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La varietà di modelli speciali e la destinazione funzionale della società: a) le società semplicemente partecipate dai pubblici poteri; b)

le società sostitutive degli enti pubblici economici; c) le società come variabile organizzativa dell’ente pubblico non economico.

Nel ripercorrere l'evoluzione dell'impiego a fini pubblici della formula organizzativa societaria, si è visto come questa si caratterizza per una diffusione capillare con una profonda varietà dei tratti caratterizzanti che preclude una ricostruzione unitaria del fenomeno in esame.

Il compito di sistematizzazione delle «società pubbliche» si presenta assai problematico. La profonda eterogeneità che investe i profili genetici, funzionali e strutturali è sintomatica, a sua volta, di un diverso grado di attrazione delle singole società partecipate nell'orbita pubblicistica.

In un quadro ordinamentale siffatto, la società, e più precisamente la società di capitali, è stata assunta tra le possibile formule organizzative cui la pubblica amministrazione può stabilmente ricorrere per realizzare i più disparati interessi, con la conseguenza che le società pubbliche integrano una parte sempre più cospicua e rilevante nel quadro delle strutture strumentali delle pubbliche amministrazioni territoriali48.

48 La dottrina non ha tuttavia mancato di manifestare alcune perplessità rispetto a questo ricorso disinvolto dei pubblici poteri allo schema organizzativo della società. Segnatamente, è stato affermato che le esigenze di flessibilità organizzativa che sorreggono l’adozione della veste societaria risultano giustificate nel caso di soggetti destinati all’esercizio di un’attività di impresa, specie se in un contesto concorrenziale. Al contrario, rispetto agli enti che svolgono un’attività che ha per molti versi carattere

Come visto, l’attuale assetto delle partecipazioni azionarie pubbliche si caratterizza per una netta prevalenza di modelli speciali che in vario modo si sono stratificati nel corso degli anni in relazione a più o meno evidenti esigenze organizzative.

La varietà di fattispecie esistenti impone quindi di operare una preliminare distinzione che dia conto dell’eventuale esistenza di una disciplina speciale e della destinazione funzionale della stessa struttura societaria.

In quest’ottica, conformemente al percorso storico che ha caratterizzato l’utilizzazione del modello, possono individuarsi alcune società per azioni partecipate dai pubblici poteri che non presentano una connotazione pubblicistica e società per azioni che rispondono sostanzialmente al modello degli enti pubblici49.

Nel primo caso, l’utilizzazione del modello da parte dei pubblici poteri avviene senza che si rinvenga una deviazione rispetto al modello ordinario. I soggetti pubblici si limitano sostanzialmente ad esercitare le prerogative connesse all’assunzione della veste di socio e la natura pubblica del soggetto proprietario non si trasmette alla società. Questo è

amministrativo, l’assunzione della forma societaria appare avere piuttosto il senso di una fuga nel diritto privato rispetto ai vincoli pubblicistici, anche di natura costituzionale, come il reclutamento del personale dipendente tramite concorso. Cfr. G. ROSSI, Gli enti pubblici in forma societaria, cit., p. 229.

Inoltre, con particolare riferimento alle società pubbliche degli enti locali, sono stati messi in luce alcuni effetti degenerativi prodotti sul piano istituzionale. E difatti, l'uso smodato dello schema societario comporta lo sviluppo di un’amministrazione parallela e personale del Sindaco (o del Presidente della Provincia) che svilisce gli organi collegiali, trasformando per esempio i Consigli, che degli enti locali esprimono la sovranità, da sedi decisionali a sedi di conforto dell’azione del vertice dell’esecutivo locale.

49 Per la classificazione che segue, v. G. ROSSI, da ultimo in Principi di diritto

il modello che ha caratterizzato la prima fase storica, predominata dalla presenza degli enti di gestione. Tuttavia, non si tratta di un fenomeno ormai esaurito, in quanto, anche oggi, sono presenti società a partecipazione pubblica che, anche in assenza dell’intermediazione di strutture quali gli enti di gestione, possono essere considerate semplicemente partecipate da enti pubblici.

In altre ipotesi, si è fatto ricorso a tale formula per sostituire lo strumento societario a quello dell’ente pubblico economico. La soluzione è apparsa più idonea all’esercizio di funzioni che presuppongono l’utilizzazione di strumenti privatistici, ma il più delle volte si è mantenuto un trattamento speciale connesso alla natura pubblica dell’ente trasformato.

Vengono così in considerazione le società per azioni derivate dalla privatizzazione solo formale degli enti pubblici economici, rispetto alle quali il semplice mutamento della veste giuridica non ha comportato dei significativi effetti in termini di disciplina o di qualificazione giuridica in senso pubblicistico. Questo è il modello che ha caratterizzato l’evoluzione degli anni ’9050. In questi casi, si tratta di

50 La legge 8 agosto 1992, n. 359, di conversione del d.l. 11 luglio 1992, n. 332 ha

previsto una trasformazione ex lege, di enti pubblici in società per azioni dando vita ad una trasformazione coattiva dell'Iri (poi soppresso), dell'Eni, dell'Enel e dell'Ina. Il medesimo testo normativo ha inoltre previsto un’ipotesi di trasformazione coattiva di fonte amministrativa, attribuendo al CIPE il potere di trasformare in società per azioni ulteriori enti pubblici economici, indipendentemente dal loro settore di attività e previa comunicazione alle Camere (art. 18). In forza di delibere ad hoc del CIPE è stata così attuata la privatizzazione formale dell'Ente Ferrovie dello Stato - FS (delibera CIPE 12 agosto 1992) e dell'Ente Poste Italiane (delibera CIPE 18 dicembre 1997).La trasformazione in società per azioni di numerosi enti pubblici economici, cui ha fatto seguito la soppressione del Ministero delle partecipazioni statali, non ha comportato la privatizzazione sostanziale di una parte di questi enti, in quanto, lo stato ha comunque conservato quantomeno la partecipazione di controllo delle più importanti società

società per azioni equivalenti alla formula dell’ente pubblico economico che, pur svolgendo attività di impresa, continua ad essere destinatario di una disciplina speciale e derogatoria rispetto al diritto comune delle società di capitali che dovrebbe applicarsi solo in quanto compatibile con le disposizioni speciali. Conformemente al carattere di impresa, la disciplina comune dovrebbe trovare applicazione tutte le volte che non sia espressamente esclusa o che venga invocata l’applicazione di una normativa speciale: i tratti pubblicistici devono essere tassativamente quelli previsti dalla legge51.

Altre volte, lo strumento societario viene utilizzato come variabile organizzativa dell’ente pubblico non economico a cui si ricorre per la cura dei più disparati interessi. Sempre più spesso si assiste alla istituzione ex novo, mediante provvedimenti legislativi, di società per azioni in mano pubblica che si caratterizzano per lo svolgimento di attività strumentali ad altre amministrazioni pubbliche (in primo luogo

risultanti da processi di privatizzazione e la privatizzazione sostanziale talvolta è stata addirittura esclusa per legge (come si verifica, ad esempio, per Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., per la quale l’art. 5, comma 2, d.l. n. 269/2003, prevede che la partecipazione al capitale di ulteriori soggetti rispetto allo Stato, tanto pubblici che privati, sia limitata a quote di minoranza). Mentre la quasi totalità della dottrina qualificava senza dubbio in termini privatistici le società per azioni di qualsiasi tipo, ed erano poche e isolate le voci in senso contrario (G. ROSSI, Gli enti pubblici, cit., p. 170), la Corte Costituzionale, 28 dicembre 1993, n. 466, con riferimento alle società derivate dalla privatizzazione formale degli ex enti pubblici economici, ha affermato il principio per cui il solo mutamento della veste giuridica non è sufficiente ad escludere il controllo della Corte dei conti sulle società ex art. 12, legge 259/58, se ad esso non fa seguito, in virtù di un’effettiva dismissione della maggioranza delle quote azionarie, una modifica nell’imputazione del patrimonio-capitale sociale, tale da sottrarre la gestione finanziaria degli enti trasformati alla disponibilità dello Stato. La Corte ha definito di “diritto speciale” le società connotate da significativi tratti pubblicistici e ha quindi riportato la problematica dal piano esclusivamente formale a quello sostanziale. Lo stesso orientamento è stato adottato dal giudice amministrativo.

lo Stato), assai raramente implicanti l’esercizio di un’impresa in senso proprio52. Sono questi i casi in cui l’adozione del modello societario si

presenta più problematica in ragione della distanza con lo scopo iniziale.

Si tratta di un fenomeno che, con alterne vicende, si è sviluppato soprattutto negli ultimi anni, creando non pochi problemi in ordine all’individuazione della disciplina concretamente applicabile a tali strutture. Gran parte di essa trova già una compiuta indicazione nelle norme speciali da cui è possibile desumere il carattere pubblicistico dell’attività posta in essere. Più problematica è la questione relativa all’applicabilità o meno della residua disciplina del diritto comune. L’applicazione della disciplina pubblicistica, in questi casi, dovrebbe apparire necessitata dalla realtà sostanziale che viene incorporata nella struttura societaria. Questi enti pubblici non economici in forma societaria dovrebbero essere sottoposti al diritto speciale per ogni aspetto che riguarda la vita dell’ente, e l’applicazione della normativa sulle società per azioni, nell’assetto complessivo dello statuto dell’ente, assumerebbe un valore puramente residuale.

Come si vedrà meglio in seguito, non sempre queste distinzioni sono state poste alla base di un trattamento differenziato delle società.

52 Si tratta di soggetti, peraltro in continua evoluzione, che operano prevalentemente o

esclusivamente fuori dal mercato e talvolta titolari di pubbliche funzioni. Il numero di società destinate a svolgere anche attività diverse rispetto a quella d'impresa è sempre maggiore. Questo è il caso di Age Control S.p.A., della Consap (1992), della Consip (1997), di Italia Lavoro (1997), di Sviluppo Italia (1999), di Mefop (1999), di Arcus (2004). Solo tra il 1999 ed il 2003 sono state poi istituite, sulla base di specifiche disposizioni di legge, società di assoluta rilevanza, come Patrimonio dello Stato, Infrastrutture, Coni Servizi, GRTN, Gestore del Mercato, Acquirente Unico, Sogin, le quali si vanno ad aggiungere a società risultanti da processi di privatizzazione di preesistenti enti pubblici, quali Eur, Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Anas.

Solo negli ultimi anni, per effetto di un’evoluzione, peraltro non perfettamente coerente, la giurisprudenza si è attestata sull’analisi dell’effettiva realtà sostanziale delle società che viene addotta, proprio nell’ambito della responsabilità amministrativa, come criterio per delimitarne la portata.

4. Modello organizzativo e regole di responsabilità fra interesse

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