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Con la nascita della Repubblica, intanto, spettò all’Assemblea Costituente il compito di fare il punto sullo stato della giustizia italiana e sui rapporti tra le giurisdizioni esistenti.

In seno al dibattito che condusse all’elaborazione delle norme costituzionali in materia di giurisdizione e di riparto, emersero da subito due diverse impostazioni sul criterio con cui informare il sistema della giurisdizione: quella prospettata dal Calamandrei, dal Leone e dal Patricolo80, da una parte, e quella rifacentesi alle teorie del Mortati, dall’altra.

1964), che applicò la teoria pandettistica a tutti gli atti dello Stato, anche se con particolare riferimento alla Legge (pp. 233 e ss.).

78 In tal senso si veda ROMANELI V.M., L’annullamento degli atti amministrativi, Milano, 1939, pp. 108 e ss..

79 Non è un caso, allora, che la riflessione giuridica sul tema dell’invalidità di diritto amministrativo ritrovò un nuovo impulso ed una nuova impostazione con il superamento della ricostruzione dogmatica del provvedimento in termini mutuati dagli studi privatistici e con la teorizzazione, da parte di M.S. Giannini, del provvedimento quale figura centrale del diritto amministrativo, che si distingue dai singoli atti del procedimento in quanto momento in cui si puntualizza concretamente il rapporto autorità-libertà. Così già in Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, op. cit. e, per la prima volta in maniera compiuta, in Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, p. 290. In proposito, SORDI B.,

Giannini e il diritto amministrativo del suo tempo, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2000, pp.

1023 e ss., ha osservato che la costruzione gianniniana della “teoria del provvedimento scava un solco

con le sintesi precedenti (del tipo negozi di diritto pubblico/atti amministrativi e con la sequela degli elementi: soggetto, oggetto, volontà, contenuto, forma, ancora centrali nella sistematica di Zanobini)”

per cui “il rapporto provvedimento negozio è ricostruito in modo dicotomico; tra lo statuto

amministrativo e quelli offerti dal diritto comune non esiste alcun nesso di contiguità”.

80 Le relazioni di CALAMANDREI P. e LEONE sono riportate da RIGANO F. in Costituzione e potere

giudiziario, rispettivamente a p.263 ss. ed a p.273 ss.. La relazione di Patricolo si rinviene in Atti Assemblea Costituente, Commissione per la Costituzione, Discussioni, p. 1899.

Per la prima, ispirata dagli ideali che erano stati propri del legislatore della legge abolitrice del contenzioso amministrativo, l'ordinamento della giustizia sarebbe dovuto essere informato al principio dell’unicità della giurisdizione e le giurisdizioni speciali sarebbero dovute essere trasformate in sezioni specializzate della magistratura ordinaria, composte da magistrati e, se necessario, da esperti della materia. L'esercizio del potere giudiziario in materia civile, penale ed amministrativa, dunque, sarebbe dovuto essere affidato ai giudici ordinari appartenenti al medesimo ordine con al vertice la Corte di Cassazione.

L’attuazione di questo disegno, in breve, avrebbe comportato (secondo conseguenze lucidamente delineate dallo stesso Calamandrei) la scomparsa del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, quali giurisdizioni autonome.

Per la seconda impostazione, invece, l’unicità della giurisdizione non sarebbe dovuta essere il principio intorno al quale costruire l’ordinamento delle giurisdizioni né, tantomeno, il perno del futuro riparto di giurisdizione. Al contrario, la Costituzione avrebbe dovuto sancire espressamente il principio della pluralità delle giurisdizioni, cui dovevano ispirarsi sia la normativa sul riparto di giurisdizione che l’organizzazione delle varie magistrature.

Secondo Mortati, infatti, la funzione giurisdizionale non si sarebbe dovuta né incarnare nel solo giudice ordinario, né cristallizzare in capo ad un nucleo di organi giurisdizionali preordinati. Si sarebbe dovuto, piuttosto, istituire giudici speciali, reclutati e preparati in modo diverso rispetto a quello ordinario, che avrebbero dovuto comporre un sistema articolato almeno su tre livelli differenti: il primo costituito dalla magistratura ordinaria, il secondo costituito da giudici speciali competenti per tutte controversie in cui era parte l’Amministrazione, il terzo, infine, comprendente il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti, le cui competenze sarebbero dovute essere tassativamente fissate dalla Costituzione.

Le due innovative proposte, tuttavia, s’indebolirono a vicenda e lasciarono spazio alle posizioni conservatrici. Prevalse, in tal modo, una decisa volontà, generalmente condivisa, di respingere ogni tipo di progetto che tendesse ad articolare eccessivamente il sistema giurisdizionale e che potesse in qualche modo ricreare la situazione di pluralismo delle giurisdizioni prodottasi in precedenza.

La formulazione finale del dettato costituzionale, allora, pur conferendo una notevole centralità nel sistema giudiziario alla magistratura ordinaria81, non giunse alle estreme conseguenze invocate dal Calamandrei di trasformare i grandi corpi giurisdizionali speciali esistenti (Consiglio di Stato e Corte dei Conti) in organi di un’unica magistratura e finì per costituzionalizzare il sistema giurisdizionale predisposto dalle leggi del 1865, del 1877 e del 1889-189082.

La Costituente, dunque, pur attribuendo con l’articolo 102 la funzione giurisdizionale alla magistratura ordinaria e pur fissando, al secondo comma, il divieto per il legislatore d’istituire giudici speciali, già all’articolo 103 prevedette espressamente la giurisdizione della Corte dei Conti e dei Tribunali militari e attribuì al Consiglio di Stato ed agli altri organi di giustizia amministrativa la giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, nelle materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.

Andando oltre la mera ricognizione del precedente sistema, poi, la Costituente fissò alcuni principi a garanzia dell’imparzialità e dell’indipendenza delle magistrature speciali: all’articolo 108, nel quale è rinvenibile il principio d’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali; all’articolo 111, nel quale si rinviene il principio di ricorribilità in Cassazione avverso le decisioni della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato in Cassazione solo per motivi di giurisdizione; all’articolo 125, nel quale è fissata la previsione programmatica dell’istituzione dei Giudici amministrativi di primo grado presso ciascuna Regione.

81 La magistratura ordinaria, che nello Statuto albertino non aveva avuto rilevanza costituzionale ma, anzi, aveva subito una forte compressione da parte dei poteri legislativo ed esecutivo ed era considerata parte di esso, nel dettato costituzionale divenne un potere dello Stato. Sulla compressione del potere giudiziario nello Statuto albertino, si vedano CASANOVA L., Del diritto costituzionale, Genova, 1860, vol. I, pp. 416 e ss.; PEVERELLI P., Commenti intorno allo statuto del regno di Sardegna, Torino, 1849, pp. 141 ss.; MOSCA G., Appunti di diritto costituzionale, Firenze, 1912, pp. 135 ss..

82

Sulla continuità con il sistema precostituzionale, tra gli altri, ZANOBINI G., Corso di diritto

amministrativo, op. cit., vol. II, p. 50; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, p. 550 ss.; R.

LUCIFREDDI, La nuova costituzione italiana raffrontata con lo Statuto albertino e vista nel primo

triennio di sua applicazione, pp. 237 ss; BACHELET V., La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Milano, 1966, pp. 39 ss.; GIANNINI M.S., La giustizia amministrativa, pp 44 ss.;

GUICCIARDI E., La giustizia amministrativa, op. cit., pp. 58 ss.; MORTATI C., Istituzioni di diritto

Fermo restando il divieto assoluto di costituzione di altri giudici speciali, allora, il legislatore costituente pose a fianco del giudice ordinario ben tre giudici speciali per le materie amministrativa, contabile e militare, e ne rafforzò le garanzie d’imparzialità ed indipendenza, delineando, de facto, un sistema giurisdizionale unitario imperfetto nel quale magistratura ordinaria ed i giudici speciali, costituzionalmente riconosciuti, hanno tra loro pari dignità.

10. Segue: diritto soggettivo e l’interesse legittimo quali indici costituzionali di