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Tra identità e immagine: dalla riqualiicazione dell’area portuale ai waterfront creativi per un

‘turismo creativo’

Lo sviluppo del settore turistico, e in particolare del turismo urbano specialmente in Europa, ha un grande impatto in termini di modellazione dell’assetto urbano delle aree di waterfront delle storiche città d’acqua. La riqualiicazione della soglia tra città e acqua rappresenta da un lato uno dei volani d’innesco di un processo di sviluppo del fenomeno turistico. Il waterfront costituisce quindi uno degli ambiti urbani privilegiati sui quali si condensano alcune dinamiche attuali del turismo urbano.

Patrimoni urbani: da risorsa a prodotto

Nell’ampio contesto disciplinare degli studi che si occupano di rigenerazione della città contemporanea occidentale, il ruolo del fronte d’acqua storico della città si trova in una posizione di ‘spazio conteso’ tra due prospettive diicilmente convergenti. Da un lato, come già descritto nei paragrai precedenti, il fronte d’acqua di una città grazie alle sue architetture storiche, alla sua speciica struttura urbana, alle caratteristiche dimensionali dei suoi spazi, alla sua vicinanza con l’acqua, ecc., rappresenta un luogo unico e distintivo all’interno del tessuto urbano. Un luogo che dal punto di vista morfologico e percettivo appare evidentemente diverso rispetto ad altre parti della città. Un luogo la cui alternanza di funzioni e di usi ha attraversato la storia dalle sue origini. Uno spazio quindi che molto spesso rappresenta una parte del patrimonio della città. Dall’altro lato proprio questo aspetto storico-culturale pone il waterfront all’interno del campo prospettico delle risorse a disposizione di una città per migliorare l’oferta culturale per un turismo urbano, componente fondamentale della crescita dei territori nell’epoca post-industriale.

A partire dalla riqualiicazione dell’Inner Harbor di Baltimora ino ad oggi, la riqualiicazione delle aree portuali centrali rappresenta uno dei più appariscenti punti di condensazi-one tra la crescita competitiva dell’oferta culturale urbana e il globale processo di merciicazione della cultura. In

un’epoca in cui la ricchezza in termini economici delle città dei paesi occidentali non si può più basare sul proitto generato dal settore industriale, il waterfront urbano rappresenta uno dei più forti simboli della trasformazione

dell’immagine della città (Marshall, 2001),(11) uno spazio

simbolo della cultura urbana occidentale contemporanea.

Se è vero come spiega accuratamente Thorsby (2000),(12)

che l’associazione di valore economico allo scambio delle componenti della cultura nelle società ‘non così primitive’ è sempre esistita, è altrettanto dimostrato come in un con-testo economico internazionale ampiamente caratterizzato dal libero mercato, la cultura sia ritenuta una componente fondamentale per la generazione di proitto economico, una merce di scambio.

Se si considera che la recessione economica dei primi anni 90 del secolo scorso ha imposto alle grandi e piccole città di ripensare all’uso delle proprie risorse (Shaw, 2001), riconoscendo ‘nuovi’ patrimoni da immettere nel sistema di valori e quindi nel sistema di scambio, e dall’altro lato, lo studio dell’evoluzione degli approcci alla riqualiicazione del waterfront sia in qualche modo avvenuta sempre all’interno di una logica di mercato (Sepe Porfyriou, 2016), emerge come il fronte d’acqua urbano, alcune sue componenti ar-chitettoniche, alcuni spazi dall’indubbio valore scenograico, rappresentino una risorsa urbana quasi sempre interpretata in termini di competizione con altri contesti urbani. «La storia è diventata patrimonio, il patrimonio è diventato una risorsa urbana e questa risorsa genera una grande history /heritage industry, che deinisce non solo la morfologia urbana, ma anche il funzionamento e lo scopo della città ‘merciicata’» (Ashworth, Turnbridge, 2000, p. 2).

Dal pensiero laterale alla creative city

La questione della creatività come sistema interpretativo delle trasformazioni della città vede i suoi fondamenti teorici nell’approccio al problem solving chiamato pensiero laterale. Il pensiero laterale descrive un approccio alla ricerca di soluzioni di problemi seguendo un ragionamento di tipo intuitivo, non schematico. Un approccio che non si sviluppa attraverso una logicità step-by-step o facendo riferimento a processo predeinito, ma abbraccia piuttosto il concetto di creatività per il raggiungimento dell’obiettivo

(de Bono, 1970).(13) Il concetto del pensiero laterale nasce

e si sviluppa in maniera autonoma rispetto al campo degli studi urbani, tuttavia è proprio nella sua applicazione alla questione della rigenerazione delle città che esso trova una delle sue più feconde derivazioni.

La prima declinazione del concetto di creatività all’ambito

di ricerca di studi urbani si deve sostanzialmente al lavoro dell’urbanista britannico Charles Landry. Secondo l’autore il pensiero creativo può essere di grande aiuto per ragionare sulla capacità delle aree urbane di fronteggiare le attuali side socio economiche. L’approccio si basa da un lato sul porre in evidenza la ‘novità’ di un contesto urbano profondamente modiicato rispetto al passato in termini di mobilità urbana, di ritmi di vita più frenetici, di mutamento della natura e collocazione dei luoghi del lavoro, di crescita dell’insicurezza e criminalità urbana. Dall’altro muove dalla constatazione di come il nuovo sistema di crescita del benessere e sviluppo della società sia sempre meno basato sulla produzione industriale e sempre più sul settore della conoscenza attraverso la creatività e l’innovazione (Bianchini, Landry, 1995). Tuttavia l’applicazione del pensiero creativo al processo di rigenerazione urbana non rappresenta soltanto un nuovo metodo per la ricerca di soluzioni, ma diventa un meccanismo in grado di generare nuove economie urbane. «La concorrenza futura tra nazioni, città e imprese sembra essere basata meno sulle risorse naturali, sulla posizione o sulla reputazione passata e più sulla capacità di sviluppare immagini e simboli attraenti e proiettarli in modo eicace» (Bianchini, Landry, 1995, p.12). Adottare un approccio creativo signiica da un lato guardare ai problemi contingenti della città contemporanea non in modo settoriale, bensì rispondendo alle questioni attraverso un metodo che fa dell’innovazione e dell’integrazione tra diverse discipline i suoi punti di forza. Dall’altro lato signiica generare nuove idee, soluzioni tecnologiche, ibridazioni inedite, quindi nuovi prodotti di scambio e di conseguenza nuove economie.

L’ambiente creativo o creative milieu, sia esso un quartiere, un insieme di ediici, una città o una regione, è un ambiente in cui i sistemi di infrastrutture ‘hard’ e ‘soft’ consentono lo

sviluppo di un lusso di idee di innovazioni.(14) Un ambiente

in cui la nuova classe creativa (Florida, 2002) può operare in un contesto open-minded, cosmopolita, e dove il risultato delle interazioni face-to-face costituisce un contributo fondamentale al successo economico (Landry, 2000, p. 133). Un ambiente urbano che attrae la classe creativa, quindi ritenuto creativo, è un ambiente con un mercato del lavoro ‘denso’, ricco di ‘luoghi terzi’ ossia di luoghi preposti all’in-terazione sociale diversi dalla casa o dai luoghi di lavoro, un ambiente multiculturale che favorisce la multiculturalità. Un ambiente che esprime autenticità e identità negli spazi (Florida, 2000).

attraente e creativo non solo per le caratteristiche sociali e culturali espresse dalla comunità residente, ma in buona parte anche per la qualità dei luoghi, la loro morfologia, le nuove funzioni post industriali che occupano gli ediici storici, l’unicità e la loro versatilità per nuovi usi. Ciò sotto-linea l’associazione tra queste caratteristiche e quelle che compongono un waterfront riqualiicato e di conseguenza il potenziale del fronte d’acqua urbano a sostenere la formazione di un creative milieu.

Turismo urbano e grandi navi

Il settore turistico in Europa, nel 2017 ha confermato una crescita in linea con la tendenza registrata a partire dal secondo dopoguerra. Gli Stati Membri hanno confermato un numero di arrivi di turisti di oltre 500 milioni, pari al 40% del volume turistico totale mondiale (UNWTO, 2018). Nel cosiddetto Vecchio Continente le attività turistiche produ-cono oltre 26 milioni di posti di lavoro, conteggiando i suoi efetti diretti, indiretti e indotti sull’economia locale. Il dato risulta ancora più impattante considerando le proiezioni di questa tendenza sull’orizzonte temporale del 2030 (Ibid). Da un primo generale punto di vista qualitativo, è riscontrato come il turismo urbano sia il parziale più consistente dell’intero fenomeno, ricoprendo i due terzi del turismo totale in Europa (Eurostat, 2016). Il dato trova una spiegazione sulla base di molti fattori. Da un lato, a livello generale, l’innalzamento degli standard di vita ha portato alla trasformazione del fenomeno turistico in un fenomeno di massa. In parallelo, «il numero di turisti internazionali è stato incentivato dallo sviluppo di viaggi aerei a basso costo che ha incoraggiato molti turisti ad avventurarsi più lontano e, più spesso, ad esempio fornendo uno stimolo per le vacanze di breve durata in una serie di destinazioni urbane» (Ibid, p. 138). Le aree urbane quindi si dimostrano in grado di drenare maggiormente l’aumento globale del turismo grazie ad un sistema infrastrutturale e della mobilità che privilegia gli spostamenti rapidi e a basso costo. Dall’altro lato l’oferta turistica urbana risulta quella più eterogenea e diversiicata capace di intercettare lussi di turismo culturale, enogastronomico, religioso, sportivo, educativo, congressuale, ecc.

Proprio rispetto al tema del turismo culturale nelle città, l’allargamento del bacino di ‘utenti’ che hanno accesso a questa possibilità ha portato all’emergere di un paradosso urbano, che trova una efettiva manifestazione nelle aree storiche delle città, tra cui le aree di waterfront. Il paradosso si sviluppa su due livelli. Il primo riguarda il fatto che un numero crescente di turisti, soprattutto se incontrollato,

porta ad una saturazione/congestione di alcune aree della città, che a sua volta può portare ad un danneggiamento dell’atmosfera e della cultura locale. Si tratta di un circolo vizioso per cui le caratteristiche dell’oggetto che generano il lusso turistico, vengono inluenzate negativamente dal lusso turistico stesso. In seconda battuta il paradosso riguarda l’obiettivo di una strategia di sviluppo del settore turistico. Molto spesso, nelle città storiche d’Europa il turis-mo rappresenta un vettore per il drenaggio di capitale che può essere reinvestito nella rigenerazione di aree urbane degradate. Tuttavia l’aumento di un lusso turistico sopra dei livelli sostenibili, può rilettersi su un abbassamento

difuso della qualità della vita della popolazione residente.(15)

Il paradosso assume una dimensione ancora più rilevante, tanto per gli aspetti positivi, quanto per gli efetti collaterali, se si considerano alcune dinamiche legate allo sviluppo di un altro settore turistico, quello delle navi da crociera. Il turismo crocieristico ha subito una grande espansione partire dalla metà degli anni 90 (Hein & Hillman 2016) e costituisce oggi un settore in forte crescita in Europa. I dati espressi dal report 2017 della Cruise Lines International Associations (CLIA Europe) evidenziano un aumento nel numero di passeggeri del 2.5% rispetto al 2016 (CLIA, 2018). La crescita è contenuta rispetto ai tassi di 10-15 anni fa, tuttavia il settore non ha mai fatto segnare una inversione di tendenza. Ogni anno, in Europa, quasi 7 milioni di persone salgono su una nave per una crociera, salpando e attraccan-do da decine di waterfront urbani. Durante il viaggio, quasi ogni giorno, i passeggeri turisti sbarcano nei port of call per continuare a terra la loro esperienza turistica iniziata sulla nave, visitando in poche ore (mediamente meno di 10 ore) le principali attrazioni turistiche nelle vicinanze dell’attracco, invadendo per qualche ora i quartieri centrali, musei, strade, ristoranti, delle città intercettate nella crociera e ripartendo dopo aver speso mediamente 60€ a testa nei ristoranti, negozi, musei della città (Policy Research Corporation, 2009).(16)

L’impatto economico diretto, indiretto e indotto, di questi numeri sulle economie locali (oltre che su quelle delle compagnie di navigazione) hanno una grande portata in termini sia di guadagni diretti, sia di posti di lavoro prodotti, a terra e in mare. Il settore turistico delle navi da crociera rappresenta oggi un potente lusso economico per le città portuali. Le navi da crociera moderne sono dei veri e propri villaggi in movimento, che possono mettere in movimento ino a 10000 persono contemporaneamente (Lepore, Sgobbo Vingelli, 2017). La riqualiicazione del waterfront urbano si evolve attorno all’opportunità di drenare risorse

economiche e visibilità da un turismo (di massa) proveni-ente dal mare, una possibilità che può risultare fondamen-tale nel processo decisionale delle città portuali, nell’ambito della pianiicazione urbana (Hein & Hillman 2016).

Per le città-porto in rigenerazione, dotate di un waterfront urbano potenzialmente spettacolare e prossimo ad un centro storico ricco dal punto di vista del patrimonio storico, architettonico, urbanistico facilmente fruibile in poche ore da un turismo di tipo “mordi e fuggi” come quello rappresentato dai crocieristi, diventa fondamentale riuscire ad intercettare questo tipo di lussi provenienti dal mare e capaci di generare impatti socio-economici rilevanti. Tuttavia come accennato, questi numeri se da un lato producono un indiscusso beneicio in termini economici, dall’altro generano insostenibili ricadute negative in termini sociali e soprattutto ambientali. Il trasporto marittimo, in particolar modo il settore delle navi da crociera, risulta ancora il sistema più deleterio per gli aspetti di

inquinamen-to dell’ambiente marino.(17)