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3. PRECEDENTI COSTRUTTIVI

3.5 Innovazioni etrusche

3.5.3 Arco e volta

Ai fini dello studio intrapreso, giova ricordare gli etruschi anche perché furono i costruttori dei primi archi della storia. Infatti, nelle porte delle città etrusche si ritrovano i primi esempi dell’antichità di arco e di volta a botte circolare, in pietra da taglio. In essi, si può riscontrare una grande maestria nel taglio dei conci, che

Figura 3.29: tomba a pseudovolta, Casale Marittimo, VII sec a.C.

presentavano il medesimo spessore in tutti i punti e nelle facce di giunto, che erano tagliate secondo la direzione del raggio di cerchio direttore della volta. Esempio sublime di tali porte, coperte a volta circolare a cunei, è l’Arco di Volterra, risalente al IV secolo ed annoverato come uno dei primi esempi di arco reale in Italia (figura 3.31). L’arco, molto diverso dallo pseudoarco dal punto di vista costruttivo e statico, veniva realizzato con conci in pietra o in mattoni a forma di cuneo, con lati superiore ed inferiore curveggianti, disposti radialmente. A Volterra, i pilastri sono in pietra arenaria e la sequenza dei grossi conci, in pietra sgrossata e collegati senza calce, è interrotta da tre teste sporgenti agli appoggi e al vertice, che si distaccano anche per la differenza di colore del peperino scuro.

L’arco venne usato dagli etruschi come componente essenziale di un’apertura in altri due casi: quello della Porta Marzia e la Porta di Augusto a Perugia (figura 3.32); i romani lo adottarono poi sistematicamente, cosicché la loro architettura si può definire curvilinea a differenza di quella greca, indicata come rettilinea.

Figura 3.30: schema di arco (Adorno, 1986)

Figura 3.31: Arco di Volterra, IV sec. a.C.

(Adorno, 1986)

Derivati dai tipi architettonici di pseudoarco e di pseudovolta delle civiltà pelasgiche e pre-elleniche (tholos micenea), l’arco a sesto circolare e la volta a

botte (di cui un esempio è riportato in figura 3.33)

quindi, si trovavano nella loro forma strutturale completa già nell’architettura etrusca, dove vennero utilizzati grandemente negli edifici civili e sacri. Da ricordare che il tipo di volta usato dagli etruschi fu quello a botte e forse era anche l’unico da essi conosciuto.

Analogamente agli altri caratteri peculiari della civiltà etrusca, anche tali sistemi architettonici furono ereditati dai romani che li usarono nella costruzione dei loro edifici e li trasformarono anche, dando origine a forme di volta composte, come per esempio la volta a crociera.

La diffusione dell’arco e della volta a cunei avvenne nelle regioni dove vi era grande disponibilità di pietra naturale e di legname. Con il legno infatti si realizzavano le centine necessarie alla loro costruzione.

3.5.3.1 Origini del sistema spingente

Nonostante quelli etruschi siano tra i più antichi esemplari di schema strutturale spingente, ne esistono degli altri ancora precedenti. Infatti, l’arco era stato già usato secoli prima dagli egizi, assiri e babilonesi e per questo si dice che la sua origine sia orientale. Si ipotizza che i Focei dell’Asia Minore, fondata Elea nel VI secolo a.C., in Magna Grecia, importarono l’arco in Italia e realizzarono le porte della città. L’unica pervenuta, è la Porta Rosa, scoperta fra il 1964 e il 1971, e riportata nella foto di figura 3.34. I conci, che non sono

Figura 3.33: volta a botte etrusca

Figura 3.34: Porta Rosa, Elea, 350 a.C. (Adorno, 1986)

collegati da calce, presentano un taglio nitido e regolare che contribuisce alla perfezione della struttura. È da notare che questa porta fu costruita secondo misure perfettamente calcolabili, il cui modulo è dato dalla larghezza (pari a 2,68 metri) che è la metà dell’altezza totale e così due circonferenze si possono inscrivere perfettamente nella luce dell’arco.

Un’opinione in forte polemica con gli studiosi che, nel corso degli anni, hanno cercato di scoprire quale fosse stato il primo arco della storia, è quella di Gerard Rohlfs. Nel suo testo, intitolato “Primitive costruzioni a cupola”, afferma che le prime costruzioni con copertura a pseudocupola nacquero poiché tale struttura era l’unica soluzione a poter essere realizzata, per il livello di tecnologia di allora e con i materiali disponibili che, avendo forma di parallelepipedo, erano facilmente sfaldabili secondo piani. Infatti, egli sostiene che:- La forma a tholos è l’unica praticabile e questo starebbe a giustificazione del fatto che popoli arretrati usavano, ancora alla fine XIX secolo, tali tecniche-. (Rohlfs, 1963). Secondo la sua idea, non ha nemmeno senso affaticarsi per cercare di conferire la paternità nell’uso di tali tecniche ad una delle tante antiche civiltà:- vorrei illuminare il ricorrere sparso e diffuso delle costruzioni in pietra col ricordare che certe antichissime forme di aratri in legno si sono conservate in una conformità sorprendente in paesi europei lontanissimi l’uno dall’altro, senza che si debbano ammettere dell’influenze dell’uno o dell’altro paese. Così come aratri in legno vengono fabbricati ancora tutt’oggi presso molti popoli, anche le costruzioni a cupola in pietra sono reminiscenze di un tipo di costruzione senza tempo, ma antichissimo, che è rimasto vivo e che si è potuto rinnovare là dove sussistevano particolari condizioni locali-. (Rohlfs, 1963). Tale concezione cerca di dare una risposta al problema dell’origine delle tecniche costruttive che, sorprendentemente, si riscontrano già in una fase avanzata in epoche antiche, durante le quali si pensa erroneamente non potessero essere così sviluppate. Concordemente, nella prefazione al saggio L’Arte dell’Occidente di Henry Focillon, Emil Bony sostiene:- La tecnica non può essere riassunta in libri di testo e manuali. Essa è una scoperta perpetua; […] considerando la tecnica come un processo e cercando di ricostruirla come tale, abbiamo la probabilità di superare i fenomeni esteriori e di afferrare le relazioni profonde […]-. (Bony, 1965)