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Anversa sullo Schelda. Variazioni di un fronte urbano tra forma e struttura

Il complesso di esigenze logistiche portuali, necessità di dif-esa militare della città da un lato e ambizioni di crescita del volume di traico merci dall’altro, ma anche le manifestazi-oni d’interesse di un ripensamento degli spazi fronte iume, le analisi e gli studi per la ri-signiicazione della natura di Anversa come una città d’acqua, hanno trovato alcuni punti di convergenza in tre momenti chiave nella storia della città. Di questi, due riguardano la storia post-industriale recente e non hanno prodotto trasformazioni spaziali dirette.

La rettiicazione dello spazio acquatico

All’inizio del ‘800, Napoleone Bonaparte riconoscendo l’im-portanza del porto di Anversa rispetto al contesto internazi-onale dei traici marittimi e rispetto ad un sistema difensivo del conine nord francese (Vanreusel, 1990, p. 19), ordinò di ampliare gli spazi portuali lungo la sponda destra del iume nella parte immediatamente a nord rispetto il centro urbano al ine di potenziare il porto soprattutto per un suo utiliz-zo militare. Dapprima vennero realizzati il Bonaparte Dock

nel 1811 e il Willem Dock nel 1813, due bacini di forma rettangolare, collegati tra di loro e posizionati in direzione

trasversale rispetto al corso del iume.2 Nella seconda metà

del secolo il porto venne ulteriormente ampliato con la costruzione dei bacini Kattendijk, Houtdok e Kempijschdock. Tutti questi spazi portuali quali banchine, specchi d’acqua, chiuse e magazzini, costituiscono l’area di Anversa chiamata Eilandje (Piccola Isola).

La crescita vertiginosa dei traici commerciali via mare nella seconda metà del XIX secolo rese ben presto gli spazi portuali di Anversa inadeguati e si resero necessarie ulteriori implementazioni. «L’andamento zigzagante del waterfront di Anversa poneva parecchi problemi alle navi nella fase di attracco, oltre ad assere un ostacolo durante la navigazi-one» (Vanreusel, 1990, p. 23). Nel momento storico caratter-izzato da un processo di modernizzazione delle tecnologie di trasporto, ma anche degli spazi produttivi e industriali della città, il principale afaccio di Anversa al iume venne rettiicato attraverso la costruzione di una banchina rettilin-ea lunga circa 7 km, dall’arrettilin-ea Nieuw Zuid ino ai bacini nord del primo ottocento. La banchina è larga circa 100 metri ed è interposta tra il iume e un fronte edilizio continuo della città.

Queste trasformazioni producono una frattura, spaziale prima di tutto, nella relazione tra la città e il iume. Anversa non è più una città d’acqua afacciata sullo Schelda. La città ha in qualche modo dimenticato la sua dipendenza dalla risorsa acqua in termini ambientali, di qualità dello spazio e di funzionamento del sistema ecologico (Secchi e Viganò, 2009). Se la permeabilità visiva venne profondamente mod-iicata dall’uso della nuova Scheldt Quays dalla presenza di gru, magazzini, tettoie per il ricovero delle imbarcazioni, ecc., l’accessibilità pedonale venne quasi completamente eliminata. Parallelamente al corso del iume viene eretta un’inferriata continua che consente un accesso alla Scheldt Quays limitato ad alcune strutture e alcuni spazi, quali le zone degli ediici Noorderterras e Zuiderterras.

Per oltre un secolo la fascia pianeggiante tra la città e il iume venne utilizzata da attività portuali minori, mentre il porto moderno, con gli spazi per il movimento di grosse quantità di merce e i bacini per accogliere navi sempre più grandi, cresceva nella parte nord, espandendosi verso la foce del iume. Nel corso dei primi tre decenni del XX secolo il porto commerciale e industriale continua l’espansione verso nord, con la costruzione dei bacini a nord dell’area Eilandje, tra cui l’Albertdok completato nel 1928, il

Leopold-dok e l’HansaLeopold-dok.3 A partire dal secondo dopoguerra,

Mappa di Anversa nel 1832.

Nell’illustrazione si riconosce il perimetro della prima cinta muraria, circondata da un sistema di canali. Questa struttura di fortiicazione è stata abbattuta e le parti d’acqua interrate. Oggi questo

Si roconoscono inoltre: la linea di waterfront spezzata circa 5 parti e i primi bacini artiiciali, il Bonaparte Dock e il , nella parte est della città.

[Autore: Society for the Difusion of Useful Knowledge (Great Britain), Fonte: David Rumsey Map Collection -

https://www.davidrumsey.com/luna/servlet/detail/RUM-SEY~8~1~20999~530091:Antwerp--Antwerpen--Anvers-#]

non venne completamente distrutta dai bombardamenti, le attività portuali ripartirono presto e vennero investite molte risorse nel suo sviluppo e nell’avvio dell’attività di tratta-mento del petrolio. Nel 1985 vennero realizzate le chiuse di Berendrecht, le seconde più grandi del mondo, che danno accesso al porto di Anversa sulla parte destra dello Schelda,

anche alle supernavi portacontainer.4

Successi e fallimenti dei primi tentativi di dialogo. Stad aan de Stroom

Alla ine degli anni 80 la strategia di rivitalizzazione delle cit-tà d’acqua attraverso il ripensamento funzionale delle aree fronte mare e il recupero degli spazi portuali abbandonati pone in evidenza importanti risultati a livello mondiale e an-che europeo (cfr paragrafo 1.1). Oltre ai ben noti casi di Bal-timora, Sydney, Cape Town che avevano già avviato e, nella maggior parte dei casi, completato gli interventi di water-front redevelopment, il panorama internazionale a livello europeo è in fermento. A Rotterdam era stato completato l’Erasmusbrugge, il ponte che in qualche modo segnava l’inizio della riqualiicazione dell’area Kop van Zuid. Al di là del canale della Manica, benchè le trasformazioni isiche dei Dockland di Londra avessero raggiunto scarsi risultati alla ine degli anni ‘80, la società di sviluppo immobiliare aveva già venduto migliaia di metri quadri di uici, muovendo così enormi capitali e producendo, nel periodo 1981-1987 circa 8000 posi di lavoro. A Barcellona e Genova i prepar-ativi per le manifestazioni, rispettivamente i Giochi Olim-pici e l’esposizione universale per i cinquecento anni dalla scoperta dell’America, stavano mettendo in mostra grandi trasformazioni delle aree fronte mare. In questo contesto anche nella principale città della regione iamminga emerge l’esigenza di generare un dibattito riguardante l’assetto urbanistico della città e in modo particolare degli spazi che compongono il waterfront urbano. Da ormai diversi anni, infatti, le aree portuali abbandonate della banchina dello Schelda e dell’area Eilandje rappresenta un ostacolo all’accesso diretto al iume e un segnale di una necessaria riqualiicazione spaziale per contrastare l’abbandono delle aree e il declino urbano.

Nel 1989 alcuni liberi professionisti locali, architetti e ur-banisti, tra cui Jef Vanreusel, Jef Van Den Broeck e Jan Van Alsenoy, danno vita all’organizzazione no-proit Stad aan de Stroom (La città sul iume) con l’obiettivo di stimolare un dibattito pubblico riguardante le opportunità di trasfor-mazione degli spazi di waterfront della città (Van Gerrewey, 2009). In una prima fase, dalla fondazione ai primi mesi del 1990, l’attività del gruppo si rivolge soprattutto ad

iniz-iative di promozione delle potenzialità urbane. Vengono organizzate mostre, manifestazioni ed eventi all’interno di strutture abbandonate e spazi portuali di Eilandje e della banchina dello Schelda, per far conoscere alla cittadinanza le potenzialità degli spazi di waterfront (Aerts, 2014). Con il supporto dell’amministrazione municipale della Città di Anversa, nel gennaio 1990 viene bandito un concorso di progettazione per il ripensamento di 3 aree problematiche della città: l’area Nieu Zuid (Nuovo Sud), la sede dell’antica fortiicazione spagnola che rappresentava la porta d’accesso alla città da sud e oggi sede di uno svincolo dell’infrastrut-tura stradale del ring, la fascia della banchina centrale chi-amata Scheldt Quay, e l’area dei primi bacini di carenaggio

ottocenteschi a nord del centro storico della città.5

Nonostante negli anni immediatamente successivi alla realizzazione del concorso l’amministrazione pubblica locale non è in grado di sostenere l’approfondimento e l’avvio dei progetti selezionati, la competizione riesce ad ottenere due importanti risultati. Da un lato l’attività di promozione cul-turale svolta dall’associazione precedentemente

dell’orga-Le aree del progetto Stad aan de Stroom del 1990 [Fonte: Vanreusel J., Antwerp - Reshaping a City, 1990]

Il Piano Struttura per Anversa

In arancione e rosso il sistema ‘Hard Spine In blu e azzurro la ‘Soft Spine’ In verde il sistema ‘Green Singel’ Le aree in giallo rappresentano il sistema ‘Lower Network and

Urban Centres’ In viola il sistema di ‘Living Canals’ [Fonte: City of Antwerp (2012), Antwerpen Ontwerpen, Antwerp]

nizzazione del concorso e gli esiti stessi del concorso fanno emergere alcune speciiche questioni urbanistiche legate al degrado di alcune aree, alla sconnessione infrastrutturale delle parti di città, alla necessità di un cambio nel sistema della mobilità. Per esempio, al di là delle richieste esplicitate nel bando di concorso, una costante nei progetti proposti, sia nella sezione aperta che in quella su invito, è costituita dalla deinizione di proposte che prevedano una ‘riconcil-iazione’ tra la città e il iume attraverso la riqualiicazione delle aree portuali di Anversa in spazi ad uso pubblico. In secondo luogo l’attività di progettazione ha il merito di riuscire a coinvolgere l’autorità pubblica locale nel dibattito e collaborazione tra le parti competenti per lo sviluppo di una ‘riforma urbana’. In questo senso risulta fondamentale il coinvolgimento di igure esperte di livello internazionale per

quanto riguarda la giuria,6 sia rispetto ai progettisti invitati.

Il coinvolgimento di pareri esperti di livello internazionale, inluisce sulla costruzione di un punto di vista più consape-vole e informato da parte della comunità locale e dell’am-ministrazione pubblica, sia rispetto ad un contesto europeo e mondiale in rapida evoluzione, sia per quanto riguarda il valore delle necessità locali di rigenerazione degli spazi di waterfront.

Alcuni fattori fanno sì che a partire dal 1994 l’amministrazi-one municipale decide di non sovvenzionare ulteriormente l’associazione che, a partire da 1° marzo dello stesso anno decide di sospendere le attività (Van Gerrewey, 2009). Da un lato le visioni del gruppo Stad aan de Stroom e dell’au-torità pubblica risultano sostanzialmente divergenti su come sviluppare gli esiti del concorso. Dall’altra parte la nomina di Anversa quale capitale europea della cultura nel 1993, diventa per la città e per il bilancio locale un elemento catalizzatore della gran parte delle risorse economiche della città, sia in fase di programmazione degli eventi che in fase di realizzazione degli stessi.

Verso una struttura per la città di Anversa

Il terzo fondamentale “momento” in cui vengono poste le basi per una modiica sostanziale nel rapporto tra lo spazio urbano di Anversa e il iume è costituito dall’adozione del strategic Spatial Structure Plan for Antwerp (s-RSA) nel

2006.7 Quando nel 2003 lo studio italiano Secchi e Viganò

riceve l’incarico di elaborare il piano struttura, in collabora-zione con il dipartimento di pianiicacollabora-zione del City Council, l’assetto urbanistico della città iamminga risulta sostan-zialmente segnato da un elevato grado di separazione tra diverse componenti spaziali e sociali della città: una distanza netta in termini spaziali è evidente tra il porto e la città, tra

gli spazi lungo il iume e gli spazi pubblici interni alla città, tra diversi componenti della popolazione residente, immi-grata da una parte e di più lungo tempo residente in Belgio dall’altra. Una separazione che nei decenni precedenti è stata portata a livelli ormai insostenibili. «La separazione sociale divide Anversa in diferenti zone, ma la città non è più in grado di ofrire a tutti la possibilità di una casa indipendente» (Secchi e Viganò, 2009, p. 11). Le origini di questa sconnessione spaziale e sociale risiedono oltre che nella evidente crescita ipertroica dell’area portuale per

tutto il XX secolo,8 dettata da una esigenza di competitività

nel sistema di traici internazionale, anche nelle politiche sull’immigrazione da un lato e abitative dall’altro sostenute dal governo belga durante il secondo novecento. A partire dal secondo dopo guerra, infatti, il Belgio stabilisce molti accordi bilaterali con paesi europei del Mediterraneo e del Nord Africa per il reclutamento di manodopera da impie-gare dapprima nelle miniere di carbone, di cui soprattutto la regione della Vallonia è ricca, e successivamente anche in altri settori manifatturieri come quello dell’automobile, di

cui Anversa è un punto di riferimento.9

Parallelamente, a partire dagli anni ‘50 il governo nazionale mette in campo una politica abitativa che ha

rilevanti ripercussioni sulla struttura urbanistica della città e del territorio iammingo, portandolo ad essere una delle aree più densamente abitate e urbanizzate d’Europa e producendo un progressivo svuotamento dei centri urba-ni maggiori da parte della popolazione belga (ULI, 2014). Incisivo in questo senso è l’atto con cui il governo nazionale incentiva, attraverso l’erogazione di sussidi inanziari alle famiglie ad acquistare terreni e costruire nuove case mono-familiari (De Naeyer, 2007). La sommatoria degli efetti delle politiche appena evidenziate, congiuntamente alla scarsa incidenza degli strumenti di pianiicazione sul monitoraggio delle dinamiche abitative a livello regionale nel corso degli anni 70 e 80, producono una frammentazione spaziale e sociale di grande portata. Il progressivo processo di fed-eralizzazione regionale del Belgio a partire dagli anni 70 accompagnato dalla riforma del sistema di pianiicazione mettono le basi per la costituzione di uno strumento che possa in qualche modo tenere assieme i pezzi del territo-rio e che proponga un modello abitativo del territoterrito-rio del ‘vivere assieme’ (Secchi e Viganò, 2009).

Il piano si compone di tre livelli operativi distinti, che agis-cono contemporaneamente rispetto a immagini, strategie e azioni. Il primo livello, quello più generale (generic policy), è quello che individua sette immagini guida per la città di Anversa, costruite a partire dai caratteri che hanno

domina-to la crescita urbanistica della città e del suo terridomina-torio. Lo scopo di queste immagini era quello di fornire una «rappre-sentazione condivisa , in termini spaziali e non, del futuro fattibile per l’intera città - una descrizione di ciò che la città potrebbe essere in futuro» (Secchi e Viganò, 2009, p. 15). Le immagini richiamate dal piano mettono in evidenza le vocazioni, i caratteri dominanti della città nella sua strut-tura interna e nel rapporto col suo territorio circostante e collegano lo sviluppo passato a quello futuro per la città attraverso sette questioni che legano lo sviluppo passato e

la pianiicazione futura.10

Su un secondo livello parallelo il piano indica le cosiddette speciic policy, ovvero cinque strategie spaziali che tem-atizzano gli spazi e i progetti di trasformazione dell’area metropolitana della città. Le strategie non costituiscono la rappresentazione spaziale delle immagini, quanto una selezione di aree e spazi nei quali prendono forma le immagini o le generic policy, così come le azioni o active policy. « Le immagini vengono alimentate dalle caratter-istiche isiche dei diversi spazi e dalla loro disponibilità a contribuire a una strategia urbana contemporanea» (Secchi e Viganò, 2009, p. 177).

Inine il piano pone in evidenza le active policy,11 o azioni di

progetto del piano. Le politiche urbane attive costituiscono il ‘momento’ del piano strategico in cui strade, piazze, spazi verdi, ediici si caratterizzano all’interno di diversi program-mi di interventi per deterprogram-minate aree della città all’interno di alcuni temi chiave per il tessuto urbano di Anversa quali l’abitare, il sistema degli spazi pubblici, quello delle attrez-zature pubbliche e quello della mobilità (Stad Antwerpen, 2012).

Il piano è stato elaborato costruendo continuità con i risultati dell’esperienza Stad aan de Stroom, dando forma e coerenza all’immagine di Anversa come una città portuale, ma anche una città d’acqua.

Nell’evoluzione del rapporto della città di Anversa con il iume il piano strategico spaziale ha giocato un ruolo decisivo dando coerenza e ‘struttura’ ad un insieme di idee e progetti nati dal basso, dall’esperienza dei luoghi della città che, coerentemente con quanto stava accadendo in molte altre parti d’Europa, manifestavano la necessità di un ripensamento del carattere estetico e funzionale degli spazi portuali in stato di abbandono. Dal punto di vista della tras-formazione del waterfront urbano, il piano si è posto come anello di collegamento tra una volontà di cambiamento emersa spontaneamente ed una esigenza di ripensamento della struttura della città in maniera organica proveniente da politiche di livello regionale.