• Non ci sono risultati.

L’azione sociale proposta dalla minoranza ai sensi all’art 2393 bis

LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ PER AZIONI NELLA DISCIPLINA

4. L’azione sociale proposta dalla minoranza ai sensi all’art 2393 bis

c.c..

L’azione sociale di cui all’art. 2393-bis c.c. rappresenta una delle maggiori novità introdotte dalla riforma del diritto societario115.

La scarsa applicazione pratica dei giudizi di responsabilità elevati a norma dell’art. 2393 c.c., prevalentemente circoscritta alle sole ipotesi

114 Anche con riferimento alla situazione preesistente all’entrata in vigore del citato

d.lgs. n. 5 del 2003, l’orientamento favorevole alla competenza del giudice del lavoro era stato ritenuto superato da Cass., 6 giugno 2003, n. 9090, in Foro it., 2004, I, p. 551 e ss.; Cass., 2 marzo 1999, n. 1726, in Foro it., 1999, I, p. 1853 e ss., in Giur. it., 1999, p. 1879 e ss., in Giust. civ., 1999, I, p. 1354 e ss., nonché in Le società, con commento favorevole di S. AMBROSINI, in quanto incompatibile con la riserva di collegialità posta dall’art. 48, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall’art. 88, della legge 26 novembre 1990, n. 353.

115 Su cui v., tra gli altri: G. OPPO, L’azione «sociale» di responsabilità promossa dalla

minoranza nelle società quotate, in Riv. dir. civ., 1998, II, p. 405 e ss.; R. RORDORF, I poteri degli azionisti di minoranza nel testo unico dei mercati finanziari, in Scritti in onore di Vincenzo Salafia, Milano, 1998, p. 141 e ss.; P. FABRIS, Sulla natura dell’azione sociale di responsabilità esercitabile da parte dei soci di minoranza nelle società quotate, in Nuova giur. civ., 1999, II, p. 349 e ss.; F.M. MUCCIARELLI, L’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori di società quotate, in Giur. comm., 2000, I, p. 59 e ss.; E. SABATELLI, Questioni in tema di legittimazione all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte della minoranza, in Banca borsa tit. cred., 2001, I, p. 88 e ss..

di cessione del pacchetto di controllo della società e di ammissione ad una procedura concorsuale, ha condotto il legislatore a rivedere l’istituto dell’azione sociale di responsabilità al fine di renderlo maggiormente fruibile ed accessibile alla generica massa dei soci.

Per la prima volta si introduce una specifica azione sociale proposta dalla minoranza dei soci ai fini dell’ottenimento della condanna degli amministratori al risarcimento del danno in favore della società.

La disciplina dell’azione è ritagliata sul solco già tracciato dall’art. 129 del T.U.F. (d.lgs. n. 58/1998) e le differenze con l’azione proposta ai sensi dell’art. 2393 c.c. non sono moltissime.

La norma, rubricata "azione sociale di responsabilità esercitata dai soci", stabilisce quanto segue: «l’azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al terzo.

Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l’azione di cui al comma precedente può essere esercitata dai soci che rappresentino un quarantesimo del capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto.

La società deve essere chiamata in giudizio e l’atto di citazione è ad essa notificato anche in persona del presidente del collegio sindacale.

I soci che intendono promuovere l’azione nominano, a maggioranza del capitale posseduto, uno o più rappresentanti comuni per l’esercizio dell’azione e per il compimento degli atti conseguenti.

In caso di accoglimento della domanda, la società rimborsa agli attori le spese del giudizio e quelle sopportate nell’accertamento dei fatti che il giudice non abbia posto a carico dei soccombenti o che non sia possibile recuperare a seguito di loro escussione.

I soci che hanno agito possono rinunciare all’azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o la transazione deve andare a vantaggio della società.

Si applica all’azione prevista dal presente articolo l’ultimo comma dell’articolo precedente».

La previsione normativa è volta a creare un meccanismo di legittimazione sostitutiva dei soci per l’esercizio dell’azione sociale di cui all’art. 2393 c.c.. In altri termini, la minoranza esercita in nome proprio, ma nell’interesse della società, la medesima azione la cui legittimazione normale spetterebbe all’assemblea.

La legittimazione attiva, nell’ambito delle società non quotate, compete alla frazione del quinto del capitale sociale o alla diversa misura prevista dallo statuto, comunque non superiore al terzo. Per le società quotate, il quantitativo è invece fissato in un quarantesimo del capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto116.

116 La prescrizione di specifici quorum ai fini della legittimazione ad agire si riconnette

con il relativo problema delle conseguenze che, dalla perdita dei requisiti di legittimazione, possono farsi ricondurre. Il problema è di maggiore evidenza, atteso che sia l’art. 2393-bis c.c. sia l’art. 129 del T.U.F. nulla dicono in proposito. Sul punto, v. L. NAZZICONE, op. loc. cit., p. 206 e G. AULETTA, op. loc. cit., p. 487, i quali sono concordi nel considerare il requisito una condizione dell’azione e non un mero presupposto processuale con la conseguenza che potrà sopraggiungere in corso di causa, ma deve comunque sussistere al momento della decisione nel merito. Alla lacuna normativa può soccorrere il richiamo all’art. 2378, relativo al procedimento di impugnazione delle delibere assembleari che al secondo comma regola il caso del venir meno delle azioni richieste, ed effettua un richiamo all’art. 111 c.p.c., per il quale il processo

Altra differenza importante attiene all’estensione della legittimazione all’esercizio dell’azione anche in capo ai titolari di categorie di azioni diverse da quelle ordinarie. L’art. 2393-bis parla, infatti, genericamente di soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale, ed anche le azioni privilegiate o altre categorie di azioni, come quelle emesse a favore dei dipendenti, concorrono alla formazione del capitale sociale e alla conseguente attribuzione della qualifica di socio. Quindi, viene riconosciuto in capo a tutti i soci, indipendentemente dalla tipologia di azioni possedute, un interesse alla correttezza della gestione ed alla reintegrazione del capitale sociale.

L’azione dà vita ad un giudizio, cui la società deve autonomamente esser chiamata a partecipare, non dissimile da quello che si svolge a seguito dell’esercizio dell’azione sociale disciplinata dal precedente art. 2393. La società assume quindi la veste di un litisconsorte necessario nella causa iniziata dalla minoranza.

prosegue tra le parti originarie. In ogni caso, M. PRESTI e G. RESCIGNO, op. loc. cit., p. 158, criticamente rilevano che “benché la tesi della condizione dell’azione abbia un maggior numero di fautori, va sottolineato che il suo accoglimento rappresenta un potente disincentivo all’esercizio dell’azione – soprattutto nel caso di investitori professionali – perché costringe l’attore ad immobilizzare per un periodo non breve le azioni corrispondenti alla soglia di legittimazione”. Sul punto, v. amplius S. AMBROSINI, Appunti in tema di amministrazione e controllo nella riforma delle società, in Società, 2003, p. 356, il quale ritiene che: «i “contrappesi” previsti dalla norma siano tutto sommato idonei, se non a scongiurare, quanto meno a limitare il rischio di azioni di disturbo: per un verso, il quorum del 20% del capitale necessario per l’esercizio dell’azione (che scende al 5% per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio); per altro verso (e direi soprattutto), il fatto che i soccombenti debbano sopportare le spese del giudizio e che il corrispettivo dell’eventuale transazione vada a vantaggio della società e non degli attori; pur non potendo escludersi, in verità, accordi “sottobanco” tra soci di maggioranza e soci di minoranza per una rinuncia all’azione che sia, in qualche modo, “remunerata”».

La società, come già detto, è l’unica titolare del diritto al risarcimento del danno dovuto dagli amministratori. Si tratta, pur sempre, di un’azione sociale di responsabilità e, conseguentemente, il risultato utile di tale azione spetta esclusivamente alla società stessa.

Lo stesso vale anche in ordine all’eventuale corrispettivo pattuito in caso di transazione. Analogamente all’azione ordinaria di responsabilità sociale, anche l’azione sociale proposta dalla minoranza è passibile di rinuncia o transazione ad opera della medesima società, purché non consti l’opposizione di soci titolari della partecipazione qualificata indicata dall’ultimo comma dell’articolo da ultimo citato. Anche i soci che hanno proposto l’azione possono rinunciarvi o transigere, ma permane l’obbligo (il cui rispetto potrebbe però non essere agevolmente verificabile) di riversare a vantaggio della società ogni corrispettivo eventualmente percepito per la rinuncia o la transazione.

5. L’azione di responsabilità promossa dai creditori sociali ai sensi

Outline

Documenti correlati