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Waterfront pubblico e patrimonio urbano

Sul signiicato del termine di patrimonio, sulle accezioni storiche, culturali ed economiche del termine, rispetto all’al-largamento del signiicato di patrimonio o sulle operazioni di patrimonializzazione, insiste un dibattito molto articolato, troppo ampio per essere afrontato complessivamente in questa ricerca e fuorviante rispetto ai suoi obiettivi. Tuttavia la relazione che intercorre tra la rimessa in valore degli spazi urbani, ediici e spazi aperti, ma in particolar modo spazi pubblici, e il recupero, riqualiicazione e rigenerazione delle aree portuali abbandonate o dei waterfront parzialmente riqualiicati può essere inquadrata attraverso alcune rilessioni.

Waterfront urbano: da contesto a contenuto

L’insieme di spazi che compongono il fronte mare viene osservato e valutato come un luogo il cui valore è dettato in parte dal suo heritage, costituito da installazioni militari, ediici industriali, terminal per le navi, mercati e centri del

commercio, magazzini e attrezzature per la pesca. Un in-sieme di singoli episodi che a seconda dello stato manuten-tivo di ogni elemento, può rappresentare un’opportunità in termini di oferta culturale e per il tempo libero, oppure può costituire un ostacolo alla riqualiicazione dell’area. Il primo approccio al patrimonio del waterfront guarda quindi al manufatto architettonico piuttosto che ad una parte di città nel suo insieme, attraverso un ragionamento in buona parte legato all’aspetto economico e di investimento. Gli ediici storici infatti, in ambito nord americano degli anni ‘70 e ‘80, rappresentano un punto di forza per gli investitori data la possibilità di godere di incentivi iscali per il riuso di ediici storici e può essere un sostegno per lo sviluppo del turismo (Oice for the Coastal Managment, 1980).

Nonostante il riconoscimento del valore storico e culturale degli spazi di waterfront, in particolare delle architetture che testimoniano una porzione della storia delle città industri-ale, sia stata una questione quasi costante nelle esperienze di ricerca, talvolta in maniera centrale (Bruttomesso, 1999), in altri casi come una delle componenti che costruiscono il successo dell’intervento (Breen and Rigby, 1996), un più ampio e strutturato ragionamento rispetto al waterfront come ambito storico e identitario della città sta emergendo negli ultimi anni.

Il termine urban heritage trova una sua prima prova di deinizione nel rapporto di ricerca del 2004 Sustainable development of Urban historical areas through an active Integration within Towns (SUIT), prodotto dalla Direzione generale per la ricerca e l’innovazione della Commissione Europea.(8) Il documento deinisce le categorie di manufatti e spazi che sono da considerarsi quali urban heritage, individuandone tre principali: il patrimonio monumentale di valore eccezionale; altri elementi non eccezionali ma presenti sul territorio in maniera coerente e con una relativa abbondanza; inine nuovi elementi urbani quali la forma della città (per esempio un particolare proilo urbano) e soprattutto gli spazi aperti tra gli ediici, siano essi spazi

verdi, spazi d’acqua, o spazi delle infrastrutture.(9)

Il progetto SUIT si struttura a partire dalla constatazione di come l’ambiente urbano rappresenti a livello europeo una grande testimonianza della storia e della cultura, e sia allo stesso tempo custode della ricchezza e della diversità cul-turale che ha da sempre caratterizzato il vecchio continente. A fronte di un crescente clima di competizione economica delle città e di rapida globalizzazione dei nodi (le città) di una rete sempre più estesa, veloce e concorrenziale, la com-missione europea intende favorire l’attività di conservation (intesa come valorizzazione) dell’ambiente urbano portatore

di valori a sostegno dello sviluppo culturale e del benessere delle popolazioni (Ibid). Il documento segna un passaggio fondamentale sia per quanto riguarda l’evoluzione del concetto di patrimonio urbano, grazie al riconoscimento e una prima formalizzazione a livello istituzionale, del signii-cato di urban heritage, soprattutto per il coinvolgimento degli spazi aperti, naturali o urbanizzati, sia per gli aspetti legati all’attività di conservazione e valorizzazione dei beni di valore.

Un secondo importante passaggio nel percorso di deinizione dell’urban heritage e delle strategie per la sua gestione e manutenzione è stato fatto dall’UNESCO attraverso l’adozione delle raccomandazioni riguardanti il Paesaggio Storico Urbano (Historic Urban Landscape - HUL), come approccio internazionalmente riconosciuto per «preservare il patrimonio e gestire le città storiche» (UNESCO, 2011, p. 50). Per quanto riguarda la deinizione del campo di operatività, le raccomandazioni riprendono e ampliando la deinizione di urban heritage data dal SUIT project. La deinizione di Historic Urban Landscape supera la nozione di centro storico e si estende ad un più ampio contesto che comprende «la topograia, la geomorfologia, l’idrologia e le caratteristiche naturali del sito, l’ambiente costruito, sia storico e contemporaneo, le sue infrastrutture sopra e sotto terra, i suoi spazi aperti e giardini, i suoi modelli di utilizzo del territorio e l’organizzazione spaziale, le percezioni e le relazioni visive , così come tutti gli altri elementi della struttura urbana. Comprende anche le pratiche e i valori sociali e culturali, i processi economici e le dimensioni intangibili del patrimonio in relazione alla diversità e all’identità» (UNESCO, 2011, p. 52).

L’Historic Urban Landscape rappresenta un approccio alla valorizzazione dello spazio urbanizzato intesa come rafor-zamento dell’insieme di componenti materiali e immateriali che producono uno sviluppo sostenibile della città. L’obiettivo delle raccomandazioni supera l’individuazione dell’insieme di elementi isici che compongono il bene da preservare, e comprende le relazioni tra gli attori che usano e abitano i luoghi e che generano lo sviluppo sostenibile del patrimonio urbano. La visione che si viene a creare si focalizza da un lato sulla conservazione della qualità dell’ambiente di vita dell’uomo, dall’altro integra «gli obiettivi di conservazione del patrimonio urbano con lo sviluppo socio-economico, sulla base di un equilibrio e relazione sostenibile tra l’ediicio e l’ambiente naturale» (De Rosa e Di Palma, 2013).

Waterfront pubblico bene comune

L’associazione logica tra la necessità di recupero delle aree portuali dismesse urbane e l’opportunità di una loro riproposizione in veste di ‘nuovo’ spazio pubblico per la città caratterizza gli interventi di waterfront redevelopment in dalle origini del fenomeno. Il nesso appare così intrinse-camente collegato al tipo di spazi urbani al punto da essere stato afrontato spesso come componente collaterale, talvolta ovvia, in favore piuttosto di altre questioni (cfr paragrafo 1.2). Sebbene in alcuni casi, come ad esempio Londra o Amsterdam, discrete porzioni di waterfront siano state riqualiicate densiicando le aree di waterfront con la costruzione di grandi cubature ad uso privato (uici, abitazioni) talvolta trascurando un ripensamento dello tra gli ediici, la tendenza principale, in dai primi casi nord americani, è stata quella di associare il recupero delle aree portuali scoperte e in buona parte anche coperte, ad un

loro utilizzo pubblico.(10)

Focalizzando quindi l’attenzione sull’ambito urbano di waterfront pubblico, facente parte del sistema di spazi pubblici della città, alla luce di quanto posto in evidenza nel precedente sottoparagrafo, appare necessario tentare di chiarire in che modo la natura di spazio pubblico agisce sul riconoscimento del waterfront come patrimonio?

Una prima parziale risposta alla domanda si basa sulla connessione storica tra le funzioni pubbliche e le aree fronte mare delle città portali. Nella gran parte delle città-porto d’Europa gli efetti spaziali della rivoluzione industriale si manifestano quasi sempre in un epoca successiva a quella della fondazione della città: molto spesso cioè, la città porto risulta pre-esistente alla stagione dell’industrializzazione (Mancuso, 1999). La diretta conseguenza di questo fatto riguarda la presenza di una struttura portuale industriale, spesso di origine ottocentesca, in luoghi che sono o sono diventati essenzialmente centrali (Ibid) nell’assetto della città contemporanea.

Nelle due epoche storiche, pre-industriale e industriale, l’assetto urbano delle aree di waterfront delle città portuali è sostanzialmente diferente. Dalle origini ino all’inizio del XIX secolo, il tessuto urbano delle città porto non presentava tratti di discontinuità spaziale e funzionale tra la città e il porto anzi, «il centro urbano era dominato dalle case dei mercanti e il waterfront rappresentava il punto focale dell’intero insediamento» (Hoyle, 1994, p. 24). Buona parte della vita pubblica della città si svolgeva proprio sulle banchine del fronte d’acqua. Nel corso del XIX e della prima metà del XX secolo, la progressiva specializzazione industri-ale e l’aumento dei traici marittimi producono impattanti

ricadute a livello spaziale sul fronte mare, attraverso «la creazione di un nuovo suolo artiiciale [...] destinato imme-diatamente ad attività sempre più specialistiche» (Rosselli 2004, p. 37) la cui forma è progettata esclusivamente in relazione funzionale alla dinamica del movimento (Ibid). L’ambito portuale diventa così uno spazio sempre più ostile alla vita sociale della città e sempre più collegato ad una funzione di supporto alla catena logistica del traico merci. Ciò detto è facile intendere come spesso il sistema di spazi aperti come banchine, moli, bacini, aree di movimentazione delle merci, ecc, e manufatti architettonici quali centrali elettriche, magazzini, oicine, depositi fabbriche, rappre-sentino una porzione della storia della città. Una parte della storia associata con uno spazio preciso della città, dapprima pubblico e accessibile, poi sempre più isolato e insicuro. Intervenire quindi sugli spazi portuali abbandonati, soprat-tutto per quanto riguarda il contesto europeo, ricollocando queste aree nel sistema di spazi pubblici della città,

signiica prima di tutto ripristinare un collegamento con una testimonianza della storia e della cultura locale. Signiica quindi dare valore all’identità storica di una parte della città ripristinandone parte di un suo utilizzo e funzione originale. L’apertura al pubblico degli spazi di waterfront urbano signiica riposizionare alcuni spazi originali della città in un sistema di valori, quello dell’identità, che crea un ponte tra passato e presente.

Una seconda parte del ragionamento riguarda il potenziale rigenerativo dell’immagine di città-porto e di una sua riproposizione in chiave contemporanea, post-industriale. Sebbene l’ambito urbano portuale, a partire dal periodo industriale abbia costantemente goduto di una reputazione di luogo pericoloso, popolato da gente pericolosa, a partire dagli anni 60 del secolo scorso i piani e i progetti di sviluppo per il potenziamento delle attività portuali iniziano a non godere più del sostegno quasi incondizionato della comunità locale, e il supporto pubblico alle attività portuali è andato erodendosi (Hooydok, 2007, p. 48). Una serie di fattori legati alle caratteristiche dei porti moderni (luoghi pericolosi, inaccessibili, rumorosi, inquinanti, ecc.) hanno portato ad uno scollegamento del porto dalla vita pubblica della città e dalla quotidianità della città. I porti moderni sono spesso considerati come delle entità profondamente separate dalle attività sociali pubbliche urbane e spazial-mente segregati non solo per via delle loro esigenze spaziali e logistiche, ma anche per le caratteristiche delle loro attività, poco compatibili con un ambiente urbano.

Tuttavia la segregazione spaziale e soprattutto socio-cultur-ale non risulta essere una soluzione in grado di raggiungere

un livello sostenibile per lo sviluppo della città e delle attività portuali dall’altro. La crescita del porto e della città hanno sempre convissuto in stretta relazione, inluenzan-dosi reciprocamente. Anche oggi, in un momento dove i porti sembrano essere quasi autonomi o sembra possibile l’esistenza di porti senza città (Gras, 2010), la città può trarre proitto dall’occupazione e dalla creazione di valore aggiunto nel cluster, mentre il porto guadagnare in termini di conoscenza e servizi commerciali che si concentrano all’interno della città (Veenboer, 2014).

Ciò detto, sebbene il contributo apportato dalla riqualiica-zione delle aree portuali centrali rappresenti solo una parte dell’ampio sistema di interventi per la valorizzazione dei soft values delle città portuali (Hooydok, 2007), riportare la città e la comunità sul waterfront, riqualiicando le aree come spazio pubblico, signiica contribuire a riportare le persone su un luogo che ha contribuito allo sviluppo economico e alla crescita urbana. In altre parole, rappresenta una strategia per il restauro di un supporto pubblico per i porti (Hooydok, 2007).

Il terzo livello di ragionamento prescinde parzialmente dalla caratterizzazione urbana di waterfront. Qualsiasi deinizione di spazio pubblico mette in luce la necessità di inquadrare l’oggetto attraverso diversi punti di vista, a seconda che si stia rilettendo sulle sue componenti o sul suo utilizzo o sulla sua percezione. Parte della deinizione può tuttavia essere compresa per sottrazione intendendo per spazio pubblico come tutto ciò che non è spazio ad uso esclusivo di qualcuno, quindi privato. La questione dell’utilizzo dello spazio da parte di tutti richiama il concetto di uno spazio accessibile e fruibile a tutti gratuitamente o senza scopo di lucro (Carta dello spazio pubblico, 2013). L’oggetto è quindi deinito in parte anche dalle attività, dalle relazioni e dalle funzioni che in esso possono veriicarsi. «Lo spazio pubblico è dove le persone svolgono una serie di funzioni che sono condivise con tutti: spostandosi da un luogo all’altro; godendo di opportunità ricreative e culturali pubbliche; visitare altre parti della città o altre località private;

shopping; incontrare gli altri o semplicemente passeggiare» (UN-HABITAT, 2015, p. 15). Emerge da questa deinizione come lo spazio pubblico sia una componente della città profondamente legata alla qualità della vita e al benessere pubblico. In altre parole, lo spazio pubblico agisce come un bene a disposizione della comunità. Un oggetto i cui molteplici utilizzi sovrapposti, mescolati, promiscui, e soprattutto la variazione di usi nel tempo determina la sua condizione di essere a disposizione di tutti e poter far parte degli spazi e dei tempi di vita di tutti. «Il senso di bellezza e

di reliquia del patrimonio esiste in quanto esso è il nostro ambiente, ci viviamo dentro. Non si può evitare. Questo carattere è inscindibile dalla nozione di patrimonio e fa di quest’ultimo un fenomeno tridimensionale e plastico in cui siamo immersi. Non si può stare fuori dal patrimonio» (Rykwert, 2010, XII).

Tra identità e immagine: dalla riqualiicazione