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2. SCHEMI STRUTTURALI RICORRENTI

2.3 Sistema spingente

2.3.2 La volta

La volta nasce dalla traslazione di un arco

lungo una direttrice preferenziale oppure dalla rotazione dell’arco attorno ad una asse. Dal punto di vista statico, è analoga all’arco, cioè è anch’essa una struttura spingente che esercita sui sostegni azioni inclinate che originano quindi spinte. Si utilizza la stessa nomenclatura indicata per gli archi: estradosso, intradosso, piani di imposta, spessore, luce, freccia, piani alle reni, sesto, etc. L’unica sostanziale differenza è che l’arco raccorda due punti distanti tra loro, avendo uno sviluppo lineare, mentre la volta copre un intero ambiente, sviluppandosi nello spazio.

Figura 2.20: Ponte di Tiberio, Rimini, I sec. a.C.

Figura 2.21: Arco d’Augusto, Rimini, 14 d.C.

2.3.2.1 Tipologie di volta

Morfologia e denominazioni della volta dipendono dalla forma geometrica della superficie media. Se tale superficie è unica la volta si dice semplice, mentre quando è costituita da più superfici variamente intersecatisi si dice composta.

Tra le volte semplici si distinguono:

volta a botte (1) che è la più elementare; nasce dalla traslazione di un arco

a tutto sesto o a sesto ribassato, e risulta una struttura semicilindrica che poggia su due archi di testata;

volta a vela (2) che è ottenuta sezionando una volta semisferica con 4

piani verticali e togliendo le 4 semicalotte risultanti; scarica così sugli archi laterali conclusivi del vano rettangolare. La copertura è detta anche

calotta, mentre tra un arco e l’altro ci sono i pennacchi;

volta a bacino che è generata dalla rotazione della curva generatrice, che

può essere un arco di cerchio, di ellisse o di parabola, attorno ad una retta verticale ad essa solidale, indicata come asse della volta;

Tra quelle composte le più comuni sono:

volta a crociera (3) che è formata dalle quattro superfici (unghie) ottenute

eliminando le parti che rimangono al disotto delle linee d’intersezione di due volte a botte aventi la stessa freccia; si dice costolonata se gli archi di intersezione sono evidenti (costoloni). Un esempio è in figura 2.22;

volta a padiglione (4) ottenuta eliminando le parti che rimangono al

disopra delle linee d’intersezione di cui sopra; le 4 superfici che rimangono sono dette fusi e si possono adattare anche a vani rettangolari;

volta a schifo (5) che è una volta a padiglione tagliata da un piano

parallelo al piano d’imposta;

volta ad ombrello (6) che ha unghie e lunette intorno al centro e si usa per

Le tipologie di volte più significative per le loro numerose applicazioni, tra quelle appena descritte, sono riportate schematicamente nella figura 2.23.

Dal punto di vista dei materiali impiegati le volte possono essere costruite in pietra da taglio, in laterizi, in muratura a sacco, in conglomerato cementizio armato o non armato. Tra le volte del passato un tipo caratteristico di volta a struttura mista era quello detto alla romana, nel quale l’intradosso era costituito da uno sottile strato di laterizi disposti di coltello, eseguito rapidamente e senza

Figura 2.22: Volta a crociera del chiostro Dos Jeronimos a Lisbona, XVI secolo

bisogno di speciali armature provvisorie, sul quale si gettava successivamente la muratura a sacco.

A grandi linee, si può affermare che nelle civiltà antiche fu predominante l’uso di volte murali realizzate con materiale non elastico, mentre nelle moderne coperture a guscio, i materiali di cui si fa un maggiore utilizzo sono il cemento armato ed il ferro.

2.3.2.2 Esempi di volta nella storia

Al contrario di quello che si pensa, i romani non furono i primi e gli unici costruttori di volte del loro tempo, ma l’uso della volta nelle sue forme più semplici era conosciuto anche in Oriente, nelle regioni Mesopotamiche ed in Egitto.

Infatti, già nel 1300 a.C., gli egizi usarono volte oblique, con mattonelle piane disposte a semicerchio, per realizzare le coperture dei magazzini di Ramesse e più tardi, nel II secolo d.C., lo stesso sistema voltato venne usato dai Sassanidi in Persia nella sala del Palazzo di Ctesifonte. A Babilonia, sulla riva orientale dell’Eufrate, volte a botte realizzate in strati radiali di mattoni sorreggevano i meravigliosi giardini pensili del palazzo di Nabucodonosor II, risalenti al 600 d.C. Come si vedrà in seguito, anche gli etruschi conoscevano la volta, ed in particolare, con conci di piccole dimensioni, realizzarono volte a botte per edifici civili e religiosi. Come lo si è fatto per l’arco, è comunque necessario sottolineare che l’impiego continuo e consapevole della volta si diffuse in Occidente solamente a partire dall’epoca romana. I romani ne svilupparono le applicazioni e ne variarono le forme grazie ad un’approfondita conoscenza del comportamento statico e soprattutto all’uso del conglomerato cementizio, che conferiva particolare elasticità alla struttura. Alcuni esempi di volte a getto di calcestruzzo adottate nei grandiosi edifici della Roma imperiale sono: i mercati Traianei, la basilica di Massenzio e la basilica della Domus Augustana sul Palatino. Attorno al I secolo a.C., i romani impararono anche a frazionare il peso con costoloni e

nervature che scaricavano le azioni su alcuni punti, rinforzati a loro volta con contrafforti o speroni. Agli stessi costruttori romani si ispirarono quelli romanici

che idearono il tipo di chiesa a campate, in cui il peso della copertura centrale si scarica gradualmente, attraverso campate laterali più piccole, sul muro

perimetrale, spesso rinforzato con dei contrafforti. Successivamente, si adottarono tipologie di volta più sofisticate e resistenti grazie all’applicazione dell’arco a sesto acuto, che comportava spinte orizzontali minori e contribuiva ad accentuare il verticalismo tipico delle chiese gotiche. Nelle volte a crociera, increspate e stellate dell’architettura gotica, inoltre, tutto il peso veniva scaricato sui pilastri polistili sostenuti dai contrafforti, togliendo qualsiasi funzione portante al muro. Durante il Rinascimento, la volta riprese le forme classiche, ma con innovazioni nei materiali usati:

nel caso della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, Brunelleschi usò mattoni disposti a spinapesce;

nel caso delle ampie coperture di San Pietro a Roma, Bramante riprese il sistema del conglomerato cementizio.

Nell’era moderna, le nuove soluzioni tecniche e l’utilizzo dei nuovi materiali, quali il ferro e poi il cemento armato, hanno progressivamente soppiantato l’uso degli altri materiali e consentito lo sviluppo di nuove forme di copertura che della volta hanno mantenuto la suggestione. In particolare, il cemento armato ha consentito di plasmare le strutture secondo le forme più svariate, permettendo la realizzazione di volte sottili. Un vistoso esempio di copertura figlia del progresso tecnologico è il paraboloide, usato per la prima volta da Le Corbusier nel 1958 per il Padiglione Philips, all’Expo di Bruxelles. Questo era realizzato con una membrana sorretta da elementi rigidi portanti, come si vede in figura 2.24.

Figura 2.24: schizzo per il padiglione Philips, 1958, e schema di copertura a paraboloide iperbolico (Bussagli, 2003)