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CONSApEVOLI METAMORFOSI

Attività e Terapie Assistite con cavalli ed asini nella cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare: un’esperienza di terapia integrata

presso un Centro residenziale dell’ASL di potenza

nIcoleTTA lABAncA

Psicologa-Psicoterapeuta, Responsabile del centro di educazione equestre “lago di cogliandrino”(Pz) motivazioni molteplici ci hanno spinto – ormai tre anni fa - ad avviare un’interessante spe-

rimentazione che vede l’impiego delle Attività e Terapie Assistite con cavalli ed asini nella cura dei Disturbi del Comportamento Ali-

mentare. Un fenomeno, questo dei d.c.A., in costante diffusione al punto che diversi autori parlano di una vera e propria epide- mia sociale. In Italia, secondo i dati del mi- nistero della sanità, per ogni 100 ragazze in età adolescenziale, 10 soffrono di qual- che disturbo collegato all’alimentazione, 1-2 delle forme gravi come l’Anoressia e la Bulimia, le altre di manifestazioni cliniche transitorie e incomplete.1

nel 2006 l’Azienda sanitaria di Potenza (ex Asl n° 3 di lagonegro) ha avviato il centro “G:Gioia”, uno tra i pochi centri in Italia – di tipo residenziale e pubblico per

la cura dei dcA (il primo per numero di posti letto)2. si tratta di un servizio strutturato secondo una rete di tipo dipartimentale articolata in diversi livelli di trattamento sulla base delle caratteristiche di gravità dei d.c.A. (day hospital, ambulatorio integrato e residenza- semiresidenza). Il trattamento residenziale dispone di n.16 posti letto, accoglie pazienti dai 12 anni in poi e prevede l’applicazione di un programma di riabilitazione ad alta intensità della

durata di tre-cinque mesi. I criteri di accesso a questo trattamento sono definiti dall’èquipe sulla base di un’attenta valutazione clinica, motivazionale e contestuale ed è a questo livello che si inserisce il nostro lavoro con gli animali.

dall’avvio del servizio a oggi, circa 150 pazienti hanno avuto modo di essere inserite anche nel percorso di Attività e Terapie Assistite con cavalli ed asini. di queste, la maggio- ranza ha concluso il percorso e solo una piccola percentuale ha interrotto il ciclo terapeutico, generalmente per impedimenti di ordine fisico. non si sono osservate differenze significative rispetto alla tipologia di disturbo (A.n., B.n., Bed); le differenze sono piuttosto legate a caratteristiche di personalità e al diverso modo di relazionarsi di ognuna di loro.

1 dietro un quadro clinico di patologia alimentare possiamo trovare tutta una serie di problemi, dalla nevrosi alla

depressione a un delirio psicotico, a uno squilibrio occasionale e transitorio in un quadro di quasi – normalità.

2 Il centro G. Gioia è oggi centro di riferimento regionale, coinvolto con altri quattro centri nazionali, in una

Presso il nostro c.e.e.3- situato a circa un mezz’ora di distanza dal centro G. Gioia - nella splendida cornice naturalistica del lago di cogliandrino, si è pensato ad un’organizzazione delle attività articolate in ciclo terapeutico che prevede una serie di passaggi e comprende attività indoor (partecipazione settimanale a riunioni di équipe, somministrazione di questionari, consegna di materiale informativo e documentativo, incontri di gruppo e colloqui individuali) ed outdoor (ge- stione di tutte le attività con cavalli ed asini).

È ormai noto che per affrontare disturbi com- plessi come quelli del comportamento alimentare si rende necessario un approccio a più vie e, con- seguentemente, interventi integrati4 che agiscano non solo sotto il profilo del controllo dei sintomi ma anche ad un livello più profondo ed allargato al quale le Attività e Terapie Assistite con cavalli ed asini sembrano poter apportare un significativo contributo. Tali attività si configurano ovviamente come co-terapia, ponendosi ad integrazione di tutte le altre terapie, mai in sostituzio- ne, e senza mai ignorare la priorità di azioni rivolte a tamponare o far regredire l’emergenza. Al tempo stesso, però, consapevoli del fatto che i D.C.A. sono disturbi con una valenza fortemente

esistenziale il cui nucleo psicopatologico è un’idea ossessiva di voler perdere peso e che, quindi, provocare un cambiamento nelle persone affette da tale disturbo vuol dire non solo manipola- re il loro bilancio energetico per farle dimagrire o ingrassare, ma aiutarle a risolvere i problemi della propria esistenza acquisendo sicurezza e capacità nella gestione delle relazioni.

obiettivo prioritario del lavoro con le persone con d.c.A. è quello di favorire un risveglio

emozionale, di trovare un accesso al blocco emozionale sottostante il disturbo per cercare di aprire un primo varco motivazionale e partecipativo. le possibilità di successo del trattamen- to, infatti, sono funzione del livello di motivazione del paziente al cambiamento: non esistono soluzioni miracolistiche che i terapeuti, per quanto preparati, possano mettere in atto al di là del paziente. ciò che conta veramente, forse ancor più che il metodo terapeutico, è la doman- da di guarigione che la persona riesce ad esprimere: la ferma volontà di tornare a vivere.

nelle A.A.A./T. (Animal Assisted Activities e Animal Assisted Therapy) è possibile av- vicinarsi ai propri sentimenti in un clima di accoglimento e di comprensione che permette di cogliere il proprio modo di essere in rapporto al mondo e, al tempo stesso, di liberare le energie, imprigionate in un circolo vizioso di digiuni e abbuffate, in investimenti più creativi, capaci di rimettere in moto la vita psichica.

1.1 Il coRPo

Anoressia nervosa, bulimia nervosa e obesità psicogena non hanno a che fare con un pro- blema fisiologico che scatena la troppa, o la troppa poca “fame”. si tratta, piuttosto, di pato- logie che esprimono una profonda sofferenza psicologica che investe aspetti decisivi sul piano della costituzione dell’identità e che sceglie il corpo come teatro della sua espressione.

3 c.e.e. sta per Centro di Educazione Equestre, istituito per iniziativa dell’Associazione di volontariato per i

disabili “Angelo Custode” – ONLUS situato presso il Parco sociale “Beato domenico lentini” a cogliandrino di lAURIA (Pz).

4 la necessità di integrare diverse tecniche d’intervento terapeutico nel trattamento dei dcA ha ricevuto crescen-

In queste pazienti il corpo si fa teatro di dimensioni psicorelazionali e culturali, e diventa testimonianza visibile, benché muta, dell’arresto del processo evolutivo individuale e familia- re. Il corpo che viene superinvestito narcisisticamente fino a diventare luogo elettivo del sen- timento di identità, del senso di sé, inteso come rappresentazione soggettiva di sé ha bisogno di essere riscoperto e a poco a poco rispettato e amato. Una delle principali difficoltà della persona con dcA riguarda proprio la possibilità di riconoscere e identificare correttamente le sensazioni corporee, d’interpretare i messaggi che provengono dal corpo, il quale viene concepito come strumento della mente, un oggetto da osservare e soprattutto da controllare: il corpo difficilmente viene ascoltato, di esso invece viene costruita un’immagine spesso irreale. A partire dai lavori di hilde Bruch (1962), la distorsione della propria immagine corporea è stata considerata come il tratto distintivo dell’anoressia e della bulimia e rappresenta un indice diagnostico e prognostico di questi disturbi.

la cornice in cui si inserisce il nostro lavoro è quella di rimettere la paziente in contatto con il proprio corpo e proprie sensazioni, rendendola consapevole degli impulsi, sentimenti e bisogni che originano al proprio interno, inducendo una riorganizzazione dell’esperienza corporea, base per una costruzione stabile e profonda del proprio sé.

Il rapporto con gli animali può offrire un contributo notevole per sviluppare quello che alcuni autori chiamano il pensiero corporeo, ovvero, la capacità di utilizzare il cor- po, le sue sensazioni e reazioni, nei processi di pensiero e di interazione con la realtà. Un buon radicamento propriocettivo, la disposizione cioè a riconoscere le sensazioni fisi- che e la capacità di individuarne le diverse qualità è, di fatto, la base del pensiero corporeo. Inoltre questa consapevolezza, ottenuta attraverso il corpo, può aiutare a modificare l’atteg- giamento molto più facilmente di un intero discorso.

Il corpo rappresenta il nostro primo contatto con il mondo, è anzitutto attraverso il corpo che iniziamo e sviluppiamo le nostre relazioni. Per queste ragioni, il lavoro dell’operatore ri- chiede un uso consapevole dei sensi, in particolare del contatto corporeo. Una mano prudente e rispettosa, che sa toccare comunicando e sa modulare, attraverso il tocco, diversi gradi di empatia a seconda del bisogno della persona, conferma alla persona che si ha cura di lei. Il

linguaggio del corpo è il punto chiave. la naturalezza e la sapienza affettiva espressa da chi cura diventano il veicolo di un linguaggio che, se attraversato dall’amore, può accogliere il corpo ferito e restituirgli la sua identità, la sua dimensione umana. Il lavoro col corpo, sia esso di contatto o di movimento, è così potente che ci sono discipline, teoricamente solo fi- siche, che vanno tanto in profondità da operare talvolta forti cambiamenti nell’intero sistema psicofisico e, ovviamente, ci sono molti modi di lavorare col corpo. Quello al quale si rifà la tecnica che uso nel mio lavoro utilizza in primo luogo un rispecchiamento continuo teso ad aumentare la consapevolezza.

Un’ospite ci scrive

“Lavorare con gli asini e i cavalli mi ha permesso di scaricare tutte le mie tensioni e poi mi ha permesso di ascoltare le mie più intime sensazioni interiori riconquistando anche una completa conoscenza dei miei sensi e delle mie facoltà percettive nella loro naturalezza e genuinità”.

Il lavoro necessario ad aiutare le persone affette da d.c.A. ad instaurare una relazione con l’animale è facilitato dal fatto che si tratta di un rapporto vissuto come non giudicante, che rimanda a qualcosa di naturale, di innato. la tematica del giudizio è molto forte, queste per- sone sono giudici spietati in primis di loro stessi - giudizio ovviamente non realistico - sono caratterizzate da una rigidissima autocritica. Imparando a riconoscere a sé stessa i propri meriti ed i propri successi, la paziente imparerà anche a “volersi bene”, a guardarsi con un occhio via via sempre più benevolo ed umano. A conferma di quanto appena detto un’ulte- riore dichiarazione

“Avere avuto il contatto con questi animali, mi ha dato la possibilità di trovare quella tran- quillità con me stessa e di essere amata da animali senza essere giudicata”.

Gran parte degli esercizi soprattutto all’inizio dell’Attività sono rivolti all’acquisizione di fiducia alla necessità/possibilità di affidarsi e, quindi, abbandonare il controllo. nello stadio avanzato del disturbo i pensieri e le preoccupazioni relative all’alimentazione, al peso e alle forme corporee occupano tutti gli spazi mentali disponibili e il controllo diventa l’unica prio- rità della vita. Un esercizio indicativo del lavoro sulla fiducia è quello della foto seguente: abbandonati sul dorso dell’animale (a mò di sacco) s’invita la paziente a sintonizzarsi sul suo respiro (la bellissima sensazione che si prova è dell’unione con un altro essere e quindi del superamento del senso di solitudine estrema che queste persone vivono).

1.2 lA RelAzIone

come ho già avuto modo di scrivere in un precedente articolo5, un altro importante moti- vo d’interesse dell’utilizzo delle A.A.A./T. credo vada ricercato nella problematicità che le persone affette da questo tipo di disturbo hanno nel rapporto con l’”Altro”, dove per “Altro” intendo la realtà circostante, il mondo esterno (gli affetti, la società, ecc..) ma anche l’altra parte di sé. In queste persone, infatti, sembra verificarsi uno scollamento, una scissione, la perdita di un rapporto autentico con se stesse, con il proprio essere. la persona con d.c.A., si sottrae generalmente al dialogo con l’altro, scegliendo come interlocutore privilegiato il cibo, sempre disponibile per essere rifiutato, divorato, espulso.

diversi autori tra i quali Ruggieri, Fabrizio et al. (1995) hanno esaminato lo stile di con- tatto interpersonale in queste pazienti e i risultati confermano la presenza di alte barriere e di conflitti in diversi ambiti del contatto interpersonale.

nella compilazione anonima del questionario di fine percorso alla domanda: in che modo credi che le attività con asini e cavalli abbiano contribuito al processo di cura che ti ha riguar- dato? Una delle pazienti risponde

“Mi ha aiutato ad avere più fiducia in me stessa e verso chi mi sta accanto, in questo caso le asine e i cavalli. Penso di aver anche imparato ad aver meno paura dell’impatto con qual- cosa o qualcuno di sconosciuto, riscoprendo anche come è bello il contatto anche fisico con “l’altro”.

lo scopo delle A.A.A./T. è di far “vivere” un’esperienza e un tipo di relazione gratificante con un altro essere vivente ed esplorare attraverso essa modalità alternative a quella gene- ralmente messe in atto dalla persona nel relazionarsi. ovviamente perché questo si realizzi è necessario un importante lavoro di preparazione, l’improvvisazione o la semplice disponibi- lità delle strutture e degli animali (che pure hanno la loro importanza) non sono sicuramente sufficienti6.

5 “Un’arma in più nella cura della anoressia e bulimia: l’ippoterapia” in PAnoRAmA della sAnITA’, n° 16

– aprile 2008.

6 Presso il nostro c.e.e. l’èquipe è composta oltre che dalla sottoscritta - in qualità di Responsabile- da un educa-

ci scrive F.c.

“Avete avuto nei miei confronti tanta pazienza, avete saputo aspettare i miei tempi, mi avete dato un’overdose di fiducia.

Credo di aver cominciato il mio percorso introspettivo o come dice Paulo Coelho, la”mia leggenda personale” in groppa a Carlotta, nel gioco dell’amicizia.

Il suo rifiuto mi ha fatto pensare a quanto è facile essere respinti quando si trasmette agli altri diffidenza, paura, eccessivo controllo. Poi mi sono pian piano lasciata andare, è crollato il muro difensivo della mia eterna battaglia contro il nulla o contro me stessa, sono cominciati a svanire i primi chili di …. e di angoscia. Carlotta era lì pronta a ricevere il mio abbraccio con pazienza e con amore. I cavalli hanno donato a me amore”

l’AAAT si basa proprio sulla necessità di stabilire relazioni: con i diversi animali e con gli operatori e i benefici sono soprattutto legati alla relazione triangolare che s’instaura tra persona, operatore ed animale. È una relazione privilegiata, che facilita una riapertura al mondo esterno, al rapporto con l’altro e induce a recuperare il senso del reale. È un metodo attivo che non permette mai al soggetto di restare passivo o di isolarsi, gli animali riescono sempre ad ottenere la partecipazione dell’utente, sollecitandolo su più piani. nella relazione

con loro l’uomo coinvolge i suoi meccanismi mentali inconsci: l’identificazione, la proiezio- ne, la compensazione e il transfert. Quest’ultimo può avere un significato particolare se al posto del rapporto tra il paziente e il terapeuta si considera il suo relazionarsi con l’animale. Infatti, può avvenire quanto diceva Freud: “di avere un paziente che ci squaderna dinanzi,

con plastica evidenza, un pezzo di storia della sua vita sulla quale altrimenti avrebbe potuto fornire soltanto qualche insufficiente ragguaglio. Anziché riferire egli agisce per così dire teatralmente davanti a noi.

A tal proposito, molto interessante è, a mio avviso, anche la particolare interpretazione che degli animali utilizzati in terapia dà il professor larocca, dell’Università di Verona, che defi- nisce questi ultimi dei “mediatori educativi pre-simbolici”. secondo lo studioso, l’animale - grazie alla sua capacità di porsi in rapporto con l’uomo attraverso un linguaggio pre-simbolico - che è lo stesso utilizzato dal cosiddetto “cervello emotivo” a cui fa capo la comunicazione analogica, è uno straordinario acceleratore di relazioni ed è proprio questa caratteristica che noi crediamo lo renda adatto ad essere impiegato in un percorso di cura limitato ad un tempo

1.3 GlI AnImAlI e Il sImBolIco

la nostra scelta di lavorare con cavalli ed asini è legata alle particolari caratteristiche di questi animali, caratteristiche non solo fisiche - dimensioni e possibilità di essere cavalcati - ma anche legate al fatto che si tratta di animali fortemente evocativi sul piano simbolico.

Rispetto al cavallo il dizionario dei simboli così lo definisce: “Il cavallo non è un animale

come gli altri; è la cavalcatura, il veicolo. Il suo destino è dunque inseparabile da quello dell’uomo e fra i due si instaura una dialettica particolare fonte di pace e di conflitto, che è poi la dialettica stessa dello psichismo e del mentale… se cavallo e cavaliere sono in conflitto, la corsa intrapresa può condurre alla follia e alla morte; se fra loro vi è accordo, la corsa diventa trionfale”. Il fascino del cavallo sembra dovuto ai contrasti che racchiude in sé, rap- presenta un enigma che ci spinge a cercarlo, per capirlo e comunicare con lui e - attraverso di lui - le nostre contraddizioni: lo sforzo che l’uomo compie per armonizzare le sue parti razio- nali con quelle istintive, intuitive ed emozionali. Il cavallo è estremamente sensibile e capace di leggere i nostri segnali, soprattutto corporei ed emotivi, e di rifletterli come uno specchio a distanza di pochi secondi. Il cavallo si sincronizza immediatamente con noi, agisce le nostre emozioni e le amplifica. sta proprio a noi divenire capaci di assumerle, gestirle, plasmarle e restituirle al cavallo equilibrate. Fin dalle fasi iniziali, a terra, la conoscenza dell’animale e del suo ambiente, il suo accudimento rappresentano la concretizzazione di quelle fantasie par- ticolari evocate dal cavallo in quanto animale fortemente simbolico del super-io, contribuendo ad instaurare senso di fiducia e di sicurezza, che troveranno ancora maggiore stimolazione nel momento successivo del montare a cavallo. In tale fase è possibile aumentare la capacità di controllare la propria emotività, progettare ed organizzare il movimento, accrescere l’au- tostima come ci sottolinea c. m., una delle nostre prime pazienti.

“Mi ha aiutata tanto perché mi ha fatto acquistare molta sicurezza in me stessa, fiducia in quelle che sono le mie capacità. Sicurezza e forza nell’affrontare le paure.”

e - come ci ricorda erri de luca - la paura è schiacciante e ha una sua legge, una legit-

timità fondata sul corpo. Superarne una, anche solo una volta, è un atto di entusiasmante illegalità. E fa bene sapere di poterci riuscire, di avere in repertorio il colpo fuorilegge che butta gambe all’aria il gendarme della paura.

e veniamo all’asino - animale dal simbolismo controverso - alcune sue caratteristiche lo rendono particolarmente adatto al lavoro terapeutico-relazionale, tra queste, soprattutto la sua continua ricerca di contatto fisico, di vicinanza e di carezze, cioè il suo forte bisogno d’instaurare una comunicazione emotiva con l’uomo.

la capacità dell’asino di coinvolgerci e di attirare la nostra attenzione sta nel fatto che l’uomo - come ci suggerisce milonis - identifica parti di sè con l’asino: i difetti dell’asino ci ricordano i nostri difetti, la sua sfiga ci ricorda la paura che abbiamo di fallire, la sua testar- daggine ci ricorda la paura che abbiamo di restare ottusi e chiusi alle sollecitazioni che ci

vengono dall’esterno. ma è proprio questa identificazione con l’asino che ci permette -per un attimo - di liberarci di questi nostri difetti proiettandoli, trasferendoli, in quel momento all’asino. e, in questo, l’asino svolge una funzione catartica, liberatoria. ma non solo, l’asi- no sembra poter rappresentare la materia grezza, ciò che deve subire un graduale processo di trasformazione affinchè si possa ‘levigare’, ovvero portare ad un livello di conoscenza (coscienza) superiore. In poche parole, l’asino è l’allegoria di un rivestimento per qualcosa

che attende di essere portato in superficie, che giace nascosto come i minerali nelle viscere della terra, come la sapienza celata, come il nostro Fuoco interiore. Ed è, in particolare, questo significato metaforico che assume una forte valenza con le ragazze che si trovano ad affrontare il percorso di cura per i D.C.A. Il periodo che esse trascorrono in residenza è sì un percorso terapeutico ma anche un’esperienza esistenziale che mira ad attivare in loro una capacità di ascolto interiore, base fondativa per la costruzione di un nuovo sé. È la ricerca di un mutamento che sia la risposta a quel fissarsi in un’unica forma, in un’unica realtà che costituisce l’essenza della patologia. ciò a cui si tende nel lavoro con queste persone è, in sostanza, l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé in senso psico-fisico ed emo-

zionale, una presa di coscienza dell’ “Io sono” come risultato di una interazione unica ed

irripetibile fra corporeità, emozioni e intelletto. Un tentativo di restituire umanità e dignità