Dalla lettura del disegno di legge il reato di tortura viene collocato nel capo dei delitti contro la libertà individuale (capo III), a chiusura della sezione contro la libertà morale (sezione III). Tuttavia c’è chi rimane perplesso dalla collocazione dopo l’articolo 613 c.p., che punisce lo
stato di incapacità procurato mediante violenza26. Infatti, benché il reato di tortura sia un reato plurioffensivo, prima di violare la libertà morale di un individuo, ne colpisce l’incolumità individuale, intesa nel senso d’integrità fisica e psichica. Difficile capire a primo colpo se si tratta di reato comune oppure di reato proprio: l’incipit del “chiunque” lascia presupporre che sia un reato comune, ma a guardare meglio i requisiti del soggetto passivo permettono di qualificarlo come reato proprio. Il reato è di evento, e l’elemento soggettivo vuole che si verifichino le acute sofferenze fisiche o psichiche. Il termine acuto tuttavia è di per sé troppo difficile da misurare, per tanto c’è chi obietta che anche stavolta il legislatore non sia stato preciso nel disegnare la nuova fattispecie criminosa27. Il dolo è generico, questo permette anche al dolo eventuale di poter integrare il reato, ma ciò si pone in contrasto con l’articolo numero 1 della CAT, che offre una nozione di tortura accompagnata dall’avverbio “intenzionalmente”, lasciando vedere che si tratta quindi di dolo specifico. 28Oltre a questa contrasta con le più recenti leggi adottate dagli Stati, e con lo Statuto di Roma29.
Molti dubbi sorgono dai commi successivi, ed in particolar modo non è ben chiaro se si vuole introdurre una nuova fattispecie di reato, oppure delle semplici circostanze aggravanti. Anche l’articolo 613 ter non è immune da censure: infatti se da un lato permette la punizione di 26 G.LANZA, verso l’introduzione del rato di tortura nell’ordinamento italiano, in Diritto penale contemporaneo, 2016. 27 I.MARCHI, luci ed ombre del nuovo disegno di legge per l’ introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano: un’altra occasione persa?, in Diritto penale contemporaneo, 2014. 28 Art.1 CAT: qualsiasi atto mediante cui sono stati intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da esse o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione”: 29 Anche qui si ripropone l’intenzionalità nel cagionare i dolori e le
istigazione non accolta o seguita dalla commissione di reato, dall’altro lascia scoperta la previsione per la quale l’istigazione sia compiuta nei confronti di un soggetto privato. E’ chiaro quindi che il legislatore non sappia ancora bene cosa dover fare. Esistono poi numerose perplessità dal confronto con il reato di maltrattamenti in famiglia sanzionato dal 582 del codice penale, infatti in quest’articolo non solo è punito il maltrattamento nell’ambito del contesto familiare o di convivenza, ma anche laddove la vittima sia affidata ad un soggetto attivo per ragioni di cura, assistenza, istruzione, vigilanza o custodia. Per questa ragione in molti casi si potrebbe arrivare alla contestazione di tortura in ipotesi intrafamiliari con ripercussioni sotto il profilo sanzionatorio. Molto interessanti (a mio parere) gli spunti adottati da diversi autori nella rivista di Diritto penale contemporaneo, che, alla luce del disegno di legge approvato dal Senato, delle modifiche apportate dalla Camera, delle censure messe dalla Commissione di Giustizia hanno provato a riplasmare una nuova fattispecie criminosa, maggiormente conforme ai canoni della CAT e delle varie norme internazionali vigenti: tra queste si segnalano la sostituzione delle acute sofferenze30 con il termine
“malattia”, oppure la trasformazione dell’aggravante del pubblico ufficiale in una fattispecie autonoma, oppure ancora marcare il dolo specifico. Mi sento infine di spingermi più avanti e di dire che, secondo me, la giusta norma dovrebbe contenere il dolo intenzionale, volto proprio a cagionare volontariamente le sofferenze fisiche e mentali.
3.3.2. Il nuovo disegno di legge approvato al Senato
Il 17 Maggio scorso il Senato ha finalmente approvato il disegno di legge riguardante il reato di tortura; questo passerà di nuovo alla Camera per una quarta lettura. Il testo è stato modificato, e secondo alcuni, addirittura stravolto. Nei mesi scorsi si era infiammato un ampio dibattito sulla questione, in particolar modo se il reato dovesse incarnare un’ipotesi di reato comune, oppure di reato proprio; il nuovo testo prevede una pena da quattro a dieci anni di reclusione per “chi con violenza o minaccia, o con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza, intenzionalmente, cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni o di infliggere una punizione o di vincere una resistenza, ovvero in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose”. La pena è aumentata da cinque a dodici anni se a commetterlo è un pubblico ufficiale. Se si verifica poi la morte non voluta della persona la pena sale a trent’anni di reclusione, se invece questa è voluta vi sarà l’ergastolo; inoltre è punita anche l’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura. Il punto più critico del nuovo testo è sicuramente il fatto che il reato sia imputabile a chiunque e che quindi risulti essere reato comune., e non un reato proprio, come aveva richiesto la Convenzione delle Nazioni Unite. A tutela delle forze di polizia, è stata confermata l’esclusione dalla legge delle sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti da parte dei pubblici ufficiali.. Molte associazioni, tra le quali Amnesty International, Antigone, sono scese in campo per denunciare l’inadeguatezza del testo approvato al senato: queste infatti vi ravvedono un’inutile
protezione nei confronti dei pubblici ufficiali che volutamente cagionano violenze sugli arrestati. Il Senatore Luigi Manconi (promotore del testo) ha detto che un altro punto su cui rimangono molti dubbi è il trauma psichico da accertare per poter definire il reato come tortura, difficile da vedere se si pensa che molti processi si verificano dopo numerosi anni dall’evento. Sono perplessi anche i pubblici ufficiali, in quanto la norma non scioglie i dubbi circa l’interpretazione dell’intensità delle sofferenze fisiche per definirle acute, quali siano i trattamenti inumani o degradanti, ed infine a quanto corrisponda il grado del trauma psichico. Alla luce di tutto ciò sono in molti a sperare che la Camera rimedi alle modifiche apportate. 3.3.3: La tortura è legge
Con 195 voti favorevoli, 35 contrari e 104 astenuti, anche la Camera ha approvato il disegno di legge che introduce il reato di tortura in Italia. Il nuovo articolo 613 bis del codice penale punisce con la reclusione da 4 a 10 anni “chi con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche, ovvero un trauma psichico a una persona privata della libertà personale, o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero si trovi in uno stato di minorata difesa…se il fatto è commesso mediante più condotte, ovvero comporta un trattamento inumano o degradante per la dignità della persona. La pena è aggravata da 5 a 12 anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso di poteri, o in violazione ai poteri del pubblico servizio. Restano escluse dalla tutela le sofferenze
risultanti dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative dei diritti. Sono poi previste della aggravanti se: ne derivi lesione personale o personale grave (aumento fino a 1/3) ne derivi una lesione gravissima (aumento della metà); ne derivi la morte non voluta (30 anni di reclusione); ne derivi la morte voluta (ergastolo).
E’ stato poi introdotto l’articolo 613 ter che sanziona il pubblico ufficiale che ne istiga un altro a compiere tortura (la pena va da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni).
L’articolo 191 del c.p.p. al comma 2 bis sancisce poi l’inutilizzabilità delle prove acquisite mediante tortura.
Ulteriori disposizioni prevedono anche il divieto di respingimento, espulsione, o estradizione di una persona verso uno stato quando vi siano fondati motivi di ritenere che questa possa essere sottoposta a torture e l’esclusione dell’immunità diplomatica allo straniero sottoposto a procedimento penale o condannato per il reato di tortura in un altro stato, o da un tribunale internazionale. Nei vari passaggi del testo si evince come la versione originale sia stata modificata: ora il reato punisce “chiunque”, quindi è divenuto un reato comune, e non più un reato proprio (il fatto che il reato venga compiuto da un pubblico ufficiale è specificato al secondo comma in veste di aggravante). In secondo luogo il testo punisce chi commette tortura con violenze o minacce, o mediante più condotte, e questo spinge molti a pensare che non possa essere applicabile a singoli episodi di violenza brutale. In terzo luogo vi è un passaggio singolare da il cagionare acute sofferenze fisiche o psichiche al cagionare acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico. Il fatto che il trauma debba essere verificabile induce molti a pensare che sia difficile da decifrare e la normativa risulti essere molto meno efficace.