• Non ci sono risultati.

Alcuni autori hanno fornito degli schemi interpretativi per descrivere l’alternativa di sviluppo delle imprese ai modelli del ciclo di vita. Aldrich (1999) si riferisce alla teoria del ciclo di vita come prospettiva di “sviluppo”, cioè quando un’organizzazione si evolve pensa a sviluppare il suo potenziale. La prospettiva “evolutiva” sfida l’esistenza di fasi del ciclo di vita prevedibili e sostiene che i modelli di cambiamento organizzativo sono il risultato dell’interazione tra fattori interni ed esterni. L’approccio evolutivo considera lo sviluppo dell’organizzazione come conseguenza di alcune variazioni generate all’interno dell’organizzazione. Successivamente, vi è una selezione di alcune delle variazioni che si sono verificate, questo processo di selezione può essere interno attraverso sistemi di incentivazione e imitazione o esterno attraverso delle forze di mercato. Alcune delle variazioni selezionate vengono mantenute e duplicate attraverso meccanismi interni all’organizzazione (specializzazione, standardizzazione ecc.), o grazie a legami organizzativi, quali i movimenti dei lavoratori e l’apprendimento inter- organizzativo. Successivamente viene presentata l’alternativa degli schemi del ciclo di vita, suggeriti dai due documenti più citati nel paragrafo: Phelps, Adams & Bessant (2007) e Levie & Lichtenstein (2010). I due articoli forniscono critiche complementari sulle teorie del ciclo di vita e suggeriscono due differenti linee di base per affrontare le complessità della crescita organizzativa.

34

Phelps, Adams & Bessant, 2007

Il modello di crescita suggerito identifica sei “stati” che non sono prevedibili, lineari o di sviluppo ma dipendenti dal percorso e dalla situazione dell’impresa. Il modello si basa su alcuni dei precedenti studi (Kazanjian, 1988; Greiner, 1972), i quali sono stati integrati con le nozioni dei punti critici delle imprese (Gladwell, 2000) e con le nozioni di “capacità di assorbimento” (Cohen & Levinthal, 1990), che si riferisce alla capacità dell’azienda di riconoscere la necessità di nuove conoscenze, di acquisirle e di sfruttarle. Seguendo la prospettiva evolutiva, le imprese possono incontrare sei punti critici che possono derivare da problemi di crescita interna o cambiamenti nell’ambiente. Le imprese hanno bisogno di diverse capacità e talvolta decidono di acquisirle esternamente (per esempio attraverso consulenti), ciò suggerisce che “le imprese sono in grado di acquisire, assimilare, trasformare e applicare conoscenze per raggiungere e affrontare i problemi” (Phelps et al., 2007, p. 13). Il modello, esemplificato di seguito in figura 2, è composto da quattro “stati di apprendimento” che si riferiscono all’impegno dell’impresa per ricercare e utilizzare nuove conoscenze e sono: l’ignoranza, la consapevolezza, l’acquisizione di conoscenze e l’attuazione. In questo modo la direzione è in grado di affrontare in modo trasversale “i Punti critici”, che rappresentano i problemi che l’impresa può affrontare: la gestione del personale, l’orientamento strategico, i sistemi formalizzati, le nuove entrate sul mercato, i finanziamenti e i miglioramenti operativi. Per quanto riguarda il primo problema, gli autori suggeriscono che se la direzione è in grado di sviluppare competenze quali la comunicazione, il lavoro di squadra e l’empowerment allora l’impresa è in grado di andare verso la delega e l’assunzione di professionisti e, di conseguenza, la crescita dell’impresa non inibirà la gestione delle risorse umane. Il secondo punto critico si riferisce alla necessita di implementare una strategia più articolata e pianificata. La terza problematica riguarda il processo di formalizzazione che implica il coordinamento e il controllo. Da una parte, la formalizzazione può essere vantaggiosa per l’azienda perché consente di concentrare gli sforzi e le risorse sull’innovazione e sull’efficacia, ma dall’altro lato può scoraggiare questa innovazione quando le strutture e i sistemi diventano

35

troppo “ossificati” e l’impresa non è in grado di espandere il suo ambiente di riferimento. Le imprese dovrebbero essere in grado di bilanciare questi effetti opposti. In quarto luogo, l’impresa che entra in nuovi mercati dovrebbe sviluppare la consapevolezza delle esigenze dei clienti e sviluppare quindi competenze di marketing e vendite, che normalmente mancano nei primi periodi. Inoltre, l’impresa dovrebbe essere in grado di attirare finanziamenti attraverso una buona strategia commerciale e la gestione dei rischi, questo rappresenta il quinto “punto critico”. Infine, le imprese dovrebbero sviluppare le capacità che consentano all’impresa di attuare le migliori pratiche per migliorare la qualità, le operazioni e l’efficienza. Questa necessità può essere riconosciuta internamente attraverso l’osservazione delle lacune di produttività ad esempio, o derivare da pressioni esterne. Le nuove imprese trovano difficoltà nell’attuazione di tali pratiche a causa dei costi, asimmetrie informative, indecisioni o mancanza di motivazioni. Questo “modello di capacità” è considerato più pertinente per le piccole e giovani imprese. A differenza della prospettiva del ciclo di vita, questo modello non presuppone la linearità o la prevedibilità degli stati ma punta invece alla necessità di sviluppare le conoscenze giuste per affrontare le sfide specifiche dell’impresa.

36

Figura 2. "Il quadro di capacità di assorbimento / ribaltamento per gli stati di crescita"

Fonte: Phelps, Robert, Richard Adams, and John Bessant, 2007, p. 14

Levie & Lichtenstein, 2010

Come indicato in precedenza, Levie e Lichtenstein hanno contestato lo schema del ciclo di vita dal punto di vista teorico, la loro analisi ha poi prodotto uno schema degli stati dinamici dell’imprenditorialità. Gli autori hanno sviluppato un modello che ritiene che le organizzazioni non si evolvano attraverso un numero preciso di fasi e che l’evoluzione delle imprese non è una conseguenza di un intrinseco programma di sviluppo “genetico”. Al contrario, si basa sulle nozioni della scienza, della complessità e sul concetto di “percezione e sfruttamento” delle opportunità. Gli autori definiscono “uno stato dinamico come una rete di credenze, relazioni, sistemi e strutture che trasformano la “percezione e lo sfruttamento” delle opportunità in un valore tangibile per i clienti di un’organizzazione, generando nuove risorse che mantengono lo stato dinamico” (p.333). Infatti, il desiderio e l’aspirazione dell’imprenditore lo rendono disposto a sostenere

37

un’opportunità per creare valore in futuro, creando una solida quantità di risorse. L’impegno dell’imprenditore deriva sia dalla sua passione personale che dalla capacità di percepire e sfruttare un’opportunità di business. Normalmente lo stato dinamico tende a mantenere la sua struttura nel tempo, ma ad un certo punto le organizzazioni possono intraprendere il cambiamento generando “un nuovo ciclo di opportunità che estende la capacità potenziale delle organizzazioni riformulando gli stati dinamici” (p. 334). Allo stesso modo come prima, la transizione può dipendere da dinamiche esterne cioè ambientali come la domanda esterna e da dinamiche interne, come la variazione della capacità produttiva. Possono verificarsi due situazioni particolari quando aumenta l’interdipendenza tra l’azienda e l’ambiente: Da una parte, i cambiamenti di stato dinamico possono diventare continui in una situazione di “rinnovamento auto-organizzativo” (p.336); D’altro canto le organizzazioni possono regredire attraverso gli stati quando il mercato, ad esempio, si sta riducendo e l'imprenditore può decidere di ridimensionare l’azienda.

39

2. L’IMPATTO DELLE FASI DEL CICLO DI VITA SUL SISTEMA DI

Documenti correlati