oro per Deserto rosso: un film che mi convinse definitivamente che il personaggio femminile assumeva, nell’intera opera del regista ferrarese, un ruolo particolare, degno di attenzione e considerazione. Ebbi così l’onore e il pia- cere di vedere pubblicato, come intervento di apertura della rivista, il mio saggio Il personaggio femminile nei film di Antonioni (primo studio su questo tema, più volte, ahimè, saccheggiato anche da illustri studiosi senza nemmeno citarne la fonte...).

Innumerevoli poi sono state le occasioni d’incontro. Memorabile quella di Mario Verdone regista quando al cinema Metropolitan, zeppo di gente, fu proiet-

tato, insieme ad altri film su Siena, il suo pregevolissimo Stracittà, sull’arte di Mino Maccari. «Quando te lo riconsegneranno – mi raccomandò – portalo a un signore tal dei tali che abita in Via dei Fusari. Lui me lo riconsegnerà quando ritornerò a Siena». L’impegno fu assolto da me personalmente e con puntualità, ma Mario non ha mai avuto, da questo spreciso e distratto signore, il suo prezioso film. Peccato. Se poi, per conto della nostra Università3 non avessi fatto fare una copia

in Betacam, si sarebbe irrimediabilmente perduta ogni traccia di un lavoro unico su Maccari e, più che altro, di eccezionale qualità.

Un altro straordinario momento tra i tanti nostri fecondi incontri avven- ne quando, dopo aver ritrovato fortunatamente (e fortunosamente) l’originale in 16mm del film di Michele Gandin, Cinci, da Pirandello (anno di produzione 1939), invitai il regista e Mario in un incontro con gli studenti e con il pubblico presso la nostra Università. Il fatto di ritrovarsi di nuovo, uno di fronte all’altro, a parlare dopo ben cinquant’anni di Cinci (la cui lavorazione e le cui vicissitudini erano state vissute anche da Verdone), dette luogo a una discussione, a momenti accesa, che, oltre a entrare nel merito specifico del film, prese di mira l’argo- mento, delicato, della funzione dei Cineguf (di cui Verdone, a Siena, era stato il Fiduciario). Di questo incontro esiste, per fortuna, una registrazione in video estremamente importante per lo studioso di storia del cinema italiano.

Poi ci siamo visti con Verdone un’infinità di volte: ai convegni, ai festival e, più che altro, a Siena, all’Università, all’Accademia Musicale Chigiana (una volta dovette sostituire Diego Carpitella venuto a mancare improvvisamente. Parlò di Acciaio di Walter Ruttmann e della musica di Malipiero. Una conferenza applaudi- tissima; credo una delle più trascinanti che Mario abbia mai fatto).

Sempre, comunque, abbiamo avuto bisogno della sua testimonianza ogniqual- volta i nostri interessi sulla ricerca si sono orientati sulla storia del cinema a Siena. Il suo amore per la città lo si evince anche attraverso la sua attività di documenta- rista. Scrive il testo per Siena città del Palio (1951) di Glauco Pellegrini e, oltre al già nominato Stracittà, realizza Madonne Senesi (1958), Sano di Pietro (1958), Viole di Santa Fina (1958), Montepulciano perla del Cinquecento (1959), Caterina di Fontebranda (1962).

Ma a proposito della sua attività di docente di Storia della critica del film (quale primo professore universitario della disciplina) ha il merito di avere ini- ziato, negli anni Cinquanta, l’insegnamento della materia presso l’Università per stranieri di Siena; un avvio che poi ha dato luogo all’incarico ufficiale, perciò alla stabilizzazione, dell’insegnamento.

Nel documento Mario Verdone. Lo sguardo oltre lo schermo (pagine 137-141)