3. PRECEDENTI COSTRUTTIVI
3.1 L’architettura egizia
3.1.5 La piramide di Chèope
Si deve al figlio di Snefru, Chèope (2551-2528 a.C.) e ai suoi successori, Chèfren (2520-2494 a.C.) e Macerino (2490-2472 a.C.), l’erezione delle tre grandi piramidi di Ghiza, che sono sempre state oggetto di stupore da parte dei visitatori e che, ad oggi, sono il simbolo dell’Egitto antico.
La piramide di Chèope, la più antica e la più grande delle tre, fu il prototipo per le altre e si può affermare che costituisca l’apice dell’architettura megalitica, da tempo diffusa in varie zone del bacino Mediterraneo. È considerata la prima e la più immensa tra le Sette Meraviglie del Mondo Antico ed è l’unica sopravvissuta fino all’epoca attuale.
Erodoto nel V secolo a.C. scrisse: “ Chèope ha lasciato un’opera colossale, la sua
piramide”.
In effetti, è un monumento enorme, costituito da 2300000 blocchi del peso medio tra le 2 e le 15 tonnellate, e capace di contenere sei volta la Basilica di San Pietro. Sebbene oggi le sue superfici si presentino scabre e irregolari, a causa dell’asportazione del rivestimento esterno, avvenuto durante il Medioevo, risulta caratterizzata da un’assoluta perfezione geometrica. La sua altezza originaria era di 146,59 metri (ora 137 m) e il lato della base quadrangolare era pari a 232 metri (attualmente 230 m). Con tali misure, ogni faccia triangolare era alta 186 metri, dalla base al vertice.
A conferma della perfetta misurazione costruttiva degli egizi, si nota che l’altezza è pari al perimetro di base diviso 2 , con uno scarto di soli 24 centimetri, irrisorio in relazione alle dimensioni in gioco e al fatto che non si conosce esattamente il metodo di misurazione adottato dagli antichi egizi. Si sa però, grazie al papiro
Rhind del 1650 a.C., che quello che si chiama esisteva già ed aveva il valore di 3.16, infatti: m L h 146,83 16 , 3 2 232 4 2 4 m m m 146,59 0,24 83 , 146
Per la sua costruzione vennero usati due tipi di pietra: calcare e granito, mentre per il rivestimento esterno è stata adottata un particolare tipo di pietra riflettente, chiamata calcare di Tura. Studi recenti hanno dimostrato che, se tale pietra fosse ancora presente, al sorgere del sole la piramide potrebbe essere vista dalla Luna. I 100000 uomini impiegati, ci misero 20 anni a costruire la grandiosa piramide, lavorando con un perfetto e programmato sincronismo tra:
le cave: dove i materiali venivano estratti dalla pietra, lavorati e squadrati; il Nilo: grazie al quale veniva trasportato il materiale specialmente durante le piene;
il cantiere: in cui un corpo stabile di operai lavorava, alloggiando ai piedi della piramide.
Ancora non si sa con certezza quali tecniche venivano usate per innalzare ad altezze vertiginose, almeno per allora, i blocchi litici necessari alla costruzione. Il peso dei macigni da sollevare era talmente elevato che se fossero stati utilizzati argani e leve, questi macchinari avrebbero dovuto avere dimensioni maggiori della piramide stessa. Una delle teorie più accreditate e stupefacenti a proposito, è quella proposta dall’ingegnere Pincherle secondo cui, gli enormi massi venivano fatti salire su piani inclinati sfruttando, come scrisse Erodoto:- la dilatazione di un infinito numero di tronchi bagnati-. Il piano inclinato era costituito dalla rampa della grande galleria, sulle cui due lisce e lunghissime banchine poteva scorrere la slitta, costituita dai legni corti che sostenevano e facevano scorrere verso l’alto gli enormi monoliti. Si pensa quindi che gli egizi preparassero tronchi segati a forma di cubo, con lato di circa un metro, e ne mettessero 50 in fila con le fibre legnose in senso trasversale. Dopo averli bagnati, la lunghissima fila si allungava
di più di un metro, cioè le dilatazioni di tutti gli elementi si sommavano e l’allungamento finale poteva essere utilizzato per far salire il materiale, come in una scala mobile.
Dal punto di vista costruttivo, si riscontra una forte analogia nell’organizzazione del cantiere con quella propria di un cantiere navale: la fabbricazione del colossale edificio avrebbe seguito le modalità necessarie ad assemblare una grande imbarcazione con la chiglia rovesciata. Non a caso, ai piedi della piramide è stata scoperta nel 1954 una grande barca, probabilmente la barca solare, che doveva servire al re per il suo viaggio ultraterreno.
Come per le altre piramidi, anche per quella di Chèope, le fasi che si seguivano per la realizzazione furono le seguenti:
1. ricerca di un solido terreno roccioso, spesso situato sulla riva occidentale del Nilo;
2. allineamento del sito secondo i punti cardinali;
3. spianato il perimetro, posa del primo strato di pietre con funzione di fondazione;
4. costruzione di una piramide a gradini, costituita da un nucleo centrale sostenuto da una serie di contrafforti;
5. innalzamento della struttura, sostenuta da un numero crescente di contrafforti,
6. raggiunta l’altezza definitiva, posa dei blocchi di riempimento per conferire forma piramidale,
7. posa del rivestimento esterno, a partire dalla base,
8. rifinitura del rivestimento per rendere liscia la superficie esterna.
A differenza della mastaba, le piramidi non presentavano camere sepolcrali interrate e le principali erano contenute all’interno della stessa piramide, a cui si accedeva tramite lunghi e stretti corridoi. Per esempio, la stanza che accoglieva le spoglie del faraone era posta al centro della struttura e quindi su di essa gravava il peso di gran parte del monumento. Gli architetti del tempo furono tra i primi nella storia a realizzare ambienti voltati, adottando dispositivi come pseudoarchi di
scarico, oltre che tetti a V rovesciata, per assorbire l’immenso peso che sollecitava il soffitto della stanza vuota.
La sezione verticale, di seguito riportata in figura 3.9, mostra come nella struttura interna della piramide di Cheope vennero realizzati gli scivoli necessari per fare salire gli enormi blocchi di pietra a grande altezza: la grande galleria e le camere di scarico erano i dispositivi usati durante la costruzione per elevare i blocchi di maggiore mole. In particolare, la grande galleria è alta 8,5 e lunga 47 metri, chiusa con un soffitto a modiglioni con 36 blocchi di granito.
Le cavità interne all’edificio erano dovute alle esigenze costruttive di alleggerire l’enorme peso gravante sulla camera funeraria e di eliminare la maggior parte dei materiali di risulta quindi non, come spesso si pensa erroneamente, per custodire tesori o segreti. Erano predisposte anche delle lunghe bocche di aerazione che collegavano la camera del faraone all’esterno.
1. Entrata
2. Corridoio discendente 3. Camera incompiuta 4. Camera della regina 5. Camere di scarico 6. Camera del faraone 7. Grande galleria
Come si vede in figura, al termine della grande galleria vi è un corridoio con il quale si accede alla camera del faraone, chiamata anche“il centro del mondo”. Essa è alta 6, lunga 5,2, e larga 10 metri, e al suo interno è ancora posizionato il sarcofago monolitico in granito che doveva contenere le spoglie di Cheope. Siccome tale sarcofago è più largo di alcuni centimetri rispetto alla galleria, si pensa che esso sia stato posto nella stanza prima della realizzazione del soffitto, la cui costruzione rappresenta una vittoria dell’ingegneria del tempo: in uno spazio con altezza di 17 metri, lastroni di granito dal peso di 400 tonnellate sono stati posizionati, a forma di tetto, per sostenere il carico sovrastante. La complessa
Figura 3.9: sezione verticale della piramide di Cheope a Ghiza,2551-2472 a.C., (Bussagli, 2003)
copertura formata da cinque ordini di lastre di pietra, distanziate mediamente un metro una dall'altro, termina con un sistema di lastre in pietra disposte a falde e funzionanti come un arco a tre cerniere. Una plausibile ipotesi della presenza dei cinque ordini di lastre di copertura, assenti dalla camera della regina, posta più in basso e verso il basamento, suggerisce che tali lastre servissero per compensare lo scivolamento dei conci lapidei degli strati esterni, disposti a corsi inclinati verso il centro della piramide, e che quindi fossero stati posti con l'idea di funzionare come puntoni anziché travi.