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W/3 - TRE PROSPETTIVE DI RICERCA DAL FRONTE D’ACQUA

2.1 - Mutazioni urbane. Il waterfront al centro

Da un punto di vista storico, come evidenziato nel capitolo precedente, nel corso dei 50 anni trascorsi dai primi inter-venti di riqualiicazione delle aree portuali nord americane ad oggi sono andate sommandosi molte ricerche di caso, risultanti da approcci anche molto diferenti tra di loro: studi prodotti da enti governativi, report di istituti di ricerca quali (ULI, 2004), pubblicazioni di stampo più divulgativo ad opera di esperti del settore (Breen, Rigby, 1994; 1996), atti di convegni (Hoyle, Pinder Husayn, 1988; Bruttomesso, 1991;1993; Marshall, 2001) raccolte di saggi (Savino, 2010; Porfyriou, Sepe, 2016), ricerche bibliograiche (Giovinazzi, 2007) e molte altre pubblicazioni mettono in evidenza le tante facce della questione e compongono un quadro conoscitivo delle questioni articolato e complesso. Dall’altro lato, ad uno sguardo maggiormente focalizzato sulla dimensione contemporanea del dibattito internazionale è facilmente veriicabile come il tema del rapporto tra città e fronte d’acqua risulta centrale alla maggior parte delle agende urbane delle città portuali sia del vecchio continente

che di altre parti del pianeta.(1)

Le città sorte in prossimità di un corpo d’acqua hanno da sempre fatto del rapporto con essa una delle strategie fondamentali alla base dello sviluppo urbano, sia dal punto di vista economico, che sociale e urbanistico. Per questo motivo esso rappresenta una soglia urbana estremamente sensibile alle forze di trasformazione provenienti tanto dal mare quanto dalla terra: si tratta di cambiamenti di tipo am-bientale, innovazioni tecnologiche nel campo della navigazi-one mercantile, variazioni economiche e politiche di varia scala, ancora mutazioni di tipo legislativo e amministrativo

(Hoyle, 1988).(2) Il waterfront costituisce una componente

strutturale della città, rispetto al sistema infrastrutturale e della mobilità urbana ed extraurbana, rispetto al sistema ambientale, degli spazi aperti. Proprio questa condizione di città ‘al limite’ tra terra e acqua le pone il futuro degli spazi di waterfront e quindi dell’intero assetto urbanistico della

città al centro di una partita in continua evoluzione.(3)

Il waterfront urbano costituisce per sua natura un fronte aperto della città, una frontiera urbana (Bruttomesso, 1991), non solo verso il sistema acqua, ma anche verso un nuovo assetto urbano. Una fronte verso quello che ‘non è città’ e un fronte della città verso il suo futuro. Un luogo di speri-mentazione delle nuove strategie di sviluppo e adattamento della città ad un contesto economico, climatico, sociale in continua trasformazione.

Per meglio comprendere e scomporre la complessità delle forze che oggi agiscono con interesse sulla trasformazione

del sistema di spazi fronte acqua delle città, è innanzitutto necessario tentare di collocare il progetto di waterfront redevelopment all’interno di un più ampio sistema di tras-formazioni delle condizioni socio-economiche e ambientali in cui i le città portuali si trovano oggi a dover operare.

Waterfront e porti

La prima globale questione che impone una rilessione sulla gestione dei processi di trasformazione isica degli spazi di waterfront riguarda alcuni aspetti della crisi ambientale. La questione è indubbiamente troppo ampia per essere afrontata in maniera completa ed esaustiva in questa ricerca, tuttavia risulta utile tratteggiarne alcune compo-nenti speciiche riguardanti da vicino il delicato rapporto tra città, porto e acqua.

La prima di queste riguarda la ricerca di una condizione di equilibrio, dal punto di vista dell’emissione di sostanze inquinanti nell’atmosfera, nel delicato rapporto di convi-venza tra città e il porto, da diverse decine di anni al centro dell’attenzione internazionale, ma che non sembra aver ancora raggiunto un livello sostenibile.

Il crescente e insostenibile divario tra la quantità di risorse naturali disponibili e la quantità di risorse necessarie a soddisfare la popolazione mondiale in costante aumento, non è questione recente, bensì oggetto di ricerche da molti decenni, a partire da una delle prime critiche scientiiche al modello di sviluppo capitalista teorizzata nel 1972 e denunciata nel rapporto The Limith to Growth. Una più recente dimostrazione dello squilibrio tra la initezza delle risorse naturali la quantità di risorse che costantemente vengono sfruttate dalla popolazione mondiale, è quella fornita dai valori della cosiddetta impronta ecologica degli stili di vita dell’uomo sulla Terra. Si tratta di un indicatore elaborato a metà degli anni ‘90, che mette in relazione il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità del pianeta di ricrearle. Pur tenendo conto dei limiti qualitativi di questo dato, i valori mettono in luce come la crescita delle attività umane e di alcuni modelli di vita urbana in particolare pongano l’ambiente naturale in situazione di deicit nella produzione di risorse utilizzabili. In altre parole l’indicatore mostra come l’utilizzo delle risorse naturali sia limitato nel tempo e come alcune attività dell’uomo quali «estensione e dilatazione dell’urbanizzato, difusione di agricolture industrializzate [...] moltiplicazione di micro e macro ambienti desertiicati e ridotti a suolo sterile, non sono che espressioni speciiche di una nuova fase della storia del pianeta [...] nominata come antropocene» (Lanzani, 2015, p.10).

Uno dei molti segnali evidenti della crescente pressione antropica sul sistema naturale può essere letto nel costante e globale incremento delle attività portuali e dei traici commerciali via mare. Il volume delle merci traicate nei porti, il numero delle navi cargo attraccate e ripartite dai porti e lo spazio occupato dalle attrezzature portuali è in in aumento in tutto il mondo. Quasi tutti i porti europei fanno annualmente registrare livelli di crescita nel valore della quantità di merci movimentate, estremamente elevati, con cifre eccezionali in alcune aree come quella del Northern

Range o in alcuni porti strategici del Mediterraneo.(4)

L’indiscusso impatto positivo sulla crescita economica del territorio europeo, sul benessere delle popolazioni, unita-mente al potere inebriante dei grandi numeri riguardanti il volume di merci traicato nei porti o il numero dei posti di lavoro prodotti, spesso viene posto in evidenza nelle prime righe dei report economici annuali delle autorità portuali, dei documenti di livello nazionale e anche delle comuni-cazioni della Commissione Europea, tendendo talvolta a oscurare il contrasto epocale contemporaneo al centro del

quale si trovano i porti e il loro sviluppo.(5) Parallelamente

una politica di sviluppo sostenibile è dichiarata e adottata a livello europeo a partire dal Libro Bianco del 2001 e del Libro Verde del 2006. Negli ultimi anni la politica centrale europea denuncia con chiarezza la relazione dannosa tra la crescita delle attività marittime e portuali e la salubrità dell’ambiente naturale, e assume maggior forza su scala europea il tema dell’insostenibilità ambientale della tecnologia marittima impiegata nella movimentazione delle merci via mare. «Il trasporto marittimo è ampiamente riconosciuto come il modo più eco-sostenibile ed energeti-camente eiciente di movimentare grandi quantità di merci. Nonostante ciò, il volume traicato è tale da produrre una notevole quantità di emissioni nocive per la salute umana e l’ambiente» (SWD(2016) 326 inal).

A partire dal 2011, l’insieme delle iniziative del settore portuale europeo in termini di eicientamento energetico e sviluppo sostenibile del sistema di trasporti via mare chiamato EcoPorts, viene completamente integrato all’in-terno dell’attività svolta dall’associazione European Sea Port

Organization (ESPO).(6) Il principio generale di EcoPorts è

quello di aumentare la consapevolezza sulla protezione am-bientale attraverso la cooperazione e la condivisione delle conoscenze tra i porti e di migliorare gestione ambientale. Il rapporto del 2018 mette in evidenza un debole migliora-mento nell’attività di monitoraggio condotta da parte delle autorità portuali su alcuni indicatori riguardanti la gestione coordinata delle attività, l’utilizzo di fonti energetiche

rinnovabili, la gestione dei riiuti solidi e delle acque relue secondo le direttive europee, ecc.(ESPO, 2018). Se da un lato i dati mostrano come un numero sempre crescente di porti mettano in opera attività di controllo delle operazioni portuali, i risultati non esprimono il livello di inquinamento delle acque, dell’aria e dei suoli delle aree portuali.

Nonostante quindi la sostenibilità ambientale dei porti sia oggi un tema centrale nelle politiche europee, l’integrazione tra le attività dei porti moderni e le attività urbane (residen-ziali, ricreative, sportive, ecc.) risulta una questione in via di deinizione su diversi livelli tra cui quello socio-economico, quello ambientale e quello culturale.

Le città protagoniste d’Europa

Un secondo fattore che caratterizza in maniera sostanziale la gestione degli spazi urbani fa capo al tema delle strategie adottate dalle città, dalle aree metropolitane e dalle regioni, allo scopo di competere con altri territori di un contesto nazionale e internazionale, per il raggiungimento di una posizione più elevata nei ranking internazionali. Benché varie forme di un processo concorrenziale tra città siano da sempre esistite, una competizione sul piano econom-ico e inanziario risulta più esplicita a partire dall’epoca post-industriale (Ciciotti, 2006), dal momento cioè quando l’organismo urbano ha avuto bisogno di un cambiamento strutturale in tutte le sue componenti a partire da quella del sistema di produzione della ricchezza urbana.

Il modello di società occidentale basato sulla produzione industriale e sul consumo del prodotto, mostra nel corso del secondo dopoguerra tutti i limiti alla crescita di questo, dettati da un ambiente naturale sempre più compromesso e da un contesto economico sempre più concorrenziale. Anche il modello di città strutturato sul lavoro oferto dal settore industriale mette in luce l’incapacità di essere sostenuto nel tempo: le città perdono migliaia di abitanti, gli stabilimenti produttivi chiudono le loro sedi nei paesi occidentali lasciando dietro di sé distese di brownield inquinati e abbandonati. Le città, le regioni e i territori d’Eu-ropa sono costretti a ripensare alla loro forma e alla loro struttura, agli spazi che compongono il tessuto urbano, alle loro funzioni, al sistema della mobilità interna ed esterna, al rapporto con il territorio. «L’uscita dalla modernità [...] è anche dismissione, trasformazione e riuso di molte delle sue parti: dismissione di fabbriche, di scuole e di caserme, di banchine portuali, di palestre, di stazioni e scali ferroviari» (Secchi, 2000, p. 80).

La città post-industriale si trova quindi nel corso del secondo Novecento a dover intraprendere percorsi di

ristrutturazione della propria identità, del proprio modello di produzione di ricchezza e benessere, del proprio sistema occupazionale, basati sulla messa in valore di nuove economie urbane, in un contesto in rapida evoluzione in cui le innovazioni tecnologiche permettono di ridurre le distanze isiche e geograiche tra le città, inserendo i centri urbani in un sistema competitivo internazionale. Un contesto nel quale ogni regione, ogni città e ogni territorio si trova a dover competere con altre città per attrarre nuovi residenti, nuove imprese, nuovi investitori, nuovi turisti e nuove economie. Una concorrenza che si gioca sui reali vantaggi competitivi oferti, quali la redditività economica, un elevato tasso di occupazione, la qualità ambientale e urbana, ecc. (Foglio, 2006, p. 40).

In questo contesto, il riposizionamento delle città su una scena internazionale in costante evoluzione stimola un percorso competitivo tra i centri che ha importanti ricadute anche sulla gestione degli spazi urbani, delle infrastrutture, delle attrezzature pubbliche. La candidatura o la nomina di capitale verde europea, il raggiungimento di una più elevata posizione nella graduatoria dei centri inanziari, la nomina a futura capitale europea della scienza, della cultura, la clas-siicazione della città tra le mete più turistiche, o ancora la determinazione di un buon livello nel ranking europeo delle smart cities, sono soltanto alcune dei moltissimi obiettivi che spingono le città, le aree metropolitane e le regioni a sviluppare strategie internazionali di competizione anche grazie a investimenti sulla riqualiicazione degli spazi urbani. Queste strategie tendono a mettere in evidenza e all’interno di un sistema coerente il valore competitivo dell’area che la diferenzia dalle concorrenti. «Ed è qui che la dis-ponibilità di un waterfront rinnovato e appetibile diventa un elemento in più da proporre nell’oferta della città» (Guala, 2007).

A partire dall’esperienza dei casi di Barcellona e Genova del 1992, nel contesto europeo si sono consolidate le relazioni tra evento e riqualiicazione pubblica, ma al contempo si è raforzata l’idea che questa relazione potesse in qualche modo essere raforzata da un altro fattore, quello della realizzazione di questa relazione a partire da speciici luoghi della città legati all’identità e alla storia della città. Il fronte d’acqua in questo contesto viene valutato per la sua natura di bacino di spazi e attrezzature storici da rimettere in gioco nel sistema di valori che supportano il diferenziale compet-itivo dell’area. Le aree portuali abbandonate che occupano il waterfront urbano rappresentano forse la più importante sida per le città d’acqua in termini di superamento dello status di centro industriale, ma al contempo rappresentano

una delle maggiori opportunità per soddisfare la ricerca di un livello sempre maggiore di qualità della vita urbana, richiesto con determinazione dagli abitanti delle città, che si fa sempre più aggressiva nella gara tra le città (Bruttomesso, Moretti, 2010). L’aspetto che forse di più merita sottolineare nella prospettiva di un inquadramento delle strategie e dei temi che investono la trasformazione del waterfront oggi è la tendenza all’aumento del tasso di competizione dei territori a seguito di un intensiicarsi della crescita dell’ofer-ta urbana e territoriale (Foglio, 2006, p. 40).

A livello europeo, la tendenza all’intensiicarsi di strategie competitive tra le aree urbane è riconducibile oltre che all’allargamento del bacino europeo e globale dei possibili competitors, anche ad un percorso di progressivo raforzamento delle politiche europee di coesione e di sviluppo regionale. A partire dagli ultimi due decenni circa i fondi strutturali e di investimenti europei, in particolare il fondo di coesione (FC) e il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), sono aumentati considerevolmente. Questo ultimo nel periodo 2014-2020 assorbe la quota più grande del bilancio dell’UE nel periodo 2014-2020, per un

totale di oltre 350 miliardi di euro.(7) I fondi per lo sviluppo

regionale vengono erogati allo scopo di eliminare le disparità economiche e sociali fra le città e le regioni facenti parte dell’Unione europea, secondo i principi di crescita intelligente sostenibile e inclusiva sostenuti dalla strategia Europa 2020.

Tre prospettive per il waterfront contemporaneo

Come brevemente tratteggiato in questo paragrafo, il contesto ambientale, sociale, economico e culturale, in cui nascono e si sviluppano le politiche di rigenerazione urbana delle città d’acqua è in cambiamento. Mutazioni che caratterizzano da sempre la storia urbana e che, sebbene siano indubbiamente accelerate da alcuni fattori speciici di questa epoca post industriale delle città, sono intrinseche alla natura evolutiva degli organismi urbani. Se circa 70 anni fa l’innovazione tecnologica applicata al settore dei trasporti marittimi ha rappresentato un passaggio rivoluzionario per tutte le compagnie di navigazione e per tutte le città portuali che volevano mantenere un ruolo competitivo sul piano internazionale, causando la rapida obsolescenza delle strutture portuali e industriale di matrice ottocentesca e del primo novecento, oggi non sono rilevabili cambiamenti epocali tali da generare un nuovo ‘status’ delle aree di waterfront delle città. Ciò nonostante alcuni fattori ren-dono quanto mai attuale e necessario fornire rinnovati spunti di osservazione per l’interpretazione degli scenari

contemporanei entro cui si colloca il progetto di waterfront: da un lato la natura particolarmente versatile di questi ambiti urbanistici da molti punti di vista (come per esempio quello del turismo urbano, del turismo crocieristico, o quello dell’implementazione del sistema di spazi pubblici); dall’altro la constatazione di come il fronte mare rappresenti una risorsa strategica centrale alle politiche e alle strategie di sviluppo delle città. Il termine rinnovati non presuppone la proposizione di qualcosa di inedito, attività probabil-mente ben poco redditizia in questo ambito. Fornire nuove o rinnovate prospettive di interpretazione del fenomeno del waterfront redevelopment signiica piuttosto disporre di una serie di criteri quanto più possibile aggiornati e rispondenti ad alcune delle recenti tendenze evolutive del contesto sociale, culturale economico e culturale delle città, con i quali interpretare i processi attuali e quelli futuri. A partire dalla situazione inquadrata precedentemente, tre risultano essere le questioni che appaiono di particolare peso all’interno dei processi di rigenerazione dei waterfront europei, ognuna delle quali è inquadrabile come una delle molte strategie adottate a livello urbano per lo sviluppo economico e sociale dell’ambiente urbano.

La prima riguarda la questione della valorizzazione del sistema di spazi che compongono il fronte d’acqua della città come patrimonio urbano, testimonianza della storia, della cultura, dell’identità della città d’acqua. Nel corso degli ultimi decenni è in atto un intenso processo di allargamento del signiicato di patrimonio, e dell’urban heritage in particolare, da parte delle istituzioni europee e mondiali competenti, ma soprattutto uno slittamento del campo di manovra dell’attività di valorizzazione di un bene dalla pratica di conservazione ad una pratica proattiva di rigener-azione sostenibile, di ricollocamento dell’oggetto materiale o immateriale, nel sistema contemporaneo di valori. Una più contemporanea accezione di valorizzazione riguarda gli aspetti di mantenimento di un certo patrimonio urbano, costituito da componenti isiche, quanto da persone, dagli usi, e dalle attività svolte all’interno di un ambiente urbano. Si tratta quindi di sviluppare un sistema di azioni e di attività per mantenere nel tempo un determinato equilibrio tra luoghi e attività che ne determina il valore patrimoniale. La seconda relazione che mette in collegamento le strategie di crescita e di sviluppo urbano delle città con il sistema di spazi e di trasformazioni del fronte d’acqua urbano si colloca all’interno del campo delle attività svolte a livello pubblico o in collaborazioni pubblico-privato rivolte al potenziamento dell’oferta turistica della città d’acqua. Inine la terza maggiore dinamica concernente i waterfront

urbani contemporanei è rappresentata dall’insieme di iniziative adottate dalle città per fronteggiare le ‘nuove’ caratteristiche di un ambiente naturale in trasformazione sotto l’azione dei cambiamenti climatici. Il waterfront urba-no costituisce da sempre una soglia artiiciale tra l’ambiente urbanizzato e quello naturale acquatico. La conformazione degli spazi pubblici aperti come un ambiente confortevole, attrezzato e versatile, ma anche sicuro e resiliente nei confronti di eventi atmosferici sempre più impattanti sull’ambiente urbano, è da alcuni anni una componente sostanziale del progetto urbano delle città d’acqua. Le tre questioni individuate verranno sviluppate singolar-mente nei seguenti paragrai. Tuttavia è necessario sotto-lineare come la maggior parte degli interventi in atto oggi sui waterfront urbani europei, e non solo, è caratterizzato dalla stratiicazione di diverse strategie. Le tre componenti si riferiscono a tre macro categorie di azioni descrittive della relazione che lega il processo di rigenerazione dei waterfront con il più ampio campo delle trasformazioni delle città d’acqua. Pertanto ogni caso rappresenta una speciica integrazione delle componenti individuate, calata nello spazio e nel tempo di ciascun luogo. Ciascuna com-ponente, presa singolarmente, deinisce gli interventi sul waterfront in maniera parziale. La composizione invece dei diversi fattori determina un approccio quanto più possibile contemporaneo, aperto e incrementale.