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Ma sono tutte delle eccentriche? La difficile collocazione critica

Capitolo I VOCI DI DONNE NELLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEAITALIANA CONTEMPORANEA

2. Ma sono tutte delle eccentriche? La difficile collocazione critica

Le poetesse di formazione tardo ottocentesca che hanno pubblicano versi nei primi decenni del Novecento si sono dovute confrontare con giudizi critici che definivano la loro scrittura come trascurata dal punto di vista formale, oppure come fiacca e pedissequa imitazione di moduli stilistici maschili.47 La questione femminile sollevata su “La Voce” all'inizio del secolo e recentemente analizzata da Anna Nozzoli illustra alla perfezione un atteggiamento che durerà fino al secondo dopoguerra.48 Per le poetesse delle generazioni successive la questione del giudizio critico si pone invece in termini diversi. Molte delle autrici nate nei primi sessant'anni del Novecento e per lo più attive a partire dagli anni Quaranta, qualora riescano ad ottenere una certa 47 Si veda a questo proposito l'interessante saggio di Sibilla Aleramo, Apologia dello spirito

femminile, “Marzocco”, n. 15, 9 aprile 1911, ora in Id., Andando e stando, Feltrinelli, Milano 1997, pp.

81-87. La scrittrice risponde ad alcune analisi di Luciano Zuccoli (Il pericolo roseo, “Il corriere dela sera”, 24 marzo 1911) e Giuseppe Antonio Borgese sulla “sovra-produzione letteraria femminile, mediocre di forma e di contenuto” (Ivi, p. 81).

48 Anna Nozzoli, “La Voce” e le donne, in Id., Voci di un secolo, Bulzoni, Roma 2000, pp. 97-116. La studiosa cita anche un interessante intervento di Papini apparso l'11 agosto 1910 su: “ Chi s'accosta alla letteratura italiana del giorno d'oggi [...] dovrà credere che tutti i maschi son morti e ch'è dato di scrivere solamente alle femmine. Non si pensi a sottane e a calzoni. Ci sono i sessi spirituali e non solo i fisici. Quando parlo di maschio intendo, ora la forza, l'energia, la durezza, la fierezza; quando parlo di femmina la mollezza, la dolcezza, la voluttuosità blanda, il tono minore, le lacrime facili, il pettegolio spiritosetto, e la musicalità svaniente e estenuante” (Ivi, p. 101). Si veda anche Rossana Dedola, Intellettuali e

questione femminile negli anni della “Voce”, “La rassegna della letteratura italiana”, n. 3 settembre

attenzione critica, vengono descritte come veri e propri casi letterari. Il breve campionario di citazioni che segue indica chiaramente come le loro voci siano spesso state registrate come anomale, estranee alla tradizione poetica e dunque collocabili ai suoi margini. I corsivi sono naturalmente nostri:

“Caso veramente a sé, quello di Antonia Pozzi, nella poesia del nostro novecento: suicida a 26 anni, un solo libro, postumo.”49

“Mentre certe figure continuano perciò ad accamparsi in primo piano [...], altre restano sullo sfondo in quanto refrattarie agli schieramenti di campo, unicamente fedeli al proprio solitario destino. Tra queste figure, una delle più alte e incomprese è, per me, quella di Fernanda Romagnoli, un'autrice senza

confronti possibili nel Novecento”50

La poesia di Giovanna Bemporad è stata descritta da Giovanni Raboni come:

“Fermamente e quasi eroicamente estranea al travaglio poetico contemporaneo”51

“Giuseppe de Robertis parlava spesso della poesia della Guidacci in termini ammirativi, con una sola riserva che però riguardava la sua persona: la Guidacci era superba. La Guidacci, per chi la conosca, non è affatto superba; ma era comunque un modo di cogliere con acutezza la diversità di quella voce, la sua

incapacità ad accordarsi.”52

“Elena Clementelli rappresenta un caso molto singolare di filiazione difficile nella storia della poesia italiana del Novecento”53

“La suggestiva e spesso potente poesia della Rosselli era e resta un fenomeno in sostanza unico nel panorama letterario italiano”,54

Su questa poetessa si vedano anche le seguenti riflessioni di Enrico Testa:

“Vicende biografiche e qualità della scrittura fanno di Amelia Rosselli un caso anomalo della poesia novecentesca.”55

“C'è forse un empito mistico e metafisico all'origine della poesia di Alda Merini, esperienza fra le più

appartate del secondo Novecento, e a suo modo erede di una linea antimoderna scarsamente attestata in

Italia.”56

Si tratta di un'idea ripresa con forza anche in ambito francese:

“La poésie d’Alda Merini constitue véritablement un cas à part dans le panorama de la littérature de notre siècle, tant par la manière d’écrire de l’auteur que par les thèmes traités.”57

“Vivian Lamarque appare subito naturalmente estranea a ogni linea di tendenza, o ad ogni eredità dei

49 Gina Lagorio, Piero Gelli (a cura di), Poesia italiana del Novecento, cit., p. 636.

50 Paolo Lagazzi, Elogio di Fernanda Romagnoli,cit., p. 525.

51 Giovanni Raboni, Poeti del secondo Novecento, cit., p. 224.

52 Luigi Baldacci, Margherita Guidacci, in Francesca Pansa, Marianna Bucchic, Poesie d'amore: l'assenza, Newton Compton Roma 1989, p. 37.

53 Gina Lagorio, Piero Gelli (a cura di), Poesia italiana del Novecento, cit., p. 894.

54 Pier Vincenzo Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, cit. p. 993.

55 Enrico Testa, Dopo la lirica, cit. p. 197.

56 Ivi, p. 286.

57 Brigitte Urbani, Folie d’amour … Aimer à la folie. Dans le monde d’Alda Merini, “Italies”, n. 3, 1999, p. 43.

suoi coetanei”58

“La produzione di Patrizia Valduga costituisce nella poesia italiana più recente un vero e proprio caso.”59

oppure “Curioso ma ogni nuovo libro di Patrizia Valduga sembra proporsi sempre come un “caso”, almeno se lo si considera all’interno delle offerte e delle tendenze in corso della poesia italiana contemporanea.”60

Naturalmente sono esistite anche voci poetiche maschili difficilmente inseribili in correnti e movimenti, e proprio per questo definite come casi letterari. L'esempio più noto nella poesia del Novecento è quello di Dino Campana che, rifiutato dai movimenti d'avanguardia, si è imposto all'attenzione grazie ai Canti orfici (1914).61 Pare significativo però che questa condizione di isolamento e di diversità sia maggiormente diffusa tra le poetesse. Questo insistere sul carattere eccezionale della scrittura poetica femminile frequente nei giudizi critici non può essere semplicemente interpretato come un riconoscimento della forte originalità espressiva di queste autrici. Altrimenti non si capirebbe come mai molte delle poetesse indicate che hanno preceduto Amelia Rosselli siano clamorosamente assenti dalla maggior parte delle antologie del Novecento.

La difficoltà che i critici incontrano nell'inserire le esperienze poetiche femminili nelle tendenze poetiche dominanti il loro tempo sembra in qualche modo giocare a loro sfavore. Le voci che rimangono solitarie, che non si inseriscono in un gruppo o in una scuola poetica già esistente, le personalità poetiche che non fondano una nuova corrente possono cadere più facilmente nell'oblio, nonostante la qualità letteraria dei loro versi.62 Non è dunque raro oggi che uno specialista di letteratura contemporanea non conosca testi di poetesse nate prima di Amelia Rosselli e Alda Merini.63 In un simile contesto, il 58 Maurizio Cucchi, Vivian Lamarque, in Maurizio Cucchi, Stefano Giovanardi (a cura di), Poeti

italiani del secondo Novecento 1945-1995, Mondadori, Milano 1996, p. 972.

59 Stefano Giovanardi, Patrizia Valduga, in Ivi, p. 1001.

60 Folco Portinari, La poesia del dolore di Patrizia Valduga, “L’Unità”, 26 marzo 1996.

61 Della difficile collocazione di Dino Campana in ambito storiografico si è a lungo discusso. Il poeta però occupa oggi un posto importante dentro il canone. Non è forse inutile ricordare a questo proposito che Dino Campana è stato studiato da Alberto Asor Rosa in un suo importante lavoro sull'identità letteraria italiana: “Canti Orfici” di Dino Campana, in Id., Genus italicum. Saggi sull'identità letteraria

italiana nel corso del tempo, Einaudi, Torino 1997, pp. 683-751. È rilevante rammentare anche come

Edoardo Sanguineti, nell'antologia Poesia italiana del Novecento (Einaudi, Torino 1969), abbia voluto riconoscere in Dino Campana un esempio di “reale alternativa storica” (Ivi, p. 727) alla tradizione letteraria, possibile maestro e punto di partenza per la poesia del secondo Novecento. Sulla fortuna cririca di Dino Campana si veda: Maria Antonietta Grignani, Momenti della ricezione di Campana, in Anna Rosa Gentilini (a cura di), Dino Campana alla fine del secolo, Il Mulino, Bologna 1999, pp. 169-188.

62 Si vedano a proposito anche le osservazioni di Tatiana Crivelli sul canone della tradizione letteraria, non solo del Novecento: Tatiana Crivelli, Riflessioni sul rapporto fra scrittura femminile e canone, in Alessia Ronchetti, Maria Serena Sapegno (a cura di), Dentro / fuori, sopra / sotto. Critica femminista e

canone letterario negli studi di italianistica, Longo editore, Ravenna 2007, p. 43.

63 Si veda il caso emblematico di Romano Luperini, che ha curato diverse antologie letterarie a diffusione scolastica e universitaria (di cui una in particolare dedicata alla poesia) e afferma di non

problema non è solo quello del riconoscimento da parte dei propri coetanei, ma soprattutto quello della memoria della poesia femminile presso le generazioni future, anche quella delle autrici che oggi sono piuttosto note.

La rimozione costituisce senza dubbio uno dei rischi maggiori connessi all'isolamento delle poetesse sul piano dell'inquadramento storiografico. Più difficile invece è cercare di interpretare le ragioni del carattere solitario e appartato di queste scritture poetiche. Perché le donne prediligono vie poco battute ed alternative? Non si tratta soltanto di rilevare una difficoltà della critica nell'interpretare delle esperienze di scrittura che rimettono in discussione i quadri concettuali tracciati. Questo avventurarsi lungo percorsi paralleli a quelli ufficiali può essere analizzato anche da un'altra angolatura. In un'intervista degli anni Novanta, Biancamaria Frabotta invita con queste parole ad interrogarsi sull'irriducibilità delle poetesse a movimenti e correnti:

“Nel gruppo - precisa Frabotta - la donna si perde. Perde la parola o per timidezza o perché gliela tolgono. Si salva chi va avanti per conto proprio. Se guardiamo il gruppo 63 e l'odierno gruppo 93, non c'è una presenza femminile. Bisognerebbe rileggere questi capitoli di storia in questa prospettiva, chiedersi perché le donne non seguono i flussi delle avanguardie.”64

È forse inutile precisare che, nel Novecento, le donne non sono del tutto mancate dai movimenti d'avanguardia. Si pensi per esempio alla partecipazione femminile al futurismo che è stata ricca e numericamente elevata, anche se le poetesse non occuparono una posizione centrale.65 Per quanto riguarda il secondo Novecento, non si può non concordare con Biancamaria Frabotta quando afferma che le donne hanno dimostrato una forte diffidenza nei confronti della neoavanguardia. Amelia Rosselli, ma

conoscere le poesie di Antonia Pozzi: “Un anno fa, durante un'intervista, chiesi a Luperini perché non avesse parlato della Pozzi, della Campo e della Merini. Mi disse di non conoscere la prima, di trovare le poesie della seconda di poco interesse e quelle della terza di valore, ma “non di grande valore”. Era una vera e propria richiesta di eroismo.” (Alba Donati, Bollettino di guerra, cit. p. 58). L'intervista cui Alba Donati si riferisce è stata pubblicata ne “Il giorno”, 18 maggio 1993.

64 Alba Donati, Intervista a Biancamaria Frabotta,“Il giorno”, 18 maggio 1993.

65 Si ricorda che la rivista fiorentina “L'Italia futurista” ospitò diverse autrici, gli studiosi che se ne occuparono negli anni Settanta non mancarono di rilevarlo: Maria Carla Papini (a cura di), L'Italia

futurista (1916-1918), Edizioni dell'Ateneo & Bizzarri, Roma 1977. La presenza femminile nel

movimento futurista è stata studiata in modo sistematico all'inizio degli anni Ottanta, nell'importante e ormai classico studio di Claudia Salaris, Le futuriste: donne e letteratura d'avanguardia, Edizioni delle donne, Milano 1982. A proposito del rapporto tra donna e futurismo si veda anche il libro di Silvia Contarini, La Femme futuriste - Mythes, modèles et représentations de la femme dans la théorie et la littérature futuristes (1909-1919), “Cahiers d’Italie”, Université Paris 10, 2006. La recente antologia di

Cecilia Bello Minciacchi mette di nuovo a disposizione una ricca scelta di testi in poesia e in prosa di alcune donne futuriste: Cecilia Bello Minciacchi, Spirale di dolcezza + serpe di fascino. Scrittrici

anche altre poetesse come Giulia Niccolai (1934)66 e Patrizia Vicinelli67 (1943-1991), si sono interessate al Gruppo 63 mantenendo tuttavia una forte autonomia. Per quel che concerne il Gruppo 93,68 che, anche a causa del mutato contesto storico, non ha avuto una risonanza comparabile a quella della neoavanguardia, si ricorda come il movimento, ufficialmente nato nel 1989, abbia annoverato tra i suoi esponenti poeti come Biagio Cepollaro, Mariano Baino, Lorenzo Durante, Gabriele Frasca, Marcello Frixione, Tommaso Ottonieri e Lello Voce. Anche in questo caso le donne presenti nelle pubblicazioni sono pochissime ed occupano posizioni decisamente periferiche.69

66 Giulia Niccolai è nata nel 1934 a Milano, da madre americana e padre italiano. Ha assistito come fotografa alle prime riunioni del gruppo 63. Per la collana “Le comete” diretta da Nanni Balestrini ha pubblicato il suo primo romanzo Il grande angolo (Feltrinelli, Milano 1966). Tra i suoi principali libri di poesia si ricordano le raccolte Harry's bar e altre poesie (Feltrinelli, Milano 1981) e Fresbees. Poesie da

lanciare (Campanotto, Pasian di Prato 1994). Giulia Niccolai, parlando di sé alla terza persona, ha

dichiarato che: “Agli inizi degli anni Settanta fondò con Spatola la rivista di poesia “Tam Tam”. Molto di quanto ha imparato sul fare poesia, l'ha imparato lavorando al suo fianco dal '68 al '79, prima a Roma, poi a Mulino di Bazzano (Parma), alla “cucina” di “Tam Tam”; leggendo testi, sbrigando la corrispondenza, facendo pacchi e schede critiche. Così cominciò a sentirsi dentro la letteratura e questo fu forse il solo modo possibile, dato che si è sempre considerata elemento di base e non di vertice, cui non è mai stato concesso prendere scorciatoie.” (Felice Piemontese (a cura di), Autodizionario degli scrittori, Leonardo, Milano 1990, p. 238). Su questa poetessa si veda anche Rebecca West, Giulia Niccolai, in Rinaldina Russel (a cura di), Italian women writers: a bio-biografical sourcebook, Greenwood Press, Westport 1994, pp. 302-312.

67 Patrizia Vicinelli è nata a Bologna nel 1943 e vi è morta nel 1991. Ha fatto cinema e teatro sperimentali, ha partecipato a diverse mostre di poesia visiva ha svolto attività di performer in molti festival nazionali e internazionali. Le sue raccolte sono a. à. A (Lerici, 1967); Apology of a schizoid

woman (Tauma 1979), Non sempre ricordano (con una prefazione di Francesco Leonetti, Aelia Laelia,

Reggio Emilia 1985). Nel 1994 è uscito un volume che raccoglie tutte le sue opere: Patrizia Vicinelli,

Opere a cura di Renato Pedio, All'insegna del pesce d'oro, Milano 1994. La sua raccolta forse più

importante, inoltre, è stata appena ripubblicata: Non sempre ricordano. Poesia Prosa Performance, a cura e con un saggio di Cecilia Minciacchi Bello, introduzione di Niva Lorenzini, antologia multimediale in dvd a cura di Daniela Rossi, Le Lettere, Firenze 2009.

68 Un elenco degli autori presenti ai convegni del movimento si trova in Gruppo 63. Critica e teoria, a cura di Renato Barilli e Angelo Guglielmi, Feltrinelli, Milano 1976, pp. 363-364 e in Gruppo 63.

L'Antologia. Testo & Immagine, Torino 2002. Secondo queste fonti, Amelia Rosselli partecipa al primo e

al quarto incontro, Patrizia Vicinelli legge dei testi solo al quarto incontro svoltosi nel 1966 a La Spezia. L'antologia del gruppo pubblicata nel 1976 non comprende testi poetici di Amelia Rosselli, ,nell'antologia del 2002, invece, oltre ad Amelia Rosselli vengono inclusi anche i versi di Patrizia Vicinelli e di Giulia Niccolai. È singolare il fatto che i testi di queste poetesse compaiano nell'antologia che traccia la storia del gruppo a più di trent'anni di distanza, quando lo scopo non è più quello di fissare dei nomi e dei testi da tramandare, ma quello di ribadire la diffusione del movimento, la sua capillare diffusione e dunque la sua importanza a livello storico.

69 Nessuna donna viene inclusa nel libro che offre un rendiconto di questa esperienza dal punto di vista teorico: Gruppo 93. La recente avventura del dibattito teorico letterario in Italia, a cura di Filippo Bettini e Francesco Muzzioli, Piero Manni, Lecce 1990. Il volume Gruppo 93: le tendenze attuali della

poesia e della narrativa: antologia di testi teorici e letterari, a cura di Anna Grazia D'Oria, Manni, Lecce

1992 (1989) comprende interventi critici e letterari, di cui solo uno appartiene ad una donna, Benedetta Cascella, ed è uno scritto in prosa. Nell'antologia curata da Filippo Bettini e Roberto Di Marco, Terza

ondata : il nuovo movimento della scrittura in Italia, Synergon, Bologna 1993, vengono invece incluse

due poetesse Nadia Cavalera e Mariarosa Di Marco, di cui solo la seconda però dichiara la propria appartenenza al gruppo. Su questo movimento si veda anche il saggio di Renato Barilli, La nascita del

Biancamaria Frabotta suggerisce come la diffidenza delle donne verso scuole e gruppi possa essere ricollegata al tentativo di non farsi sopraffare, a causa della loro timidezza o della prepotenza dei colleghi. A questo proposito sono estremamente significative alcune riflessioni di Margherita Guidacci. Nel 1961, in una scheda autobiografica contenuta in un'antologia, la poetessa parlando della propria giovinezza si sofferma sulla propria incapacità ad adattarsi alle correnti culturali in quel momento in voga:

“nella Firenze ermetica del '40, ho tentato di conformare i miei risorgenti impulsi lirici alla poetica allora in auge. Il mio paradosso fu proprio questo: che mentre avevo la miglior volontà del mondo di assimilare quella poetica in me qualcosa di indipendente dalla mia volontà, rifiutava di assoggettarvisi. Analoga fu la mia posizione nel settore critico: anche lì fermamente risoluta ad applicare gli insegnamenti che ricevevo, finivo sempre, con mia somma costernazione, per uscire di pista. Non so cosa ci fosse in me, perché come ho già detto, non avevo allora la minima intenzione polemica, tutt'altro: ma ero organicamente irriducibile e ingovernabile.70

Forse questo sentirsi estranea alle tendenze poetiche del proprio tempo non è dovuto solo a tratti personali ricollegabili al suo carattere, come Margherita Guidacci dichiara in un'intervista curata da Mariangela Di Cagno nel 1971:

Questo tuo rifuggire dal far parte di un movimento era per te un bisogno di non identificarti con posizioni che potevano poi assorbirti o era un’esigenza psicologica della tua natura?

Lo vedo come un’esigenza psicologica in quanto ho un carattere schivo, una difficoltà a “legare” che si manifesta per me non soltanto nei rapporti letterari, ma nei normali rapporti della vita. Probabilmente c’entra anche un effetto di difesa. Penso che ci voglia un certo margine di solitudine perché l’identità che cerchiamo attraverso la poesia non ci venga strappata prima del tempo, perché possano delinearsi quegli elementi ancora sconosciuti e che tentiamo avidamente di conoscere.”71

Secondo Margherita Guidacci, la sua posizione appartata e solitaria è legata alla sua riservatezza, ma è allo stesso tempo una necessità connessa alla ricerca di una propria identità. Il ripiegamento nella solitudine e l'allontanamento dalle voci del gruppo rappresentano una tappa indispensabile per ascoltare la propria voce e esprimere più pienamente il proprio mondo. Cristina Campo, in una lettera a Leone Traverso, ha affermato: “Tutta la mia forza è la mia solitudine, il mio andarmene sola per questi luoghi, la libertà come un coltello tra i denti”.72 La poetessa si riferiva al suo rapporto di

Torino 2000, pp. 58-79. Barilli fa riferimento alla poetessa Rosaria Lo Russo che ricorre a una lingua fortemente sperimentale: “Un'iscrizione ad honorem nell'albo d'oro del Gruppo 93 può essere assegnata anche a Rosaria Lo Russo, che ha raccolto di recente il meglio della sua produzione in un volumetto della collana Bompiani diretta da Aldo Nove, sotto l' epigrafico titolo di Comedia (prefazione di Elio Pagliarani).” (Ivi. p. 78).

70 Margherita Guidacci, Poesia italiana contemporanea (1909-1959), a cura di Giacinto Spagnoletti, Guanda, Parma 1964, p. 660, ora in Margherita Guidacci, Prose e interviste, a cura di Ilaria Rabatti, Editrice CRT, Pistoia 1999, p. 115.

71 Ivi, p. 127.

72 Lettera del 13 agosto 1956 contenuta in Cristina Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso

amicizia e di amore con Leone Traverso, ma queste incisive frasi potrebbero forse essere usate per descrivere il rapporto di molte poetesse con il mondo letterario. La diversità, la condizione appartata e marginale non è semplicemente subita, ma è anche scelta e difesa. L'isolamento permette infatti di avventurarsi lungo strade ritenute più autentiche, di ricercare parole più vere e meno convenzionali.

Queste precisazioni gettano una luce in parte nuova sulle esperienze delle poetesse che negli anni Sessanta si sono avvicinate alla neoavanguardia. Si consideri ad esempio il caso di Amelia Rosselli che partecipa ad alcune riunioni del Gruppo 63,73 ma si annoia, non solo per il ritardo culturale con il quale vengono scoperti autori che lei conosce da tempo e per di più in lingua originale, ma soprattutto perché tutto quel “chiacchiericcio critico”74 le sembra arido e pedante. Per la poetessa, infatti, la sperimentazione linguistica non può essere scissa da un continuo sperimentare con la vita. Giulia Niccolai e Patrizia Vicinelli hanno avuto un rapporto per certi versi più stretto con il Gruppo 63. Pur riconoscendo gli aspetti positivi di questa esperienza, anche loro però lasciano trasparire una certa lontananza, anche polemica, rispetto alle posizioni del gruppo in merito al legame tra scrittura e vita. Nell'Autodizionario degli scrittori italiani curato nel 1990 da Felice Piemontese, Giulia Niccolai e Patrizia