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I PENSIERI RACCOLTI ALL’INIZIO DEL PERCORSO

14 AVER PREMURA

6.2 Le definizioni delle virtù del coraggio, della generosità, del rispetto e della giustizia

6.2.1 L’analisi dei disegn

I bambini conoscono le virtù? Come le definiscono?

Dopo che i bambini hanno realizzato un disegno individuale su una virtù a loro scelta, i ricercatori raccolgono la descrizione del gesto disegnato e chiedono poi ai bambini di dare un nome a tale virtù e di definirla, spiegando che cosa sia.

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Dall’analisi dei dati raccolti è emerso che:

• 39 bambini non assegnano un nome al disegno oppure danno definizioni non chiare (non nomina correttamente o chiaramente);

• 36 bambini danno un nome al gesto virtuoso rappresentato nel disegno (nomina correttamente o chiaramente).

Nella categoria non nomina correttamente o chiaramente sono state raccolte le tipologie di definizioni esemplificate nella seguente tabella:

NON NOMINA CORRETTAMENTE O CHIARAMENTE (n. 39)

EXCERPT

NON SA NOMINARE (n. 17 ) I bambini spesso riportano nel disegno

elementi del racconto che hanno ascoltato (per es. le foglie), ma non descrivono delle virtù.

“Io sto raccogliendo le foglie. Mi sono piaciute le foglie rosa e rossa”

(Agata, 5) NOMINAZIONE NON CORRETTA (n. 8)

Il bambino descrive un gesto di virtù nominandolo in modo non corretto

“Un supereroe che sta salvando una persona”

Nome della virtù: “Felicità” (Felice, 4)

DEFINIZIONE GENERICA (n. 7)

Alcuni bambini non descrivono gesti/episodi che permettono di capire la loro conoscenza delle virtù, ma esprimono concetti generici senza motivazioni.

“Io con scritto bene” Nome della virtù: “Bene” (Verena, 5)

INCOERENZA ESPLICITA TRA NOME E DESCRIZIONE (n. 1)

Un bambino utilizza l’aggettivo che fa

riferimento alle virtù (per es. “coraggioso”) ma poi nella nominazione usa un altro nome (per es. “generosità”)

“Io e il papà con gli orsi. Il papà aveva accarezzato uno. Io non avevo paura perché mi son fatto coraggio”

Nome della virtù: “La generosità”

(Ferruccio, 5)

NON CHIARO (n. 4) “La mia amica Angelica guarda

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Alcune volte le nominazioni date dai bambini escono dal campo semantico riferito alle virtù e risultano incomprensibili ai ricercatori.

Nome della virtù: “Gesto di

fantasia” (Viviana, 5)

RIFERIMENTO ALLO STRUMENTO UTILIZZATO (n. 2)

Due bambini descrivono un gesto virtuoso ma per definirlo utilizzano il riferimento alle foglie delle virtù utilizzate durante la narrazione.

!Io con mia sorella che abbiamo litigato e io piangevo. E poi una fata ci portava i fiori e poi è scappata. io poi mi asciugavo le lacrime li prendevo”

Nome della virtù: “La foglia rossa”

(Antonietta, 5)

Sotto la categoria nomina correttamente o chiaramente sono state inserite le seguenti tipologie di definizioni:

NOMINA CORRETTAMENTE O CHIARAMENTE (n. 36 )

NOMINAZIONI DATE DAI BAMBINI

NOMINA CON PRECISIONE DELLE VIRTÙ (n. 21 )

Il bambino descrive un gesto di virtù nominandolo in modo preciso

Coraggio (6) Generosità (7) Perdono (3) Rispetto (3) Non è giusto (1) Gentilezza (1) USA CATEGORIE GENERALI (n. 15)

I bambini nominano i gesti virtuosi rappresentati nel disegno rifacendosi a termini non specifici Bene (6) Amore (5) Bravo (1) Aiutare (1) Salvare (1) Grazie (1)

Da questi dati emerge che la maggioranza dei bambini all’inizio del percorso non è in grado di utilizzare con competenza le parole che definiscono le azioni virtuose. In alcuni casi non sanno nemmeno descrivere un gesto virtuoso (“Io sto raccogliendo le

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foglie. Mi sono piaciute le foglie rosa e rossa”), non avendo ancora compreso il significato di questo termine e di questa esperienza. In altri casi i bambini pur descrivendo un gesto virtuoso, e quindi dimostrando di essere in grado di identificare un’azione eticamente connotata, non possiedono le parole corrette per nominarla (“Un supereroe che sta salvando una persona. Nome della virtù: Felicità”). In altri casi, pur utilizzando i nomi delle virtù correttamente, presentano descrizioni esplicitamente incoerenti, segno forse di una scarsa padronanza dei termini proposti (“Io e il papà con gli orsi. Il papà aveva accarezzato uno. Io non avevo paura perché mi son fatto coraggio. Nome virtù: la generosità”).

Sono comunque numerose e di poco inferiori alle espressioni non corrette le descrizioni chiare e corrette dei bambini circa le virtù che sanno riconoscere e nominare. Tra le 36 risposte 21 nominano in modo preciso una virtù che riassume il gesto descritto e rappresentato graficamente: è interessante notare come tra queste virtù siano presenti le virtù proposte dal ricercatore durante l’attività guidata (“coraggio”, “generosità”, “perdono” e “rispetto”), ma come il riferimento alla giustizia sia presente solo in un caso e nella sua formulazione in negativo (“non è giusto”). Un bambino nomina poi la virtù della gentilezza.

Quindici bambini, pur disegnando e descrivendo un gesto evidentemente e chiaramente virtuoso, non sanno però nominarlo con precisione, e utilizzano solo categorie generali (“bene”, “amore”, “bravo”, “aiutare”, “salvare”, “grazie”).

DUE PENSIERI COMPLESSI

Tra le definizioni raccolte dopo la realizzazione del disegno individuale abbiamo identificato alcuni pensieri complessi che, in quanto tali, non sono riducibili a concettualizzazioni singole o articolate.

Commentando un gesto di rispetto Alessia dice:

“Qui io e mia mamma stiamo correndo in sala… e poi ci diamo un abbraccio e mi prende su. Il rispetto viene fuori dal cuore che ci voglio tanto bene a mamma” (Alessia, 5).

Alessia inizia descrivendo dapprima alcuni gesti affettuosi che, secondo il suo pensiero, esprimono la virtù del rispetto (“ci diamo un abbraccio e mi prende su”); prosegue poi con una definizione molto suggestiva di questa virtù (“il rispetto viene fuori dal cuore”) e infine esprime la motivazione che muove l’azione (“che ci voglio tanto bene a mamma”); tale motivazione comunica anche la qualità dei gesti espressi (l’abbraccio è

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mosso dal voler bene) e traduce in termini affettivi la precedente affermazione astratta (uscire dal cuore significa voler bene). Alessia sta segnalando che il rispetto appartiene a una dimensione profonda dell’uomo, il cuore, nasce da lì e parla il linguaggio della vita affettiva.

Anche Michele quando commenta il gesto rispettoso disegnato si esprime con un pensiero complesso:

“Sono io che do un giocattolo a un bimbo che ha avuto il terremoto e ha perso la casa e stava male come quelli della guerra, e ho imparato a dire grazie, e sono stato rispettoso perché ho imparato che bisogna volere bene a chi ha bisogno” (Michele, 5).

I gesti che Michele narra sono legati alla dimensione del dono (“do un giocattolo”), ma il bambino non si ferma alla narrazione: esprime anche la motivazione che ha mosso il suo gesto (“bisogna voler bene a chi ha bisogno”). Sembra che Michele sappia distinguere tra un gesto di dono e la virtù che lo muove: in questo caso il rispetto è visto come la capacità di riconoscere la situazione di bisogno dell’altro, il che genera una postura responsiva. Inoltre, Michele che dona qualcosa, poi ringrazia come se il donare all’altro fosse un dono a sé stesso.

La sensibilità di Michele si riscontra anche per il fatto che è in grado di leggere l’esperienza come luogo di apprendimento: per due volte afferma “ho imparato” (“ho imparato a dire grazie”; “ho imparato che bisogna volere bene”): forse ci sta segnalando che le virtù si possono imparare, che si imparano agendole e riflettendo su di esse.

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CAP. 7