II. Il tempo come forma del senso interno
II.3. Il tempo come senso interno nell'Estetica trascendentale
Kant stabilisce l'uguaglianza tra tempo e senso interno nella prima sezione – escluse naturalmente le introduzioni – della Critica, l'Estetica trascendentale, definita la «scienza di tutti i principi a priori della sensibilità»21. Tali principi sono le forme a priori del soggetto conoscente entro cui gli oggetti esterni devono essere sussunti per poter essere intuiti. Nel caso un oggetto non possa essere intuito all'interno di esse non può diventare un oggetto di esperienza possibile, non può essere conosciuto. Com'è noto le forme a priori della sensibilità sono lo spazio e il tempo. Di quest'ultimo, in questa stessa sezione, viene anche affermata l'identità con il senso interno:
Il tempo non è altro che la forma del senso interno, ossia dell'intuizione di noi stessi e del nostro stato interno. Difatti il tempo non può essere a nessun titolo una determinazione dei fenomeni esterni […] ma, al contrario, determina il
20 C'è chi si è spinto ben oltre in questo progetto. Per esempio Buchdahl (1992: 169) afferma che «la
nozione di apparenza di legalità (lawlikness) e di sistematicità della natura è definita da Kant solo attraverso la 'ragione', l''intelletto' non assicura altro che la possibilità di giudizi contingenti concernenti particolari materie di fatto».
rapporto delle rappresentazioni nel nostro stato interno. 22
Tuttavia questa è solo la seconda di tre conseguenze che Kant elenca dopo i cinque punti dell'Esposizione metafisica del concetto di tempo in cui vengono stilate le varie caratteristiche dell'intuizione temporale.
I primi tre punti e il quinto sono abbastanza lineari. Nel primo punto si afferma che il tempo non è un concetto empirico perché «la simultaneità o la successione non potrebbero neppure mai costituirsi come percezioni se non ci fosse a priori, quale fondamento, la rappresentazione del tempo»23. La simultaneità si ha quando qualcosa è rappresentato nello stesso tempo, la successione in tempi diversi. Il secondo punto stabilisce che il tempo è a priori e a fondamento di tutte le intuizioni. Il genere di “esperimento mentale” che propone Kant per dimostrare la necessità del tempo rispetto alle rappresentazioni è quello di far vedere la possibilità di svuotare il tempo di tutti i fenomeni e l'impossibilità di togliere il tempo stesso come tale. I principi necessari, definiti “assiomi del tempo in generale”, vengono presentati nel terzo punto: essi sono la monodimensionalità e il fatto che «tempi diversi non sono simultanei ma successivi»24. Tali caratteristiche potranno essere
apprezzate a pieno solo grazie a quanto viene detto nei punti seguenti. Infine, il punto 5 ci dice che possiamo avere varie quantità determinate di tempo solo se a fondamento di tutto c'è un unico tempo illimitato.
Il quarto punto è forse il più articolato, poiché vengo messi in luce alcuni aspetti che non sono immediatamente collegabili tra loro. All'inizio Kant sembra riprendere i primi due punti per poi svilupparli: «il tempo non è un concetto discorsivo o, come si suol dire, universale, ma una forma pura dell'intuizione sensibile»25. Quindi il tempo non è solo base per le intuizioni, ma è un'intuizione a sua volta e per di più pura. Un'intuizione pura è un'intuizione «in cui nulla è riscontrabile che appartenga alla sensazione»26 e in cui si dà «la semplice forma dei fenomeni, ossia l'unica cosa che la sensibilità possa fornire a priori»27. Inoltre, come 22 Kant (1781/2005: 108, A 33/B 49-50). 23 Kant (1781/2005: 106, A 30/B 46). 24 Kant (1781/2005: 106, A 31/B 47). 25 Kant (1781/2005: 107, A 31/B 47). 26 Kant (1781/2005: 98, A 20/B 34). 27 Kant (1781/2005: 99, A 22/B 36).
passo successivo, viene affermato che «[t]empi diversi non sono che parti dello stesso tempo». Quanto detto finora è sintetizzato nella dichiarazione: «la rappresentazione che può essere data solo da un unico oggetto è un'intuizione». Infine, con una mossa a metà strada tra una spiegazione e una conseguenza, Kant chiarisce che la proposizione «tempi diversi non possono essere simultanei», essendo «contenuta immediatamente nell'intuizione e nella rappresentazione del tempo»28 è una proposizione sintetica e non può essere ricavata da un concetto, per quanto generale.
Dai cinque punti Kant trae tre conseguenze. La prima, parallela a quanto detto per lo spazio, getta le basi per l'equivalenza tra tempo e senso interno, affermando che «il tempo altro non è che la condizione soggettiva per la quale tutte le intuizioni possono aver luogo in noi. […] forma dell'intuizione interna [che] può essere rappresentata anteriormente agli oggetti, quindi a priori»29. Nella seconda conseguenza non solo viene stabilita l'uguaglianza sopra riportata, ma viene introdotto un esempio che sarà molto importante per le discussioni successive:
è proprio perché questa intuizione interna non ha alcuna figura che noi cerchiamo di porvi rimedio con analogie, rappresentando la successione temporale con una linea che va all'infinito, nella quale il molteplice dà luogo a una serie monodimensionale; e dalle caratteristiche di questa linea inferiamo tutte le proprietà del tempo, tranne una sola, giacché le parti della linea sono simultanee, mentre quelle del tempo sono successive.30
La terza conseguenza entra più nel dettaglio, ridefinendo i rapporti tra rappresentazioni e senso interno. Ribadita la sua idealità trascendentale, si sottolinea che il tempo è la condizione formale di tutti i fenomeni dato che le rappresentazioni «appartengono in se stesse, quali determinazioni dell'animo, allo stato interno, e siccome questo stato interno ubbidisce alla condizione formale dell'intuizione interna, ossia del tempo, ne segue che quest'ultimo è la condizione a priori di ogni fenomeno in generale: condizione immediata dei fenomeni interni (delle nostre
28 Kant (1781/2005: 107, A 31-2/B 47). 29 Kant (1781/2005: 108, A 33/B 49). 30 Kant (1781/2005: 108, A 33/B 50).
anime) e, di conseguenza, condizione mediata di quelli esterni»31.
A ciò va aggiunta un'ultima precisazione, una puntualizzazione che Kant fa nella seconda edizione e che chiama Esposizione trascendentale del concetto di tempo. In questo paragrafo viene affermato che il movimento (regolato dalle leggi del moto) e il mutamento sono possibili solo grazie alla rappresentazione del tempo e che se questo non fosse un'intuizione non potremmo, per esempio in un passaggio di stato, mettere in relazione tra loro due predicati appartenenti ad uno stesso concetto. Se per esempio io dico che la cera prima era solida e ora è liquida (magari perché si è sciolta al sole) abbiamo due predicati contraddittori e il poterli riferire sempre alla cera è reso possibile dall'intuizione temporale la quale ha, appunto, le caratteristiche sopra elencate: «[s]olo nel tempo due determinazioni opposte contraddittorie possono aver luogo in un medesimo oggetto, e precisamente l'una dopo l'altra»32. Molto di ciò che è stato detto fin qui, come vedremo, sarà la base di vari punti che cercherò di approfondire nel corso della ricerca. Per ora è importante ritornare al tempo come senso interno.
C'è un modo, dopo quanto è stato detto, di esemplificare la funzione minima, essenziale, dell'intuizione temporale che ha in mente Kant? Proverò a fornire un esempio. Innanzitutto il tempo deve poter render conto della successione e/o della sequenza: riducendo al nocciolo la sequenza più basilare a cui si possa pensare si ottiene da una successione di due elementi o stati, A e B. Questa sequenza, in secondo luogo, deve essere interna al soggetto conoscente: pensiamo quindi che A e B siano due rappresentazioni e, seguendo l'esempio di Kant, spogliamo le rappresentazioni di tutto ciò che possono aver ricevuto dall'esterno. Ciò va dall'immagine della lancetta dei secondi che scorre costantemente ad intervalli uniformi fino alle grandi astrazioni della fisica, come il tempo assoluto newtoniano. Naturalmente siamo in una condizione molto artificiosa. “Ripulito” da tutto, il nocciolo del tempo come senso interno sta in questa sorta di monodimensione su cui è possibile che si succedano A e B: questi due stadi diversi sono già tempo. Un soggetto conoscente i cui stati interni non siano pronti ad accogliere una sequenza minima di questo tipo, in cui ci sia immobilità, in cui il suo stato sia, per così dire,
31 Kant (1781/2005: 109, A 34/B 50). 32 Kant (1781/2005: 108, B 49).
congelato, anche a dispetto di un mondo che muta, non avrebbe l'intuizione del tempo. Dopodiché l'esperienza dà l'occasione affinché il senso interno sia, per così dire, spezzato in due: da una parte la rappresentazione A, dall'altra B. Penso che sia questa la funzione minima e fondamentale che Kant assegna al tempo, soprattutto in quanto forma del senso interno.
Certo, se anche quanto ho esposto fosse corretto, rimarrebbero sempre molti punti da chiarire. In primis: questa capacità di render conto di istanti successivi avviene in base a fattori strettamente epistemologici oppure le caratteristiche del senso interno possono o devono essere intese ontologicamente? I commentatori sono divisi sui presupposti appartenenti all'uno o all'altro livello; tuttavia sembra esserci abbastanza condivisione sul fatto che le conseguenze si presentino sia a livello ontologico sia a livello epistemologico (per come abbiamo definito l’epistemologia in precedenza). Sherover (1971: 54), per esempio, sebbene appoggi una prospettiva ontologica, non può definire il tempo semplicemente un ente e non può ignorarne le implicazioni epistemologiche: esso «è una funzione, la capacità del soggetto di avere un'esperienza interna coerente; è un modo di collegare tra loro le esperienze; non ha un contenuto proprio ma è il modo in cui ogni contenuto deve essere ricevuto».
Al contrario Allison (2004: 276-7) comincia la sua analisi considerando il senso interno in funzione della conoscenza di sé, del legame particolare che intrattiene con le analogie dell'esperienza (soprattutto sul tema dell'ordine temporale oggettivo) ed evidenziando, in questo modo, l'importanza data agli aspetti epistemologici. Anche la rappresentazione del tempo come una linea, in cui la tematica della produzione da parte dell'immaginazione è sfiorato, si risolve immediatamente nel problema di dover trovare dei candidati esterni per la rappresentazione del tempo. Stando alle conclusioni a cui giunge Allison (2004: 277) il senso interno si deve appellare costantemente allo spazio, sbilanciando a favore di quest'ultimo i rapporti di forza all'interno della sensibilità. Infatti il tempo non ha un proprio molteplice e non rientrerebbero nel senso interno come rappresentazioni del sé33 neanche i sentimenti. Oggetto del senso interno sarebbero le rappresentazioni empiriche intese come una mediazione di quelle offerte dal senso esterno. A ciò si rifarà il contrasto tra senso interno e appercezione «come due modi di autocoscienza,
dove l'ultimo produce il pensiero del sé ma non la sua conoscenza»34.
Ciò ci porta al modo in cui si prende coscienza di noi stessi. Su questo – e il proseguimento della discussione tenderà a confermarlo – Kant sembra separare due livelli: il più superficiale, quello che Allison sopra ha chiamato “pensiero di sé”, in cui abbiamo a che fare con i nostri stati acquisiti empiricamente; il secondo, che potremmo chiamare trascendentale, in cui operano nozioni quali l'intelletto e l'appercezione le quali provvedono a dare unità agli stati provenienti dalla sensibilità. Ad occuparsi del primo livello è proprio il senso interno, il quale rende conto, appunto, degli stati empirici: «per suo mezzo, noi intuiamo noi stessi soltanto nel modo in cui veniamo interamente affetti da noi stessi, cioè che, per quanto concerne l'intuizione interna, noi conosciamo il nostro proprio soggetto soltanto come fenomeno e non già in quanto è in se stesso»35. A creare confusione è quanto succede in seguito: quali sono i limiti dell'azione dell'intelletto nel momento in cui conferisce unità ai dati sensibili? La podestà che esso esercita vale solo sui dati empirici o anche sulla sensibilità stessa? La sensibilità, in pratica, deve essere intesa come una facoltà che sottostà all'intelletto? E in che misura? Oppure va considerata una facoltà autonoma? Per capire se e quanta libertà abbia il tempo nei confronti delle altre capacità e facoltà è forse bene iniziare ad esaminare quelle a lui più vicine.