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L’area psicologica e sociale del bambino

Nel documento Il labirinto della dislessia (pagine 27-31)

5. Dissertazione, risultati e analisi dei dati raccolti e riflessioni

5.2 L’area psicologica e sociale del bambino

5.2.1 Le cause psicologiche e sociali

Più volte durante la stesura di questa tesi è emerso quanto il fenomeno della dislessia vada ad incidere in modo importante sulla psiche e a livello relazionale. Questa sfera emerge in quasi tutte le interviste fatte, sia dai genitori, che dal fronte clinico, che dai docenti.

Dai genitori intervistati emerge molto l’elemento della frustrazione come principale emozione del figlio dislessico.

Una mamma definiva il malessere di suo figlio come un senso di ingiustizia e di essere costantemente giudicato (Gen.1, 2021). Quello che rendeva maggiormente frustrato suo figlio era il fatto di voler dimostrare le sue capacità ma di non riuscire a farlo. Questo portava ad un abbassamento della sua autostima che lo conduceva ad essere preoccupato anche rispetto al futuro e al posto di lavoro (Gen. 1, 2021). Le docenti intervistate confermano che nei loro alunni possono percepire molta sofferenza e frustrazione.

Una docente (Doc. 1, 2021) afferma che i DSA possono influire tanto a livello psicologico e sociale, specialmente quando si sentono dire che sono pigri e che non hanno voglia di fare, questo porta il bambino a sentirsi una nullità. Lei ritiene che i genitori e gli insegnanti sono i primi che possono recare tanto dolore al bambino, non capendolo. Secondo l’insegnante questo disturbo può avere un impatto maggiore sulla salute psicologica e sociale alle medie, dove gli allievi tendono maggiormente a prendere in giro chi ha difficoltà. Ritiene inoltre che gli allievi dislessici soffrano molto l’ansia. La seconda docente intervistata (Doc. 2, 2021) riferisce che fin quando un DSA non viene diagnosticato il bambino può sentirsi ignorante e poco adeguato. Secondo lei è frustrante per un bambino dislessico vedere gli altri scrivere e leggere con molta leggerezza, mentre lui incontra varie difficoltà. C’è molta sofferenza e stanchezza. Questi ragazzi mettono molte più energie degli altri a fare un qualcosa che è semplice routine. È importante secondo lei però che sia la famiglia che la scuola lo debbano sostenere in questo.

Il fatto di essere etichettato in continuazione dal mondo esterno come nulla facente o come una persona che non ci mette impegno in quello che fa, crea malessere e frustrazione. Il dislessico si sente accusato ingiustamente e non ha mezzi per poter dimostrare il suo malessere. Il fatto di non sentirsi intelligente come tutti gli altri porta a sviluppare un radicale abbattimento dell’autostima e del valore di sé con la conseguenza di un mancato investimento nell’impegno (Stella, 2004). Il dislessico, soprattutto nell’adolescenza non crede nelle sue potenzialità, crede di non farcela e di non essere in grado. Essi si sento diversi dagli altri e si chiedono come sia possibile che gli altri compagni siano in grado di leggere con tanta facilità, questo genera una sensazione di inadeguatezza perenne (Stella, 2004).

In uno studio redatto da Marinelli, Romano, Crestelli, Franzese e Di Filippo (2016), sono stati indagati l’autostima, il sistema attributivo e la presenza di disturbi internalizzanti in 41 bambini dislessici. Da quanto è emerso, la dislessia ha ripercussioni sull’autostima, che non tocca solo l’area scolastica ma anche tutte le altre dimensioni di vita. Inoltre, l’incidenza di stati depressivi è molto alta. Si sottolinea dunque l’importanza di un sostegno psicologico per i bambini con dislessia (Martinelli et al., 2016).

Le difficoltà che riscontrano i bambini dislessici portano a svariate conseguenze che possono essere l’abbandono scolastico, frustrazione, senso di inadeguatezza e bocciature (Gresham

et al., 1997). I sentimenti di “non posso farcela” o “non ho le capacità per farlo” sono frequenti. Questo senso di fallimento porta alla rinuncia, al rammarico, ad avere una scarsa fiducia nelle proprie potenzialità e ad uno scarso impegno (Lichtenstein & Zantol-Wiener, 1988). Risulta quindi evidente come la dislessia possa portare a conseguenze psicologiche e psicopatologiche (Huntington & Bender, 1993). La copresenza tra dislessia e disturbi psicologici è molto elevata, con una percentuale che arriva anche al settantadue percento (Bancker & Neuhauser, 2003). L’ambiente scolastico è sicuramente un luogo in cui si possono presentare maggiormente questi disturbi, come la caduta dell’autostima. Questi fattori portano lo studente a appropriarsi di un’immagine di sé stesso che può influire anche la personalità (Byrne e Gavin; 1996; Weisz et al., 1993).

Gli svariati e persistenti fallimenti scolastici da parte di soggetti con dislessia li portano a sviluppare un locus of control esterno, questo indica che essi percepiscono di non essere in grado di controllare il proprio trionfo scolastico a causa della loro incapacità e incompetenza (Banks & Woolfson, 2008). Ciò che accade, è di attribuire i propri successi unicamente alla fortuna e non dovuti alle proprie capacità, mentre i fallimenti alle loro scarse potenzialità (Butkowsky e Willows, 1980). Molto frequentemente, infatti, gli studenti con disturbi specifici di apprendimento mostrano disturbi internalizzanti come ansia e depressione (Marinelli et al., 2016).

Queste conseguenze che emergono dal disturbo, come riportano alcuni genitori, dipendono anche strettamente da che tipo di sostegno e aiuto vengono ricevuti e a che tipo di carattere una persona possiede. Infatti, una mamma riporta quanto sia importante l’approccio al problema e come esso viene trattato in famiglia (Gen.1, 2021).

Una seconda mamma (Gen. 2, 2021) esprime il fatto che non ha riconosciuto un forte malessere psicologico o sociale in suo figlio, questo perché hanno sempre cercato di lavorare sull’autostima fin da piccoli.

Essa afferma che il bambino non ha vissuto la fase in cui veniva etichettato come svogliato o nulla facente. Il genitore era a conoscenza del problema e consapevole del fatto che i suoi atteggiamenti erano dovuti ad una reale difficoltà. Quanto appena menzionato indica l’essenzialità della presa di coscienza da parte del genitore rispetto al problema. Ciò permette di accettare la situazione e poter essere di maggiore sostegno (Marzocchi, 2011).

Questa mamma riporta di aver assistito a diverse famiglie insistere sul fatto che loro figlio non studi abbastanza, non si impegni, non si applichi o che faccia apposta a comportarsi in quel modo. Ciò è dovuto alla mancata conoscenza del problema (Gen. 2, 2021).

Il genitore in questione afferma che il foglio ha subito vari episodi di schernimento da parte dei suoi coetanei a causa di questa problematica. Infatti, il disagio di non riuscire a rispondere alle richieste, anche più banali, può generare varie reazioni emotive, causati dai giudizi dati da compagni, insegnanti e genitori (Marzocchi, 2011).

Il figlio di questa mamma ha addirittura confessato, dopo anni, di non essersi mai sentito all’altezza dei suoi compagni ed è una sensazione che prova fin da piccolo, nonostante si sia sempre cercato di lavorare sull’autostima. Emerge ancora una certa insicurezza verso l’ambito scolastico (Gen. 2, 2021).

Nonostante il benessere di suo figlio non sia stato minato, ci sono però bambini che reagiscono male a questo disturbo, portandoli alla depressione. Il raggiungimento di questo profondo malessere è però correlato al contesto in cui si è inseriti, al sostegno che viene dato e dalle proprie peculiarità caratteriali (Gen. 2, 2021).

Un’altra mamma (Gen.3, 2021) afferma di aver notato delle ripercussioni in sua figlia a livello sociale, la quale è molto introversa e questo la conduce a non stringere molti legami con i

coetanei o con i compagni di classe. Questi ultimi la deridevano e ciò la portava a chiudersi in sé stessa. Non ha vissuto bene quel periodo, dando segni di malessere. Per quanto riguarda la sfera sociale, sta cercando di affrontare le sue lacune grazie ad un sostegno esterno e una terapia (Gen.3, 2021). Da qui ne deriva la fondamentale importanza di intervenire globalmente insieme al bambino attraverso un lavoro neuropsicologico.

L’obbiettivo non è solo di correggere gli errori di ortografia, di allenare la velocità e la correttezza della lettura, ma anche di saper fornire a loro strumenti per riconoscere ed elaborare le proprie difficoltà, di capire quali sono i propri punti di forza, lavorare sul suo stato d’animo e sulla sua autostima. La sanità mentale del bambino non dipende solo dal raggiungimento dello standard degli altri coetanei, ma anche quello di lavorare a livello globale sullo stato di benessere (Marzocchi, 2011). In stretta correlazione a questa considerazione va il pensiero dei genitori, i quali affermano quanto per loro non sia importante il rendimento scolastico, ma l’aspetto emotivo e l’autostima (Gen. 3, 2021).

Gli effetti psicologici come conseguenza dalla dislessia sono ampiamente evidenti in età evolutiva e ciò si riflette anche in età adulta. Non solo il disagio psicologico in età evolutiva ha poi fossilizzato la personalità del giovane adulto, dovuta alla sofferenza che provava, ma anche per la continua presenza di sofferenza nella vita quotidiana, personale, emotiva e relazionale. Tutti questi fattori portano a disagi ben più rilevanti come ansia, depressione e una forte insicurezza (Genovese et al., 2011).

“Giovani adulti con storia di dislessia riferiscono più frequentemente sintomi psichiatrici”

(Undheim, 2003 in Genovese et al., 2011, p.35).

Un’importante e lunga revisione dei sintomi psicologici in relazione alla dislessia è stata compiuta da Mugnani (2008). In seguito, il medesimo autore insieme ad altri collaboratori, (2009) hanno definito in modo particolare i sintomi quali depressione, ansia e ritiro sociale.

Inoltre, viene sottolineato come i giovani adulti dislessici, oltre che avere una forte incidenza alla depressione, possono avere una più alta propensione al suicidio rispetto a soggetti con discalculia (Daniel at al.,2006).

Secondo una ricerca di Schulte-Körne e partecipanti (2003), possedere un’ottima intelligenza da parte dell’individuo con dislessia, avere un elevato stato socio-economico e la presenza di continuo supporto in svariate forme e dimensioni portano un maggiore equilibrio psicologico e una miglior tutela rispetto a questo fenomeno (Schulte-Körne, 2003).

Le basi per il successo e per un maggiore adattamento a questo disturbo sono quindi l’intervento precoce, incoraggiare il bambino a praticare hobby o talenti e un buon supporto famigliare (Scott et al., 1992).

5.2.2 La diagnosi come punto di svolta a livello psicologico

Una mamma afferma che prima della diagnosi vedeva suo figlio vivere male le sue difficoltà scolastiche. Lo percepiva molto sofferente, sconfortato e triste, ma con l’arrivo della diagnosi lo ha visto maggiormente attivo verso il problema e più propositivo (Gen. 1, 2021). Questo perché il bambino, prima della diagnosi, non era in grado di dare un volto o ad indentificare quale era il motivo delle sue sofferenze e non riusciva a capacitarsi del fatto che nonostante i suoi sforzi non raggiungeva il livello dei suoi coetanei. Una diagnosi permette di dare un nome concreto a questo disagio (Marzocchi, 2011).

A seguito di una diagnosi di DSA è dunque fondamentale che il soggetto possa trovare un appropriata presa a carico che vada a mirare al benessere del bambino, sia con sé stesso

che nel contesto in cui vive, valutando di conseguenza anche le esigenze del genitore o dell’insegnante. Per benessere si intende la ricerca di un certo stato di equilibrio e soddisfazione negli ambienti in cui il bambino è inserito, come per esempio la scuola o la famiglia. Ciò che può migliorare lo stato di salute di un bambino con DSA è la conoscenza del problema in questione che avviene attraverso la diagnosi (Marzocchi, 2011).

5.2.3 L’importanza del contesto e della società in cui viviamo

Il pediatra Valdo Pezzoli (Ped.1, 2021) definisce che le cause psicologiche sono multifattoriali e alla base vi è un’origine biologica data dai circuiti biologici non appropriatamente funzionanti. Questo porta ad avere problemi di decodificazione di alcuni elementi o simboli, il che porta a delle difficoltà con la scrittura e la lettura. Questi fenomeni portano i DSA a problemi psicologici o sociali, proprio perché vittime del loro disturbo.

L’esperto in questione, definisce queste problematiche come delle conseguenze dirette anziché delle cause dirette. Esse sono strettamente legate al contesto in cui si appartiene, per questo motivo è bene analizzarli nel dettaglio. Il pediatra Valdo Pezzoli (Ped.1, 2021) menziona l’esempio di un bambino nella giungla in cui la scrittura e la lettura non sono delle competenze prioritarie. In quell’ambiente il ragazzo non subirà ripercussioni psicologiche poiché non è confrontato con il problema. Tuttavia, se il bambino si trova in un contesto in cui la lettura e la scrittura sono essenziali, il soggetto deve fronteggiarsi con la sua problematica. Questa difficoltà aumenta le possibilità di isolamento sociale dovute al contesto d’appartenenza.

Nella società occidentale e non solo, l’aspetto della comunicazione e della scrittura è un qualcosa di assolutamente fondamentale per la vita quotidiana, per questo motivo diventano abilità cruciali. L’assoluta importanza e valore di queste capacità viene trasmessa ai bambini già in tenera età, dal primo approccio con la dimensione educativa e continua ad essere fondamentale anche in età adulta. La società infatti, gratifica costantemente i suoi membri capaci di leggere e scrivere in modo adeguato. Inoltre, cartelli, giornali, libri, orologi, libretti di istruzione, menu sono all’ordine del giorno e per interpretarli richiedono una solida alfabetizzazione (Wolff, 2003).

Le difficoltà evidenti di un individuo con DSA portano pertanto alla possibile emarginazione di tutti quegli studenti con difficoltà di apprendimento, quale la dislessia. Questi ragazzi devono dunque coesistere con il concetto che un corretto apprendimento di scrittura e lettura porta al successo nella vita. Se queste capacità non vengono sviluppate o acquisite a dovere, i soggetti saranno considerati dalla società come un fallimento. Questo insuccesso porta la persona a percepirsi come un bambino/adulto poco funzionante e poco capace (Herrington, 2001). Il fallimento pertanto, è “un fattore chiave che ha un impatto diretto sull’autopercezione e autoefficacia dei bambini/adulti con dislessia e sui loro atteggiamenti che ne derivano riguardo a come la società gli ha fatti fallire e gli ha emarginati” (Tanner, 2009, p.786).

Secondo l’articolo «What’s wrong with you, are you stupid? Listening to the biographical narratives of adults with dyslexia in an age of ‘inclusive’ and ‘anti-discriminatory’ practice»

definisce i vissuti rappresentati da soggetti dislessici come un fattore sfiancante e discriminatorio in vari posti lavorativi e scolastici. Queste esperienze negative vengono a loro

volta patologizzate in chiave di fallimento attraverso un’interpretazione sbagliata del proprio sé (Deacon, 2020). La ricerca soprastante espone quanto la persona dislessica abbia un suo modo originale e diverso per far fronte alle difficoltà di scrittura e di lettura che devono essere prese in esame sia dai datori di lavoro che dalle scuole per creare inclusività.

Il termine inclusione è un qualcosa che al giorno d’oggi è molto presente sia per un discorso educativo e lavorativo sia in un contesto politico sociale. Con questo, ne deriva la necessità di un sostegno mirato da parte di questi bambini/adulti con dislessia poiché̀ ne va anche della loro integrità socio-culturale. Ciò afferma che chi soffre di queste difficoltà debba essere seguito e orientato da un’ampia gamma di professionisti attraverso un approccio multidirezionale, riunendo istituzioni quali, sanitarie e socio-assistenziali (Deacon, 2020).

Nel documento Il labirinto della dislessia (pagine 27-31)

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