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L’applicazione dell’IVA alle nuove forme di economia condivisa

CAPITOLO III LA TASSAZIONE INDIRETTA DEL COMMERCIO ELETTRONICO

3.7 L’applicazione dell’IVA alle nuove forme di economia condivisa

Una delle prerogativa dell’imposta pensata e realizzata nel corso degli anni ’60 del Novecento a livello europeo è sicuramente la sua duttilità e la capacità di adattarsi ai mutamenti del contesto di mercato ed economico, potendo rimanere inalterati i principi generali su cui si regge questa disciplina208.

Per quanto concerne lo sviluppo economico e del mercato nel mondo digitale assume rilevanza l’incremento e la crescita di alcune nuove forme di economia, in particolare la c.d. economia condivisa. Per economia condivisa si intende l’attività realizzata da particolari piattaforme digitali come Uber o Air Bnb che consentono agli utenti, siano essi privati cittadini o operatori economici, di offrire un servizio (di trasporto per quanto riguarda Uber o di alloggio con riferimento ad Air Bnb) in cambio di un corrispettivo in denaro. In un siffatto contesto, è importante capire se e quali di queste operazioni, realizzabili grazie alla tecnologia digitale, possano essere sottoposte ad imposizione, in particolare all’imposizione IVA. Al fine di una attenta analisi del fenomeno dell’economia condivisa andrà fatta una duplice valutazione: in primo luogo bisogna capire se il soggetto che offre determinati servizi attraverso una piattaforma digitale di economia condivisa possa essere considerato soggetto passivo ai fini IVA ai sensi dell’art. 9 della Direttiva

207 Vedi Zaccaria F., Ris. 28 agosto 2015, n.75/E – Commercio elettronico diretto: disciplina MOSS

anche per i soggetti in regime fiscale di vantaggio, in Il Fisco, n. 36 del 2015, pag. 1-3413

208 Vedi Centore P., La “new economy” e le insidie dell’IVA, in Fiscalità e Commercio internazionale, n. 11 del 2016, pag. 37 ss.

IVA; in secondo luogo è necessario valutare il trattamento ai fini IVA dei servizi forniti attraverso tali piattaforme.

Partendo dal secondo aspetto, va ricordato che, ai sensi dell’art. 2 par. 1 lett. c) della Direttiva IVA, sono soggette ad IVA «le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». Il tema è stato oggetto di trattazione nella 104^ seduta del Comitato IVA nel 2015 ed ha trovato una risposta positiva per quanto riguarda l’assoggettabilità di tali prestazioni ad IVA, in quanto, nell’ipotesi di economia condivisa, sussiste evidentemente il rapporto giuridico sinallagmatico di reciproche prestazioni. Detto questo, troviamo conferma della sussistenza del requisito oggettivo, per l’applicazione dell’imposta; tuttavia, risulta fondamentale inquadrare se il rapporto tra utente e piattaforma sia di mera intermediazione (nel qual caso è assoggettabile all’imposizione indiretta dell’IVA) o se l’intermediazione si concretizzi anche in ambito finanziario, nel qual caso è applicabile l’esenzione prevista dall’art. 135 della Direttiva IVA. Possiamo dunque confermare che nel caso in cui i servizi di intermediazione, realizzati attraverso piattaforme di economia condivisa, contengano anche servizi finanziari come la gestione dei pagamenti o dei trasferimenti di denaro, questi non saranno imponibili ai fini IVA209. Tale esenzione è prevista anche nel nostro ordinamento e viene disposta dall’art. 10 comma 1 del D.P.R. 633/72.

Nel suddetto caso, quindi, l’operazione risulta esente IVA, mentre in tutte le altre ipotesi, andrà applicata l’imposta.

Continuiamo la trattazione analizzando il requisito soggettivo del cliente della piattaforma. La qualifica del cliente è di fondamentale importanza per la corretta determinazione del principio territoriale sul quale basare l’imposizione: nel caso in cui il soggetto-cliente risulti essere un soggetto passivo IVA, concretizzandosi dunque un rapporto c.d. B2B, si sottoporrà l’operazione ad imposizione secondo il principio di destinazione, mentre nel caso in cui il cliente non sia un soggetto passivo IVA ma un semplice privato, realizzando ora un rapporto c.d. B2C, l’operazione sarà tassata nel luogo in cui l’operazione è intermediata210. Essendo i servizi di economia condivisa, generalmente, riferiti a soggetti “privati”, una

209 Vedi Centore P., La “new economy” e le insidie dell’IVA, op. cit. 210 Vedi Centore P., La “new economy” e le insidie dell’IVA, op. cit.

simile distinzione può inizialmente sfuggire; tuttavia, come ricordato in occasione del 105^ incontro del Comitato IVA, la nozione di soggetto passivo è vasta, ai sensi dell’art. 9 della Direttiva IVA211. Dunque, al fine di determinare se il cliente della piattaforma di condivisione sia o meno considerabile soggetto passivo IVA, è necessario valutare se quella che svolge attraverso detta piattaforma sia considerata un’attività economica o, poiché occasionale, non economica. Inoltre, risulta necessario rivolgere l’attenzione anche all’aspetto dell’indipendenza di tale attività, nonché all’ampiezza del corrispettivo ricevuto in cambio del servizio. Partendo dall’ampiezza del corrispettivo, in relazione dunque al profilo di economicità dell’operazione, va rilevato che secondo una ricorrente giurisprudenza della Corte di Giustizia (CGUE) il concetto di “attività economica” è di ampia applicazione e concerne l’attività in sé indipendentemente dai risultati concreti raggiunti212. Inoltre, l’operazione è considerata onerosa, ai sensi dell’art. 2 par. 1 della Direttiva, quando esiste tra il prestatore del servizio ed il committente un effettivo rapporto sinallagmatico di scambio tra il servizio ricevuto ed il controvalore monetario erogato. Nonostante, spesso ma non sempre, le operazioni realizzate nel campo dell’economia condivisa non abbiano come scopo il lucro ma il semplice abbattimento di costi, la CGUE ha disposto che la misura ridotta del corrispettivo non sia causa di esclusione dalla possibilità di imposizione213. A tal riguardo, infatti, vanno ricordate le franchigie disposte dalla Direttiva agli artt. 281 ss. il cui fine è quello di non sottoporre ad IVA i soggetti che sono considerati soggetti-passivi IVA, ma che realizzino un volume d’affari irrilevante ai fini dell’imposizione. Quindi, l’esistenza di una controprestazione minima, non costituisce una causa di esclusione del profilo soggettivo.

Appurato ciò, possiamo dire che, se l’attività viene svolta non occasionalmente e in maniera indipendente, può essere considerata come attività economica e quindi sottoposta ad imposizione IVA. La necessaria indipendenza dell’attività ai fini dell’IVA, ai sensi dell’art. 10 della Direttiva, ha come scopo l’esclusione dal

211

Art. 9, par. 1 Direttiva IVA: «1. Si considera «soggetto passivo» chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Si considera «attività economica» ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

212 Vedi CGUE, sentenza 20 giugno 2013, C-219/12. 213 Vedi CGUE, sentenza 20 gennaio 2005, C-412/03.

campo di applicazione dell’imposta dei lavoratori dipendenti e degli altri soggetti nel caso in cui siano vincolati da un contratto di lavoro subordinato, o di qualsiasi altro contratto contenente vincoli di subordinazione. Considerando ora l’assenza di qualsiasi forma di subordinazione nell’utilizzo delle piattaforme di economia condivisa, possiamo dire che l’operazione, così realizzata e non occasionale, sia imponibile IVA.

Per quanto riguarda il comportamento del gestore della piattaforma digitale di economia condivisa in relazione allo status soggettivo del cliente214, sembra utile richiamare l’art. 17, par. 1 del Reg. 282/2011/UE: «Se il luogo della prestazione di servizi dipende dalla circostanza che il destinatario sia o meno un soggetto passivo, lo status del destinatario è determinato sulla base degli articoli da 9 a 13 e dell’articolo 43 della direttiva 2006/112/CE». Il successivo art. 18215 dispone le modalità di verifica del requisito soggettivo del cliente, poste in capo al gestore della piattaforma, facendo esplicito riferimento al numero di identificazione ai fini IVA quale elemento fondante e discriminante la qualifica del cliente. Come

214 Al fine di una corretta applicazione e erogazione del tributo.

215 Art. 18 Reg. 282/2011: «(1). Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che un destinatario stabilito nella Comunità ha lo status di soggetto passivo: a) se il destinatario gli ha comunicato il proprio numero individuale di identificazione IVA, qualora ottenga conferma della validità di tale numero d’identificazione nonché del nome e dell’indirizzo corrispondenti conformemente all’articolo 31 del regolamento (CE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (1); b) se il destinatario non ha ancora ricevuto un numero individuale di identificazione IVA, ma lo informa che ne ha fatto richiesta, qualora ottenga qualsiasi altra prova attestante che quest’ultimo è un soggetto passivo o una persona giuridica non soggetto passivo tenuta all’identificazione ai fini dell’IVA e effettui una verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento. 2. Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che il destinatario stabilito nella Comunità ha lo status di soggetto passivo qualora dimostri che tale destinatario non gli ha comunicato il suo numero individuale di identificazione IVA. 3. Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che il destinatario stabilito al di fuori della Comunità ha lo status di soggetto passivo: a) qualora ottenga dal destinatario un certificato rilasciato dalle autorità fiscali competenti per il destinatario attestante che questi svolge un’attività economica che gli dà diritto ad ottenere un rimborso dell’IVA a norma della direttiva 86/560/CEE del Consiglio, del 17 novembre 1986, in mate- ria di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità (2); b) se il destinatario non è in possesso di tale certificato, qualora disponga del numero IVA o di un numero analogo attribuito al destinatario dal Paese di stabilimento dello stesso e utilizzato per identificare le imprese o di qualsiasi altra prova attestante che il destinatario è un soggetto passivo e effettui una verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle in- formazioni fornite dal destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento».

spiegato nelle Explanatory notes216 della Commissione europea, pubblicate nel

2014, l’art. 18 del detto regolamento assume rilevanza nel caso in cui risulti necessario determinare lo status soggettivo del cliente, per una corretta applicazione delle norme riguardanti la territorialità e la potestà impositiva nella prestazione dei servizi. A tale fine, il gestore deve fare affidamento sul numero di identificazione IVA; inoltre, il secondo paragrafo dispone che il gestore può considerare il cliente non soggetto passivo dell’imposta se e solo se non dispone di informazioni contrapposte.

Dunque, il prestatore dei servizi oggetto di analisi ha la facoltà di considerare non soggetti passivi coloro che non comunicano il proprio numero di identificazione a fini IVA, stabilendo fin da subito se il pagamento dell’IVA scaturente dall’operazione sia di competenza propria oppure se spetta al destinatario del servizio. La possibilità di non considerare soggetti passivi coloro che non comunicano il numero di identificazione IVA, appunto, è una facoltà e non un obbligo: il prestatore del servizio, ossia il gestore della piattaforma, può trattare chi non comunica il proprio numero identificativo IVA come un soggetto passivo, ma, in tal caso, l’onere della prova ricade su di lui; dovendo, eventualmente, dimostrare lo status del destinatario avrà inevitabilmente la necessità di disporre di idonee informazioni al riguardo.

Appurata la disciplina IVA di questa particolare fattispecie, al fine di renderla maggiormente sicura e di più facile applicazione, non essendo ipotizzabile una modifica dell’Art. 9 della Direttiva IVA, si ritiene che possa essere una valida soluzione l’intervento sull’art. 12 che tratta la prestazione occasionale, introducendo un determinato valore il cui non-superamento, similmente alla franchigia, consente di determinare l’occasionalità dell’attività.

216 Disponibile al link:

https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/resources/documents/taxation/vat/how_vat_wor ks/telecom/explanatory_notes_2015_en.pdf consultato il 02/01/18.