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Siena in scena

Nel documento Mario Verdone. Lo sguardo oltre lo schermo (pagine 131-135)

Quando nell’agosto 1966 Mario Verdone fu insignito del Mangia d’oro, il premio annualmente assegnato a chi, con la sua opera, ha arrecato a Siena lustro e bene- merenza, Silvio Gigli scrisse sul «Campo di Siena» un articolo, in cui – fra l’altro – diceva: «con Mario Verdone le lettere senesi raggiungono, nella cornice d’una ambivalenza tra fiabesca e moralistica, il loro vertice felice»1. A raggiungere que-

sto vertice felice contribuisce in buona misura la produzione teatrale di Verdone e, in particolare, quella che vede Siena quale protagonista, con le sue strade, le sue contrade e il suo vernacolo.

Come ha già ricordato Gianfranco Bartalotta in un saggio pubblicato nel 2010 e dedicato all’argomento in questione2, Verdone fu sollecitato ad occuparsi di

teatro fin da giovanissimo, abitando vicino al teatro di un Ricreatorio in Via del Costone, sul cui palcoscenico salì anche come comparsa. Sul palcoscenico del Teatro dei Rozzi, invece, Verdone si presentò come autore nel marzo 1945 per uno spettacolo goliardico, in occasione delle Feriae Matricularum, che proprio in quell’anno ripresero dopo la lunga parentesi della guerra.

L’operetta s’intitolava Il trionfo dell’odore e – come ricorda lo stesso Verdone nelle pagine di un «numero unico» dei goliardi senesi del 20053 – parodiava il

titolo di un’opera di Scarlatti, Il trionfo dell’onore, già rappresentata dall’Accademia Musicale Chigiana e quindi ben conosciuta da Verdone, che aveva scritto alcuni libretti d’opera per gli allievi di quell’Accademia, testi poi ricordati dal musicolo- go Ulderico Rolandi per le Edizioni dell’Ateneo4.

A Siena gli Alleati erano entrati il 3 luglio del 1944 e Verdone scrive:

Ricordo di essere andato dal capitano Alexander, che dirigeva in Prefettura l’ufficio del- lo Psycological Welfare Branch (P.W.B. o ‘guerra psicologica’). Avevo scritto il copione 1 S. GiGli, Mario Verdone o della fiaba, «Il Campo di Siena», 13 agosto 1966.

2 G. BaRtalotta, Mario Verdone e il teatro: un viaggio nella vita, in A self-made man, atti del con-

vegno in ricordo di Mario Verdone (Roma, 2 dicembre 2009), a cura di M. G. Casadei e M. Zecchini, Roma, Kappa, 2010, pp. 151-173.

3 M. VeRdone, 1945-2005. Ricordo del «Trionfo dell’odore», in Imprimatur. Numero unico Feriae ma- tricularum MMV, [Siena 2005] (disponibile presso la Biblioteca comunale degli Intronati Per.

Sen. B/55), pp. 6-7.

dell’operetta Il trionfo dell’odore, ambientato nella Siena ottocentesca e che prendeva in giro un po’ tutti i battaglioni ‘M’ e pure la Santa Alleanza, che poteva essere anche una metafo- ra degli Alleati. Da molte parti si negava l’opportunità di fare rappresentare Il trionfo dell’o-

dore al Teatro dei Rozzi. Dissi al capitano Alexander, che frequentavo cordialmente per

il ‘visto si stampi’, una sorta di incruenta censura alle bozze del settimanale «Rinascita» di cui mi occupavo: – Ci avete restituito la libertà. Fatecela godere! – Il consenso venne, nonostante l’opposizione delle rinnovate autorità locali e del Prete Bello, ma a patto che non fosse violato il coprifuoco, giacché le truppe liberatrici non avevano ancora conclusa la loro missione e combattevano a nord verso e oltre la ‘linea gotica’. Erano le 17 del 3 marzo 1945. Il Teatro dei Rozzi, gremito, vibrava di una nuova emozione, con gioioso entusiasmo. Si udirono le note del più conosciuto dei canti goliardici: «Questo è quel lago / dov’è affogato Gaspero...». Poi si spensero le luci e l’operetta cominciò sull’aria di «Gigolette» (...). Rammento che molti spettatori avevano le lacrime agli occhi, il peggio era passato. I nazisti sconfitti. Siena era salva. (...). L’operetta – conclude Verdone – ebbe un successo strepitoso e molte repliche. Tutti ne apprezzarono la grande eleganza. E ci furono anche altre città dove fu rappresentata, fra cui Padova ‘la dotta’, nel Teatro Verdi, con una grande festa goliardica. La ‘mitica’ operetta fu ripresa altre volte, pure in decenni successivi5.

Sulla scena, l’azione è in buona parte ambientata nelle latrine pubbliche di Via di Beccheria, dove i gestori Cleto e Imelda vogliono un’igienica soluzione per il loro impianto. Ecco allora la magistrale scena, dove si presenta la geniale macchi- na, che farà trionfare il buon odore; i personaggi sono l’ingegner Ficca, inventore della macchina, l’«uomo di lingua» Vergilio per dare un nome alla macchina stessa e naturalmente i coniugi Cleto e Imelda:

FICCA: Questa è la diabolica cassetta. Ecco qua. Essa si divide in sei parti: canna, cassa, palla, tubetto con nasello, corda spirale, meccanismo di scaricamento e sparo.

VERGILIO: (con entusiasmo) Magnifico! CLETO: Veramente ammirabile.

IMELDA: Però ha taciuto della culatta mobile.

CLETO: A bella posta non vi pose mente; quella deve sistemarcela l’utente.

FICCA: Quando l’acqua, mercé la canna, entra nella cassa, la palla, ch’è pneumatica ed antimagnetica, rimanendo a galla, sale col salir dell’acqua mentre il tubetto con nasello, detto altrimenti pispolo, che trovasi all’estremità della macchina, entra...

IMELDA: Dove, dov’entra il pispolo?

FICCA: Entra nel foro chiudendo con la guarnizione la valvola di sicurtà. VERGILIO: Da tal cagione dipende quel rumoretto strano e sibilante? (imita)

FICCA: È naturale, lo capirebbe un ciuco. Quello è il momento in cui si chiude il buco. 5 VeRdone, 1945-2005. Ricordo del «Trionfo dell’odore» cit.

IMELDA: E quando si riapre?

FICCA: Nel secondo momento. L’utente, finita la funzione, tira la corda a spirale... VERGILIO: Non ho capito, quale?

CLETO: Quella! (indica)

FICCA: Appunto, volgarmente chiamata catenella. Qui sopra è fissato un bilanciere che, allo strappo, agisce a mo’ di leva ed un secondo tappo ti solleva. Il buco grosso s’apre e l’acqua, qual ciclone, a precipizio, si precipita giù nell’orifizio. Lo scroscio, in un turbine di schiuma, si avventa, si ritorce, afferra, lascia, sguiscia, ricasca, monta, schizza, sprizza e tutto netta... mentre torna a riempirsi la cassetta... (accenna alla medesima)

IMELDA: Meraviglioso gioco!

VERGILIO: Potenza delle meccaniche!

FICCA: Di modo che, appena fatta la prima funzione, si può fare la seconda, e la terza, e la quarta e così via per tutta la giornata e, se lo vuoi, per tutta la nottata.

IMELDA: Qual vigoria! Che potere inaudito! Applicatelo, di grazia, anche a mio marito... VERGILIO: Tacete, verbigrazia, tacete. Io cogito... io ponzo...

CLETO: Sssst! IMELDA: Silenzio! FICCA: Ei ponza il nome!

VERGILIO: Verbum nominale in linguae oris sputandum conatur... FICCA: Coraggio che viene... forza...

VERGILIO: Acqua... idros... TUTTI: Ponza!

VERGILIO: Scaricamentum! TUTTI: Dai!

VERGILIO: Idroscaricatore! FICCA: Il termine è savio...

CLETO: Ma poco commerciale... no, non l’accetto.

VERGILIO: Avete ragione. Convien qualcosa di più popolare. FICCA: Riponza...

VERGILIO: Sci...sciagua...sciaguattosa! No... sci... TUTTI: Sci... Sci...

VERGILIO: Sci... Sciacquo! TUTTI: Troppo corto.

VERGILIO: Sciaguattaventoliera! TUTTI: Troppo lungo.

VERGILIO: Sci... scia... mondo birbone! Ho trovato! Si chiamerà sciacquone! TUTTI: Eccolo! È lui! Questo ci piace finalmente!

FICCA: Signori, lo dico senza boria, ma questo nome passerà alla storia!

VERGILIO: Onori e lodi siano degna mercede alla scienza del novello Archimede!6 6 M. VeRdone, Il trionfo dell’odore, in Teatro goliardico senese, a cura di G. Catoni e S. Galluzzi,

«Il teatro goliardico senese del secolo XX – scrisse poi Verdone quarant’anni dopo nella prefazione al primo volume antologico sul tema, curato da Sergio Galluzzi e dal sottoscritto7 – mi appare, a riesaminarlo, non meno significativo

del teatro goliardico in latino e umanistico, di cui sapientemente si occupò il Pandolfi8: intendendosi per goliardico quanto è stato scritto da studenti (anche se

chierici come Enea Silvio) per studenti e non, con intento giocoso e satirico, in un clima culturale unitario, fatto di condizioni ambientali e consuetudini mentali e stilistiche comuni. Ma nel generoso vivaio di Siena, come appare dalla presente raccolta, la tradizione risulta più ricca che altrove, felicemente poggiata su copioni validi come su tutta una schiera di inscenatori e di attori, per i quali non si può parlare – anche se furono contemporaneamente goliardi, esponenti del teatro dialettale e filodrammatico – di ‘dilettanti’ nel senso effimero del termine».

7 M. VeRdone, Sul teatro goliardico contemporaneo, in Teatro goliardico senese cit., pp. 7-15, in parti-

colare p. 15.

Nel documento Mario Verdone. Lo sguardo oltre lo schermo (pagine 131-135)