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Dopo aver individuato gli effetti della codificazione del vizio della nullità del provvedimento amministrativo sull’evoluzione del sistema di riparto della giurisdizione, occorre ora capire se e con quali modalità l’azione atta a fare valere detto vizio del provvedimento possa essere fatta valere innanzi all’autorità giurisdizionale amministrativa ed ordinaria.

Per quanto attiene all’esperibilità dell’azione di nullità innanzi al giudice amministrativo, va da subito detto che il Consiglio di Stato308 in maniera particolarmente rigorosa ha recentemente affermato che “l’azione di accertamento è

ammessa nell’ambito della giurisdizione esclusiva (del giudice amministrativo) nei soli casi in cui sia controverso un rapporto giuridico, caratterizzato dalla correlazione tra un diritto soggettivo ed un corrispondente obbligo, mediato, eventualmente, dall’adozione di un atto paritetico, e non anche per quanto concerne gli interessi legittimi o, comunque, situazioni che trovano titolo in atti amministrativi di carattere autoritativo, ancorché vincolati” ed ha aggiunto che “la

giurisdizione amministrativa di legittimità è giurisdizione di annullamento e non consente azioni di mero accertamento”.

Altra giurisprudenza309, poi, ha osservato come l’articolo 26, 2° comma, della Legge istitutiva dei T.A.R., secondo cui il Tribunale amministrativo regionale “se

accoglie il ricorso per motivi di incompetenza, annulla l’atto e rimette l’affare all’autorità competente. Se accoglie per altri motivi annulla in tutto o in parte l’atto impugnato, e, quando è investito di giurisdizione di merito, può anche riformare l’atto o sostituirlo, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa”,

costituisce una specifica disposizione volta a regolare la natura delle sentenze di accoglimento del giudice amministrativo in sede di legittimità e, come tale, impedisce l’ingresso della pronuncia dichiarativa della nullità. “L’ostacolo”, sottolinea la predetta giurisprudenza, “è insuperabile, poiché l’ingegneria giuridica

non può mai essere genetica. Intervenire, cioè, ad alterare i connotati con cui un sistema è nato”.

Altre pronunce, quindi, accertata la nullità di un provvedimento, hanno affermato l’inammissibilità per carenza d’interesse del ricorso sulla base della considerazione secondo cui l’atto nullo non può produrre effetti lesivi per il ricorrente310.

309T.A.R. Puglia-Bari, Sezione III, 26 ottobre 2005, n. 4581, in www.LexItalia.it.

310Così T.A.R. Puglia-Bari, sez. III, 19 ottobre 2006, n. 3740, in www.LexItalia.it, e, più risalente, T.A.R. Lazio-Latina, 23 ottobre 1991, n. 817, in Foro amministrativo, 1992, p.1749. Secondo CARINGELLA F.,

Corso di diritto amministrativo, Milano, 2005, p. 1816, le pronunzie di rito di questo genere contengono un accertamento sostanziale, “posto che la declaratoria di inammissibilità si basa sulla verifica della

patologia radicale dell’atto stesso” in quanto in questi casi una pronunzia di inammissibilità per difetto di

interesse ad impugnare è, sostanzialmente, “una decisione di rito con contenuto sostanziale di

accertamento, il cui sostrato è dato dall’accertamento della nullità dell’atto” che è “idonea a passare in giudicato anche con riferimento all’accertamento della nullità”. In questi termini, una siffatta pronunzia

“è solo apparentemente una sentenza sfavorevole”, in quanto, in realtà, “riconosce la pretesa del

ricorrente e produce un effetto equivalente alla sentenza di accoglimento”. Di diverso avviso, invece,

T.A.R. Puglia-Bari, sez. III, 26 ottobre 2005, n. 4581, cit., secondo cui: “è oltremodo dubbio che la

statuizione di inammissibilità possa effettivamente giovare al ricorrente. Premesso che l’accertamento sulla nullità avverrebbe incidenter tantum (senza, cioè, efficacia di giudicato), la questione potrebbe riproporsi rispetto ad altri soggetti su cui il provvedimento è destinato ad incidere. Persino nello stesso rapporto tra il ricorrente e l’amministrazione la formale sopravvivenza del non demolito atto potrebbe essere fonte di fastidi, qualora ad esempio l’amministrazione lo reiterasse oppure pretendesse di portarlo

In realtà, preso atto di questi orientamenti giurisprudenziali, va detto che da un punto di vista strettamente ontologico la tutela costitutiva fornita dal giudice amministrativo (che si esprime attraverso l’emanazione di pronunzie di carattere demolitorio) e la tutela di condanna presuppongono e contengono l’accertamento della situazione giuridica contestata: l’azione atta a fare valere la nullità del provvedimento amministrativo, infatti, non è un’azione così diversa da quella atta ad annullare il provvedimento, anzi può considerarsi come una specie della stessa famiglia di azioni. Nella prima si mira a fare conoscere e dichiarare al giudice la sussistenza di una particolare forma d’invalidità del provvedimento, la nullità; nella seconda, oltre a far conoscere e dichiarare l’invalidità del provvedimento si mira a farne rimuovere gli effetti che lo stesso già ha prodotto.

Nel nostro sistema processuale, poi, non esiste alcuna norma che precluda la possibilità di incardinare giudizi di accertamento innanzi al giudice degli interessi legittimi, anzi: per la tutela costitutiva vige il principio, dettato dall’articolo 2908 C.c., per il quale detta tutela deve essere autorizzata da esplicite previsioni legislative limitazione, nulla di similare è previsto per quanto concerne quelle forme di tutela che si estrinsecano nei provvedimenti giurisdizionali di natura dichiarativa.

Né, ancora, appare condivisibile la citata tesi della carenza d’interesse in quanto l’atto o il provvedimento nullo, pur non potendo produrre effetti giuridici direttamente lesivi della sfera giuridica del privato, possono però sempre produrre effetti materiali che, qualora qualificati come fatti giuridici dall’ordinamento, possono a loro volta produrre effetti giuridici che rendono possibile l’esistenza in capo al ricorrente dell’interesse ad ottenere la pronuncia declaratoria della nullità del provvedimento (si pensi all’impugnazione di un provvedimento nullo con il quale l’amministrazione s’impossessa di un bene: il privato ha tutto l’interesse a che il provvedimento sia dichiarato nullo, tra l’altro al fine di evitare che l’amministrazione realizzi gli effetti giuridici che la legge prevede in favore del possessore).

Per quanto riguarda, poi, la possibilità di esperire l’azione atta a fare valere la nullità innanzi al giudice ordinario nei casi di difetto assoluto di potere, può dirsi che

ad esecuzione o di porlo a fondamento di atti consequenziali (sempre che ciò non fosse già avvenuto) o, ancora, di sanarlo”.

a parere di chi scrive non sussistono ostacoli alla proponibilità davanti alla autorità giudiziaria ordinaria di azioni dichiarative della nullità dei provvedimenti amministrativi violativi di diritti soggettivi (non assoggettati, ovviamente, alla giurisdizione amministrativa esclusiva).

Di diverso avviso è, però, quella parte della dottrina311 secondo la quale il giudice civile, accertata la nullità del provvedimento, dovrebbe in ossequio a quanto disposto dalla Legge abolitrice del contenzioso amministrativo312, limitarsi a disapplicarlo relativamente alla fattispecie dedotta in giudizio. Secondo questa interpretazione, allora, nella materia de qua, non sarebbero possibili, nel campo della giurisdizione ordinaria, l’invocazione e l’erogazione di una vera e propria tutela di accertamento.

Ora, senza volere trattare in questa sede delle annose e complesse problematiche riguardanti l’ambito di operatività dell’istituto della disapplicazione provvedimentale di cui all’articolo 5 della richiamata Legge abolitrice del contenzioso amministrativo313, può comunque osservarsi che l’articolo 4 della predetta Legge, impedisce al giudice ordinario solo di revocare o modificare gli atti

311 Così BARTOLINI A., La nullità del provvedimento nel rapporto amministrativo, Torino, 2002, pp. 367 ss.. L’Autore osserva che: “...a ben vedere, il provvedimento amministrativo è produttivo di effetti

giuridici apparenti (ovvero i risultati), che necessitano di essere disapplicati ai sensi della legge abolitiva del contenzioso: il giudice con la disapplicazione fa cadere l’incertezza creata dal risultato del provvedimento nullo, dichiarando che, per il caso dedotto, il medesimo risultato non ha la forza dell’effetto giuridico” ed afferma che “ai sensi della legge del 1865, il giudice ordinario deve disapplicare l’atto nullo (od in genere invalido), essendo sottoposto al divieto di revoca e modifica del medesimo provvedimento”.

312 Sulla quale si è già ampiamente detto nel paragrafo 2 del capitolo primo.

313 Per le quali si rinvia, tra l’altro, a: MENCHINI S., La tutela del giudice ordinario, in Trattato di

Diritto amministrativo, a cura di Sabino Cassese, Diritto amministrativo speciale, Tomo V, Il processo amministrativo, Milano, 2003, pp. 4908 e ss.; VERDE G., Rimozione degli atti amministrativi ed effettività della tutela (Art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), in Rivista di diritto processuale, 1984, pp.

42 e ss.; ROMANO A., La disapplicazione del provvedimento amministrativo da parte del giudice civile, in Diritto processuale amministrativo., 1983, pp. 22 e ss.; COLESANTI V., Sulla «disapplicazione» del

decreto di liquidazione coatta amministrativa (nota a Corte d’Appello di Milano, Sezione III, 9 luglio 1964), in Rivista di diritto processuale, 1964, pp. 641 e ss.; VERRIENTI L., sub art. 5 legge 20 marzo

1865, n. 2248, all. E, in ROMANO A., Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Padova, 2001, pp. 90 e ss..

amministrativi con pronunzie costitutive o di condanna, ma non vieta in alcun modo l’ingresso nel sistema di tutela nei confronti della pubblica amministrazione delle azioni di mero accertamento.

Detto divieto, peraltro, non rientrerebbe minimamente nello spirito della Legge, la quale aveva inteso evitare che il potere giudiziale si sovrapponesse con quello esercitato dall’Amministrazione: nel caso della dichiarazione di nullità del provvedimento amministrativo, infatti, il giudice “accerta e dichiara l’esistenza e il

modo di essere di un rapporto giuridico o di una situazione giuridica soggettiva”,

limitandosi “a stabilire quale sia, nella fattispecie sottoposta al suo esame, la

volontà della legge"314.

Ma v’è di più: la teoria della disapplicazione si fonda su un presupposto quantomeno discutibile e cioè che l’atto nullo possa essere disapplicato. In realtà, il fenomeno processuale della disapplicazione, che consente ai fini della decisione di una controversia di ritenere tamquam non esset un provvedimento, trova ragion d’essere solo se riferito a provvedimenti che siano idonei ad esplicare effetti, apparendo invece inapplicabile a provvedimenti che, in quanto nulli, non possono produrre alcun effetto giuridico.

V’è, poi, da considerare che la teoria della disapplicazione non tiene conto del fatto che la disapplicazione del provvedimento non sarebbe comunque equiparabile in termini di efficacia agli effetti della dichiarazione della nullità: mentre, infatti, quest’ultima è immediatamente idonea a cancellare dal mondo giuridico il provvedimento viziato, la disapplicazione del provvedimento nullo non esclude la possibilità che la pubblica amministrazione svolga successivamente un’ulteriore attività fondata sul presupposto della giuridica esistenza dello stesso, in quanto la disapplicazione riguarda gli effetti del provvedimento, non già la sua esistenza.

Se si dovesse optare per la teoria della disapplicazione, allora, si dovrebbe accettare che solo l’autorità amministrativa potrebbe rimuovere l’atto viziato, in considerazione della statuizione disapplicativa e dell’obbligo conformativo che da essa discende, con la non irrilevante conseguenza che, in caso d’inadempimento di

314Il virgolettato appartiene ad ALBINI A., Le sentenze dichiarative nei confronti della pubblica

detto obbligo, bisognerebbe attendere la formazione del giudicato civile per potere attivare il giudizio d’ottemperanza.

Per le ragioni fin qui esposte, dunque, si ritiene che se non si vuole immaginare l’ordinamento processuale come un sistema del tutto sganciato dal diritto sostanziale, separato da quest’ultimo da una barriera di incomunicabilità, deve ammettersi la proponibilità di domande di accertamento della nullità del provvedimento amministrativo sia davanti al giudice ordinario sia davanti al giudice