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L’insieme delle forme dello spazio urbano che compongono il waterfront di Amsterdam è estremamente ampio e articolato. Soltanto l’area di espansione urbana seicentesca di forma semicircolare ad ovest e sud del nucleo storico originale è attraversata da oltre 15 km di canali navigabili che danno vita ad una conigurazione unica del rapporto della città d’acqua (1). Ma l’acqua che circonda e attraversa la città assume forme diverse nelle varie parti dell’area urbana: canali,corsi d’acqua, piccoli laghi, zone naturali, la parte conclusiva del iume Amstel e il lago IJ. Quest’ultimo attraversa la parte nord est della capi-tale olandese e dà accesso all’area portuale esterna alla città e collegata artiicialmente la Mare del Nord. La stretta relazione tra gli spazi antropizzati e l’elemento liquido fa si che l’acqua rappresenti per la capitale olandese un elemento fondamentale per la crescita economica della città, un’infrastruttura di supporto alla mobilità urbana, extraurbana e internazionale, oltre che una componente essenziale del paesaggio urbano (2). Come in moltissimi altri casi a livello europeo e internazionale, anche ad Amsterdam un momento di evoluzione nella relazione tra la città e l’acqua si ebbe con la dismissione delle attività commerciali dalle aree portuali urbane più vicine al centro storico. Ad Amsterdam, negli anni ‘80, è stato dato il via ad un programma di housing rivolto alla densiicazione di alcune aree all’interno del conine amministrativo, perseguendo una visione di ‘città compatta’ con l’obiettivo di contrastare lo spopolamento della città e il fenomeno della dispersione urbana. Tale politica ha comportato ricadute spaziali sugli spazi abbandonati della città, tra i quali le aree portuali dei cosiddetti Bacini Orientali. La riqualiicazione dei Eastern Dockland di Amsterdam ha previsto la trasformazione di circa 100 ettari di terreni portuali (313 comprese le superici d’acqua), attraverso la costruzione di circa 8.500 abitazioni. L’intervento ha preso il via alla ine degli anni 80 e si è concluso agli inizi del 2000 (3). Ad oggi lo sviluppo urbanistico dell’area metropolitana di Amsterdam è regolato dal piano Structural Vision: Amsterdam 2040, adottato dall’amministrazione municipale nel 2011 dopo un processo di costruzione partecipato durato circa 8 anni. Lo schema generale si fonda sul raforzamento di quattro tendenze in atto, proposte nel piano come linee guida per lo sviluppo urbano: far crescere ed espandere il centro cittadino, intrecciare la città con il paesaggio metropolitano, la riscoperta del waterfront e l’internazionalizzazione dell’area a sud della città. Nella visione di Amsterdam 2040 l’acqua costituirà un elemento caratterizzante sempre di più la qualità degli spazi di vita quotidiana, residenziali e lavorativi, anche attraverso la riqualiicazione di aree portuali dismesse. Molte delle aree at-testate sull’IJ, sia sulla sponda sud che su quella nord, vengono individuate come un sistema di spazi ‘wonen - werken’ ovvero aree ad uso misto, residenziale e lavorativo. L’asse costituito dal prolungamento del lago viene riletto dalla Città di Amsterdam

come un elemento catalizzatore della trasformazione degli spazi urbani del vivere e del lavoro(4).

La visione strutturale per Amsterdam si pone in linea con le politiche e i piani precedenti e vuole inquadrare dentro una cornice di coerenza a livello metropolitano le principali tenden-ze nella trasformazione e sviluppo della città. Uno dei processi di recupero e urbanizzazione di aree industriali e portuali più importanti negli ultimi anni (e ancora oggi in via di deinizione) è quello che riguarda l’area così detta northern IJ banks, lungo la sponda nord dell’IJ. L’area è costituita da tre parti, quella più a ovest occupata dagli ex cantieri navali NDSM, quella centrale chiamata Buiksloterham, un quartiere produttivo di poco più di 100 ettari e quella del quartiere Overhoeks. Pur essendo caratterizzate da una vocazione produttiva comune, soprattutto legata alla cantieristica navale, sono coinvolte da processi rigenerativi completamente diferenti.

Per quanto riguarda l’area di Overhoeks, essa è stata ceduta nei primi anni 2000 dalla Royal Dutch Shell alla municipalità di Amsterdam. Nel 2006 è stato approvato il piano di uso del suolo e nel 2007 sono stati completati i primi ediici residenziali (5).

L’area centrale, quella chiamata Buiksloterham, risulta quella più grande e ancora in via di deinizione. Il quartiere si estende per oltre 100 ettari di terreni per l’80% inquinati e occupati per lo più da magazzini e capannoni industriali di nessun valore architettonico. Nonostante il piano di sviluppo per l’area sia stato approvato dall’amministrazione municipale nel 2009, il programma degli interventi procede lentamente secondo un’idea di sviluppo ‘organico’ basato su interventi puntuali, procedendo step-by-step (6), come nel caso del progetto sperimentale ‘de Ceuvel’. Si tratta di un lotto di circa 5.000 mq aidato in gestione dall’amministrazione locale ad un gruppo di architetti, tra cui il capoila è lo studio Space&Matter (7). Per quanto riguarda l’area a nord ovest del northern IJ banks, il processo di riqualiicazione è partito a metà degli anni 90 e a diferenza delle altre aree appena descritte, l’intervento si è focalizzato sul riuso e adattamento dei manufatti industriali esistenti. L’area di circa 40 ettari ha ospitato ino al 1984 uno dei più grandi cantieri navali europei costruiti nel primo decennio del secolo scorso, la Dutch Dock and Shipbuilding Company (NDSM). Dalla metà degli anni ‘80 l’intero lotto è stato occupato da aziende, artisti, designer, architetti e altri imprenditori che hanno fondato atelier e oicine all’interno degli hangar industriali abbandonati. I magazzini e gli spazi sono stati recuperati e ospitano oggi mostre, eventi culturali, laboratori musicali e artistici. Uno degli obiettivi posti in essere in dai primi interventi ha previsto la conservazione dello spirito marittimo e portuale dell’area attraverso l’adattamento isico e funzionale dei manufatti e delle attrezzature a nuove attività culturali, piccole attività commerciali e turistico ricettive.

Eastern Dockland

Quartiere residenziale Sup circa 15 ha

Data di completamento: 2006 Progetto: West 8

IJ Burg (II fase)

Quartiere residenziale Sup. ca 100 Ha

Data di completamento: 2009 -in corso Progetto: City of Amsterdam

NDSM

Nuovo distretto lavorativo/artistico Sup. 40 ha

Data di completamento: in corso Progetto: City of Amsterdam

Overhoeks

Quartiere misto Sup. ca 34 ha

Data di completamento: 2007 - in corso Progetto: City of Amsterdam

‘de Ceuvel’

Polo sperimentale Sup. 5.000 m2

Data di completamento: 2014 Progetto: Space&Matter a altri

EYE Film Institute

Museo

Data di completamento: 2012 Progetto: Roman Delugan ed Elke Delugan-Meissl

Buiksloterham

Quartiere produttivo Sup. 100 ha

Data di completamento:2009 - in corso Progetto: partneship P/P

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Sotto il nome Port of the Moon, nel 2007, buona parte del centro storico di Bordeaux è stato riconosciuto patrimonio UNESCO, in virtù di una candidatura basata sostanzialmente sui criteri ii) e iv) della lista dei patrimoni culturali protetti. L’UNESCO ha infatti riconosciuto che la forma urbana della città «rappresenta il successo dei ilosoi che volevano trasformare le città in un melting pot di umanità, universalità e cultura» (1). Il rapporto della città con l’acqua, lo sfruttamento dell’afaccio al iume Garonne per lo sviluppo delle attività portuali nei secoli passati e la coerenza stilistica, dal punto di vista architettonico e urbanistico, nell’evoluzione del tessuto urbano hanno portato la città francese all’ottenimento del riconoscimento di patri-monio del’umanità. «Le diverse fasi di costruzione e sviluppo della città portuale sono leggibili nel suo piano urbanistico, in particolare le grandi trasformazioni efettuate dall’inizio del XVIII secolo in poi».(2)

Il porto di Bordeaux è dislocato in sette terminal lungo i 90 km del iume Garonne che separano la città dal mare aperto. Storicamente le attività commerciali portuali occupavano i tre chilometri di banchina urbana centrale che danno vita oggi al waterfront di Bordeaux. Nonostante i fenomeni di spostamento delle attività portuali verso fondali più profondi e aree più facilmente accessibili, e di aumento delle aree produttive dismesse all’interno della città, siano iniziati a partire dal secondo dopoguerra, il waterfront è rimasto per molto tempo una componente urbana esclusa dalla città. Alla ine degli anni ‘80 sotto la pressione dell’associazione locale Arc-en-reve, è stato avviato un ripensamento volto alla riqualiicazione di entrambe le sponde del iume all’interno di una strategia per l’intera città di Bordeaux.(3)

Poco tempo dopo l’inserimento del sito nella lista UNESCO è stato abbattuto lo storico ponte in ferro Pont de Pertuis che collegava le due sponde del iume all’altezza dell’ex base navale per i sottomarini Bassins a lot, all’interno dell’area riconosciuta patrimonio dell’umanità. Contemporaneamente è stato presentato dall’amministrazione pubblica il progetto per il nuovo ponte Pont Jacques Chaban-Delmas, che andasse a sostituire quello demolito nella stessa sede. Entrambi questi fatti hanno rappresentato una minaccia all’integrità del bene UNESCO, tanto da iniziare una lunga serie di trattative soprattutto volte a mitigare l’impatto visivo del nuovo ponte, che nella sua prima versione, prevedeva la costruzione di una campata centrale che si potesse sollevare ino ad un’altezza di 60 metri, per consentire il passaggio alle grandi navi da crociera. Nel 2010 sono state accolte le misure di riduzione dell’altezza dei piloni centrali, le limitazioni nel numero e nelle dimensioni delle navi da crociera a cui è consentito il passaggio e l’attracco nella banchina centrale e alcuni altri interventi di mitigazione della forma e dei materiali. Nella sua versione deinitiva il ponte è stato inaugurato nel 2013.

Uno dei primi interventi di trasformazione del waterfront di Bordeaux, e forse quello che simbolicamente ha dato il via ad

un processo di ristrutturazione del rapporto della città con l’acqua post-portuale, è quello che ha visto la riqualiicazione di oltre un chilometro di banchina portuale ad opera del pae-saggista francese M. Corajoud. Fino alla ine del secolo scorso, la fascia di banchina che separa il fronte edilizio del centro urbano dall’acqua, largo circa 100 metri, era occupata per lo più da zone dedicate a parcheggio e terreni portuali dismessi. I primi lavori di trasformazione dell’area sono iniziati nel 2002 e sono stati completati nel 2009. Il progetto ha previsto la realizzazione di una serie di giardini composti da ilari di piante basse sempreverdi ai lati di una supericie d’acqua, il Water Mirror, posizionata in corrispondenza della piazza della Borsa.

(4)

Un altro fondamentale tassello nella rideinizione del rapporto tra la città e il iume è il piano per la trasformazione dell’area chiamata Bassins à lot, uno degli spazi che compongono il sistema di waterfront della sponda nord. L’area è composta da due bacini artiiciali scavati a partire dalla seconda metà del XIX secolo sulla sponda sinistra del iume nella parte nord della città, attorno ai quali trovano spazio attrezzature militari e commerciali, come magazzini, cantieri navali tra cui una base militare per sottomarini utilizzata nel corso della Seconda Guerra Mondiale. A partire dal 2010, la Città di Bordeaux, l’agenzia Bordeaux Metropole e l’autorità portuale hanno avviato il programma di recupero e sviluppo dell’intera area di circa 160 ettari con l’obiettivo di trasformare il distretto in un nuovo quartiere urbano mantenendone lo spirito marittimo e portuale, dedicato prevalentemente ad un mix di funzioni ricreative, culturali e residenziali. Recentemente sono stati inaugurati il progetto “La Cité du Vin”, il museo del vino disegnato dal gruppo XTU, e la “Maison du project” un centro culturale per l’esposizione e il confronto con la popolazione dei vari progetti posti in essere per la trasformazione dell’area. Parte della strategia di riavvicinamento della città al iume vede la Città di Bordeaux impegnata nella trasformazione delle aree industriali poste sulla riva destra. Il primo progetto avviato è quello che ha visto la trasformazione della parte a sud-ovest del quartiere La Bastide con il progetto “Coeur de Bastide”.(5)

Nel 1999 la Comunutà Urbana di Bordeax (CUB) ha dato in concessione i terreni al gruppo immobiliare BMA per 15 anni, con lo scopo di sviluppare un nuovo quartiere residenziale e commerciale seguendo il piano per l’area redatto dal dipartimento di urbanistica in collaborazione con gli architetti D. Perrault e A. Charrier. Oltre alla realizzazione di circa 1000 nuove unità abitative, spazi per uici e strutture pubbliche, il progetto ha visto dedicare circa un terzo dell’intero lotto alla sistemazione di un parco pubblico lungo la sponda del iume, il Parc de Beges e un orto botanico. (6)

Ancora in fase preliminare è invece il progetto urbano per la riqualiicazione dell’area di Brazza Nord, sulla sponda destra del iume all’altezza del ponte Jacques Chaban-Delmas.(7)

La Cite du Vin

Polo museale della cultura del vino Sup. 13.350 m2

Data di completamento: 2016 Progetto: XTU architect

Bassins-a-lot

Programma di riqualiicazione urbana

Sup. complessiva ca 60ha di cui 22di spazi d’acqua Data: 2010 - in corso

Plan-guide: Nicolas Michelin A/NM/A

Les quais de la Garonne

Progetto di riqualiicazione della banchina del port de la Lune Sup. complessiva ca 40 ha

Data: 1999 - 2004 Progetto: Atelier Corajoud

Coeur de Bastide

ZAC-Zone d’Aménagement Concerté Sup. circa 40 ha

Data di completamento: in corso Progetto: BMA

Water mirror

Sup. circa 260 m2

Data di completamento: 2009 Progetto: Michel Corajoud

Pont Jacques Chaban-Delmas

Data di completamento: 2012 Progetto: Thomas Lavigne - EGIS-JMI

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03 - COPENHAGEN

La trasformazione del waterfront di Copenhagen può essere descritta attraverso il racconto di alcuni progetti di varia natura dimensioni, committenti, funzioni. Tuttavia, l’insieme di questi non sembra rientrare all’interno di una visione generale, a livello di pianiicazione urbana per questo speciico ambito urbano.

I presupposti per la nascita di alcuni progetti di riqualiicazione degli spazi attestati sul canale che attraversa la capitale danese, sono in parte da da ricercarsi nelle iniziative messe in campo, a partire dai primi anni ‘90, dal governo locale atte a migliorare la qualità delle acque che circondano e pervadono la città. Buona parte dell’inquinamento marino era dovuto all’inadeguatezza del sistema di depurazione delle acque relue urbane (acque piovane e acque nere residenziali e industriali). Nel 1985 soltanto il 5% del volume totale di queste acque passava attraverso un impianto di depurazione prima di inire in mare.(1) Le misure messe in campo dal governo locale hanno previsto da un lato l’implementazione degli impianti di trattamento e depurazione delle acque nere con la costruzi-one e il potenziamento degli stabilimenti di depurazicostruzi-one come quelli di Lynetten, Avedøre e Damhusåen capaci di gestire 3,5 milioni di litri di acque nere domestiche al giorno, dall’altro la costruzione di grandi serbatoi di raccolta delle acque piovane, capaci di immagazzinare l’acqua durante i momenti di precipitazioni intense per poi immetterla nel sistema fognario nel momento in cui questo ritorna nelle condizioni normali di esercizio. Gli interventi hanno permesso di raggiungere livelli ottimali nella qualità dell’acqua del mare a partire già dai primi anni 2000.(2)

L’attenzione agli aspetti dell’impatto ambientale e nello specif-ico alla depurazione dell’acqua ha permesso la realizzazione di alcuni progetti per lo sfruttamento di parti del waterfront di Copenhagen attraverso la realizzazione di strutture galleg-gianti adatte ad ospitare attività di balneazione nella stagione estiva. Nel 2003, il noto studio di progettazione danese BIG, in collaborazione con JDS, ha progettato e realizzato Islands Brygge. Si tratta di una serie di pontili in legno aiancati alla banchina che costituisce parte della sponda urbana sud del canale, che danno forma ad uno stabilimento balneare di circa 2500 mq. Il progetto è divenuto immediatamente un’attrattiva del waterfront di Copenhagen, tanto da aver dato il via alla realizzazione di attrezzature simili, come il Fisketorvet Harbour Bath e il Sluseholmen Harbour Bath, entrambi collocati lungo la sponda nord del canale e realizzati rispettivamente nel 2003 e nel 2010.

Un secondo piano di lettura del processo di trasformazione di alcune parti del waterfront di Copenaghen si struttura a partire dall’indagine del modello di governance delle autorità pubbliche amministrative della città e del porto. Nel 1992 il governo danese decide di costituire la Ørestad Development

Corporation, una società pubblica posseduta al 55% dalla Città di Copenhagen e al 45% dal Ministero delle Finanze, con lo scopo di dar forma a progetti di rivitalizzazione di alcune aree urbane abbandonate della capitale.(3) La seconda fase di costruzione dell’attuale modello di governance urbana ha previsto la ristrutturazione dei poteri e della forma giuridica dell’autorità portuale. Nel 2000 il parlamento danese emana un atto grazie al quale l’Autorità portuale di Copenhagen venne trasformata nella Port of Copenhagen ltd., ovvero una società a responsabilità limitata di proprietà pubblica.(4)

In altre parole si tratta di una componente del governo nazi-onale che opera nel libero mercato come una società privata sulle aree ottenute in concessione. L’ultimo step della ristrut-turazione è avvenuto nel 2007 con la fusione della Ørestad Development Corporation e del Port of Copenhagen ltd. nella CPH Port and City Development. La Città di Copenhagen e il governo danese trasferiscono il propri beni alla società; l’amministrazione pubblica cambia la destinazione d’uso delle aree cedute, facendone incrementare il valore di mercato e vende i terreni a società private; successivamente la CPH Port and City Development re-investe il guadagno in progetti di infrastrutturazione delle aree rimanenti in suo possesso, così da incrementare ulteriormente il valore di mercato.(5)

All’interno del meccanismo appena descritto possono essere inquadrati diversi progetti urbani di trasformazione degli spazi di waterfront. Una delle più grandi aree vendute dalla società CPH è quella di Norhavnen. L’area portuale nord è costituita da una penisola artiiciale di circa 350 ettari, su cui è prevista la realizzazione di spazi abitativi e commerciali in grado di ospitare circa 40.000 nuovi abitanti e altrettanti posti di lavoro. I primi lotti dell’intervento si concentrano sulla parte sud, quella più vicina al centro città, nel quartiere Århusgade. Nella parte ancora più a sud dell’area Nordhavnen, chiamata Marmormolen, nel 2013 è stato inaugurato il progetto per un nuovo campus delle Nazioni Unite. Il progetto chiamato UN City ha previsto la realizzazione di unità abitative per i circa 1700 funzionari, 45.000 mq di spazi uici, attrezzature comuni e spazi pubblici e la costruzione di due torri collegate da una pensilina sospesa tra due banchine dell’area. Il concorso per la progettazione delle torri L ed M che daranno forma al nuovo portale d’ingresso al porto turistico di Copenhagen è stato vinto nel 2008 dallo studio dell’architetto Steven Holl. In posizione più centrale, sul lotto aiancato all’Opera House(6)