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ADESIONE ALLA SOCIETA', RILIEVO REALE DELL'ATTO COSTITUTIVO E CONSENSO ALLA CLAUSOLA

9. Il mito dell'arbitrato obbligatorio

Nei paragrafi precedenti si è visto come la natura del socio investitore di public company, generalmente inconsapevole del contenuto dei documenti sociali, abbia fatto dubitare che lo stesso possa prestare un consapevole ed adeguato consenso alla clausola compromissoria statutaria e sono stati, inoltre, esposti i numerosi dubbi di legittimità costituzionale sollevati in relazione alle disposizioni dettate dalla riforma in tema di efficacia soggettiva della clausola compromissoria.

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Entrambi i temi affondano le proprie radici nel medesimo principio consensualistico dell’arbitrato. In particolare, le tesi esposte in tema di esclusione del socio investitore ed i dubbi sulla legittimità costituzionale dell’art. 34 sembrano trarre origine dal medesimo timore ovvero che l’efficacia automatica della clausola compromissoria nei confronti di coloro i quali, a vario titolo, partecipano alla vita sociale importi limitazioni alla volontà dei compromettenti di derogare all'autorità giudiziaria ordinaria e integri, pertanto, una ipotesi di arbitrato obbligatorio, come tale vietato per legge.324

Il fondamento volontaristico dell'arbitrato costituisce un caposaldo della giurisprudenza e della prevalente dottrina, ai fini dell'ammissibilità di tale istituto alla stregua dei principi costituzionali.

L'ordinamento conferisce alle parti, nell'esercizio della loro autonomia privata, il potere di sottrarsi volontariamente al giudizio del giudice statale, prerogativa dello Stato, ma non tollera che la possibilità delle parti di tutelare i propri diritti innanzi ai giudici dello Stato, con le garanzie relative, sia preclusa per legge. I precetti costituzionali si ritengono quindi violati allorché la disposizione di legge (e non necessariamente ordinaria) sottragga la controversia al suo giudice naturale ovvero escluda la giurisdizione statale.325

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Si è visto come il medesimo tema sia stato posto in seno all’ordinamento statunitense. Sintomaticamente, diversi autori sono soliti fare riferimento - in modo fuorviante ed erroneo - all'arbitrato endosocietario in materia di società aperte come ad un rimedio obbligatorio ("mandatory"). L’erroneità emerge dal fatto che (anche) nell'ordinamento statunitense un arbitrato previsto dalla legge ed imposto le parti a prescindere dal consenso che queste vi prestino ("an arbitration that is compelled by law regardless of consent"). Vedi paragrafo 4 del capitolo II.

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Vedi Consiglio di Stato, sezione IV, 17 ottobre 2003, n. 6335 in Foro

it., 2004, III, 73, secondo la quale "deve ritenersi… che l'arbitrato è tale che per la scelta di esso compiuta dalle parti in luogo di rimedi ordinari che la scelta degli

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In mancanza del consenso al vincolo compromissorio, si determina, infatti, una fattispecie di arbitrato obbligatorio, illegittima per contrasto con gli artt. 24, 25 e 102 della Costituzione.326 Dall'art. 24 della Costituzione, infatti, discende che l'esclusione del normale esercizio dell'azione davanti ai giudici dello Stato può derivare solo da un atto volontario del titolare del diritto di agire, e non da una disposizione di legge. L'art. 25, poi, prevedendo che "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge", offre copertura costituzionale al principio stabilito dall'art. 806 c.p.c. per cui l'arbitrato può trovare fondamento solo in un atto di volontà delle parti.

La Corte Costituzionale, fin dalla sentenza n. 127 del 1977,327 osservava che, poiché la Costituzione garantisce ad ogni soggetto il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, “il fondamento di qualsiasi arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta delle parti: perché solo la scelta dei soggetti (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all'art. 24, comma primo, Cost.) può derogare al precetto contenuto nell'art. 102, comma

arbitri fatta liberamente dalle parti stesse, tanto che, se i componenti di un collegio siano designati con criteri diversi da quelli della libera scelta delle parti, si tratterebbe di un vero e proprio organo di giurisdizione speciale (come tale, illegittimo)". Inoltre la corte costituzionale ha riconosciuto che sono "irrilevanti profili relativi sia al regime del lodo sia alla composizione del collegio: purché a ciascuna delle parti sia assicurata la libertà di sottrarsi all'arbitrato previsto dalla legge o da una fonte e però non ma,…, in quanto la garanzia costituzionale attiene alla libertà di scelta dello strumento dell'arbitrato e non già che sia assicurata tale consapevole e libera scelta, a peculiari modalità di svolgimento dell'arbitrato stesso" (Corte Cost., 8 giugno 2005, 221, in Riv. Giur. Ed., 2005, I,

1043. 326

V. BRIGUGLIO, Gli arbitrati obbligatori, 88 ss.; CARLEO, Le vicende

soggettive, 8 ss. ed ID., La successione nel rapporto compromissorio, in

L'arbitrato-profili sostanziali a cura di ALPA, Torino, 1999, 677.

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primo, Cost. sì che la fonte dell’arbitrato non può più ricercarsi e porsi in una legge ordinaria o, più generalmente, in una volontà autoritativa; ed il principio fissato nell’art. 806, 1° comma (prima parte), c.p.c. (“le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra loro insorte...”) assume il carattere di principio generale, costituzionalmente garantito, dell’intero ordinamento”.

Ora, nel caso dell’arbitrato societario, come si è visto, la scelta del procedimento arbitrale ha natura esclusivamente convenzionale, non derivando essa da alcuna disposizione legislativa, regolamentare o da altro provvedimento generale od autoritativo: il vincolo compromissorio non è imposto dalla fonte autoritativa esterna della legge ma discende dalla volontà delle parti di aderire alla società.

Nel caso delle clausole compromissorie statutarie, la circostanza per cui non è richiesto il consenso di tutti gli aderenti al contratto sociale (o meglio ai partecipanti alla vita sociale) discende direttamente dalla natura e dal rilievo (reale) che le regole organizzative spiegano nei confronti di tutti i soci (e dei terzi), con la conseguenza che l’adesione alla società implica adesione a tutte le regole di funzionamento che la società si è data in vista del raggiungimento dello scopo sociale.

Con particolare riguardo all’art. 34, si è detto come questa disposizione non solo non impone l’effetto di obbligare alla devoluzione della competenza sulle controversie agli arbitri in mancanza del necessario consenso ma si limita a confermare un effetto (la vincolatività della clausola compromissoria) che già sarebbe prodotto in ragione del generale rilievo reale riconosciuto dal nostro ordinamento alle regole organizzative di società.

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In conclusione, dunque, l'arbitrato societario non presenta alcun carattere di obbligatorietà poiché la devoluzione delle controversie agli arbitri discende esclusivamente dalla volontà dei partecipanti di partecipare all'attività comune, nel pieno rispetto dell'autonomia privata, e nulla vieta che, sulla base dei medesimi principi sia, in una prospettiva de jure condendo, consentito l’uso di tale arbitrato alle società con azionariato diffuso.

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