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La responsabilità per l’attività di «direzione e coordinamento di società».

LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ PER AZIONI NELLA DISCIPLINA

7. La responsabilità per l’attività di «direzione e coordinamento di società».

La disciplina introdotta dagli artt. 2497 e ss. c.c. introduce particolari meccanismi di responsabilità per le eventualità in cui la società sia soggetta ad attività di «direzione e coordinamento» da parte di altra società o ente134.

133 Come è stato opportunamente rilevato da G. PRESTI e M. RESCIGNO, op. cit., p. 159, in

ipotesi come questa «la società non ne ha alcun danno, anzi gode di un vantaggio poiché aumentano le risorse a sua disposizione; il danno è subito direttamente dal terzo che, se avesse conosciuto la reale situazione, non avrebbe sottoscritto le azioni o accordato il prestito». Per un’ulteriore casistica, cfr.: L. NAZZICONE, op. cit., p. 217; F. BONELLI, Gli amministratori di società per azioni, cit., p. 283 e ss.. In giurisprudenza, v. Cass., 17 novembre 1982, n. 6154, in Giur. comm., 1983, II, p. 873 e ss. e Cass., 26 febbraio 1982, n. 1222, in Dir. fall., 1982, II, p. 578 e ss..

134 Ancorché la formula dell’ «attività di direzione e coordinamento di società» appaia

mutuata dall’ordinamento settoriale del credito, il legislatore, nell’adottarla non ne ha fornito alcun apporto di carattere definitorio. L’esercizio dell’attività di direzione e

Si tratta di una forma di responsabilità che non riguarda direttamente gli amministratori, ma si riferisce ai soci della controllante nei confronti dei pregiudizi patiti dai soci ed i creditori sociali della controllata135.

L’art. 2497 c.c. stabilisce che «le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione

coordinamento da parte della capogruppo era in effetti già previsto dall’art. 61 del d.lgs. 385/93, che configurava l’esistenza di potere-dovere di emanare direttive ai fini della stabilità del gruppo. Tuttavia le esperienze ermeneutiche utilizzabili risultano circoscritte al gruppo bancario, rispetto al quale, peraltro, la fattispecie viene perlopiù solo richiamata, e non definita. Infatti, essendo prevista a garanzia di un’efficace azione di vigilanza su tutte le componenti del gruppo creditizio, tale attività, nella sostanza, si esplica in relazione all’esecuzione delle istruzioni impartite dalla Banca d’Italia nell’interesse della stabilità del gruppo, nell’ambito del quale non sembra agevole rintracciare qualche appiglio interpretativo d’ordine generale, utile per dare concreto contenuto alla nozione stessa. Sul punto, cfr. P. FERRO-LUZZI e P. MARCHETTI, Riflessioni sul gruppo creditizio, in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, n. 31, 1993, p. 33 ss.. Gli Autori appaiono propensi a estendere la disciplina del gruppo bancario al di là dello specifico settore di riferimento. In particolare si ritiene che l’art. 61 del T.U.B., non farebbe altro che riconoscere l’attività di direzione e coordinamento di società come una naturale estrinsecazione del controllo, dalla quale conseguirebbe il dovere di collaborazione degli amministratori della controllata. Conseguentemente i principi formulati con riferimento al settore bancario sarebbero destinati ad assurgere a parametri di riferimento di carattere generale. Contra, M. PERASSI, Gruppi societari e bancari. Brevi riflessioni sui progetti di riforma del diritto societario, disponibile sul sito internet www.associazionepreite.it; G. SCOGNAMIGLIO, Autonomia e coordinamento nella disciplina dei gruppi di società, Torino, 1996; EAD., Gruppi bancari e non: legge e autonomia privata nella configurazione del modello organizzativo, in Riv. dir. comm, 1999, p. 704; F. VELLA, Le società holding, Milano, 1993, p. 209 ss..

135 Come rilevato da R. BERNABAI, Profili processuali delle azioni di responsabilità, cit., p.

227, la legittimazione passiva dell’azione spetta alla «società, o all’ente, che esercita attività di direzione e coordinamento, quale autore mediato del fatto dannoso, formalmente attribuibile all’amministratore della società controllata».

sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società».

La norma, che introduce un’azione a tutela dei soci e dei creditori di una società sottoposta all’attività di direzione e coordinamento, regola gli effetti della violazione del principio di corretta gestione da parte degli amministratori della società controllante, quando la gestione di questa e quella della società controllata siano soggette ad attività di direzione e coordinamento136.

La responsabilità ha natura extracontrattuale, in quanto il rapporto contrattuale del socio può rinvenirsi solo con la società di appartenenza, non nei confronti della capogruppo.

Secondo la dottrina, la norma si pone come eccezionale rispetto all’art. 2395 c.c., legittimando all’azione i singoli soci per tenere conto della situazione dei gruppi, «ove la società controllata per definizione è prona al controllo, consentendo quindi ai soci esterni di agire giudizialmente per la perdita di valore della loro partecipazione»137.

Occorre inoltre rilevare che, ai sensi dell’art. 2497-ter c.c. «le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa influenzate devono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione».

La norma, quindi, ammettendo la trasposizione all’interno degli organi amministrativi della controllata delle decisioni assunte da quelli

136 Così, V. SALAFIA, La responsabilità della holding verso i soci di minoranza delle controllate,

in Le Società, n. 1/2004, p. 5.

della controllante, al contempo si esige che gli interessi, che abbiano sotteso l’adozione della decisione, siano analiticamente indicati.

La finalità della norma è quella di agevolare il sindacato sulla loro rispondenza ad un interesse di gruppo che, in quanto tale, risulta essere riferibile anche alla controllata, e non ascrivibile unicamente alla sfera della controllante o di altra società del gruppo, pena l’annullabilità della deliberazione138.

Riferimenti allusivi all’interesse di gruppo si rinvengono anche nel primo comma dell’art. 2497 c.c., che in particolare esclude la responsabilità della controllante per la lesione dei diritti dei soci esterni e dei creditori della controllata «quando il danno risulta mancante alla luce

del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette». Il risultato

complessivo dell’attività di direzione e coordinamento è da intendersi nella realizzazione dell’interesse di gruppo, in quanto le società, o gli enti che esercitano tale attività, possono agire perseguendo un «interesse

imprenditoriale proprio o altrui», ossia, ai fini della realizzazione di un

interesse che non è quello della singola società controllata, purché ciò avvenga nel rispetto dei principi di corretta gestione, che legittimano l’adozione di una politica di gruppo.

Si tratta della c.d. teoria dei vantaggi compensativi139, che ha

contribuito al riconoscimento giuridico al fenomeno dei gruppi di

138 Cfr. F. GALGANO, Il nuovo diritto societario, cit..

139 Sul punto è emblematica l’ampiezza e la vastità dei contributi, in quanto il tema

costituisce il «campo problematico» (P. SPADA, op. ult. cit.) che più di tutti ha sollecitato la dottrina nell’esame del fenomeno dei gruppi, al punto che ogni autore che se ne è trovato a parlare non si è potuto esimere da una sua trattazione. Fra i molti, cfr.: A. MIGNOLI, Interesse di gruppo e società a sovranità limitata, in Contratto e impresa, 1986, p.

imprese come «organizzazione unitariamente considerata»140. Ciò

implica che, pur restando unitaria, in quanto tesa all’unificazione dell’attività delle varie imprese del gruppo in funzione del c.d. interesse

di gruppo, l’attività di direzione dovrà nel contempo essere coordinata,

ovvero non si dovrà fondare sulla sistematica prevaricazione dell’interesse di alcuni su quello di altri.

Per effetto dell’adozione di una tale impostazione, come chiarito nella Relazione della legge delega, che peraltro accoglie le formulazioni anteriormente coniate da dottrina e giurisprudenza, la lesione degli interessi dei soci dovrà essere dimostrata “valutando l’interesse sociale non solo con riferimento ad una operazione isolatamente considerata, ma con riferimento al quadro generale, di gruppo appunto, nel quale si svolge l’impresa sociale”.

723 e ss.; P. MONTALENTI, Conflitto di interesse e teoria dei vantaggi compensativi, in Giur. comm., 1995, I, p. 710 e ss..

140 Testualmente,A. NIUTTA, La novella del codice civile in materia societaria: luci ed ombre

della disciplina sui gruppi di società, in Riv. dir. comm, 2003, I, pp. 374-381. A sostegno dell’esistenza di una diversificazione non solo nominalistica tra le due formule, viene addotto il dato inerente alla conservazione della vecchia terminologia nella nuova legge sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (d.lgs. n. 270/99), che, sebbene posteriore all’introduzione del T.U.B., ha preferito riferirsi alla «direzione comune», piuttosto che alla formula «direzione e coordinamento di società».

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