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Il labirinto della dislessia

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Academic year: 2022

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Il labirinto della dislessia

La dislessia nel contesto ticinese

Studente/essa

Vanessa Croci

Corso di laurea Opzione

Lavoro sociale Assistente sociale

Progetto

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

Manno, 16 luglio 2021

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Ringraziamenti

Un doveroso ringraziamento va al professor Sascha Baeriswyl, il quale mi ha incoraggiata e supportata nello svolgimento di questo lavoro.

Grazie ai professionisti incontrati durante gli stage che si sono presi il tempo e l’impegno di insegnarmi una professione magnifica ma anche molto complessa.

Un enorme ringraziamento va ai miei amici, che ci sono sempre stati, che mi hanno sempre sostenuta nel tirare fuori il meglio di me e mi hanno sempre dato la grinta e l’appoggio per affrontare le sfide della vita.

Un grazie immenso va anche a Christian, che con grande pazienza, mi ha sostenuta nella stesura di questo scritto.

Grazie alla mia famiglia, che facendo un grande sacrificio mi ha dato la possibilità di intraprendere questa strada e di sostenermi in questo cammino, dandomi le forze necessarie per arrivare al traguardo. Spero di avervi ripagati col mio impegno e la mia dedizione.

Grazie alle mie nonne che hanno saputo esserci, stimolandomi a raggiungere i miei obiettivi e a realizzare i miei sogni.

Infine, grazie a me stessa per la forza dimostrata anche quando gli ostacoli sembravano invalicabili. Oggi so che posso avere fiducia nelle mie capacità.

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“Mio marito, una volta avuta la diagnosi di nostro figlio dislessico, si è messo a piangere pensando a tutta la fatica che aveva fatto lui e che avrebbe dovuto fare anche suo figlio. Il pensiero che mi è venuto subito non appena ho capito che mio

figlio era dislessico, invece, è stato: io adoro questo bambino, è fantastico e non voglio un altro bambino, voglio questo anche se una delle sue caratteristiche è

essere dislessico. Come posso aiutarlo?”

Paola Juamin1

L’autrice è l’unica responsabile di quanto contenuto nel lavoro.

1 (Gen. 2, 2021, p. 61)

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Abstract

Il labirinto della dislessia.

La dislessia nel contesto ticinese.

La dislessia è un disturbo specifico di apprendimento, termine con il quale ci si riferisce ai disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche ed in particolare la dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia. Nello specifico, la dislessia si caratterizza per le difficoltà nella lettura e nella scrittura che non avvengono in modo fluido. La dislessia, inoltre, non è causata da deficit intellettivi, né da problemi psicologici o da deficit sensoriali o neurologici.

Attraverso questa tesi si è voluto indagare in che modo viene affrontato e gestito il fenomeno dei disturbi specifici di apprendimento, in particolar modo il disturbo di dislessia nel Canton Ticino.

L’obbiettivo di questo lavoro è dunque quello di capire qual è l’impatto della dislessia nella vita di un bambino e del suo entourage. L’analisi dei risultati è stata divisa dunque in cinque aree ben precise che riguardano il tema della dislessia: quella genitoriale, quella psicologica e sociale del bambino, della formazione e dell’apprendimento, quella pubblica e infine quella sanitaria.

Quando si parla di dislessia infatti, non si fa riferimento solo ad un aspetto puramente clinico, ma intorno ad essa vengono prese in considerazione e in analisi altre dimensioni, quali quella genitoriale, psicologica, sociale, scolastica e pubblica.

Dall’analisi delle interviste sono emersi vari punti fondamentali ed interessanti che mettono in risalto come viene gestito il fenomeno della dislessia sul suolo ticinese. In particolar modo nasce il bisogno di incrementare il sostegno alle famiglie e ai docenti in determinate situazioni. Nasce il bisogno di informare su larga scala la popolazione di questo disturbo ed emergono molte conseguenze psicologiche che necessitano una maggiore presa a carico.

Emerge inoltre il bisogno da parte dei pediatri di focalizzarsi non solo a livello puramente clinico ma considerando anche gli aspetti psicologici, sociali ed educativi.

Vanessa Croci

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Sommario

1. Introduzione ... 1

2. Metodologia ... 2

2.1 La domanda di ricerca e gli obbiettivi ... 2

2.2 Ricerca empirica qualitativa ... 3

2.3 Interviste semi-strutturate ... 3

3. Il sistema scolastico ticinese ... 5

3.1 Il sistema scolastico Ticinese e l’accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria ... 5

3.2 Il Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS) ... 7

3.2.1 Il servizio di sostegno pedagogico ... 8

3.2.2 La sezione della pedagogia speciale ... 8

4. Approfondimenti sui disturbi specifici di apprendimento ... 10

4.1 Cosa sono i disturbi specifici di apprendimento (DSA) ... 10

4.2 Cos’è la dislessia evolutiva ... 12

4.3 Gli strumenti compensativi e dispensativi ... 13

4.4 Direttive sugli allievi dislessici, disortografici e discalculici in Ticino ... 14

4.5 Criteri diagnostici in Ticino ... 14

5. Dissertazione, risultati e analisi dei dati raccolti e riflessioni ... 15

5.1 L’area genitoriale ... 15

5.1.1 La conoscenza rispetto al disturbo ... 15

5.1.2 Difficoltà iniziale da parte del genitore a capire il disturbo ... 16

5.1.3 Il dispendio di energie e tempo per i genitori ... 18

5.1.4 La dislessia come sofferenza indiretta del genitore ... 18

5.1.5 L’importanza della diagnosi ... 20

5.2 L’area psicologica e sociale del bambino ... 22

5.2.1 Le cause psicologiche e sociali ... 22

5.2.2 La diagnosi come punto di svolta a livello psicologico ... 24

5.2.3 L’importanza del contesto e della società in cui viviamo ... 25

5.3 L’area della formazione e dell’apprendimento ... 26

5.3.1 La conoscenza rispetto al disturbo ... 26

5.3.2 Il docente e la rete di sostegno ... 27

5.3.3 I mezzi compensativi e dispensativi ... 28

5.4 L’area sanitaria ... 29

5.5 L’area pubblica – la conoscenza diffusa e il suo ruolo nella società ... 30

6. Conclusioni ... 31

6.1 Uno scenario possibile ... 33

7. Bibliografia ... 35

Allegati ... 39

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1. Introduzione

La dislessia è da tempo un tema che mi affascina particolarmente, il quale mi ha accompagnato e mi accompagna durante la vita quotidiana. Ciò che mi appassiona è come un bambino dislessico, perfettamente nella norma o al di sopra a livello intellettivo, possa avere difficoltà scolastiche importanti.

Come molti altri fenomeni sociali, la dislessia è un argomento che va a toccare dimensioni quali il benessere psicologico e sociale, la conciliazione del tempo in famiglia o all’interno del contesto scolastico, la mal informazione rispetto questo tema, la poca prevenzione.

L’idea di svolgere il tema della dislessia come tesi di bachelor nasce dal mio stretto coinvolgimento con questo argomento, il quale mi sta molto a cuore. Negli ultimi anni si è assistito ad un forte ampliamento dell’interesse per questa problematica, in particolar modo per i disturbi specifici di apprendimento. Essi rappresentano un fenomeno complesso e di ampie proporzioni sociali, fino ad ora poco analizzate e riconosciute. Infatti, negli ultimi vent’anni questo argomento ha preso grande piede in tutto il mondo e se ne è parlato a più riprese e per un lungo tempo. Dallo studio è risultata una certa rilevanza del problema soprattutto in ambito scolastico.

Il seguente lavoro di tesi vuole analizzare nel dettaglio le difficoltà incontrate dagli individui a cui è stato diagnosticato un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA).

La ricerca vuole inoltre indagare sulla tematica della dislessia, come essa sia sempre più presente e come il cantone, le scuole e la rete che ci ruota intorno siano state chiamate a trovare una soluzione. Molte famiglie sono coinvolte in prima linea nelle problematiche scolastiche dei figli e le scuole sono chiamate a sostenere l’allievo e la famiglia nell’apprendimento didattico. Questo lavoro di tesi analizza le problematiche affrontate dagli individui con DSA in Ticino, con un occhio di riguardo verso la dislessia. Nel dettaglio vuole identificare quali sono gli effetti sui genitori, gli effetti psicologici e sociali, le conseguenze a livello scolastico e come questo disturbo viene vissuto e percepito dalle persone esterne. Un obbiettivo secondario è atto a riconoscere le principali figure che entrano in gioco e che guidano l’intervento, nell’ambito sanitario, scolastico, famigliare e sociale. Lo scopo finale è di poter garantire una gestione appropriata di questi disturbi e un’adeguata realizzazione delle potenzialità delle persone che ne soffrono.

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2. Metodologia

2.1 La domanda di ricerca e gli obbiettivi

Al giorno d’oggi il tema della dislessia ha preso sempre più piede in tutto il mondo, questo dovuto al fatto che sempre più bambini soffrono di questo disturbo. La società è in continuo cambiamento: se fino a un centinaio di anni fa non era essenziale avere delle approfondite capacità nel leggere e scrivere, al giorno d’oggi è fondamentale. Ciò affinché un individuo venga incluso nella società a livello scolastico, lavorativo e sociale. Da qui si sono quindi resi necessari degli approfondimenti rispetto a questo disturbo, poiché generano delle conseguenze sul benessere delle persone rispetto al contesto in cui si è inseriti al giorno d’oggi. Attraverso questa tesi si vuole dunque approfondire quali sono gli aspetti che incorrono rispetto a questo tema e quali possono essere gli elementi che potrebbero venir migliorati o che meritano un’attenzione in più all’interno del contesto ticinese.

Al fine di poter avere una panoramica globale del contesto in cui siamo inseriti, verrà approfondito l’ambito scolastico ticinese, i vari servizi che offre il cantone a favore di un sostegno dell’alunno con difficoltà scolastiche. Considerando nel dettaglio i disturbi specifici di apprendimento (DSA) di cui la dislessia ne fa parte. Il fenomeno verrà anche approfondito da un punto di vista clinico per capire come viene riconosciuto questo disturbo, se i pediatri sono in grado di poter prendere in analisi questo problema e che ruolo ha il mondo sanitario con la dislessia. Pertanto la prima domanda che viene posta è:

A) In che modo viene affrontato o gestito il fenomeno dei disturbi specifici di apprendimento, in particolar modo il disturbo di dislessia nel Canton Ticino?

Una seconda domanda alla quale il presente lavoro cercherà di rispondere è:

B) Qual è l’impatto della dislessia nella vita di un bambino e del suo entourage?

Per rispondere a tale domanda si è reso necessario una suddivisione degli aspetti emersi nelle seguenti cinque aree:

L’area genitoriale: capire quali sono le loro reazioni di fonte a questo disturbo, come vivono questo problema, che tipo di collaborazione e aiuto trovano sia a livello scolastico che sanitario sul territorio ticinese, come affrontano questo problema, che dinamiche possono nascere all’interno della famiglia con un figlio dislessico.

L’area psicologica / sociale del bambino: conoscere quali conseguenze può provocare questo disturbo su un bambino che ne soffre e sui loro genitori, quali possono essere i fattori di malessere psicologico e sociale legati al problema di dislessia.

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La formazione scolastica: investigare in che modo la scuola può essere di sostegno per un bambino dislessico, con chi collabora, quale rete attiva, quali risorse o capacità possiede un insegnante di fronte a questo disturbo.

L’area pubblica: riconoscere che tipo di conoscenza ha la popolazione in merito a questo tema e se si può favorire una prevenzione rispetto a questa problematica.

L’area sanitaria: comprendere come viene riconosciuto questo disturbo e se i pediatri sono in grado di poter prendere in analisi questo problema in tutte le sue sfumature.

2.2 Ricerca empirica qualitativa

L’obbiettivo è quello di esplorare le esperienze, i vissuti, le opinioni e le emozioni dei partecipanti all’indagine. Per questo motivo la ricerca svolta è di tipo empirica qualitativa.

Questo tipo di ricerca permette di esplorare in modo schietto e senza abbellimenti la quotidianità e la vita del partecipante. Inoltre cerca chiarimenti, interpretazioni, tendenze, argomenti e temi che sono utili a spiegare e approfondire il contesto che stiamo esaminando (Carey, 2013).

Questa ricerca volge a raccogliere informazioni attraverso testimonianze di attori coinvolti direttamente con la dimensione della dislessia e DSA; indagando le sue conseguenze, il vissuto di fronte a questo disturbo, gli attori e le istituzioni coinvolte.

In una ricerca qualitativa, si cerca di analizzare ed esaminare in dettaglio elementi quali il comportamento, l’atteggiamento, il vissuto e le abitudini di determinati gruppi sociali o di persone singole. Lo scopo è di analizzare e esplorare un fenomeno sociale, un dibattito politico o un insieme di dilemmi etici in correlazione con la pratica del mondo sociale (Carey, 2013). Un altro metodo che richiama una certa creatività nel raccogliere e valutare le informazioni è quello di riuscire a indagare e interpretare le tendenze sociali, imputando ad esse importanza e significato culturale o politico (Carey, 2013).

2.3 Interviste semi-strutturate

Lo strumento utilizzato per raccogliere le informazioni di questa tesi è stato quello dell’intervista semi-strutturata. Questa scelta è dovuta al fatto che questo strumento è basato sulla stesura di domande già predefinite e non, che lasciano all’intervistato una certa autonomia nella risposta (Carey, 2013).

Questo tipo di intervista, è molto funzionale per gli studenti di servizio sociale poiché permette di rispondere alla domanda di indagine sia attraverso quesiti già definiti e strutturati, sia attraverso domande meno strutturate. Queste ultime, danno spazio a maggiori informazioni rispetto a quelle espresse dal partecipante.

Le interviste sono state sottoposte a sette persone che compongono quattro specifici gruppi:

un pediatra dell’Ospedale Regionale di Lugano, due docenti di elementari, tre genitori con figli dislessici e al capogruppo del Servizio del Sostegno Pedagogico.

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Per ogni specifico gruppo ho preparato una differente struttura d’intervista per la quale ho potuto approfondire il tema della dislessia.

Partendo dalla domanda di tesi generale sono stati posti dei quesiti per ogni gruppo di partecipanti con l’obbiettivo di stimolare l’interlocutore al racconto e alla riflessione del tema della dislessia.

La scelta di questi partecipanti è stata accurata e valutata. La dimensione della scuola rappresenta il luogo in cui si iniziano ad ipotizzare questi disturbi ed è sicuramente l’ambiente principale in cui l’alunno soffre. Da questo ne deriva la necessità di intervistare due docenti, al fine di poter raccogliere informazioni riguardo al vissuto e le emozioni dell’allievo e del docente nell’ambito di questo disturbo. Altri attori che sono strettamente correlati a questo disturbo e al sostegno di esso, sono i genitori, che vivono indirettamente queste difficoltà. Durante lo studio sono state prefissate interviste a quattro genitori, ricevendo disponibilità unicamente da tre di essi. L’intermediario responsabile della presa di contatto con i genitori, è stata l’associazione ADAT2. Quest’ultima è un’organizzazione ticinese che si occupa di disturbi specifici di apprendimento, quali dislessia, discalculia, disgrafia, disortografia (DSA), così come disturbi di deficit di attenzione e iperattività (ADHD).

https://associazioneadat.com/

Il settore clinico e sanitario rappresenta il concretizzarsi della diagnosi di questi disturbi. Ne deriva dunque la necessità di intervistare un pediatra, specialista del settore, il quale può dare informazioni più dettagliate rispetto a questo disturbo. Non da ultimo, è stato intervistato il capogruppo del servizio del sostegno pedagogico. Egli collabora con i sevizi offerti dal Cantone, atti a garantire un sostegno all’alunno affinché possa raggiungere il successo scolastico.

Le interviste presenti nel capitolo degli allegati, sono state trascritte rispettando anche l’anonimato delle persone. Soprattutto per i genitori che, per tutelare il minore, hanno preferito l’utilizzo di nomi fittizi.

2 2 L’associazione ADAT ha l’obbiettivo di divulgare maggiormente le informazioni riguardo questi disturbi attraverso giornate informative, conferenze e l’uso dei media e dei social. Garantisce un certo contatto con i vari professionisti quali logopedisti, medici, psicologi, docenti e ricercatori e stipula e collabora con i vari enti e servizi presenti sul territorio. Preme verso progetti formativi e sovrintende le borse di studio per DSA. Preme nella maggiore informazione e conoscenza delle problematiche anche fra genitori, figli e scuola.

https://associazioneadat.com

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3. Il sistema scolastico ticinese

Prima di analizzare il tema della dislessia è necessario dedicare un paragrafo per l’approfondimento del sistema scolastico ticinese e svizzero.

Avere una panoramica generale di questa organizzazione, permette di analizzare i fenomeni legati al tema della dislessia e della formazione, ambe due argomenti in stretta correlazione.

La dislessia è sicuramente un disturbo che vede la sua nascita o la sua scoperta proprio in un cotesto scolastico ed è uno dei luoghi in cui tale problematica può divenire un vero e proprio handicap.

Il sistema scolastico ticinese assiste ad un importante fase di cambiamento a livello legislativo a causa dell’accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola dell’obbligo.

Inoltre, fornisce una serie di servizi che sottostanno al grande cappello del Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS). Essi si dedicano al sostegno dell’alunno in difficoltà al fine di permettergli di raggiungere il successo scolastico. Questo capitolo andrà dunque ad approfondire questi aspetti.

3.1 Il sistema scolastico Ticinese e l’accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria

Il sistema scolastico svizzero viene gestito dai cantoni, dai comuni e dalla Confederazione i quali condividono le varie responsabilità. Questo permette di avere un maggiore occhio di riguardo verso la lingua e le culture diverse di ogni cantone.

Chi detiene la responsabilità principale però sono i cantoni, come quello ticinese. Infatti, in Svizzera ci sono ben 26 sistemi scolastici con peculiarità distinte, i quali si accomunano attraverso dei principi basilari (Klaunzer, 2011).

La scuola dell’obbligo si trova di fronte ad una fase di notevole cambiamento e importanti riforme. Nel 2006 vi è stata una revisione degli articoli costituzionali sull’educazione. La popolazione Svizzera ha acconsentito su larga scala un articolo costituzionale sulla formazione che ha come obbiettivo quello di armonizzare e coordinare i vari sistemi scolatici cantonali. Questa revisione prende il nome di “accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria (Concordato HARMOS)” ed è entrata in vigore il primo agosto 2009 in Ticino stipulata dalla Conferenza dei Direttori della Pubblica Educazione (CDPE). Ai cantoni che vi hanno aderito, sono stati concessi sei anni di tempo per potersi adattare a questa legislazione. https://www4.ti.ch/decs/ds/harmos/home/presentazione/

Dopo questa revisione infatti, i cantoni e la Confederazione hanno il vincolo di unificarsi per quanto riguarda aspetti legati all’età di inizio della scuola, la durata dell’obbligatorietà scolastica, gli obbiettivi e le tempistiche in relazione alle fasi di formazione, il loro passaggio da una fase all’altra e il riconoscimento dei vari diplomi.

L’obbiettivo è dunque quello di garantire la qualità dell’insegnamento e del sistema scolastico utilizzando tecniche ed espedienti collettivi di guida. Ciò garantisce un certo rispetto delle varie culture e lingue presenti nella Confederazione e permette di non sbarrare la mobilità della popolazione verso contesti nazionali o internazionali.

Questa armonizzazione intercantonale propone anche l’obbligo di studiare una seconda lingua nazionale e dell’inglese già durante la scuola elementare. La prima lingua nazionale

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sarà insegnata al più tardi a partire dalla terza elementare, quindi al quinto anno di scuola.

La seconda lingua straniera (inglese) a partire dal quinto anno di elementari, ossia a partire dal settimo anno di scuola.

È a discrezione dei cantoni stabilire e decidere se iniziare con la seconda lingua nazionale o l’inglese. HarmoS prevede inoltre, una terza lingua straniera facoltativa.

Il Canton Ticino si è però procurato una deroga capace di mantenere l’attuale pianificazione, la quale consiste nell’insegnamento del francese, lingua nazionale, a partire dal quinto anno di scuola (terza elementare), del tedesco, sempre lingua nazionale, a partire dal nono anno di scolarizzazione (seconda media) e dell’inglese nel decimo anno (terza media).

https://www4.ti.ch/decs/ds/harmos/home/armonizzazione-degli-obiettivi/

HarmoS definisce anche matematica e scienze naturali, scienze umane e sociali, educazione musicale, educazione visiva, educazione alle arti plastiche e educazione fisica, discipline che devono rientrare nella formazione di base. Le materie appena elencate devono essere fronteggiate da ogni studente durante la scolarità obbligatoria.

https://www4.ti.ch/decs/ds/harmos/home/armonizzazione-degli-obiettivi/

È chiaro che la Confederazione voglia valorizzare il plurilinguismo della Svizzera e le capacità linguistiche nazionali. Il cambiamento dovuto all’armonizzazione della scuola obbligatoria porta una mobilità facilitata all’interno dei confini nazionali. Nonostante ciò, un maggiore carico di studio in età precoce potrebbe essere un vero e proprio ostacolo per i bambini con difficoltà scolastiche o che soffrono di disturbi specifici di apprendimento come la dislessia. Tale cambiamento potrebbe quindi tramutarsi in un possibile fallimento scolastico in un contesto in cui il bambino con difficoltà è già particolarmente sollecitato.

Dall’immagine seguente è possibile osservare lo schema del sistema scolastico ticinese.

Per quanto riguarda il contesto svizzero, la scuola dell’obbligo comprende il grado primario composto dalla scuola dell’infanzia e delle elementari. Il livello secondario I rappresenta le scuole medie. La durata globale dei due percorsi ammonta a undici anni totali (tra cui due nella scuola dell’infanzia) nella maggior parte dei cantoni. È bene ricordare che solo in Ticino vi è la possibilità di frequentare, non obbligatoriamente, la scuola dell’infanzia già a partire dai tre anni.

Nel contesto scolastico ticinese si possono dunque osservare undici anni scolastici relativi al percorso obbligatorio. A loro volta essi si suddividono in: sette anni per il grado primario (due anni di scuole dell’infanzia e cinque per le scuole elementari) e il grado secondario composto da quattro anni di formazione alle scuole medie.

L’asse temporale principale che verrà maggiormente analizzato durante questo scritto è il grado primario, con un occhio di riguardo alla scuola elementare.

Quest’ultima rappresenta il luogo in cui emergono le prime evidenti difficoltà scolastiche, ipotizzando un possibile disturbo dell’apprendimento.

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Figura 1: Grafico del sistema scolastico ticinese

https://www4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/documenti/pubblicazioni/statistica_scolastica/2020_Sc uola_ticinese_in_cifre.pdf

3.2 Il Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS)

Dopo aver compreso le dinamiche del sistema scolastico Ticinese e l’accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria, è bene approfondire i servizi presenti sul territorio. Essi sottostanno al dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, le quali si occupano del sostegno dei bambini con difficoltà scolastiche.

Il DECS si dedica alla formazione obbligatoria, post-obbligatoria e continua e alla promozione della cultura. Essa inoltre cura e dirige le attività amministrative e le armonizza con quelle politiche. La direzione del dipartimento coordina quattro ambiti di competenza che sono: la divisione della scuola, la divisione della formazione professionale, la divisione della cultura e degli studi universitari e la sezione amministrativa. La prima si dedica all’educazione prescolastica, primaria, media e media-superiore. Inoltre si occupa della pedagogia speciale e dell’orientamento scolastico e professionale.

La seconda divisione si dedica maggiormente all’ambito professionale collaborando con le organizzazioni nel mondo del lavoro. La terza divisione si dedica agli istituti culturali

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cantonali, come le biblioteche cantonali, la cultura e le varie università presenti sul territorio.

La sezione dell’amministrazione si dedica invece ai vari aiuti allo studio e alla linea di trasporti per raggiungere le strutture scolastiche. Essa si occupa anche di altre questioni amministrative come può essere il mondo dello sport. https://www4.ti.ch/decs/chi- siamo/presentazione/

3.2.1 Il servizio di sostegno pedagogico

Il servizio di sostegno pedagogico (SSP) che sottostà al Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS) è una prestazione scolastica gratuita che vige in ogni struttura.

Esso si occupa quindi in generale di poter garantire un inserimento e un’integrazione nel mondo scolastico in funzione delle capacità e dei bisogni degli allievi. L’obbiettivo è quello di poter prevenire le problematiche a livello scolastico, valutare e rispettare le varie differenze tra gli allievi. Sostenere quest’ultimi nel loro percorso e nelle loro difficoltà, incentivare le pratiche di formazione, permettere la frequenza regolare a scuola e arricchire la collaborazione tra genitori e docenti.

Il servizio di sostegno pedagogico è un’istituzione presente nelle scuole dell’infanzia, nelle elementari e nelle medie. Il servizio presente nelle elementari si dedica al disadattamento scolastico e si occupa di prevenire e di trattare queste dinamiche (ScuolaLab, n.d.).

Questo servizio collabora in modo diretto con il docente di riferimento, colui che è in prima linea il responsabile delle misure pedagogiche. Il servizio di sostegno pedagogico, inoltre può intervenire in modo indiretto.

Questo servizio è strutturato in gruppi prettamente regionali, che vengono sparpagliati a livello geografico sul territorio ticinese. Ognuno di questi gruppi è composto da svariate figure professionali quali la psicomotricista, il docente di sostegno pedagogico e il logopedista.

Colui che coordina le varie figure è denominato capogruppo. Quest’ultimo ha dunque come obbiettivo quello di coordinare le varie figure presenti, comprese le famiglie, i servizi e gli organi esterni. Questa figura ha, in aggiunta, l’incombenza generale sull’attività diagnostica (ScuolaLab, n.d.).

3.2.2 La sezione della pedagogia speciale

Anche questa sezione sottostà al Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS). Essa si dedica alla strutturazione e alla coordinazione delle misure di pedagogia speciale, lavorando in maniera intersecante con i differenti gradi scolastici. Le quali possono essere le scuole pubbliche o gli istituti privati attraverso delle prestazioni di pedagogia specializzata.

Queste prestazioni, devolute dalla sezione della pedagogia speciale, possono essere delle misure di base, quindi di appoggio, oppure supplementari e sono organizzate in collaborazione con il servizio di sostegno pedagogico.

https://www4.ti.ch/decs/ds/sps/chi-siamo/presentazione/

“L’organizzazione della Sezione si riferisce all'articolo 4 della legge sulla scuola che prevede la trasversalità degli interventi di pedagogia specializzata nei diversi ordini scolastici e alla legge sulla pedagogia speciale per l’erogazione di misure di pedagogia speciale.”

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https://www4.ti.ch/decs/ds/sps/chi-siamo/presentazione/

“Le prestazioni di pedagogia specializzata sono elencate di seguito:

• l’educazione precoce speciale, che comprende la consulenza, il sostegno e l’accompagnamento delle famiglie,

• la logopedia e la psicomotricità,

• gli accompagnamenti e i mezzi necessari per sostenere l’integrazione nella scuola,

• la scolarizzazione speciale,

• gli interventi educativi in strutture diurne o con internato svolti in istituti di pedagogia speciale”

https://www4.ti.ch/decs/ds/sps/chi-siamo/presentazione/

Le prestazioni soprastanti elencate sono a loro volta organizzate dai seguenti servizi della Sezione della Pedagogia speciale:

• Il servizio dell’educazione che si dedica in modo particolare ai neonati a rischio evolutivo ed ai bambini in età prescolastica con uno sviluppo globale irregolare, circoscritto o danneggiato a causa di vari problemi sensoriali o motori o di altre derivazioni. Questo servizio offre sostegno, prevenzione, stimolazione pedagogica- terapeutica e accompagnamento alla famiglia dei bambini nei contesti di socializzazione e di scolarizzazione.

• Il servizio pedagogico per l’integrazione è una delle misure che vengono erogate dalla pedagogia speciale. Esso mette a disposizione un accompagnamento da parte degli operatori pedagogici per l’integrazione (OPI) finalizzato a sostenere il diritto di formazione e all’educazione dei bambini e giovani ragazzi tra i 0 e i 20 anni con dei bisogni particolari richiesti all’interno della scuola regolare.

“L’azione dell'OPI è complementare a quella dei docenti, del servizio di sostegno pedagogico, dell’autorità scolastica, della famiglia e degli eventuali terapisti.”

https://www4.ti.ch/decs/ds/sps/chi-siamo/servizio-pedagogico-per-lintegrazione/

I compiti specifici dell’OPI sono quelli di incoraggiare l’assunzione e l’attribuzione di metodi compensativi e/o dispensativi essenziali per la concretizzazione di un progetto pedagogico. Rinforzare o aiutare l’apprendimento scolastico e sostenere il progresso e la crescita socio-affettivo dell’alunno. Informare e sensibilizzare la dimensione famigliare e scolastica rispetto alle esigenze e le caratteristiche particolari dell’alunno. Agevolare la collaborazione e il coordinamento tra scuola e famiglia. Cooperare insieme ad una rete educativa per assicurare una certa circolarità delle informazioni al fine di elaborare e sviluppare un progetto pedagogico.

Infine, sostenere il concetto di diversità ed incoraggiarlo in un contesto scolastico.

• L’istituto delle scuole cantonali speciali garantisce la scolarizzazione di ragazzi e bambini con bisogni educativi specifici.

• La logopedia si dedica ad anticipare, esaminare e trattare svariati elementi dei disturbi della comunicazione. “Sono incluse le acquisizioni prelinguistiche, la

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comunicazione verbale, la comunicazione non verbale e/o alternativa, il linguaggio scritto, la funzionalità vocale, la funzionalità oro-facciale e vari disturbi della deglutizione” (Ticino, 2021).

https://www4.ti.ch/decs/ds/sps/chi-siamo/logopedia/

La funzione del logopedista, in solitaria o con la collaborazione di altri professionisti, è dunque quello di definire una diagnosi usando test particolari e osservazioni cliniche. Il suo ruolo permette la formulazione di un progetto terapeutico con varie tempistiche e obbiettivi.

https://www4.ti.ch/decs/ds/sps/chi-siamo/logopedia/

I costi della logopedia sono presi a carico dalla sezione della pedagogia. Le condizioni sono essere ivi domiciliati e appartenere alla fascia di età dai 0 ai 20 anni.

In Ticino i logopedisti possono esercitare il loro ruolo all’interno di varie strutture che possono essere pubbliche o private: ambulatori dei Servizi di Sostegno Pedagogico Cantonale (SSP), ambulatori del Servizio dell'Educazione Precoce Speciale (SEPS), istituti, cliniche e ospedali, studi privati.

https://www4.ti.ch/decs/ds/sps/chi-siamo/logopedia/

4. Approfondimenti sui disturbi specifici di apprendimento

La dislessia, oltre che ad essere il tema centrale di questa stesura, è un ambito molto complesso e che merita un’accurata comprensione. Nel capitolo successivo sarà approfondito che cosa sono i disturbi specifici di apprendimento (DSA) e in particolar modo che cosa è la dislessia. Essa è solo uno dei disturbi specifici di apprendimento. Da qui, pertanto, è nata l’importanza di comprendere dapprima i DSA per poi approfondire la dislessia.

La stesura di questo capitolo prevede anche l’analisi di alcuni aspetti del contesto ticinese: i criteri diagnostici in Ticino e le direttive sugli allievi dislessici, disortografici e discalculici che vigono in Ticino sono quindi descritti.

È di cruciale importanza approfondire il tema dei mezzi compensativi, i quali possono colmare le difficoltà della persona dislessica permettendole di raggiungere più successo nella vita scolastica. Al giorno d’oggi la tecnologia è uno strumento innovativo che può favorire il rendimento scolastico del bambino dislessico.

4.1 Cosa sono i disturbi specifici di apprendimento (DSA)

Solitamente la scrittura, la lettura e il calcolo sono elementi basilari per l’apprendimento, ma quando questi fattori presentano delle difficoltà particolari in un soggetto, senza che vi siano deficit di tipo sensoriale, neurologico, relazionale e sociale, si può definire che una persona ha un disturbo specifico di apprendimento (Benso, 2011).

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I disturbi specifici dell’apprendimento sono quindi un insieme eterogeneo di sindromi con alcune entità che si accavallano. Questi disturbi vengono solitamente scoperti in età scolare (Cornoldi, 1991 citato da Stella et al., 2011).

Secondo la National Joint Committee on Learning Disabilities del 1998, i DSA sono un termine di disposizione o di natura generale che si denota come un gruppo eterogeneo di disturbi che si traducono in difficoltà importanti nella capacità della comprensione orale, nella lettura, nella scrittura, nel ragionamento o nella matematica (Stella et al., 2011).

Queste disfunzioni sono proprie della natura di un individuo, verosimilmente correlati ad una disfunzione del sistema nervoso centrale e possono perdurare per tutta la vita. Difficoltà come l’autocontrollo del proprio comportamento e l’interazione sociale possono essere associati al disturbo di apprendimento ma non rappresentano i disturbi specifici di apprendimento (Cornoldi, 1999, citato da Stella et al., 2011).

Infatti, “benché possono manifestarsi in concomitanza con altre condizioni (ad esempio danno sensoriale, ritardo mentale, serio disturbo emotivo) o con influenze esterne come le differenze culturali, insegnamento insufficiente o inappropriato, i disturbi specifici dell’apprendimento non sono il risultato di queste condizioni o influenze” (Cornoldi, 1999, citato da Stella et al., 2011, p.86).

I sistemi internazionali di classificazione clinica (DSM-IV e ICD-10) identificano tre basilari divisioni di disturbi specifici di apprendimento: i disturbi evolutivi specifici del linguaggio, i disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche e i disturbi specifici delle funzioni motorie.

Ognuna di queste divisioni è ripartita a sua volta da altre sottocategorie.

Il fulcro di questo lavoro ricade sui disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche, che si suddividono in dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia (Stella et al., 2011).

L’incidenza e il valore medio della prevalenza di questo disturbo varia dal due al quattro percento in Italia, nelle regioni anglofone invece l’incidenza è maggiore, la quale si registra con una percentuale tra l’otto e il dieci percento (Morotta & Varvara, 2014).

I risultati evidenziano che le donne vengano meno colpite dai DSA risetto agli uomini (Stella et al., 2011).

Le prime difficoltà o i primi dubbi possono sorgere intorno al primo anno di scuola elementare, ma la diagnosi viene effettuata a partire dal secondo o terzo anno di elementari.

Per procedere con una diagnosi, bisogna prima capire quali fattori o difficoltà si manifestano in un individuo. Bisogna infatti escludere quei bambini che presentano caratteristiche come menomazioni sensoriali neurologiche severe, disturbi primari della sfera emotiva o situazioni ambientali (socio-culturali) svantaggiose che possono influenzare l’appropriato insegnamento (Stella et al., 2011).

I campanelli di allarme, gli indizi o i sintomi che si presentano prima di concretizzare il disturbo sono variegati e a volte diventa difficile fare una differenza radicale tra i vari

“sintomi” che si presentano. Infatti, la presenza contemporanea di più elementi è frequente.

Generalmente sono presenti dei disturbi della scrittura, della lettura e degli algoritmi matematici (Stella et al., 2011).

Più nel dettaglio, la disortografia presenta difficoltà a tradurre correttamente i suoni in simboli grafici di scrittura con un ritardo nelle regole fonologiche. Inoltre, è possibile notare molti errori durante un dettato. La disgrafia è rappresentata da una carente fluidità nella scrittura.

Essa si presenta irregolare, confusionaria, disordinata e questo porta spesso ad una scarsa comprensione di quello che si è scritto. La discalculia invece presenta difficoltà nei fattori aritmetici, come difficoltà nel memorizzare i procedimenti o le tabelline, difficoltà nel calcolo a mente o nella valutazione delle quantità (Stella et al., 2011).

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La dislessia invece presenta difficoltà nel codificare i simboli, questo porta ad una conseguenza sulla lettura che diventa poco fluida e che può portare dunque ad una scarsa comprensione del testo (Stella et al., 2011).

4.2 Cos’è la dislessia evolutiva

La dislessia evolutiva (disturbo specifico di lettura nel sistema di classificazione ICD-10 dell’OMS), è il gruppo più tipico della categoria dei disturbi specifici di apprendimento, tanto è che spesso questi due termini vengono usati per definire la stessa cosa (Stella et al., 2011).

La dislessia evolutiva si differenzia da quella acquisita. Quest’ultima si verifica in un individuo perfettamente in grado di leggere come una persona normodotata, ma a fronte di un evento patologico che conduce a delle lesioni nelle aree corticali, porta il soggetto a compiere errori, a non essere più in grado di codificare i segni e di non potersi prestare dunque alla lettura (Stella, 2004).

La dislessia evolutiva invece si verifica quando l’individuo viene introdotto alla lettura. Il soggetto in questione inizia fin da subito ad avere difficoltà in questo esercizio con delle problematiche ad indentificare le lettere dell’alfabeto. Sussistono molte ricerche, le quali dimostrano che la dislessia evolutiva viene tramandata in forma genetica. Sono pure stati identificati i cromosomi contenenti i marcatori genetici che causano le alterazioni linguistiche che rappresentano il fenotipo della dislessia (Stella, 2004).

Le modalità che entrano in gioco per aiutare una persona alla rieducazione sono diverse per quanto riguarda la dislessia evolutiva da quella acquisita. Nella seconda si tratta solo di poter

“aggiustare” quello che è stato danneggiato e di riacquistare una capacità che già si possedeva completamente. Nella prima invece, il soggetto deve acquisire da capo una capacità che non ha mai posseduto. Non si tratta dunque di riparare o sistemare ma piuttosto di poter mettere in atto dei provvedimenti e strumenti supplementari che potrebbero aiutare il soggetto a colmare le difficoltà (Stella, 2004). “Sarebbe dunque più importante parlare di tecniche di educazione assistita, piuttosto che di rieducazione” (Stella, 2004, p.13).

Ciò che caratterizza la dislessia evolutiva è sicuramente la sua singolarità e tipicità poiché, nonostante ci siano delle anomalie persistenti e rilevanti nelle capacità di lettura o di identificazione dei simboli, vi è la peculiare assenza di deficit sensoriali, di deficit cognitivo o intellettivo, danni neurologici, disturbi di comportamento quali relazionali ed emotivi.

Questi criteri sono estremamente importanti e cruciali per definire la diagnosi di dislessia evolutiva, nello stesso tempo però sono gli stessi che rendono questo fenomeno assolutamente impenetrabile, incomprensibile e difficile da indentificare (Stella et al., 2011).

Infatti sembra assurdo pensare che un bambino possedente un’intelligenza nella norma o anche superiore, possa avere tante difficoltà nella lettura e nella scrittura (Stella et al., 2011).

Se per un bambino normodotato è un qualcosa che viene appreso senza minime difficoltà e a costo zero, per un dislessico, la lettura è un grandissimo dispendio di energie (Stella &

Savelli, 2011).

La dislessia evolutiva infatti non ti permette di raggiungere una lettura fluida, soprattutto quella ad alta voce la quale diventa una problematica maggiore mettendo in evidenza questa difficoltà. Un dislessico non riesce a fare il collegamento tra i suoni e i segni grafici e a renderlo automatico (Stella, 2004). Oltre che avere una lettura lenta, ci sono altre

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caratteristiche che si presentano nella dislessia come: la difficoltà nel memorizzare e nell’apprendere, difficoltà a mantenere la linea della riga che si sta leggendo, difficoltà a passare da una riga all’altra, rilettura della stessa riga, pronuncia in modo sbagliato di parole già apprese, difficoltà a dare un tono alla lettura, inadeguata comprensione del testo anche se letto in modo giusto, difficoltà a trovare il segno durante la lettura, omissione di intere parole, difficoltà ad identificare parole non troppo complicate, difficoltà a curare la punteggiatura, divisione di parole in sillabe non corrette, posture inadeguate durante la lettura (Stella et al., 2011).

4.3 Gli strumenti compensativi e dispensativi

“Adattando opportunamente la definizione di ausilio3, possiamo chiamare strumento compensativo qualsiasi prodotto, attrezzatura o sistema tecnologico che sia in grado di bilanciare un’eventuale disabilità o disturbo riducendone gli effetti negativi.” (Fogarolo &

Scapin, 2010, p. 17).

Per gli allievi con DSA si indicano o si suggeriscono determinati strumenti o apparecchi come la tabella dei mesi, la tabella dell’alfabeto, la calcolatrice, le tavole pitagoriche, i computer o i tablet, il registratore, la tabella delle formule geometriche o delle misure. Tra loro, questi strumenti, possono avere diverse differenze per quanto riguarda il loro modo di utilizzo, la complessità e la loro efficacia.

Se da un lato vi sono mezzi che vanno a compensare le difficoltà dell’alunno, dall’altro ci sono anche le misure dispensative, che permettono di essere esonerati da una determinata lingua internazionale (Fogarolo & Scapin, 2010).

Secondo Fogarolo e Tressoldi (2011) l’utilizzo di strumenti compensativi, quali tecnologie informatiche, non possano essere paragonati a degli occhiali da vista o agli apparecchi acustici. Questi ultimi, una volta indossati, risolvono gran parte del disturbo di cui si è affetto.

I ricercatori menzionati in precedenza, sono dell’idea che questa analogia non può essere sostenuta poiché l’utilizzo di un mezzo compensativo quale il computer richiede una determinata tempistica per apprenderne la sua funzione e il suo meccanismo. Infatti,

“l’efficacia di questi strumenti è strettamente correlata alla capacità d’uso” (Fogarolo &

Tressoldi, 2011, p. 206).

Bisogna essere in grado di insegnare agli allievi con DSA come utilizzare correttamente questi strumenti. L’alunno infatti deve possedere delle competenze e capacità informatiche valevoli per poter stare al ritmo dei compagni in modo però, completamente diverso.

L’insegnamento di questi apparecchi spetta anche ai professionisti scolastici che devono essere in grado di fornire delle prime indicazioni sull’utilizzo. È bene tenere presente anche che non vanno solo valorizzati e sostenuti gli strumenti compensativi tecnologici, ma bisogna anche capire la validità di altri tipi di strumenti. Bisogna dare dunque valore anche ad altri mezzi che in determinate situazioni possono sicuramente essere più funzionali (Fogarolo &

Tressoldi, 2011).

3 Lo Standard ISO 9999 definisce ausilio “ qualsiasi prodotto, strumento, attrezzatura, o sistema tecnologico di produzione specializzata o di comune commercio, utilizzata da una persona disabile per prevenire, compensare, alleviare o eliminare una menomazione, disabilità o handicap.” ( Fogarolo &

Scapin, 2011, p. 17)

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4.4 Direttive sugli allievi dislessici, disortografici e discalculici in Ticino

Queste direttive richiamano la Legge sulla pedagogia speciale del 15 dicembre 2011 e il Regolamento della pedagogia speciale del 26 giugno 2012.

Vista l’esigenza di favorire una conforme scolarizzazione agli alunni dislessici, discalculici e disgrafici il DECS decreta diverse direttive. La scuola autorizza ad appellarsi a misure pedagogiche di base sia durante la lezione, che durante una prova o un test. Tutti gli alunni che presentano una forma di DSA e rientrano nei criteri diagnostici internazionali stabiliti dal responsabile cantonale per la logopedia possono usufruire di queste misure.

A seguito di un’attenta valutazione di ogni situazione specifica, seguendo le leggi emesse per ogni grado e ordine di scolarizzazione nel settore di un progetto pedagogico, possono essere concretizzate diverse misure o interventi come: permettere di utilizzare gli appunti dei compagni e di delimitarne l’utilizzo, dare più tempo durante un test, trasmettere compiti scritti (se possibile sul computer oppure oralmente), il diritto di avere, durante le ore di insegnamento delle brevi pause oppure di svolgere gli esercizi assegnati in un’aula distinta.

Se necessario, dopo aver adottato i provvedimenti soprastanti, vi è la possibilità di utilizzare dei mezzi compensativi quali il correttore automatico, strumenti che consentono di leggere ad alta voce il testo (sintesi vocale), il dizionario digitale, o altri strumenti compensativi quali l’uso della calcolatrice, di tabelle, di un registratore o di una penna digitale.

C’è anche la possibilità, sempre considerando il grado di scolarizzazione, di applicare misure come quello di fare esami orali invece che scritti, accorciare le verifiche con una valutazione diversificata, oppure la dispensa dalle lingue straniere.

Chi è competente rispetto a queste misure è la direzione della scuola oppure il servizio di pedagogia speciale. L’unica eccezione è data dalla penna digitale che è di competenza unicamente dell’ufficio pedagogico speciale. Gli ultimi, hanno anche la responsabilità di emanare il documento che attesta un disturbo dell’apprendimento.

https://www4.ti.ch/fileadmin/DECS/downloads/LegislazioneScolastica/Direttive/2014_D_sugli __allievi_dislessici_disortografici_e_discalculici.pdf

4.5 Criteri diagnostici in Ticino

Come è già stato analizzato, i DSA si presentano in assenza di una difficoltà cognitiva, quindi il bambino deve avere un QI intellettivo nella norma. Inoltre vi è l’assenza di problemi organici o psicologici. Per quanto riguarda il contesto ticinese, la diagnosi può essere eseguita al terzo anno di elementare. L’evidente divario fra i risultati cognitivi e le capacità di lettura, scrittura e di calcolo supportano la possibilità di circoscrivere la presenza di un disturbo specifico di apprendimento.

https://www.logopaddiste.com/dsa.html

La diagnosi, nel nostro cantone, avviene attraverso un test cognitivo svolto da uno psicologo che ha le capacità e le competenze per fare questa valutazione. Esso deve essere approvato e riconosciuto dal cantone. In seguito è doverosa una valutazione dal logopedista per tutto ciò che concerne la lettura la scrittura e il calcolo. I risultati delle due valutazioni vengono poi presi in causa da un professionista logopedico che potrà valutare di pronunciarsi in merito ad una certificazione di DSA.

https://www.logopaddiste.com/dsa.html

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5. Dissertazione, risultati e analisi dei dati raccolti e riflessioni

Per svolgere questo capitolo sono stati presi in considerazione i dati più emergenti, rilevanti e significativi risultati dalle interviste. Non è stata dunque possibile prendere in considerazione tutti gli elementi poiché avrebbero richiesto un lavoro che va oltre alle pagine stabilite.

La domanda di indagine resta il quesito principale a cui si vuole rispondere, per raggiungere questo obbiettivo il capitolo è stato diviso in cinque parti fondamentali. Gli elementi e le considerazioni emersi saranno dunque esposte all’interno di cinque grandi tematiche e sottogruppi al fine di poter darne un senso logico, coerente e ordinato.

Queste cinque tematiche sono: l’area genitoriale, l’area psicologica e sociale del bambino, l’area della formazione e dell’apprendimento, l’area pubblica e l’area sanitaria.

Quando si parla di dislessia non si fa riferimento solo ad un aspetto puramente clinico, ma intorno ad essa vengono coinvolte altre dimensioni, quali quella genitoriale, quella psicologica e sociale, quella scolastica e quella pubblica.

Rispetto ad ogni tema, sono stati sviluppati altri sottotemi, dove gli elementi più significativi sono stati riportati in modo da confermare quanto analizzato. I dati sono stati correlati alle interviste e a dei nuovi spunti teorici, essenziali per confermare ciò che viene esposto.

5.1 L’area genitoriale

5.1.1 La conoscenza rispetto al disturbo

In genere, il genitore si ritrova totalmente sprovveduto e impreparato rispetto ad una possibile diagnosi di DSA o rispetto a difficoltà scolastiche significative (Stella, 2011).

Come afferma una mamma (Gen.1, 2021) la dislessia è stata una vera e propria sorpresa.

Dai vissuti dei genitori emerge infatti, quanto in realtà la tematica della dislessia non sia pienamente conosciuta, almeno che non ci siano già casi in famiglia. La prima mamma (Gen.

1, 2021) si è dovuta documentare in merito a questo una volta che il percorso fatto a scuola lasciava presagire la possibilità di un disturbo specifico. Il suo obbiettivo è stato quello di poter capire come aiutare suo figlio. La seconda mamma (Gen. 2, 2021), ha una conoscenza verso questo tema dovuta al fatto che suo marito è dislessico e conoscendo il problema sapeva già come attivarsi e muoversi. La terza mamma (Gen. 3, 2021) afferma invece di non essere stata assolutamente al corrente di cosa significasse soffrire di DSA e di cosa si trattasse.

Da ciò ne deriva l’importanza di capire quanto realmente il genitore è informato rispetto a questo tema. Avere delle conoscenze rispetto al tema permetterebbe di poter essere fin da subito più comprensivi riguardo le difficoltà scolastiche del figlio e quindi di affrontare al meglio questa sfida.

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Sicuramente, avere in famiglia delle persone che conoscono bene il tema può essere vantaggioso poiché si potrebbe intervenire sul problema in maniera più efficace e prematura.

Tutte le mamme a cui ho rivolto l’intervista, si sono poi documentate riguardo questo tema spinte dalla volontà di poter essere maggiormente di sostegno per il figlio. Una di queste ultime (Gen. 1, 2021), afferma di aver in seguito letto molti libri e di aver poi parlato con tante persone per raccogliere informazioni. L’associazione Ticinese ADAT le ha permesso di migliorare le sue conoscenze. La seconda mamma (Gen, 2, 2021), oltre ad avere informazioni che arrivavano dal marito dislessico, si è comunque documentata in seguito per saperne di più, anche attraverso congressi di associazioni Italiane. Anche la terza mamma (Gen. 3, 2021) afferma di aver partecipato a molti congressi per potersi avvicinare maggiormente a questo tema.

I congressi e le associazioni rappresentato quindi, da quello che emerge, un punto di incontro fondamentale per i genitori che vogliono approfondire l’argomento, chiedere consigli e condividere i loro vissuti.

5.1.2 Difficoltà iniziale da parte del genitore a capire il disturbo

I genitori di solito sostengono i propri figli nelle attività extra-scolastiche, quali compiti e consegne. Quando si registrano però le prime difficoltà nell’affrontare questi esercizi, il genitore, generalmente, non comprende il motivo di tali problematiche scolastiche e tende ad attribuire a suo figlio l’etichetta di nulla facente: “non si impegna abbastanza”, “non è motivato abbastanza” (Stella, 2004).

Una mamma (Gen. 1, 2021) a cui ho sottoposto l’intervista ha riferito che inizialmente, di fronte alle difficoltà di suo figlio si sentiva spazientita e presa in giro. Nonostante questa mamma adesso sappia che cosa è la dislessia, fatica ancora a comprendere questo disturbo. Lei è a conoscenza che suo figlio ha delle difficoltà, ma ciò non le permette di immedesimarsi appieno nella situazione del figlio. Riferisce che il ragazzo usa tante strategie scolastiche per compensare il disturbo, nonostante ciò lei fatica a capirlo appieno. Questo genera in lei, ancora adesso, un po’ di impazienza con lo svolgimento dei compiti scolastici, benché sia a conoscenza che questo comportamento non è di aiuto al figlio. (Gen. 1, 2021).

Comprendere infatti il problema che sta a fondo può diventare un percorso lungo, poiché si fa fatica ad abbandonare il pensiero o l’idea diversa da quelle che sono la mancanza di motivazione o di impegno. Fondamentalmente richiede tempo e conoscenza capire quale sia realmente il problema che sta a fondo (Stella, 2004).

Nel mentre, il genitore deve continuare a sostenere suo figlio nei compiti scolastici e questo può portare ai primi conflitti famigliari. Il genitore si vede frustrano e privo di pazienza nell’aiutare suo figlio perché gli è difficile capire per quale motivo egli non riesca ad apprendere nonostante gli sforzi insistenti del genitore. Il bambino risponde con crisi di pianto, frustrazione e non si sente capito neanche dai suoi genitori. Quello che succede a casa diventa a lungo andare la fotografia di quello che il bambino vive anche a scuola e diventa in breve tempo una sofferenza e un supplizio sia per i genitori che per il bambino dislessico. Il soggetto affetto da dislessia, se non capito o se la natura delle sue difficoltà non viene riconosciuta, può diventare un vero e proprio problema (Stella, 2004).

Se l’idea sovrastante del genitore rimane quella della mancanza di voglia o di impegno, il bambino si sente svalutato e poco riconosciuto rispetto alle attese e le aspettative che la famiglia ha verso di lui, di conseguenza perde la fiducia in sé stesso e verso i genitori che

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non lo vedono più come un bambino capace e pieno di potenzialità. Essere riconosciuto come un individuo valido e pieno di qualità era forse quello che si sentiva dire prima e adesso non più. In questa casistica, il genitore che aiuta il proprio figlio a fare i compiti vive una vera e propria sfida e sofferenza. Un possibile risvolto potrebbe essere l’adozione di strategie non ottimali quali castighi e minacce (Stella, 2004).

Alle prime difficoltà dell’alunno, la scuola richiama i genitori a dover dedicarsi maggiormente alle attività extra-scolastiche e sollecitati a prendersi più tempo per aiutarlo a fare i compiti.

Spesso vengono invitati a riflettere e valutare se i problemi scolastici non siano collegati ad un malessere famigliare.

Una docente intervistata afferma che quando ci sono difficoltà scolastiche, l’istituto lo segnala ai genitori chiedendo loro di lavorare maggiormente a casa con il figlio (Doc. 2, 2021). Il genitore quindi si ritrova a vivere questa situazione in modo negativo e sfiancante, data dai conflitti con il figlio nello svolgere i compiti a casa e dalla pressione dell’istituto.

Quest’ultimo insiste nel lavorare maggiormente con il figlio negli orari extra-scolastici (Stella, 2004).

“Insomma, il problema di apprendimento del proprio figlio si trasforma spesso in un problema relazionale e sociale che coinvolge tutta la famiglia” (Stella, 2004, p.62).

Quando la scuola entra in contatto con la famiglia per annunciare le prime difficoltà evidenti, lo si fa tramite la docente di sostegno che indirizza la famiglia verso delle prime ipotesi (Doc.

1, 2021).

Il primo approccio con l’esperta in materia, può essere delicato, poiché iniziano le prime ipotesi che il proprio figlio possa essere diverso dagli altri. La richiesta del sostegno arriva dopo una serie di fallimenti scolastici e può essere percepito dai genitori come una disgrazia.

Può succedere che, quest’ultimi, rifiutino questa figura di aiuto poiché vogliono proteggere il proprio figlio, temono le frustrazioni sociali legate a questo tipo di sostegno (Stella, 2004). In realtà, secondo la docente intervistata, spesso i genitori si rivelano molto collaborativi e confermano le difficoltà evidenti del figlio (Doc.1, 2021). A lungo andare i genitori, chi prima chi dopo, capiscono l’effettivo problema del figlio e si sforza maggiormente nella comprensione della problematica. Una volta che la spiegazione a queste difficoltà emerge, il genitore sa dunque comprendere la frustrazione e il malessere del figlio e si attiva poi a trovare delle strategie per colmare le difficoltà. Questo avviene una volta che si prende consapevolezza o si viene a conoscenza del problema, anche grazie a specialisti in grado di individuare i disturbi specifici di apprendimento (Stella, 2004).

Da questo nasce la riflessione che il docente di sostegno svolge un ruolo essenziale al fine di informare e appoggiare i genitori su questa problematica. Una volta che quest’ultimi prendono conoscenza del problema, potranno vedere il figlio con altri occhi e capire effettivamente le difficoltà del figlio. Questo può dunque generare maggiore benessere all’interno della famiglia. Prima il genitore capisce cosa sta succedendo, prima può capire il disturbo, evitando etichette che portano il bambino a non essere appoggiato e compreso e intervenire sull’autostima. Il capogruppo di sostegno intervistato afferma infatti che il docente di sostegno, oltre che mettere al centro il bambino, ha una stretta collaborazione anche con la famiglia. Ne deriva infatti una necessaria partecipazione dei genitori durante tutto il progetto che si crea per il bambino e un’adeguata informazione per i genitori. I genitori infatti, a dipendenza della situazione, occupano un posto di qualità all’interno del progetto (SosPed 1., 2021)

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5.1.3 Il dispendio di energie e tempo per i genitori

Dai genitori intervistati emerge molto la dimensione del tempo. Un genitore (Gen. 3, 2021) ha espresso il fatto che seguire il proprio figlio a livello scolastico risulta impegnativo. Questo influenza particolarmente la famiglia sul carico di lavoro. Esprime però la sua fortuna nell’avere una famiglia unita, il marito è sempre stato presente e di supporto nel gestire queste difficoltà riscontrare. Non è il caso di una mamma con famiglia monoparentale (Gen.

1, 2021) che afferma di non avere avuto nessun tipo di aiuto da parte del padre che non dava importanza al problema. Avendo un lavoro in proprio, è riuscita a gestire le ore di lavoro per dedicare il suo tempo libero a suo figlio, ricevendo anche sostegno dai figli maggiori.

Un’altra mamma (Gen. 2, 2021) invece, esprime di avere avuto fortuna poiché è riuscita a dedicare molto tempo a suo figlio dislessico e ha deciso di farlo in maniera intensiva, tanto da farne una professione. L’impegno e il tempo investito sono sicuramente tanti. Inoltre, afferma di aver sofferto con il figlio quando aveva delle delusioni scolastiche oppure era logorato o esaurito. Lei afferma che ci sono varie forme di reazione rispetto a queste difficoltà, si può diventare aggressivi, chiudersi in sé stessi o rassegnarsi davanti al problema. Secondo lei le problematiche del figlio hanno un grande influsso sulle dinamiche famigliari e vanno perciò sostenute maggiormente (Gen. 2, 2021).

Spesso ci sono anche delle accuse che arrivano dall’esterno rispetto alla poca dedizione e impegno a seguire il proprio figlio nelle questioni scolastiche. Lei afferma che è evidente la differenza tra un bambino non dislessico e uno dislessico. Il tempo e l’impegno da dedicargli è sicuramente molto più significativo.

Una docente (Doc. 2, 2021) esprime anche il fatto che non sempre i genitori sono pienamente in grado di poter sostenere i propri figli nella vita scolastica. Non solo per la mancanza di tempo per i genitori che lavorano a tempo pieno, ma anche dovuto ad una questione di multiculturalità sempre più presente in Svizzera. Non tutti sul nostro territorio hanno le capacità linguistiche italiane sufficienti per poter sostenere il figlio e non tutti hanno le conoscenze o le facoltà mentali o cognitive per farlo. La scuola però richiede, soprattutto agli inizi, un forte impegno da parte dei genitori. Ciò che non viene fatto dai genitori a casa, sta poi al docente recuperarlo, ma anch’essi faticano a trovare il tempo necessario in situazioni problematiche.

5.1.4 La dislessia come sofferenza indiretta del genitore

Il genitore si trova in prima linea insieme alla scuola coinvolti in questo disturbo. Il disturbo della dislessia può avere delle ripercussioni a livello psicologico e sociale sul figlio, così come sul benessere del genitore (Marzocchi & Tobia, 2011). Gli adulti che osservano i bambini con DSA si rendono ben presto conto delle notevoli difficoltà riscontrate su più fronti:

spesso appaiono demotivati, frustrati dall’insuccesso scolastico e disinteressamento nella scuola e nei compiti. Queste emozioni negative vissute dai bambini con DSA inevitabilmente influenzano anche i genitori che vengono emotivamente coinvolti in questo (Chitiyo &

Wheeler, 2006).

Infatti, il vissuto dei genitori rispetto a questo disturbo esprime un certo smarrimento iniziale e preoccupazione. Una mamma (Gen. 2, 2021) esprime il fatto di essere inizialmente

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disorientata e che non sapeva ancora bene cosa significasse essere dislessici, nonostante suo marito lo fosse. Ha espresso anche una certa paura o spavento quando ha iniziato a documentarsi, poiché si è ritrovata davanti a lei un grosso ostacolo. Un’altra mamma (Gen.

1, 2021) invece esprime il fatto che è stata una dura guerra in solitaria, molto faticosa affrontare sola. Da parte sua si era presentata molta ansia e paura. Prima di ricevere la diagnosi non sapeva cosa stesse succedendo, era confusa e non sapeva come muoversi.

Inoltre, si sentiva come abbandonata poiché riteneva che nessuno la capiva a pieno. L’ultima madre (Gen. 3, 2021) afferma che per lei dipende come si affronta la situazione, bisogna logicamente rimboccarsi le maniche. Esprime il fatto di essere fortunata poiché ha una famiglia unita e che quindi sono riusciti ad essere di sostegno alla figlia. Non hanno vissuto tutto questo come un problema.

Prendendo atto che il bambino fa parte di un contesto dinamico, il quale può influenzarlo indirettamente o direttamente e allo stesso tempo ne viene influenzato, affiora la necessità di prendere in considerazione il vissuto dei genitori che percepiscono indirettamente la sofferenza e lo stato d’animo del proprio figlio dislessico. Questo può condizionare la risposta e l’atteggiamento verso essi (Marzocchi & Tobia, 2011).

Il rapporto genitore-figlio va sicuramente al dì la degli aspetti scolastici benché abbiano un’importante incidenza. Il vissuto scolastico comincia ad avere un impatto sulla famiglia già a partire dalla prima elementare, quando il tema della scuola può creare discussioni. Da uno studio che ha approfondito il livello di ansia nelle mamme di bambini con DSA condotto da Karande e altri collaboratori (Karande at al., 2009) è emerso quanto questo fattore abbia una grande incidenza. Tre quarti delle mamme soffre di ansia già prima della diagnosi. Essa è provata dalle mamme con figli con DSA e emergeva sotto forma di tre aspetti: la preoccupazione rispetto al futuro lavorativo e scolastico del figlio, il basso rendimento scolastico e l’atteggiamento del proprio figlio quale aggressività, frustrazione, pigrizia.

Un esperimento condotto da Dyson (1996) prende in esame diciannove famiglie di bambini con disturbi specifici e difficoltà, analizzandone lo stress dei genitori e il funzionamento del nucleo famigliare. I risultati dimostrano ed evidenziano un particolare stress all’interno delle famiglie di bambini con difficoltà. Quello che spaventa di più la famiglia è dunque l’insuccesso scolastico ed accademico e le difficoltà emotive e relazionali che ne derivano.

Il risultato di un’altra ricerca afferma invece che un genitore ben incluso in una rete sociale, emotivamente e psicologicamente sano, tenderà ad avere un figlio maggiormente soddisfatto delle sue relazioni amicali e famigliari, sentendo meno il peso degli insuccessi scolastici.

Infatti, il benessere del genitore sembra fronteggiare il benessere e la stabilità emotiva del figlio (Ginieri-Coccossis et al., 2012).

Questi risultati sono sicuramente significativi per i clinici e le figure che si dedicano al trattamento dei DSA, perché dimostrano quanto sia essenziale ed importante la presa a carico della famiglia e il sostegno della funzione genitoriale (Ginieri-Coccossis et al., 2012).

Riferimenti

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