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bn 1 Alluvioni terrazzate del I ordine e conoidi reincise (Pleistocene)

2.2.4 Area della piana alluvionale di Capoterra (CA)

Inquadramento e delimitazione delle aree interessate dal fenomeno

La piana alluvionale di Capoterra (figura 19), situata nella parte sud-occidentale del- la fossa tettonica del Campidano (Sardegna meridionale), è delimitata ad Est da una zona lagunare, attualmente occupata a SE dallo Stagno di Capoterra, nella parte centrale dai bacini di evaporazione delle Saline di Contivecchi e nella parte NE dalla Laguna di Santa Gilla; nella parte occidentale è invece delimitata da una serie di rilievi collinari granitici, che rappresentano le propaggini del pilastro tettonico interessato da due sistemi principali di fratture con orientamento NW-SE e NE-SW.

Non sono disponibili dati sulla superficie dell’area in studio, a meno che non si faccia riferimento ai limiti del bacino idrografico del rio Santa Lucia (140 km2), ne l’inquadra- mento dell’area nelle carte topografiche dell’IGM e nella Carta Tecnica Regionale (fogli IGM 1:50.000, sezioni IGM 1:25.000, sezioni CTR 1:10.000). Le rappresentazioni dell’area sono disponibili solo in formato cartaceo.

Caratterizzazione del problema

Negli ultimi decenni, la piana di Capoterra ha subito profonde trasformazioni per via del crescente sviluppo agricolo e industriale, al quale è seguita una crescente domanda d’acqua. Le particolari condizioni climatiche dell’aria, caratterizzate da frequenti e pro- lungati periodi siccitosi, la presenza di numerose sorgenti di sale, sia di origine naturale che antropica (spray marino, acqua di mare, laguna, vasche di evaporazione delle saline e depositi di sale ad esse legati), e gli emungimenti incontrollati delle risorse d’acqua, hanno portato ad una diminuzione della potenzialità delle falde e ad una diffusa salinazione delle acque sotterranee, con conseguenze più gravi nella parte superficiale del sistema acquifero.

Il sistema è costituito da un acquifero superficiale, di tipo freatico, e da un acqui- fero profondo multistrato, localmente confinato o semiconfinato, ricaricato lateralmente attraverso le fratture degli ammassi granitici presenti ad Ovest della piana. Entrambi gli acquiferi sono interessati da fenomeni di intrusione salina. L’incremento degli emungi- menti legato allo sviluppo urbano ed industriale della piana hanno portato all’impove- rimento della falda freatica, un tempo molto potente, ed alla realizzazione di numerosi pozzi trivellati nell’acquifero profondo. Le numerose perforazioni, spesso non realizzate a regola d’arte, hanno causato la cortocircuitazione delle acque dei due acquiferi. Gli scarsi apporti meteorici e gli eccessivi emungimenti hanno inoltre alterato l’equilibrio naturale tra le acque dolci, sotterranee e superficiali, e l’acqua del mare. Forti depressioni del livello piezometrico sono state riscontrate lungo la fascia della piana immediatamente lambita dalle acque salmastre della laguna a dalle acque salate delle saline, dove si evidenziano i coni di emungimento dei numerosi pozzi presenti, in continuo pompaggio per via dell’alta domanda d’acqua per gli usi industriale, agricolo e zootecnico.

La prevalenza di ioni sodio e cloro, riscontrata sia nelle acque di falda che nelle sor- genti emergenti dalle formazioni granitiche situate nel limite Ovest della piana, ha inoltre indicato processi di dilavamento, da parte delle acque meteoriche, dei sali depositati nel suolo ad opera dello spray marino e presenti soprattutto nella parte della piana esposta ai venti regnanti dei quadranti NO (maestrale), E (levante) e SE (scirocco).

I processi di salinazione, maggiormente evidenti nella falda freatica, sono quindi da imputarsi a diversi fattori:

– la dissoluzione dei sali trasportati dallo spray marino, tipico delle piane costiere; l’intrusione delle acque salate e/o salmastre dalle saline di Contivecchi e dalla La- guna di Santa Gilla;

– il dilavamento dei sali depositati sulla superficie del suolo, a seguito dell’attività delle saline (es. stoccaggio dei sali nelle vasche di evaporazione);

– la dissoluzione dei sali depositati sul suolo nel periodo estivo ad opera delle piogge e delle acque di irrigazione;

– la dissoluzione dei sali naturalmente presenti nella matrice solida del sistema acquifero.

tabella 10. stato e disponibilità dei dati raccolti

dati stato disPoniBilitÀ note

Ubicazione pozzi buona si

Esistono due diverse reti di

monitoraggio, la prima del 1992 (M.G. Sciabica, 1993), la seconda del 1998, che considera solo alcuni punti d’acqua della rete di monitoraggio precedente (E. Vernier, 1999)

portata emunta dai pozzi insufficiente si

Esiste solo una stima delle portate emunte annualmente utilizzata per effettuare il bilancio idrologico (M.G. Sciabica, 1992)

livello piezometrco, conducibilità elettrica e pH

misurati nei pozzi buono si (formato digitale)

Sono a disposizione le misurazioni effettuate nel 1992 (M.G. Sciabica, 1993) e nel 1998 (E.Vernier, 1998)

Definizione dell’acquifero

interessato da ogni pozzo sufficiente si

Sono a disposizione due profili geologici elaborati a partire dalle stratigrafie disponibili (E. Vernier, 1999)

Utilizzo dei pozzi sufficiente si

andamento temporale della

piezometrica buono si (formato digitale)

Sono a disposizione le misurazioni effettuate nel 1992 (M.G. Sciabica, 1993) e nel 1998 (E.Vernier, 1998)

Geometria degli acquiferi 2D insufficiente si

per l’acquifero freatico, la geometria è ricavabile dalla geologia superficiale. per gli acquiferi profondi non si hanno dati sufficienti.

Geometria degli acquiferi 3D sufficiente si (formato cartaceo)

Sono state reperite 50 stratigrafie dagli archivi del Genio Civile a partire dalle quali sono stati elaborati due profili geologici (E. Vernier, 1999)

Qualità delle acque di falda:

principali anioni e cationi buono si (formato digitale)

Sono a disposizione le analisi effettuate nei monitoraggi del 1992 (M.G. Sciabica, 1993) e del 1998 (E.Vernier, 1998) Qualità delle acque di falda:

determinazione inquinanti insufficiente no

Definizione delle aree contaminate da intrusione marina e posizione cuneo salino

sufficiente si (formato cartaceo)

le informazioni sono deducibili dalle prospezioni geofisiche effettuate e dalla mappe di distribuzione della salinità nelle acque sotterranee

produttività degli acquiferi = R/a, dove R è la ricarica attiva (riserve regolatrici) e a è la superficie affiorante dell’acquifero (andamento nell’annata media

insufficiente no il dato è deducibile solo tramite ipotesi approssimative sui dati occorrenti

Aspetti geologici, idrogeologici delle aree interessate dal fenomeno

Carta Geologica

La piana di Capoterra è costituita da depositi fluviali e fluvio-lacustri antichi (Plei- stocene) e recenti/attuali (Olocene)(del Quaternario. La parte montuosa del bacino del Rio Santa Lucia, così come il substrato roccioso della piana, sono invece costituiti dal complesso cristallino Paleozoico (Carbonifero, Permiano). La morfologia attuale deriva dalla sovrapposizione di tre distinte idrografie sviluppatesi con intensità erosiva diversa a seguito delle variazione climatiche.

Figura 20.carta geologica schematica dell’area in esame

Lineamenti geostrutturali e morfologici

Il pilastro tettonico presenta al margine sud-occidentale del graben del Campidano è scomposto da due insiemi principali di fratture, diretti mediamente uno NW-SE e l’altro NE-SW. Le fratture di direzione NW-SE sono considerate delle fratture di taglio con zone di intensa frammentazione (cataclasi) e laminazione (milonisi) della roccia. Entrambi i sistemi di frattura hanno guidato lo sviluppo delle incisioni vallive del sistema idrografico del Rio Santa Lucia e dei suoi affluenti.

La morfologia della parte montuosa del bacino del Rio Santa Lucia è molto acciden- tata, seppur con altezza dei rilievi modesta. L’approfondimento delle valli del Rio Gutturu Mannu e del Rio Guttureddu, dalla cui confluenza ha origine il Rio Santa Lucia, avvenuto per erosione selettiva secondo le zone di frattura principali, per quanto sicuramente inizia- tosi in precedenza, si sviluppò soprattutto nel Cenozoico con la formazione della fossa del Campidano, che determinò un forte abbassamento del livello di base dei corsi d’acqua che in esso defluivano.

Le forme attuali sono però l’effetto dell’attività erosiva delle successive idrografie, in particolare della prima ed, in misura minore, della seconda, lo sviluppo delle quali è dimo- strato dall’estensione e dalla potenza dei materiali alluvionali depositati a valle, nella zona pedemontana e nella piana.

I versanti sono ricoperti da vegetazione anche molto fitta, localmente interrotta, nel- le parti alte, da radure di detrito pietroso naturale sterile, molto probabilmente formatosi per erosione del suolo e delle frazioni fini del terreno ad opera delle acque di dilavamento. Specie nella valle del Rio Gutturu Mannu, affiorano le discariche della passata attività mineraria (terminata negli anni ’50), prevalentemente costituite da pietrame, in corrispon- denza degli imbocchi delle vecchie gallerie, e da materiali fini, presso gli impianti di trat- tamento dimessi. I detriti di sterili non consentono alla vegetazione di attecchire e sono quindi soggetti all’erosione da parte del corso d’acqua di cui costituiscono la principale alimentazione in termini di trasporto solido.

La piana, costituita dai terrazzi alluvionali e dai depositi attuali del delta del Rio Santa Lucia, è delimitata a SO dai contrafforti dei monti di Capoterra, orlati dai depositi pedemontani, e a SE dalla Laguna di Santa Gilla. Il passaggio dai monti alla piana è segna- to da una serie di rilievi collinari allineati, costituiti dalle propaggini del pilastro tettonico che ad occidente delimita il graben sardo.

L’area, originariamente palustre per via del mancato drenaggio delle acque superfi- ciali e della falda freatica, ancora oggi localmente emergente, è stata interessata da lavori di bonifica, effettuati a più riprese a partire dal secolo scorso, e da numerosi altri interventi antropici degli ultimi decenni che hanno ridotto notevolmente le zone palustri. Ad oggi, risulta però ancora difficile il deflusso delle acque superficiali, come mostrato dai frequenti fenomeni di inondazione delle zone più depresse.

Nel corso degli anni, anche l’assetto originario della laguna è stato sensibilmente mo- dificato dall’uomo, per cui attualmente essa lambisce la piana solo nel settore NE, mentre nella parte centrale sono state realizzate le saline, alle quali segue verso SO la parte resi- dua dell’originario Stagno di Capoterra.

Lineamenti idrogeologici

La struttura idrogeologica del bacino del Rio Santa Lucia è rappresentata dalla se- guente serie stratigrafica (dall’alto verso il basso):

– QUATERNARIO: detriti di falda e depositi di versante costituiti da materiale roc- cioso eterogeneo;

– QUATERNARIO, Attuale: depositi fluviali e fluvio-lacustri, riferiti ad una III idro- grafia e relativo alluvionamento, rappresentati da sabbie, ghiaie e ciottoli, preva- lentemente granitici, e sabbie sciolte fini, solo localmente argillose, con rari piccoli ciottoli provenienti dal disfacimento delle formazioni paleozoiche, talvolta, specie in pianura, ricche di resti vegetali. Potenza di 0,5-5,5 m. Permeabilità medio-alta. – QUATERNARIO, Pleistocene-Wurmiano: alluvioni terrazzate rimaneggiare, riferite

ad una II idrografia e relativo alluvionamento, prevalentemente costituite da ciot- toli ben arrotondati provenienti dal disfacimento di rocce paleozoiche (abbondante quarzo, graniti più o meno arenizzati, apliti, micrograniti, porfiriti, scisti), local- mente con sabbie compatte, grigiastre o rubefatte, talvolta annerite da resti torbosi e raramente con qualche strato o arnione di argilla. Potenza di 1-10 m. Permeabi- lità medio-alta.

– CENOZOICO-QUATERNARIO (Plio-Pleistocene): alluvioni antiche terrazzate, rife- rite ad una I idrografia e relativo alluvionamento, più o meno cementate, costituite da ciottoli ben arrotondati di varia granulometria, provenienti dal disfacimento di rocce paleozoiche, misti a sabbia ed argilla ferrettizzate, affioranti o ricoperte da

suolo vegetale o dai depositi delle idrografie successive. Potenza superiore ai 100 m. In genere, praticamente impermeabili (K = 10-5) o poco permeabili limitata- mente a rare discontinuità per giunti, a lenti sabbiose di varia estensione e alla base della formazione, nella zona di discordanza.

– PALEOZOICO, Carbonifero-Permiano: graniti più o meno fratturati ed arenizzati. In genere, poco permeabili per i fenomeni di argillificazione intensi sviluppati nelle zone di frattura.

– PALEOZOICO, Carbonifero-Permiano: scisti più o meno metamorfosati per contat- to con le intrusioni granitiche dell’orogenesi ercinica. Permeabili solo localmente, in corrispondenza delle zone di fatturazione.

Il sistema acquifero presente nella piana alluvionale di Capoterra è costituito da un acquifero freatico, impostato nelle alluvioni terrazzate rimaneggiate, sovrastante un acquifero profondo multistrato, semiconfinato o localmente confinato.Lo spartiacque sot- terraneo sembra non corrispondere allo spartiacque delimitante il bacino idrografico del Rio Santa Lucia, in particolare per la piana costiera dove le acque sotterranee provenienti dal bacino di monte si mescolano con quelle del Campidano provenienti da NE. La circola- zione delle acque sotterranee e superficiali, ed in particolare il processo di infiltrazione e filtrazione delle acque, non sembrano quindi rispettare completamente la morfologia.

La presenza della traversa E.A.F., realizzata sul Rio Santa Lucia con un diaframma incassato nella roccia compatta e nelle alluvioni antiche terrazzate, cementate e pratica- mente impermeabili, impedisce inoltre il deflusso di subalveo. La ricarica degli acquiferi, in particolare di quello superficiale, avviene quindi a monte e a valle dello sbarramento con dinamiche differenti. Si è infatti osservato che a monte della stretta, l’acqua di deflusso su- perficiale s’infiltra in buona parte nelle fratture del substrato roccioso affiorante e per esse defluisce direttamente negli acquiferi della piana alluvionale. A valle della stretta invece, l’infiltrazione diretta delle acque meteoriche e di deflusso superficiale, limitata agli affio- ramenti delle alluvioni sciolte permeabili, contribuisce alla ricarica dell’acquifero freatico mentre è trascurabile per i livelli acquiferi inferiori.

La falda freatica un tempo alimentava una fascia di frontalini, localizzata nella zona della Tuerra lungo il corso del Rio Santa Lucia, rappresentante uno dei pochi casi in Sar- degna di acque sotterranee sorgive affioranti naturalmente in pianura. In questa zona si rintracciavano ogni tanto dei botri con acqua perenne, chiamati baus, la cui presenza era marcata da un terrazzo morfologico formato dall’erosione dell’alveo nelle alluvioni terraz- zate antiche impermeabili, alimentati dalla falda freatica impostata nelle alluvioni terraz- zate rimaneggiate e nei depositi fluvio-lacustri. Da alcuni studi (Montaldo, 1966) risulta che a valle di tale terrazzo, la superficie freatica aveva una risalienza costante di 20-30 cm rispetto al livello della distesa d’acqua circostante.

A monte del terrazzo la falda veniva captata in quantità minime con pochi pozzi scavati per pochi metri, mentre a valle l’acqua, raccolta in pozze e distese d’acqua naturali costituenti dei veri e propri laghi di falda, essendo molto abbondante e di buona qualità, veniva impiegata, oltre che per l’irrigazione, anche per uso idropotabile locale.

I lavori di bonifica e di canalizzazione, eseguiti per favorire il deflusso naturale del- le acque, l’incremento delle captazioni e degli emungimenti non regolamentati, legato al diffondersi degli impianti irrigui, e soprattutto i grandi scavi nell’alveo del rio Santa Lucia e in diversi punti della Tuerra per l’estrazione di inerti, furono causa di un abbassamento generalizzato della piezometrica e della conseguente scomparsa dei fontanili.

La falda freatica, ormai affiorante naturalmente solo negli scavi delle cave, dai quali si disperde in grande quantità per evaporazione, può essere oggi captata solamente con pozzi sempre più profondi. Molti pozzi superficiali scavati si sono esauriti, soprattutto nel periodo secco, quando gli emungimenti sono maggiori, e si è iniziato a sfruttare gli ac- quiferi profondi con numerosi pozzi trivellati, per soddisfare le sempre crescenti richieste d’acqua.

In origine le acque in pressione dell’acquifero confinato non si mescolavano con quel- le dell’acquifero freatico, essendo separate da un orizzonte limo-argilloso praticamente impermeabile. Tale orizzonte è stato perforato con tecniche inappropriate con il risultato che i due acquiferi sono divenuti in più punti comunicanti. Le acque attinte dal sistema acquifero confinato attraverso i pozzi trivellati sono state impiegate per usi irrigui, indu- striali ed idropotabili.

Nel 1989-1990 il susseguirsi di due annate particolarmente siccitose comportò, da una parte, la riduzione degli apporti meteorici alle falde, dall’altra, l’aumento indiscrimi- nato degli emungimenti. Localmente, sia nei pozzi scavati sia in quelli trivellati, si avver- tirono incrementi progressivi di salinità, segno che i delicati rapporti fra le acque dolci, superficiali e sotterranee, e le acque del mare e della laguna erano stati compromessi.

Aree interessate da intrusione marina laterale e dal basso e dinamiche attuali e future

Distribuzione dei carichi idraulici delle acque sotterranee

L’andamento delle linee piezometriche, ottenute dall’elaborazione dei dati relativi alle misure dei livelli idrici effettuate nel Giugno e nell’Ottobre 1992 e nel Marzo 1993, indica la presenza di forti depressioni corrispondenti ai coni di emungimento dei pozzi addensati lungo la fascia della piana immediatamente lambita dalle distese di acqua sal- mastra della laguna e fortemente salata delle saline, coincidente con l’area ad alta domanda d’acqua per usi industriale, agricolo e zootecnico.

Nell’acquifero superficiale, nel periodo estivo, in cui cessano le precipitazioni, è note- vole il ricorso agli emungimenti per uso irriguo. Le depressioni della piezometrica, presenti nella parte NE della piana, vicino alla laguna, e nella parte SE, in prossimità delle saline, corrispondono quindi ai coni di emungimento di due principali addensamenti di pozzi. Nel periodo invernale, invece, gli emungimenti vengono notevolmente ridotti e le depressioni si colmano per mezzo dell’infiltrazione diretta delle acque meteoriche e per gli altri apporti alimentanti.

Anche nell’acquifero profondo le aree depresse corrispondono ai coni di emungi- mento dei pozzi, la cui dimensione areale e distribuzione varia nei diversi mesi dell’anno a seconda dell’andamento delle eduzioni e degli apporti meteorici.

L’andamento delle isopieze relative ai pozzi trivellati mostrano delle depressioni nella parte centrale della piana, in corrispondenza degli addensamenti di pozzi realizzati a se- guito della forte espansione industriale.

L’andamento delle linee isopiezometriche è attualmente disponibile solo in formato cartaceo. Nuove elaborazioni possono però essere fatte a partire dai dati sui carichi piezo- metrici in formato digitale allegati.

Figura 21. distribuzione carichi piezometrici

Variabilità spaziale della salinità nelle acque sotterranee

Lo studio idrogeochimico delle acque sotterranee circolanti nel sistema acquifero della piana alluvionale di Capoterra, condotto allo scopo di definire i fattori influenzanti la salinazione delle acque sotterranee della piana, ha dimostrato che le acque, pur presentan- do in genere una salinità non superiore ad 1 g/l, con valori superiori ai 2 g/l solo in pochi casi, mostrano una grande variabilità della composizione chimica percentuale a causa del sovrapporsi di diversi processi.

La salinità delle falde, pur presentando forti variazioni spaziali e stagionali, risulta globalmente maggiore nella falda freatica rispetto alla falda profonda.

Processi di scambio ionico, che producono un eccesso di ioni Na+ a fronte di una perdita in Ca++ nelle acque, sono stati riscontrati in entrambe le falde, ad indicare la pre- senza di un processo attivo di intrusione marina negli acquiferi, precedentemente occupati da acque dolci. Tale dato è stato confermato dal ritrovamento di acque sotterranee con un rapporto di Na+/Cl- superiore a quello dell’acqua di mare.

L’alto contenuto salino riscontrato nei pozzi scavati nell’acquifero superficiale, localiz- zati in prossimità dei bordi SE e NE delle saline è associato , come mostrato dai processi di scambio ionico Ca++/Na+ in atto e dalla riduzione dei solfati, al miscelamento delle acque sotterranee con acque di origine marina che in questo caso sono però rappresentate dalle acque salate provenienti dalle saline. Lo stesso comportamento è visibile in modo apprezza- bile nelle acque campionate in un pozzo trivellato vicino alla laguna. L’arricchimento in ioni rispetto al miscelamento teorico acqua dolce-acqua salata, mostrato dalla maggior parte dei campioni d’acqua prelevati sia dai pozzi scavati (falda freatica) che dai pozzi trivellati (falda profonda), è associato quindi al sovrapporsi di altri processi su quello attivo di intrusione marina (vedi paragrafo successivo circa gli “altri meccanismi di salinazione”).

La ricostruzione delle isosaline, a partire dai valori di salinità misurati nelle acque durante i campionamenti del 1992-1993, ha mostrato che, nei mesi estivi, la salinità au- menta in prossimità della costa a seguito del sovraemungimento operato per l’irrigazione,

mentre rimane praticamente invariata a NE della piana, in prossimità delle saline e della laguna, nonostante gli emungimenti dovuti alla continua attività industriale.

Figura 22. distribuzione della salinità in isoaline (tds g/l)

L’andamento della salinità nell’acquifero confinato nel periodo piovoso ha mostrato che, nella parte centrale della piana la salinità rimane bassa, nonostante il sovraemungi- mento e le depressioni del livello idrodinamico da esso prodotte soprattutto per gli usi in- dustriali, mentre aumenta nei bordi occidentali. Ciò è stato attribuito alla presenza nell’ac- quifero confinato multistrato, di due livelli acquiferi principali: il livello superiore, poco potente e di bassa permeabilità, verosimilmente alimentato dalle acque che defluiscono dal massiccio granitico-metamorfico, in cui, essendo il deflusso delle acque lento a causa della bassa permeabilità e del ridotto carico idraulico, risulta alto il tempo di residenza delle acque e quindi quello di contatto acqua-roccia, determinando un arricchimento delle acque in sali; il livello inferiore, più permeabile e, in quanto più produttivo, maggiormente utilizzato nella parte centrale, presenta invece un ricambio maggiore determinato dalle forti eduzioni per gli usi agricoli e industriali, e un’alimentazione tale da compensare facil- mente le estrazioni.

L’andamento delle isosaline è disponibile solo in formato cartaceo. E’ possibile però fare nuove elaborazioni a partire dai dati idrochimici in formato digitale allegati.