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II. Il tempo come forma del senso interno

II.4. Apprensione

Se noi seguiamo la falsariga della Critica della Ragion pura, ci imbattiamo in prima luogo nelle capacità che hanno a che fare con l'Estetica, e quindi con la sensibilità. Tra queste troviamo l'apprensione, una capacità che, almeno inizialmente, è ritenuta legata sostanzialmente e unicamente proprio alla sensibilità. Sherover (1971: 72) definisce l'apprensione come «un'immediata consapevolezza di un oggetto nella percezione: sono immediatamente consapevole di una qualche rappresentazione». Dopo averne sottolineata la forma, data dal senso interno, Sherover (1971: 72) prosegue il suo ragionamento concentrandosi a fondo sul rapporto tra l'intuizione sensibile e ciò che viene percepito, arrivando ad affermare

34 Allison (2004: 280).

che, affinché ci sia consapevolezza, la rappresentazione dell'oggetto non può essere istantanea, ma deve estendersi per un certo “lasso di tempo”: «la mia consapevolezza presenta già alla mente una rappresentazione che innanzitutto sia stata “passata e tenuta assieme” in un ordine sequenziale – nell'ordine delle modificazioni sequenziali della mia mente». L'unità è data dalla sintesi dell'apprensione, presupposto di ogni atto percettivo in quanto permette che i dati empirici siano considerati come rappresentazioni di un singolo molteplice.

Nella prima edizione, addirittura, le operazioni svolte dall'intelletto sarebbe state rese possibili, esclusivamente, sulla base dalla sintesi dell'apprensione, intesa come momento della

triplice sintesi, che ha luogo necessariamente in ogni conoscenza: la sintesi dell'apprensione delle rappresentazioni, quali affezioni dell'animo nell'intuizione; la sintesi della riproduzione di esse nell'immaginazione; la sintesi della loro ricognizione nel concetto. Queste sintesi conducono a tre sorgenti soggettive della conoscenza, che rendono possibile l'intelletto stesso e, attraverso l'intelletto, l'intera esperienza, in quanto prodotto empirico dell'intelletto stesso.36

Tuttavia una definizione ultima e condivisa dell'apprensione, soprattutto della sua sintesi, è resa complicata dal fatto che la maggior parte dei riferimenti su di essa sono situati nella Deduzione trascendentale, la sezione che forse ha subito le modificazioni più profonde tra prima e seconda edizione. Ciò che rimane uguale in entrambe le edizioni37, tuttavia, è il carattere successivo e soggettivo

dell'apprensione, il cui ordine equivale a quello in cui le rappresentazioni degli eventi esterni si presentano nella coscienza.

Kant, nella seconda edizione, la descrive in questi termini: «altro non è che il porre assieme il molteplice dell'intuizione empirica, e in essa non è riscontrabile una rappresentazione della necessità dell'esistenza congiunta dei fenomeni che essa pone

36Kant (1781/2005: 640-1, A 97-8).

37 Kant (1781/2005: 227, A 189/B 234): «L'apprensione del molteplice del fenomeno è sempre

assieme nello spazio e nel tempo»38. Specifico di questa edizione è il ricondurre

direttamente l'apprensione alla percezione, intendendola come la coscienza di ciò che è presente in un'intuizione empirica (espressione che generalmente ne indica il contenuto). Funzione principale dell'apprensione sarebbe la sua sintesi, intesa come «riunione del molteplice di un'intuizione empirica, mediante la quale diviene possibile la percezione, cioè la relativa coscienza empirica (come fenomeno)»39. Collaborazione tra sintesi dell'apprensione e forme a priori della sensibilità che si gioca su un piano prettamente a priori: «la stessa unità della sintesi del molteplice […] è parimenti data a priori quale condizione della sintesi dell'apprensione, con (e non in) queste intuizioni»40. Questo perché l'unità che viene conferita ai dati empirici non può essere tratta dai dati empirici stessi e deve rispecchiare l'unità dello spazio e del tempo.

Sebbene si sia indicato un rapporto preferenziale tra sensibilità e apprensione, soprattutto nella seconda edizione Kant sottomette esplicitamente la sintesi dell'apprensione all'appercezione41, spianando la strada alla subordinazione della sensibilità all'intelletto:

la sintesi dell'apprensione, che è empirica, dev'essere necessariamente conforme alla sintesi dell'appercezione, che è intellettuale e contenuta interamente a priori nella categoria. È una stessa ed unica spontaneità, che là sotto il nome di immaginazione e qui sotto quello di intelletto introduce il congiungimento nel molteplice dell'intuizione.42

Secondo Allison (2004: 198), il quale, su questi temi, fonda molto della sua analisi sulla seconda edizione, l'apprensione di una sequenza temporale

presuppone la rappresentazione dell'unità sintetica del tempo, e perciò una sintesi governata da una categoria. […] solo come risultato di tale

38 Kant (1781/2005: 216, B 219). 39 Kant (1781/2005: 180, B 160). 40 Kant (1781/2005: 180, B 161).

41 Kant (1781/2005: 181, B 163): «In tal modo si dimostra che la sintesi dell'apprensione, che è

empirica, dev'essere necessariamente conforme alla sintesi dell'appercezione, che è intellettuale e contenuta interamente a priori nella categoria».

determinazione di tempo, la quale è presumibilmente accompagnata dalla sintesi trascendentale dell'immaginazione, è possibile apprendere una determinata sequenza di percezioni nel tempo.43

Il riferimento alle categorie, in particolar modo quella di causalità44, sottintende già da ora la sua concezione secondo la quale la sensibilità, e nello specifico il tempo, sono subordinati all'intelletto, in particolare alle analogie. In un quadro simile, la difficoltà maggiore è riuscire a porre una netta separazione tra i compiti dell'apprensione e quelli dell'appercezione. La differenza maggiore tra le due può essere riassunta da questo periodo di Kemp Smith (1918/1979: xlix), il quale, paragonando la conoscenza degli esseri umani a quella degli animali, afferma, riguardo a questi ultimi:

la loro esperienza deve sfaldarsi (fall apart) negli eventi, i quali, forse, potrebbero essere descritti come mentali ma non possono essere considerati equivalenti ad un atto di consapevolezza. “Apprehensio bruta senza coscienza”: tale è il punto di vista di Kant sulla mente animale. I loro stati mentali, come quelli di tutte le altre esistenze naturali, sono eventi nel tempo, esplicabili alla stessa maniera naturalistica del processo corporeo da cui sono condizionati; non possono essere equiparati alla coscienza umana che ci permette di riflettere su di essi e di determinare le condizioni del loro accadere temporale.