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Ancora il rullo cinese? Gli opposti si rovesciano uno nell'altro

Impromptu (1981) di Amelia Rosselli

5. Ancora il rullo cinese? Gli opposti si rovesciano uno nell'altro

Al festival di Castelporziano: la poesia, la politica, il femminile.

Nel giugno del 1979 si era svolto il festival di Castelporziano, un avvenimento culturale animato da tanti entusiasmi quanti ne furono le contraddizioni, le delusioni ed i fallimenti.138 Anche Amelia Rosselli vi aveva preso parte leggendo alcune poesie di

137 Amelia Rosselli, Spazi metrici , cit. p. 340.

138 Nel 1979 a Casterporziano si svolse una manifestazione di tre giorni intitolata Festival dei Poeti, ideata e organizzata da Simone Carella e Franco Cordelli, presentata da Victor Cavallo. L'affluenza del pubblico fu molto importante. Tra i poeti che salirono sul palco si possono citare: Allen Ginsberg, Gregory Corso, Amiri Baraka, Heinrich Fried, Dario Bellezza, Amelia Rosselli, Osvaldo Soriano. Per avere un’idea concreta dell’acceso dibattito e disorientamento che tale iniziativa provocò si veda l’antologia di Antonio Barbuto che raccoglie interessanti articoli dell’epoca. Antonio Barbuto, Da

Documento, all’epoca la sua ultima pubblicazione. L’esperienza non dovette certo lasciarla indifferente, come dimostrano le riflessioni che sviluppa in un’intervista già citata nel corso di questo capitolo e rilasciata qualche giorno prima della composizione di Impromptu, nel dicembre del 1979. Riferendosi al pubblico del festival e al caos dominante a Castelporziano, Rosselli afferma, con tagliente spirito critico, ma anche con una contagiosa carica di fiducia:

“So soprattutto e nettamente questo: che volevano qualcosa di serio, un po’ di cibo spirituale; gli si dava spettacoletti o insulti o scherzi, con ragazze drogate o ballerine; si è molto irritato e ha sbattuto molte sedie. E appena gli davi qualcosa di serio, erano zitti ed ascoltavano con attenzione. Io non sottovaluto il pubblico, anzi mi ha divertito un pubblico così, mi è piaciuto il suo non voler l’eccesso di pubblicità che c’è stato”.139

Accorta osservatrice dei cambiamenti in atto nell’industria culturale, la poetessa dimostra la propria curiosità verso avvenimenti come letture e festival suscettibili di far incontrare poeta e pubblico. Tale incontro rappresenta ai suoi occhi una possibilità di divulgazione della poesia in strati in parte popolari, ma è anche “senz’altro utile ai poeti nel tentativo di uscire da una situazione di isolamento anche sociale”.140 Utile, potremmo dire parafrasando la stessa Rosselli di Impromptu, per uscire da quella “mansarda piena di libri buoni” in cui il poeta si rinchiude in solitudine. Pur identificando gli aspetti positivi di tali letture, la poetessa riesce a distinguere con chiarezza anche i pericoli legati al rapido diffondersi del fenomeno e sottolinea che in tali occasioni “si fa spesso spettacolo del poeta, ci si dimentica però della poesia”.141

Gli anni Settanta, di cui Castelporziano è stato in poesia l’estremo apice, si sono

Narciso a Castelporziano: poesia e pubblico negli anni settanta, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1981. Una

selezione della rassegna stampa del festival è stata recentemente pubblicata anche in Paolo Febbraro e Giorgio Manacorda (a cura di), Poesia 2006, Castelvecchi, Roma 2007, pp. 185-216. Testi e testimonianze relativi a questo evento sono riunite in Castelporziano, primo festival internazionale dei

poeti, “Autobus”, n. 3-4 1980. È utile ricordare che su questo festival è stato fatto anche un

documentario, ancorché difficilmente reperibile: Andrea Andermann, Castelporziano. Ostia dei poeti (1980). L'11 ottobre 2004, una puntata del programma Radio tre suite intitolata Non c'è verso che tenga è stata dedicata a questo evento ed è disponibile sul sito Internet: www.radio.rai.it/radio3/radio3_suite.

139 Mariella Bettarini, “Per un’intervista inedita ad Amelia Rosselli”, cit. p. 86. Una recente testimonianza radiofonica di Biancamaria Frabotta ricostruisce la partecipazione della poetessa al festival: “Ho un ricordo molto preciso della lettura fatta da Amelia Rosselli a Castelporziano, al festival di Castelporziano. Chi era presente o chi ha letto qualcosa su quell’esperienza sa che imperversava di tutto in quel momento. I giovani non volevano ascoltare i poeti, volevano parlare al posto dei poeti, volevano sopraffarli. Poi ad un certo punto è arrivata Amelia sul palco e ha cominciato a leggere con questa sua voce che non mi sembra retorico dire che era una voce che veniva dal fondo della terra. Ci fu un silenzio improvviso. Ci si trovò di fronte all’altro veramente, alla dimensione altra della poesia.” (programma radiofonico: Radio Tre Suite, 8 febbraio 2006, ora ascoltabile sul sito: www.radiotresuite.rai.it/radio3).

140 Amelia Rosselli, Curriculum I, in Id., Scrittura plurale, cit. p. 279.

141 Amelia Rosselli, Si fa spesso spettacolo del poeta, ci si dimentica però della poesia, “Il corriere della sera”, 6 aprile 1983, ora in Id., Una scrittura plurale, cit. p. 263.

rivelati, per certi versi, un punto di non ritorno. Già nel 1975, nell’introduzione a Il pubblico della poesia Alfonso Berardinelli aveva cercato di interpretare le trasformazioni in atto nel contesto letterario soffermandosi in particolare sul fenomeno di “dissoluzione accelerata della figura socioculturale e ideologica dell’autore”.142 L’intuizione fondamentale del critico è che la distanza sociologica tra scrittore e lettore stesse progressivamente riducendosi a zero. Il numero dei poeti era in impressionante aumento, mentre parallelamente veniva a mancare una prospettiva unitaria all’interno della quale definire e giudicare il valore estetico di un’opera. Da allora in poi molteplici tendenze si sono trovate a convivere l’una accanto all’altra senza interagire. Si sono fatte strada delle scritture sempre più legate al quotidiano, allo sfogo intimistico e confessionale.

Si tratta di una “deriva” della poesia nella quale anche la nascente parola femminile, che negli anni Settanta aveva conquistato una certa visibilità, è destinata ad essere riassorbita e dimenticata. La prima a darne conto in modo perspicuo è Biancamaria Frabotta in un saggio del 1980 intitolato Il furto del femminile.143 In tale studio la poetessa rileva come la riflessione poetica femminile sia stata sbrigativamente identificata con il mito della rivolta e della controcultura. Ciò permetteva di assimilarla alla più generale ondata di protesta che a partire dal 68 era sfociata negli anni Settanta. Per Frabotta ridurre le rivendicazioni femministe al clima della contestazione ed inglobare la poesia delle donne all’interno del più generale fenomeno della poesia giovanile in rivolta è stato in qualche modo “un furto”, un modo silenzioso, ma efficace per aggirare e neutralizzare la voce femminile.

Lo scenario degli anni Settanta è estremamente ambiguo e complesso. È caratterizzato da un movimento di disgregazione e frammentazione delle tendenze in campo letterario al quale corrisponde un parallelo riaffiorare dei luoghi comuni della femminilità, per esempio quello relativo ad una misteriosa componente irrazionale, che è ora orgogliosamente riproposta dai poeti delle nuove generazioni, in primis i “poeti innamorati”.144

Alcune delle riflessioni che Amelia Rosselli elabora sul finire degli anni Settanta 142 Alfonso Berardinelli, Effetti di deriva, in Alfonso Berardinelli, Franco Cordelli (a cura di), Il

pubblico della poesia, Lerici, Cosenza 1975, p. 13.

143 Biancamaria Frabotta, Il furto del femminile, in Id., Letteratura al femminile: itinerari di lettura: a

proposito di donne, storia, poesia, romanzo, De Donato, Bari 1980, pp. 113-131.

144 Giancarlo Pontiggia, Enzo De Mauro (a cura di), La parola innamorata: i poeti nuovi (1976-1978), Feltrinelli, Milano 1978.

sono molto interessanti e per certi aspetti attuali anche oggi. Secondo la poetessa non esistono formule e programmi poetici pronti per l’uso: l’unica via d’uscita ancora possibile è quella, certo ripida, della serietà della ricerca. Ai giovani che vogliono scrivere consiglia di non avere fretta, di aspettare di avere un messaggio ed uno stile maturi prima di pubblicare.145 Suggerisce di abbandonare gli atteggiamenti esibizionistici, per ascoltare più attentamente la realtà che li circonda, per andare oltre la moda confessionale dell’epoca e trovare invece la parola capace di esprimere anche gli altri.146 Si tratta di un invito alla pazienza e alla responsabilità della scrittura che si staglia con tanta più forza in un mondo, come il nostro, caratterizzato da rapidi cambiamenti.

La poetessa però non si limita a queste seppur preziose indicazioni. I problemi, che il contesto storico aveva sollevato con urgenza, sono infatti affrontati direttamente nei suoi versi. Impromptu è un fantastico e spregiudicato balzo in avanti attraverso il quale la poetessa cerca di raccogliere i fili densi e sottili che percorrono tutta la sua opera ed allo stesso tempo attraversano anche il tumultuoso decennio che si stava chiudendo. Il rapporto tra lingua poetica e realtà è scandagliato in tutte le sue profondità, analizzato alla luce dei cambiamenti che in quel periodo stavano trasformando la società e le forme della produzione letteraria. Nel corso di questo capitolo ho cercato di dimostrare come il discorso sul rapporto tra poeta e società, la questione della soggettività femminile in poesia ed il problema della componente irrazionale dell’arte siano fortemente intrecciati in Impromptu. Questi discorsi si articolano attorno ad un sistema di opposizioni incentrate sul doppio valore del linguaggio poetico, inteso come possibilità di liberazione e di vita, ma anche come ennesimo meccanismo di morte e di violenza.

Le raccolte di Amelia Rosselli costituiscono un insieme compatto e coerente dove gli stessi nodi problematici vengono sviluppati da prospettive diverse. Variazioni belliche, la prima importante opera della poetessa, approfondisce una problematica di tipo religioso e morale. Al desiderio di libertà e fusione con il divino si oppone la negazione della comunione mistica. Inversamente all’egoistico perseguimento del proprio oscuro piacere si oppone la scoperta del valore salvifico dell’isolamento e del raccoglimento in

145 Amelia Rosselli, Non avere fretta, “L’Ora”, 13 marzo 1980, adesso in Id., Una scrittura plurale, cit. p. 257.

spazi chiusi. Il secondo libro pubblicato da Amelia Rosselli, La libellula, è il sogno irrealizzabile di una parola che si libera delle falsificazioni della tradizione letteraria anche da un punto di vista femminista. In una prospettiva simile si colloca Serie ospedaliera che riprende, in senso ironico, il topos poetico dell’idillio amoroso. In uno stile prosastico e semplice, Documento mette a nudo le contraddizioni su cui si regge la stessa poesia: denuncia la finzione e la menzogna che la letteratura costituisce rispetto alla vita. Il rapporto doppio e paradossale tra lingua e realtà attraversa dunque tutto il percorso poetico rosselliano. Se, come la stessa poetessa ha affermato, Impromptu costituisce un salto sia stilistico che tematico rispetto alla produzione precedente è perché il poemetto riesce ad avvicinare dei problemi in precedenza affrontati separatamente. Il valore del poemetto risiede proprio nella sua capacità ad integrare e ricollegare discorsi apparentemente diversi. La dimensione politica rimanda a quella femminista. La riflessione esistenziale sfocia in considerazioni poetiche e metriche. Il salto in avanti effettuato dal poemetto è identificabile proprio in questo abbattere le frontiere ed esibire il terribile intrecciarsi delle idee.

I problemi sollevati nelle precedenti raccolte sono quindi ripresi ed interrogati trasversalmente su un piano più vasto. Ciò che rende possibile il progetto è senza dubbio il respiro e la lunghezza del poemetto. La poetessa si era già cimentata con una forma poetica simile ne La libellula (1958). Le note che Amelia Rosselli aveva allegato alla fine del testo giovanile presentano alcune affermazioni suggestive:

“Il titolo La libellula vorrebbe evocare il movimento quasi rotatorio delle ali della libellula […] Il poema è concepito anche in forma di drago che si mangia la coda. Fine e principio dovrebbero infatti congiungersi, se il poema viene letto scioltamente e intuitivamente. Nel saggio Spazi metrici incluso nel mio primo libro Variazioni belliche, parlavo di “inserire l’ideogramma cinese tra la frase e la parola e tradurre il rullo cinese in delirante corso di pensiero occidentale” (pagina 182). Il poema del 1958 è infatti un’esemplificazione, sia linguisticamente che formalmente, di questo tipo di scrittura.”147

L’influenza del mondo orientale sull’opera di Amelia Rosselli deve essere ancora studiata in modo approfondito, anche se alcuni dati interessanti sono stati messi recentemente in evidenza da Chiara Carpita, in particolare riguardo alle terapie junghiane seguite da Amelia Rosselli.148 Il legame tra La libellula e l'immagine del drago non è poi così sorprendente se si considera, come ha suggerito Alessandro Baldacci, che il termine italiano libellula ha come traduzione in inglese l'espressione

147 Amelia Rosselli, Note a La Libellula, SE, Milano 1996, p. 33.

148 Chiara Carpita, Amelia Rosselli e il processo di individuazione: alcuni inediti, “Allegoria”, n. 55, 2007, pp. 146-179.

“dragon fly”.149 L’immagine del drago che si mangia la codae quella del rullo cinese sono comunque di per sé estremamente significative perché servono all’autrice per comunicare l’idea di un pensiero che ruota su se stesso, che muovendosi riesce a mostrare il delirio della realtà e a esibirne le contraddizioni. Tali immagini sono efficaci per descrivere, in parte, anche il movimento della poesia di Impromptu. Anche in questo poemetto, infatti, il soggetto poetico resta imprigionato in una serie di paradossi per i quali non esiste una soluzione dialettica. La poesia assume una forma circolare. Il discorso non si articola lungo una chiara progressione temporale, mentre l’argomentazione si sviluppa sotto il segno della simultaneità, del rovesciamento degli opposti, della continua esposizione delle aporie.

La lingua della poesia tesa tra la vita e la morte.

Impromptu proclama il sogno di un mondo diverso, ma allo stesso tempo ne espone la sua intrinseca impossibilità. Il poemetto si configura come una storia di utopia e sopraffazione insieme. Il pensiero va allora all’opera di Ingeborg Bachmann, alle sua lezioni di Francoforte intitolate Letteratura come utopia, ma anche a Malina, primo romanzo del ciclo “Todesarten” (“Modi di morire” o “Cause di morte”). Non è certo un caso se Amelia Rosselli durante un’intervista del 1980 citi proprio Ingeborg Bachmann per indicare una delle poetesse contemporanee a suo avviso più interessanti.150 Sulla quarta di copertina della propria copia di Tre sentieri per il lago151 la poetessa annota quali sono i libri della scrittrice austriaca presenti alla Biblioteca Nazionale. Si tratta, ovviamente, di un indizio di curiosità ed entusiasmo, confermato dall’esistenza di una cartella di appunti relativi a Ingeborg Bachmann e conservati al Centro Manoscritti dell’Università di Pavia. Ancora più decisiva in questo senso è una testimonianza del 1987 contenuta nel documentario“Amelia Rosselli… e l’assillo è rima” di Stella Savino e Rosario Lo Russo.152 Qui la poetessa indica le poesie della Bachmann come fonte ispiratrice del suo poemetto:

“Senza saperlo magari inconsciamente sto maturando qualcosa d’altro. Per esempio: Impromptu. Avevo studiato molto a fondo un canto di Dante dell’Inferno, a modo mio. E ho studiato molto a fondo le poesie

149Alessandro Baldacci, Amelia Rosselli, cit. p. 50.

150 Aurelio Andreoli, E’ possibile far poesia al femminile? Intervista ad Amelia Rosselli,“Paese sera”, 28 agosto 1980.

151 L’esemplare cui si fa riferimento è conservato al fondo Amelia Rosselli della Biblioteca di Lingue dell’Università La Tuscia di Viterbo.

152 Il dvd del documentario “Amelia Rosselli…e l’assillo è rima” è allegato al volume Andrea

tradotte dal tedesco testo a fronte della Bachmann e qualche scintilla è scoppiata. Lì mi ha fatto scoppiare qualcosa e sono andata a scrivere qualche giorno dopo cominciando, tentando una prosa e poi inevitabilmente tornando a questo verso chiuso e andando avanti”.153

La corsa verso il canto della poesia è un’impresa fantastica ed allo stesso tempo irrealizzabile, ricca di potenzialità eppure destinata a scontrarsi con i propri limiti. Il legame con Ingeborg Bachmann è da ricercarsi forse nella lucida consapevolezza che:

“è dentro il linguaggio che si innestano i meccanismi della sopraffazione, del dominio, della “colonizzazione” psicologica […] Eppure solo dal linguaggio possono nascere anche gli anticorpi, solo attraverso il linguaggio si può costituire l’orizzonte di una possibile salvezza”.154

La poesia è portata in un vicolo cieco, dove limiti e risorse si scambiano incessantemente i ruoli, dove sopraffazione ed utopia finiscono per coincidere. Aveva colpito nel segno Andrea Zanzotto quando nel 1976 affermò: “Amelia Rosselli […] è nata dentro questo “scrivere”, non può uscirne; nello stesso tempo ne è fuori, da sempre lo contesta”.155

Quella della poetessa è una condizione tragica. Del tragico hanno parlato con competenza Alessandro Baldacci ed Emmanuela Tandello in due recenti monografie dedicate all’autrice.156 L’impressione generale è che questi studi, seppur molto validi, si soffermino su una visione del tragico che s’identifica con il senso della fatalità, della sconfitta e della catastrofe. Se è vero che in Amelia Rosselli la certezza della morte è sempre presente, la poetessa sembra riproporre in modo altrettanto ostinato la propria fiducia nella parola come utopia, come “lenza al futuro” (DOC, p. 459).157 L’originalità del fare poetico rosselliano può essere riconosciuta proprio in questo suo collocarsi in una faglia, dove alla lucida e disincantata analisi del reale si oppone, con forza, il richiamo del canto e dell’estetica passione.158 Non è un caso se il titolo del 153 Una parte dell’intervista utilizzata da Rosaria Lo Russo e Stella Savino è attualmente disponibile anche sul sito dell’Università della Calabria:

http://mondoailati.unical.it/didattica/dbik/television/index.php?canale=8&media=236

154 Hermann Dorowin, Invocazione all’Orsa Maggiore di Ingeborg Bachmann (recensione), “L’indice”, n. 11, 1994.

155 Andrea Zanzotto, Amelia Rosselli: “Documento”, Aure e disincanti del Novecento letterario.-

Mondadori, Milano 1994, poi in Id., Scritti sulla letteratura, Mondadori, Milano 2001, pp. 127-129.

156 Si tratta di opere rigorose e ricche di idee preziose. Del volume di Emmanuela Tandello, Amelia

Rosselli. La fanciulla e l'infinito, si è in parte già parlato. La studiosa sviluppa un'attenta analisi delle

figure tragiche femminili che costellano l’opera della poetessa. L’opera di Alessandro Baldacci, intitolata

Fra tragico e assurdo: Benn Beckett e Celan nella poetica di Amelia Rosselli (Edizioni dell’Università di

Cassino, Cassino 2006), ha invece il merito di approfondire la questione del tragico ascoltando le risonanze che esistono tra i versi rosselliani e quelli di alcuni dei più importanti poeti ed autori europei.

157 Nel saggio Letteratura come utopia, Ingeborg Bachmann cita in conclusione una frase di René Char: “A ogni cedimento delle prove , il poeta risponde con una salva di avvenire” (Ingeborg Bachmann,

Letteratura come utopia, Adelphi, Milano 1993, p. 124).

componimento costituisce un rimando al repertorio musicale. Impromptu, infatti, è un ritmo improvviso, un soffio di vento159 che sparpaglia sulla scrivania le carte del nostro immaginario letterario, che permette di andare anche solo per un attimo oltre la morte, oltre il silenzio.

considerare il seguente passaggio del componimento “Contro del re dell'universo gridavano anacoreta

e”: “Con il contagoccie della / solitudine frenava la sua passione al bello. Con la / sua passione al bello

frenava la sua corsa alla solitudine. // Con la sua passione al bello decifrava la solitudine.” (VB, p. 228). La lacerante contrapposizione tra estetica e vita è sottolineata anche ne La libellula: “E l'estetica non sarà più la nostra gioia noi / irremo verso i venti con la coda tra le gambe / in un largo esperimento” (LIB, p. 144). Non è senza interesse rilevare come anche nel poemetto pasoliniano si faccia riferimento all’“estetica passione” (Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, cit. p. 56).

159 All’immagine del vento e alle sue occorrenze è dedicato il saggio di Daniela La Penna “La metafora ventosa nella poesia di Amelia Rosselli”, in Giorgio Devoto, Emmanuela Tandello, Amelia