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La Corte Costituzionale, in breve, con le sentenze appena richiamate ha inteso continuare quell’indirizzo giurisprudenziale che era stato inaugurato dalla sentenza n. 500 del 1999, basato su due principi: quello, per il quale l’ordinamento deve garantire la tutela piena delle posizioni giuridiche fatte valere dal cittadino nei confronti dell’amministrazione, qualunque sia il giudice innanzi al quale la controversia deve essere incardinata, e quello per il quale la predetta tutela può essere garantita sia dal giudice ordinario che da quello amministrativo, avendo essi pari dignità di organi giurisdizionali215.

Rimanendo in sintonia con detto orientamento, allora, il giudice delle leggi ha manifestato una forte presa di posizione anche in occasione dell’esame dei profili strettamente processuali del problema.

214 In tale direzione militano l’articolo 2, paragrafo 6, della Direttiva che, nel consentire la pregiudizialità amministrativa, postula la contestuale cognizione della domanda di annullamento e di quella risarcitoria, stabilendo che l'organo competente “per prima cosa” procede all’annullamento della “decisione

contestata”; l’articolo 2-sexies, paragrafo 1, che riconosce al legislatore nazionale la possibilità di

conferire all’organo di ricorso il potere di decidere, “dopo aver valutato tutti gli aspetti pertinenti”, la privazione facoltativa degli effetti del contratto o l'irrogazione di sanzioni alternative; e, infine, l’articolo 2-quinquies laddove, anche in presenza di privazione obbligatoria degli effetti, consente al solito organo di ricorso di mantenere l'efficacia del contratto a fronte di esigenze imperative di interesse generale

215 Anche le Sezioni Unite della Cassazione, con la pronuncia n. 27187 del 28 dicembre 2007, si sono uniformate al trend inaugurato dal Giudice delle Leggi ed hanno affermato che: “Nelle ipotesi in cui siano

dedotte in giudizio fattispecie riportabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (nel caso specifico, alla giurisdizione in materia di edilizia e urbanistica prevista dall’articolo 34 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80), la tutela dei diritti incomprimibili come il diritto alla salute è devoluta alla giurisdizione amministrativa che è fornita di tutti i mezzi idonei ad assicurare tutela, sia in sede cautelare che di merito, alle posizioni soggettive in discorso.”. La sentenza è pubblicata in: Urbanistica e appalti,

2008, 5, p. 589, con nota di CAMERIERO e in Corriere del merito, 2008, 3, 387 con nota di MADDALENA M.L..

Si fa riferimento alla sentenza n. 77 del 12 marzo 2007216, con la quale chiamata a confrontarsi con l’annoso problema della traslatio iudicii217, la Consulta ha

216 La sentenza è pubblicata tra l’altro: in Giurisprudenza italiana, 2007, 10, p. 2253, con nota di TURRONI S.; Giornale di diritto amministrativo, 2007, 9, 956, con nota di PAJNO A.; Urbanistica e

appalti, 2007, 5, p. 814, con nota di SIGISMONDI G.; Foro italiano, 2007, 4, 1, 1009, con nota di

ORIANI R.. Per un’esauriente disamina della pronuncia si rinva al contributo di A. MANGIA, Il lento

incedere dell’unità della giurisdizione, in Giurisprudenza costituzionale, 2007, p. 243, che segnale come

il sistema processuale stia tendendo ad assestarsi su linee parallele a quelle che gli sarebbero proprie se il principio di unità della giurisdizione fosse positivamente affermato. Tra i commenti si segnale inoltre, PETRI V., Un’importante additiva di principio in tema di traslatio iudicii tra giudice ordinario e giudice

speciale, in www.giustam.it, 7 del 2007, nonché PAJNO A., Costituzione del sistema di tutela e comunicabilità delle giurisdizioni: traslatio iudici o salvezza degli effetti della domanda?, in Giornale di diritto amministrativo, 2007, p. 956. Per una recente pronuncia applicativa dei nuovi principi in materia

di traslatio iudicii si veda Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 3801 del 2007, in www.giustam.it. Si veda anche Consiglio di Stato, Sezione V, n. 1606 del 14 aprile 2008, in Foro italiano, 2008, 6, 3, 285.

217 Il problema della traslatio iudicii è assai risalente nel tempo. La dottrina se ne era da tempo occupata, tanto che parecchi Autori avevano sostenuto che il passaggio dalla giurisdizione ordinaria a quella amministrativa dovesse essere “interno” e cioè assimilabile a quello di riparto delle competenze tra giudici ordinari, ritenendo applicabili le disposizioni contenute negli articoli 41, 50 e 367, comma 2°, C.p.c., anche alle ipotesi di riassunzione del processo (inizialmente promosso innanzi al giudice ordinario) dinnanzi al giudice amministrativo. In tal senso: ANDRIOLI V., Bilancio della legge 20 marzo

1865 n. 2248 all. E, in Rivista trimestrale di diritto processuale civile, 1965, p. 1643; STANCANELLI

G., L’impungativa delle decisioni del giudice amministrativo nel sistema giurisdizionale italiano, Milano, 1971, p. 200. Osservava NIGRO M., Giustizia amministrativa, cit., p. 145, che queste posizioni erano ispirate dalla stessa esigenza da cui muovevano le ricostruzioni che miravano ad affermare un sistema di doppia tutela, e cioè dalla necessità di superare le difficoltà che nella difesa del cittadino contro la pubblica amministrazione provoca l’esistenza di una duplice giurisdizione. Più di recente si è espresso nel senso dell’ammissibilità della traslatio iudicii dal giudice ordinario al giudice amministrativo GASPERINI M.P., Il sindacato della Cassazione sulla giurisdizione tra rito e merito, Padova, 2002, p. 313. Le tesi della dottrina, però non aveva trovato seguito nella giurisprudenza che, più legata al dato positivo, non aveva mai superato gli ostacoli posti dalle disposizioni del Codice di procedura civile, che da un lato prevede la riassunzione del processo in caso di difetto di competenza (e non di giurisdizione, articolo 50 C.p.c.) e, dall’altro, consente alle parti di riassumere il processo, in caso di regolamento preventivo di giurisdizione, soltanto qualora la Corte di Cassazione dichiari la giurisdizione del giudice ordinario (articolo 367, comma 2). In tal senso, tra le tante, Cassazione Civile, Sezioni Unite, n. 7039 del 2006, in Repertorio del Foro italiano, 2006, sub voce “Impiegato dello Stato e pubblico” [3440], n. 23;

idem, n. 19218 del 2003, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2004, I, p. 1346; idem, n. 17934 del 2003, in Repertorio del Foro italiano, 2004, sub voce “Procedimento civile” [5190], n. 176; idem, n. 8089 del

coraggiosamente dichiarato l’illegittimità dell’articolo 30 della Legge n. 1034 del 1971, nella parte in cui detta norma non prevedeva che gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda proposta ad un giudice privo di giurisdizione si conservassero, a seguito di declaratoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione.

Prescindendo dagli aspetti processuali della pronuncia, ciò che qui interessa evidenziare è che la Corte Costituzionale ha tenuto a rimarcare che la pluralità dei giudici e delle giurisdizioni, caratterizzante il nostro sistema giurisdizionale, non può tradursi in una minore effettività, o addirittura, in una vanificazione della tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche del cittadino, in quanto detta pluralità è stata riconosciuta e consacrata dal Costituente per assicurare, sulla base di distinte competenze, una più adeguata risposta alla domanda di giustizia del cittadino.

Pertanto, a seguito della riduzione degli ambiti di spettanza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e del conseguente prospettarsi della possibilità che detta riduzione possa tradursi in un diniego di giustizia per le azioni possessorie promosse innanzi al giudice amministrativo e non riproponibili innanzi al giudice ordinario218 per il decorso del termine di decadenza, la Corte Costituzionale ha supplito per l’ennesima volta alla grave inerzia manifestata dal legislatore nel rendere effettiva la tutela giudiziaria del cittadino ed ha fornito a chiunque intende far valere una propria posizione giuridica nei confronti dell’Amministrazione un istituto che non può che definirsi di civiltà giuridica.

A due anni di distanza da detta pronuncia, il legislatore ha finalmente fatto registrare il suo intervento al fine di disciplinare la materia. Lo ha fatto mediante la previsione dell’articolo 59 della Legge 18 giugno 1969, n. 69, nel quale ha previsto nell’ordine che: il giudice che dichiara il proprio difetto di giurisdizione ha l’obbligo di indicare il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione (salvo il caso di pochi giorni prima della pronuncia della Corte Costituzionale, tuttavia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4109 del 2007, in Urbanistica e appalti, 2007 p. 817, con nota di SIGISMONDI G., avevano fornito una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni che avrebbero impedito la translatio iudicii e, superando il proprio precedente orientamento, avevano finalmente affermato l’ammissibilità della traslatio iudicii dal giudice ordinario al giudice speciale e viceversa.

difetto assoluto di giurisdizione); la pronuncia sulla giurisdizione delle Sezioni Unite è vincolante per ogni giudice e per le parti in ogni altro processo; se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia sulla giurisdizione, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute; se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate le Sezioni Unite, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime Sezioni Unite, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito (ferme restando le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione); l’inosservanza dei termini fissati dalla legge per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l’estinzione del processo, che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda; in ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice munito di giurisdizione, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.

Dalla lettura della predetta norma risulta chiaro che ad oggi il principio di conservazione degli effetti della domanda proposta innanzi al giudice sprovvisto di giurisdizione si è finalmente rafforzato e rimane ormai pacifico che esso vada applicato non solo al processo civile ma a tutto il sistema processuale per potere assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale cui esso è preposto.

9. La Corte costituzionale torna sulle posizioni giuridiche soggettive e sul