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CAPITOLO 4: IL METODO DI ANALISI, IL CORPUS E L’ANALISI

4.1 L’analisi conversazionale

Come si è visto nei capitoli precedenti, la conversazione nell’ambito del talk show, pur conservando un carattere istituzionale, presenta molti tratti della conversazione ordinaria. Questo, secondo Hutchby (2006: 14), indica che è possibile adottare, nell’analisi di questo tipo di comunicazione televisiva, gli stessi metodi impiegati nell’analizzare la conversazione ordinaria. L’analisi conversazionale (di seguito AC), sostiene lo studioso, è il metodo migliore per analizzare il discorso televisivo poiché permette di utilizzare le strutture e i modelli della conversazione ordinaria come “base comparativa” per lo studio della comunicazione istituzionale (ibid.: 17).

L’AC è un approccio sviluppatosi nella sociologia americana degli anni Sessanta e a partire dagli anni Ottanta è stata applicata con successo all’analisi del discorso dei media, in particolare nell’ambito di “interactional forms of talk” quali l’intervista, il talk show, il dibattito e il phone-in (ibid.).

Un principio fondamentale dell’AC è che non si può studiare la conversazione al di fuori del contesto interazionale in cui essa ha luogo. Il contesto, come osservato in 2.1, viene creato cooperativamente dai parlanti durante l’interazione stessa. Oggetto dell’AC è dunque il “language in context”, inteso come la costruzione e il riconoscimento dell’azione (Clift 2016: XV).

L’AC si concentra sulla “co-produzione della comprensione reciproca” dei partecipanti, applicando quella che Hutchby definisce “next turn proof procedure” (2006: 22). Quest’ultima si basa sul fatto che il sistema dei turni impone ai partecipanti di mostrare (e quindi rivela), la loro comprensione di ciò che è stato detto nel turno precedente: il livello di comprensione del turno precedente all’interno di una sequenza viene reso evidente nel turno successivo della sequenza (ibid.: 21).

Nell’AC si tiene in considerazione l’“intersoggettività”, o “reciprocità interazionale” della comunicazione, ossia il fatto che parlante e ascoltatore “negoziano insieme l’andamento dell’interazione”, e che la ricezione del discorso è tanto importante quanto la sua produzione (Straniero Sergio 2007: 18). Viene inoltre privilegiata la dimensione sociale della comunicazione (Straniero Sergio 1999, 2003, 2007): l’AC può essere in questo senso considerata come “approach to the study of human interaction in society” (Clayman, Gill 2012: 120). Il discorso viene visto non solo come “flusso di informazioni”, ma anche e soprattutto come interazione (Straniero Sergio 2007: 18). La lingua, all’interno di questa disciplina (al pari di altre discipline come l’analisi del discorso e l’etnometodologia), viene vista come azione e come “strumento di interazione sociale” (Straniero Sergio 1999: 303). I concetti di “language in context” e “language as social interaction”, centrali nell’approccio conversazionale, vengono efficacemente sintetizzati da Hutchby:

CA also emphasizes the fact that utterances do not occur as isolated actions but as actions situated in an ongoing context of social interaction.

(2006: 23) Come illustrato da Clift (2016: 2), l’AC si fonda essenzialmente su due concetti: l’azione e la sequenza. Le azioni vengono compiute congiuntamente dai partecipanti attraverso le sequenze. L’organizzazione in sequenze, intese come porzioni di discorso “incentrate su un topic comune o su un orientamento interazionale comune dei partecipanti” (Straniero Sergio 2007: 27), riguarda sia le azioni compiute tramite l’alternanza dei turni, sia i turni stessi. Si ritiene che tutti gli scambi verbali siano attività organizzate in turni successivi e alternati, e che una proprietà fondamentale della conversazione sia la sua “natura sequenziale” (ibid.: 26). Formulare norme nell’AC significa rendere osservabili i fenomeni che orientano i partecipanti nel corso dell’interazione; questi fenomeni sono individuati sulla base delle procedure effettivamente adottate dai partecipanti (ibid.: 531).

Nello studio dell’interpretazione per i talk show, eliminare il contesto situazionale in cui opera l’interprete, osserva Straniero Sergio (2003: 135), significa fare riferimento a un

concetto di qualità ideale, e non reale e situato. Un’analisi “situata” degli eventi interpretativi consente inoltre di evitare le condizioni controllate “di laboratorio” (Straniero Sergio 2007: 19), in cui la ricerca non si spinge oltre aspetti e variabili corrispondenti a categorie prestabilite. L’approccio conversazionale funziona secondo un principio inverso: le categorie vengono derivate da “situazioni reali di comportamento” (ibid.). Il fatto che una determinata pratica non sia idiosincratica, all’interno del corpus considerato, viene dimostrato tramite esempi rigorosamente basati su dati empirici (Clift 2016: XVI). Nell’ambito degli studi sull’interpretazione, si può dunque affermare che l’AC sia caratterizzata da un approccio descrittivo, il quale prevede che si giunga all’individuazione di norme tramite l’osservazione costante del comportamento traduttivo (Straniero Sergio 2003, 2007). Nell’adottare un approccio di questo tipo non ci si chiede più se l’interpretazione abbia rispettato parametri prestabiliti, ma ci si concentra sull’analisi di come è stata effettivamente eseguita:

adopting a descriptive (and not prescriptive) approach, we ask ourselves how a text 'has been' translated and not how it 'could be', 'could have been' or 'should have been' translated. Paraphrasing the title of Chesterman's article (1993), it is a matter of passing "From 'Ought' to 'Is'.

(Straniero Sergio 2003:135) Inoltre, in linea con l’ottica interazionale dell’AC, tutti gli enunciati dell’interprete vengono intesi come “azioni di coordinamento” (Straniero Sergio 2007: 523). L’interprete svolge pertanto una costante attività di controllo e/o selezione, la quale può essere svolta in modo implicito, mediante operazioni testuali, oppure in modo esplicito, mediante operazioni metatestuali. Cambiamenti, omissioni e aggiunte rientrano nelle operazioni testuali, mentre richieste di chiarimento, interventi esplicativi, atti regolativi e commenti sono operazioni metatestuali (ibid.).

La partecipazione di un interprete a uno scambio comunicativo influisce inevitabilmente sul suo andamento (Wadensjo 2008: 124). In primo luogo, le competenze interazionali e traduttive dell’interprete, nonché la sua personale interpretazione di ciò che viene detto, influiscono sulla resa e quindi sulla comprensione tra i partecipanti (ibid.). La presenza dell’interprete inoltre altera il formato interazionale di un’intervista faccia a faccia e può “manipolare la relazione tra i parlanti primari” (Straniero Sergio 2007: 536), ad esempio in termini di formalità/informalità, coinvolgimento/distacco, implicito/esplicito, personale/impersonale (ibid.).