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La Web Tax e l’acquisto di pubblicità on line

CAPITOLO III LA TASSAZIONE INDIRETTA DEL COMMERCIO ELETTRONICO

4.2 La Web Tax e l’acquisto di pubblicità on line

Introdotta nel nostro ordinamento con la L. 23 dicembre 2013, n. 147233, la c.d.

web tax risulta essere un aggregato dispositivo, sia ai fini IVA sia per quanto

concerne le imposte sui redditi, riguardante le operazioni di acquisto di inserzioni pubblicitarie in internet nei rapporti B2B. Questa disciplina non ha mai trovato concreta applicazione poiché è stata inizialmente sospesa e poi soppressa dal D.L. 6 marzo 2014, n. 16 art. 2. Tuttavia, al fine di una corretta individuazione del

232 Vedi Antonini M., Toschetti E., Web Tax e obsolescenza degli attuali sistemi impositivi, in Corriere

Tributario, n. 41 del 2017, pag. 3177.

233 Legge di stabilità 2014.

percorso normativo che ha portato, successivamente, alla previsione dell’attuale

web tax, sembra utile riportare alcuni degli aspetti salienti della disciplina in

trattazione, anche se mai applicata.

Riguardo al profilo IVA, si riscontra l’introduzione dell’art. 17-bis234 nel D.P.R.

633/72, il quale prevede che, nei rapporti B2B, i soggetti che vogliono acquistare servizi di pubblicità on line, possano farlo esclusivamente acquistando detti servizi da soggetti titolari di una partita IVA italiana. Lo stesso vincolo soggettivo imposto al compratore in relazione all’identificazione fiscale del venditore, è previsto per l’acquisto di spazi pubblicitari e per i link-sponsor che vengono visualizzati da utenti stabiliti sul territorio italiano durante la navigazione in rete. Quindi, si può affermare che l’art. 17-bis introduce idealmente un duplice obbligo: l’obbligo diretto per i committenti residenti (si ricorda che il rapporto così intrattenuto deve costituire un’operazione B2B) di acquistare i servizi in oggetto esclusivamente da soggetti titolari di una partita IVA italiana; l’obbligo indiretto ai soggetti non residenti di aprire una partita IVA presso l’amministrazione finanziaria italiana, ovvero, alternativamente, qualora l’operatore estero non disponga di una stabile organizzazione sul territorio italiano, nominare un rappresentante fiscale.

La disposizione, pur introducendo questo duplice obbligo, non modifica le disposizioni IVA in tema di rilevanza territoriale per questo genere di servizi; infatti, ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. 633/72235, che dispone la rilevanza territoriale nel Paese del committente, le prestazioni di servizi consistenti in pubblicità on line, rese da soggetti non residenti nei confronti di un soggetto passivo italiano, sono fiscalmente rilevanti in Italia. Inoltre, successivamente all’introduzione del VAT Package236, ai sensi di quanto previsto dall’art. 17, comma 2, D.P.R. 633/72, l’imposta viene applicata dal committente237, indipendentemente dal fatto che l’operatore non residente disponga o meno di una partita IVA italiana. Dunque, dall’analisi fin qui condotta, sembra che l’art. 17-bis, non introducendo una deroga alla regola generale prevista dall’art. 17, comma 2,

234 Tale articolo è rubricato nel detto D.P.R. 633/72 come “Acquisto di pubblicità on line”. 235

Art. 7-ter D.P.R. 633/72: «Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato: a) quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato; b) quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato».

236 La cui trattazione è rimandata al paragrafo 3.8 del capitolo III. 237 Attraverso il meccanismo del reverse charge.

preveda una disciplina sostanzialmente incoerente: qualora un soggetto passivo italiano acquisti dei servizi di pubblicità in internet da un soggetto non residente, l’applicazione dell’imposta spetta al committente238, indipendentemente dal fatto che l’operatore esercente questi servizi disponga di una partita IVA italiana. Il nuovo disposto dall’art. 17-bis sembra introdurre un inutile obbligo in capo ai prestatori non residenti di questi servizi che si sostanzia nella necessaria apertura di una partita IVA in Italia, senza avere però la possibilità di utilizzarla; questo obbligo può contrastare con i dettami dei principi della comunità europea. Inoltre, non è stato disposto alcun regime sanzionatorio per i committenti italiani che acquistano questi servizi da operatori non residenti non dotati di partita IVA italiana; la norma trattata, pertanto, sembrerebbe non avere alcun valore precettivo concreto.

Con riferimento all’imposizione diretta, la norma introdotta con l’art. 1, comma 177,della L. 23 dicembre 2013, n. 147, per i soggetti operanti nel settore della pubblicità on line, al fine della determinazione dei prezzi di trasferimento relativi alle operazioni infragruppo non potrà più essere utilizzato il metodo del costo maggiorato, fatta salva, tuttavia, la possibilità di attivazione del c.d. ruling

standard239. La norma in oggetto, con l’introduzione del divieto di utilizzare il metodo del costo maggiorato per la determinazione fiscale dei ricavi derivanti dalle operazioni infragruppo, non è in linea con quanto disposto in sede OCSE relativamente alla disciplina del transfer pricing; infatti, non dovrebbe essere prevista l’inadeguatezza di un metodo di valutazione ex-ante, ma la scelta del metodo da utilizzare dovrebbe basarsi sui seguenti fattori: -punti di forza e di debolezza di ciascun metodo riconosciuto dall’OCSE; -la congruità del metodo scelto in applicazione alla fattispecie concreta; -scelta ponderata dei c.d.

comparables indipendenti al fine di realizzare la valutazione; -la comparabilità

delle transazioni realizzate con le operazioni utilizzate per la definizione, in comparazione, del prezzo di trasferimento. Inoltre, è concessa dall’OCSE la possibilità, per le multinazionali, di utilizzare metodi di valutazione terzi rispetto a

238

Qualora l’operatore, disponendo di una partita IVA italiana, dovesse emettere la fattura relativa al servizio prestato addebitando l’imposta IVA violerebbe le disposizioni dell’art. 17, comma 2 citato, e degli artt. 44 e 196 della Dir. 2006/112/CE i quali prevedono l’obbligo di applicazione del c.d. reverse

charge per i servizi generici.

239 Disposta normativamente dall’art. 8, D.L. n. 269, 30 settembre 2003.

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quelli riconosciuti, nell’eventualità che tali metodi portino ad un risultato maggiormente attendibile e coerente con le rilevanze del mercato. Tuttavia, nell’idea sostenuta dal legislatore, l’esclusione dell’applicabilità del metodo di comparazione del costo maggiorato avrebbe comportato un incremento della base imponibile su cui applicare l’imposta240.

Il destinatario italiano della disposizione trattata può essere una società residente o una stabile organizzazione di un soggetto non residente, inserite in un contesto di gruppo societario. Appurato questo, la norma in questione mostra un ambito applicativo molto ristretto, essendo necessaria la presenza di una società italiana o di una stabile organizzazione di un’impresa estera all’interno del nostro territorio, che, inserite in un contesto consolidato, realizzino operazioni di compravendita di servizi pubblicitari on line infragruppo. Conseguenza di quanto appena detto, e in virtù dell’art. 7 del decreto “Destinazione Italia” in vigore dal 24 dicembre 2013 - il quale estende l’ambito applicativo del c.d. ruling internazionale anche alla valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti che, ai sensi dell’art. 162 del T.u.i.r., configurano la presenza di una stabile organizzazione - le imprese non residenti, che offrono servizi di pubblicità on line all’interno del nostro territorio per il tramite di un’entità controllata residente, possono avvalersi del ruling sia per definire la sussistenza o meno di una stabile organizzazione (occulta), sia per stabilire ex-ante la misura dei corrispettivi elargiti o ricevuti nelle operazioni infragruppo.

In conclusione, sia per quanto visto ai fini IVA, sia per quanto appena visto in relazione alla tassazione diretta, le disposizioni introdotte non sembra possano risolvere il problema di un’equa imposizione dei redditi derivanti dai servizi di pubblicità on line, e, più in generale, per quanto concerne il commercio elettronico diretto; solamente una normativa sovranazionale, data l’intrinseca caratteristica a- territoriale del commercio elettronico, può portare ad un equo e funzionante sistema impositivo241.

240 Vedi Tomassini A., Iaselli G., <Web-Tax> in cerca d’autore, in Corriere Tributario, n. 4 del 2014, pag. 297 ss.