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L’approdo al criterio della natura delle risorse impiegate nell’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 22 dicembre

PARTECIPAZIONE PUBBLICA

3. L’approdo al criterio della natura delle risorse impiegate nell’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 22 dicembre

148 Per interventi più recenti che riposano sul medesimo approccio interpretativo, v. ad

esempio, Cass., Sezioni Unite, 2 ottobre 1998, n. 9780, in Foro it., I, 1999, p. 575 e ss., ove si afferma quanto segue: «a carico degli amministratori o funzionari di enti di gestione delle partecipazioni statali, come in genere di enti pubblici economici, la giurisdizione contabile della Corte dei Conti sussiste con limitato riguardo agli atti esorbitanti dall’esercizio di attività imprenditoriale ed integranti espressione di poteri autoritativi di autorganizzazione, ovvero di funzioni pubbliche svolte in sostituzione di amministrazioni dello Stato o di enti pubblici non economici, perché, in caso contrario, non è configurabile un rapporto di servizio con lo Stato; pertanto, deve essere esclusa tale giurisdizione, ed affermata quella del giudice ordinario, nell’ipotesi di responsabilità risarcitoria di detti amministratori o funzionari per l’occultamento e l’illecita gestione di somme provenienti dalle attività di impresa delle società partecipate». Ed ancora: «il requisito della natura pubblica dell’ente doveva essere riferito agli enti pubblici non economici, poiché gli enti pubblici economici, pur perseguendo finalità di carattere pubblico, normalmente svolgono la loro attività nelle forme del diritto privato e in tale svolgimento sono soggetti alla disciplina dell’imprenditore privato», aggiungendo che «alla natura, agli scopi ed al modo di operare degli enti pubblici economici mal si addice il rigore del controllo della contabilità pubblica in senso stretto». In merito alla giurisprudenza sorta sulla base di tali orientamenti interpretativi, v.: A. ANDREANI, Saggio sulla responsabilità patrimoniale degli amministratori degli enti pubblici economici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1989, p. 16 e ss.; V. PALMIERO, Il controllo della Corte dei conti sugli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (legge 21 marzo 1958, n. 259), in Amm. e Cont., 1993, p. 69 e ss.; P. PIZZA, La responsabilità amministrativa e gli amministratori di società per azioni partecipate da enti pubblici, in Riv. giur. quadr. pubbl. serv., 2000, II, p. 123 e ss..

2003, n. 19667 sugli enti pubblici economici e la sua ambigua trasposizione nelle società a partecipazione pubblica nell’ambito della sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 febbraio 2004, n. 3899.

Nel corso degli anni, l’impostazione seguita dalla giurisprudenza non è stata oggetto di alcun significativo ripensamento e si è assestata sui principi richiamati, fino all’energica svolta segnata dall’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 22 dicembre 2003, n. 19667149.

In tale pronuncia, invero, la Suprema Corte, mutando radicalmente la posizione assunta nell’ambito dell’ordinanza n. 1282/1982, è giunta ad affermare la sussistenza della responsabilità amministrativa e la conseguente giurisdizione della Corte dei conti in un’ipotesi in cui il danno era stato prodotto nei confronti di un ente pubblico economico da un soggetto qualificato come «funzionario di fatto» dell’ente medesimo150. Collocando su un piano elettivo d’indagine

149 Sul punto, v.: G. ROSSI, Le società di partecipazione pubblica. Controlli e responsabilità, in

Serv. pubb. e app., 2006, n. 2, p. 185 e ss.; G. CORSO, P. SAVONA, Società a partecipazione pubblica, controlli e responsabilità. Un confronto europeo, ivi, p. 197 e ss.; A. BINDI e G.M. CARUSO (a cura di), Sintesi del rapporto sulle società di proprietà pubblica. Controlli e responsabilità, ivi, p. 247 e ss.; G. NAPOLITANO, Le società "pubbliche" tra vecchie e nuove tipologie, in Rivista delle società, 2005, p. 999 e ss.; M. CAMMELLI, M. DUGATO, Studi in tema di società a partecipazione pubblica, Torino, 2008.

150 La soluzione accolta appare preannunciata da Cass., Sezioni Unite, 19 gennaio 2001,

n. 11 e da Cass., Sezioni Unite, 6 giugno 2002, n. 8229, entrambe richiamate nel corpo della motivazione. In particolare, nella prima ipotesi si era dichiarata l’irrilevanza dell’utilizzo degli strumenti privatistici da parte di un ente pubblico non economico ai fini dell’individuazione della giurisdizione della Corte dei conti. Nella seconda, si rilevava che «La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della corte dei conti non è limitata alla sola attività provvedimentale, ma comprende tutti i comportamenti commissivi o omissivi, imputabili a dolo o colpa grave, dai quali sia derivato un danno per lo stato o l’ente pubblico» (Mass., 2002).

i profili qualitativi del soggetto passivo, l’impostazione indicata finisce per delimitare le due giurisdizioni in funzione della natura, pubblica o privata, delle risorse impiegate.

Le ragioni di una tale scelta vengono giustificate da un’articolata riflessione che, prendendo le mosse dall’analisi del processo di privatizzazione, ha investito profili attinenti all’evoluzione della nozione di pubblica amministrazione, al correlato incremento delle modalità operative di stampo privatistico e al mutato assetto normativo di riferimento.

Si tratta di un apparato motivazionale particolarmente ricco di spunti che, per essere inteso in tutto la sua portata, appare opportuno riportare pedissequamente nei suoi tratta essenziali.

«In anni più recenti il processo c.d. di privatizzazione ha subìto un'accelerazione, anche al fine di assicurare alla P.a. una maggiore efficienza, e ciò sotto due profili: dal lato della forma giuridica, per la quale si menziona qui esemplificativamente l'art. 15, d.l. 11.7.1992, n. 333, convertito dalla legge 8.8.1992, n. 359 (che ha disposto la trasformazione in società per azioni di enti pubblici economici quali l'Iri, l'Eni, l'Ina e l'Enel), e l'art. 113, d.lgs. 18.8.2000, n. 267, già art. 22, legge 8 giugno 1990, n. 142 il quale prevede che i servizi pubblici locali possano essere gestiti anche a mezzo di società per azioni od a responsabilità limitata).

Dal punto di vista, invece, del “modus operandi”, l'art. 11 legge 7 agosto 1990 n. 241 dispone che l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine

di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, ovvero, nei casi previsti dalla legge in sostituzione di questo; a tali accordi si applicano, se non diversamente previsto i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, in quanto compatibili (vedasi al riguardo Cass., Sez. Un., n. 9130/94); l'art. 2 comma 2, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 dispone a sua volta che, salvo eccezioni, i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II del libro IV del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa; la disciplina privatistica trova applicazione per espressa disposizione di legge speciale (art. 1, ultimo comma, legge n. 186/88), ad un ente pubblico considerato non economico, quale l'Agenzia spaziale italiana (Cass., Sezioni Unite, 19 gennaio 2001, n. 11)».

«L'evoluzione, alla quale si è fatto cenno, rende labile (…) la distinzione tra enti pubblici non economici ed enti pubblici economici, e nel contempo non del tutto coerenti i criteri di riparto di cui al consolidato orientamento giurisprudenziale».

«Stante tale innovativo quadro, può conclusivamente affermarsi (…) che l'amministrazione svolge attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall'ordinamento, persegue le proprie finalità istituzionali mediante un'attività disciplinata in tutto od in parte dal diritto privato.

Ancorché in forme privatistiche gli enti pubblici economici - soggetti pubblici per definizione e che perseguono fini del pari pubblici attraverso risorse di eguale natura - svolgono dunque anch'essi attività

amministrativa, rispetto alla quale tali forme costituiscono nient'altro che lo strumento a tali fini utilizzabile ed utilizzato».

«Il processo di privatizzazione dell'amministrazione pubblica, del quale s'è detto non ha comportato una corrispondente e normativa riduzione della sfera di competenza giurisdizionale della Corte dei conti nella materia che qui interessa; al contrario, è stata attuata dalle leggi degli anni '90, una espansione di tale sfera.

Se significativo in tal senso è anche il quinto comma dell'art. 11, della legge n. 241 del 1990 (il quale riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi procedimentali e sostitutivi, previsti dallo stesso articolo), decisiva è però la considerazione complessiva di tale evoluzione legislativa la quale evidenzia il processo di omologazione delle condotte che radicano la giurisdizione contabile, intenti di semplificazione e razionalizzazione del sistema e, appunto, il progressivo ampliamento di tale giurisdizione in materia di responsabilità, ampliamento non a caso accompagnato o seguito dal nuovo assetto strutturale della Corte dei conti di cui alla menzionata legge n. 20 del 1994.

Particolarmente rilevanti appaiono, in tale contesto, l'abrogazione, ad opera della legge n. 142 del 1990, della distinzione, ai fini del riparto di giurisdizione, tra responsabilità formale degli amministratori e dipendenti degli enti locali e generica responsabilità amministrativa (vedasi, sul punto, Cass., Sez. Un., n. 5789 del 1991), ed il superamento, introdotto dalla legge n. 20 del 1994 e successive

modifiche, della responsabilità contrattuale quale limite della giurisdizione della Corte dei conti.

L'ambito della quale, ristretto per il passato, nella materia che qui interessa, a tale responsabilità (amministrativa o contabile, quest'ultima relativa agli agenti contabili, a coloro, cioè, che hanno il maneggio di denaro o di altri valori dello Stato), investe dunque ora, anche la responsabilità extracontrattuale peraltro nei soli confronti di amministrazioni od enti pubblici diversi da quelli di appartenenza (così l'art. 1, ultimo comma, legge n. 20 del 1994 citata)».

«Data l'ampia formulazione della norma, deve ritenersi che essa faccia riferimento anche agli enti pubblici economici oltre che a quelli non economici ed alle amministrazioni: depongono in tal senso la lettera e la ratio di essa, ed il rilievo che, allorquando il legislatore ha invece inteso introdurre delle limitazioni o delle distinzioni, lo ha fatto, come nel quasi coevo art. 1, comma 2, d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29.

Se, in ordine alla giurisdizione, che continua ad essere attribuita al giudice ordinario, sulla responsabilità extracontrattuale di amministratori e dipendenti pubblici in danno di soggetti diversi da amministrazioni od enti pubblici quel che rileva, ai sensi dell'art. 2043 c.c. è che la condotta dell'agente sia contrassegnata da dolo o colpa ed abbia prodotto un danno ingiusto ad essa causalmente collegato (vedasi, da ultimo, Cass. nn. 9260/97, 1045/99 3132/01 e 3980 e 7630 del 2003), altrettanto è a dirsi per la stessa responsabilità dei medesimi soggetti in danno invece di amministrazioni ed enti diversi da quelli di appartenenza devoluta invece alla Corte dei conti.

Il “discrimen” tra le due giurisdizioni risiede infatti unicamente nella qualità del soggetto passivo e, pertanto, nella natura - pubblica o privata - delle risorse finanziarie di cui esso si avvale avendo il legislatore del 1994 inteso più incisivamente tutelare il patrimonio di amministrazioni ed enti pubblici, diversi da quelli cui appartiene il soggetto agente - e così, in definitiva, l'interesse pubblico -, con l'attribuzione della relativa giurisdizione alla Corte dei conti presso la quale (a differenza di quanto invece avviene, salvo eccezioni che qui non interessano per il giudice ordinario), è istituito il procuratore regionale abilitato a promuovere i relativi giudizi nell'interesse generale dell'ordinamento giuridico».

«Orbene, la norma innovativa di cui all'art. 1, ultimo comma, legge n. 20 del 1994 ha una sua evidente ricaduta anche in tema di responsabilità contrattuale: se, infatti, nella responsabilità extracontrattuale in danno di amministrazioni od enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, le modalità della condotta (violatrice di norme tanto di diritto pubblico che di diritto privato) del soggetto agente sono giuridicamente irrilevanti quanto alla giurisdizione, a maggior ragione esse lo sono divenute allorquando il danno sia stato cagionato alla stessa amministrazione di appartenenza, non essendo pensabile che il legislatore abbia voluto tutelare in misura meno incisiva quest'ultima.

Non a caso, del resto l'art. 1, legge n. 20 del 1994 fa riferimento al “comportamento” degli amministratori e dipendenti pubblici soggetti a giudizio di responsabilità nonché al “fatto dannoso” ed al “danno”: è, dunque l'evento verificatosi in danno di un'amministrazione pubblica il

dato essenziale dal quale scaturisce la giurisdizione contabile, e non, o non più, il quadro di riferimento (diritto pubblico o privato) nel quale si colloca la condotta produttiva del danno stesso.

Deve, pertanto, affermarsi che sono attribuiti alla Corte dei conti i giudizi di responsabilità amministrativa, per fatti commessi dopo l'entrata in vigore dell'art. 1, ultimo comma, legge n. 20 del 1994, anche nei confronti di amministratori e dipendenti di enti pubblici economici (restando invece per tali enti esclusa la responsabilità contabile, per la quale l'art. 45, r.d. n. 1214/34 dispone che la presentazione del conto costituisce l'agente dell'amministrazione in giudizio, e, dunque, presuppone l'applicabilità di norme pubblicistiche generalmente escluse, invece, per detti enti)».

«Conclusivamente: così come, con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e la legge 21 luglio 2000, n. 205, la giurisdizione amministrativa esclusiva è stata attribuita per blocchi di materia (essendo stato trasferito il criterio di riparto dal soggetto all'oggetto come queste Sezioni Unite hanno precisato con sentenza n. 40 del 2000), allo stesso modo ha, in definitiva, inteso operare il legislatore relativamente alla giurisdizione in materia di responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici, e sia pure attraverso un iter non altrettanto organico ma al fine di dare concreta e puntuale applicazione al secondo comma dell'art. 103 della Costituzione alla stregua del quale le norme ordinarie sopra indicate devono essere interpretate».

L’impostazione seguita nell’ordinanza in parola ha trovato l’avallo della successiva giurisprudenza151 che ha confermato la

giurisdizione del giudice contabile anche in presenza di un’entità strutturata in forma societaria.

È proprio quest’ultimo il caso affrontato nell’ambito della sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 febbraio 2004, n. 3899, relativo ad una società a partecipazione pubblica quasi totalitaria e deputata alla gestione di un servizio pubblico. In tale pronuncia, pur ammettendosi che nell’ipotesi esaminata sarebbero stati sufficienti i tradizionali criteri d’individuazione del rapporto di servizio152, si rinvia per relationem all’iter argomentativo seguito nell’ambito dell’ordinanza

n. 19677/2003.

L’approccio seguito nell’ordinanza n. 19667/2003 si è poi consolidato nella recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 25 maggio 2005, n. 10973, là dove è stato ribadito che sono attribuiti alla Corte dei conti i giudizi di responsabilità amministrativa per fatti commessi da amministratori e dipendenti di enti pubblici

151 Oltre alle pronunce riportate nel testo, cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 19

febbraio 2004, n. 3351 e indirettamente Corte di Cassazione, 9 giugno 2004, n. 10979.

152 In particolare, si rileva che «fermo il carattere pubblico del servizio relativo

all’impianto e all’esercizio di mercati annonari all’ingrosso di Milano, anche escludendo che la Sogemi s.p.a. agisse come longa manus del Comune e quindi in una situazione di compenetrazione organica, non può certamente negarsi che tra la suddetta società e l’ente territoriale si fosse stabilito un rapporto di servizio, ravvisabile ogni qual volta si instauri una relazione (non organica ma) funzionale caratterizzata dall’inserimento del soggetto esterno nell’iter procedimentale dell’ente pubblico come compartecipe dell’attività a fini pubblici di quest’ultimo. Rapporto di servizio che, per costante giurisprudenza, implica l’assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità per danno erariale, non rilevando in contrario la natura privatistica dell’ente affidatario e/o dello strumento contrattuale con il quale si è costituito ed attuato il rapporto in questione (ex plurimis, Cass., SS.UU., 22 gennaio 2002, n. 715)».

economici, dopo l'entrata in vigore dell'ultimo comma dell’art. 1, della legge n. 20 del 1994.

L’orientamento giurisprudenziale delle Sezioni unite ha trovato esplicite adesioni anche in numerose pronunce della Corte dei conti153.

Tra le più significative, vanno menzionate Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzo, 14 gennaio 2005, n. 67 e Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, ordinanza 9 febbraio 2005, n. 32.

Segnatamente, nella prima, la Corte dei conti ha affermato la propria giurisdizione per il giudizio nei confronti dei dipendenti di una società per azioni con dotazione di capitale pubblico derivante dalla trasformazione di un precedente Consorzio, quale la “Società Abruzzese per il Servizio Idrico”. Nella seconda, si è ritenuto sussistere il regime della responsabilità amministrativa nei confronti dei dipendenti di Enel Power, società di diritto privato interamente partecipata da Enel S.p.A.154.

153 Cfr., tra le altre: Corte dei conti, Sez. Giur. Veneto, 194/04; Corte dei conti, Sez. Giur.

Marche, n. 1137/04; Corte dei conti, Sez. Giur. Veneto, n. 67/2006.

154 È rimasto, invece, costante l’approccio interpretativo offerto per l’estensione della

responsabilità amministrativa nei confronti di soggetti privati (sia persone fisiche che giuridiche) che si trovino a qualsiasi titolo inserite nell’apparato organizzativo della pubblica amministrazione per lo svolgimento di attività amministrative in senso stretto.

L’orientamento è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 5 luglio 2004, n. 12301 ove si afferma espressamente quanto segue: «Questa forma di responsabilità si può configurare a carico di un soggetto estraneo all’amministrazione pubblica alla duplice condizione, che vi sia stato un atto di conferimento della funzione diretto a procurare un servizio o un bene all’amministrazione e che il conferimento di questa costituisca il mezzo per il raggiungimento dei fini che ad essa sono attribuiti dalla legge». Si tratta comunque di soluzioni largamente condivise sia dalla giurisprudenza della Suprema Corte che da quella della Corte dei conti, anche nel periodo anteriore al mutamento d’indirizzo interpretativo segnato dalla citata ordinanza n. 19667/2003. Al riguardo, significativa è la pronuncia della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 17 novembre 1994, n. 9751, ove si rileva che «I compiti di verifica tecnico-contabile dei

In seguito all’emersione dell’orientamento giurisprudenziale avviato con l’ordinanza 22 dicembre 2003, n. 19667 in materia di enti pubblici economici, la responsabilità amministrativa ha subìto un significativo ampliamento dei suoi orizzonti iniziali.

Nell'affermare la responsabilità amministrativa di un funzionario di fatto di un ente pubblico economico per il danno prodotto nei confronti del medesimo ente, le Sezioni Unite tracciano un nuovo

discrimen tra le due giurisdizioni: non più la natura dell'attività svolta

(imprenditoriale o meno), bensì la natura (pubblica o privata) delle risorse impiegate, e degli scopi con esse perseguiti.

In tale decisione, si rinviene in nuce una nuova configurazione della giurisdizione contabile, poi esplicitata nelle successive pronunce, in termini di giurisdizione esclusiva sul danno pubblico, sussistente in ogni caso di cattiva gestione di risorse finanziarie della collettività, indipendentemente dal fatto che tali risorse siano gestite secondo schemi di tipo pubblicistico o privatistico (oramai assunte come neutrali), ed indipendentemente dal titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta.

progetti di ricostruzione e di controllo sulla realizzazione degli interventi finanziari, assegnati alla Italtecnica Sud nell’ambito della complessa procedura per l’erogazione dei contributi pubblici di cui agli artt. 21 e 32, legge 14 marzo 1981, n. 219 (relativa alla ricostruzione delle zone danneggiate in Basilicata e Campania dal sisma del 1980), comportando un vero e proprio inserimento funzionale, ancorché temporaneo, di tale soggetto nell’apparato organizzativo della p. a., quale organo tecnico e straordinario della stessa con conseguente assunzione della veste di agente, determinano l’assoggettamento della Italtecnica Sud alla responsabilità patrimoniale verso lo stato ed alla correlata competenza giurisdizionale della corte dei conti ex art. 52, r.d. 12 luglio 1934, n. 1214». Per l’approccio offerto in ordine a tali ipotesi dalla giurisprudenza contabile, cfr. Corte dei conti, Sez. Giur. Sicilia, 30 maggio 1989, n. 94.

Il riconoscimento della soggezione degli amministratori di società pubbliche all'azione di responsabilità erariale rappresenta la naturale applicazione di questa mutata ricostruzione della giurisdizione contabile.

In questo caso, la sostanza pubblica, identificata nella proprietà pubblica del capitale sociale, opera come causa di attrazione delle figure soggettive in esame nell'ambito della giurisdizione contabile, in quanto il capitale sociale non rileva come patrimonio della società, bensì per la sua connessione con la finanza pubblica, mentre l'organizzazione societaria viene considerata come pura forma, del tutto irrilevante155.

Non stupisce dunque che, nella sentenza n. 3899 del 26 febbraio 2004, sia stata dichiarata la sottoposizione alla giurisdizione contabile degli amministratori di una società a partecipazione comunale pressoché totalitaria, incaricata della gestione di un pubblico servizio. Pur ammettendosi che nell’ipotesi esaminata sarebbero stati sufficienti i tradizionali criteri d’individuazione del rapporto di servizio156, si rinvia

155Evidenti i legami di una tale visione rispetto al processo di privatizzazione, al

sempre più frequente affidamento a soggetti privati di compiti propri della sfera pubblica, ad una nozione allargata di pubblica amministrazione fondata sull'elemento finalistico, alla neutralizzazione dello schema societario, nonché allo sviluppo di discipline a carattere misto.

156 In particolare, si rileva che «fermo il carattere pubblico del servizio relativo

all’impianto e all’esercizio di mercati annonari all’ingrosso di Milano, anche escludendo che la Sogemi s.p.a. agisse come longa manus del Comune e quindi in una situazione di compenetrazione organica, non può certamente negarsi che tra la suddetta società e l’ente territoriale si fosse stabilito un rapporto di servizio, ravvisabile ogni qual volta si instauri una relazione (non organica ma) funzionale caratterizzata dall’inserimento del soggetto esterno nell’iter procedimentale dell’ente pubblico come compartecipe dell’attività a fini pubblici di quest’ultimo. Rapporto di servizio che, per costante giurisprudenza, implica l’assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità per danno erariale, non rilevando in contrario la natura privatistica dell’ente affidatario e/o dello strumento contrattuale

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