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Area Etologica

COMUNICAZIONE UOMO-ASINO

dAmIAno BIscossI

operatore senior Attività Assistita con l’asino, sales executive dirigente

Fotografia di Gianni Biscossi Il conTATTo UmAno

sono nelle colline del nord est, sembra tutto a posto, ordinato, ben tenuto eppure sembra che manchi qualcosa nel paesaggio: le persone.

dove sono? le piazze son fatte per accogliere gente, i giardini per far giocare i bambini, la campagna per passeggiare.

Arrivo al mio corso e c’è un gruppo di persone piene di aspettative che attende il mio week end con l’asino. Gli asini sono lì sembrano aver capito che c’è qualcosa di strano che sta per accadere.

Vedo corpi rigidi che ingabbiano emozioni, che vorrebbero tentare di volare. Gli occhi mi dicono già tutto.

Un primo contatto dei corsisti con gli asini sembra veloce e fugace. Arrivo su di loro li tocco, li sfioro, li accarezzo e allora avviene la magia, si lasciano andare. lasciano andare emozioni ferme lì da tempo. Ascolto lamentele che le persone del posto sono chiuse, ma poi

basta un asino a ricreare quello che di cui l’uomo ha bisogno vitale, emozioni. e questo ac- cade sempre dal nord al sud, il risultato è lo stesso.

le stesse persone rigide che fino a 5 minuti prima erano lì spaesate e vogliose di entrare in contatto, ora nuotano tra asini e gente.

la partitella di polo che propongo sempre è una sorta di grande piscina dove tutti, senza limiti di età, nuotano tra le emozioni. l’asino in tutto questo è maestro, sembra divertirsi, riaccende i motori, è vivo, anche lui assieme a noi.

È un momento in cui oserei dire, come cita spesso eugenio, l’asino vola assieme a noi. l’asino Gasparino che fino a quel momento indossava una sciarpetta come la coperta di linus, finalmente può stare senza. mi racconta Andrea che lo aiutava nel prenderlo. Anche l’asino era ingabbiato e bloccato dalla sciarpetta. Abbiamo lavorato tutto il corso a togliere la coperta di linus dalla testa di Andrea. Un asino solo, non inserito nel branco, ossia in un giardino vuoto e pieno di attenzioni, ma vuoto di simili e di contatto.

Il trailer è davanti all’asino di Andrea ma non riesce proprio a chiedergli di salire. ci vuole tempo e modo, chiede Gasparino. Andrea non ascolta e continua a sbagliare. ci sono voluti 20 minti per entrare in contatto con lui ma alla fine sale e scende dal trailer come una modella fa la passerella.

Proprio mentre vado via tento di nuovo il contatto, e gli uomini che si son permessi di vo- lare fino a quel momento ora mantengono la distanza. È stato bello almeno volare per un po’ e alleggerirsi, ma poi la vita e le nostre torri in cui ci rinchiudiamo ci aspettano al rientro.

Il dopo corso è sempre un po’ traumatico. Questo è valido per me e per i corsisti.

Frasi come queste mi arrivano ogni fine corso: il weekend mi ha smosso tantissimo, non tanto mentre eravamo lì, ma dopo, stanotte non ho dormito un tubo, continuavo a rivedere scene e risentire voci e frasi, mi agitavo nel letto.

Io non ho ancora fatto in tempo a rielaborare tutte le emozioni vissute in questi giorni. ho smesso di parlare e ho provato a danzare con loro e con gli asinelli e molte cose sono accadute come in un sogno.

È vero, ho volato e sto ancora volando!

Gli asini e gli ‘asinari’ aiutano e io ci sto provando! e si, è proprio vero, abbiamo visto volare l’asino! PAsseGGIATA nel Bosco

cammino in un bosco, sono indeciso, la macchia si fa fitta, mi faccio largo, dietro a me un asino che mantiene la direzione seguendomi. I rami formano un groviglio attorno all’asino, ci guardiamo e lui sa. si dà uno slancio ed è fuori dal muro di rami. continuo il cammino questa volta ci sono liane, l’asino rimane bloccato, ci guardiamo e lui sa, deve attendere il mio arrivo. lo sguardo chiede aiuto. Torno indietro, lo libero e si riparte.

Questo è un racconto che ho fatto mio, è il mio percorso con l’asino, momenti di richiesta di energie eccezionali per venire fuori da muri di resistenze e saper attendere quando non si può far altro che chieder aiuto.

si può far qualcosa che ci fa star bene? serve per forza stabilire tutto prima? ci si può lasciare al vento e vivere le nostre emozioni?

nella nostra formazione ci si lascia andare “emozionando” cercando il contatto con il gruppo, che siano uomini donne o asini poco importa.

Tutto parte dal telefono senza fili, lo ricordate quel gioco che facevamo da piccoli. c’è la corda che ci lega all’asino e quel filo sottile e magico ci permette di comunicare.

sfioro la corda e mi segue, la lascio e si ferma.

ma è la corda la nostra magia? se guardi bene dietro la corda ci siamo noi il nostro sentire il nostro modo di occupare lo spazio di fronte a lui.

Arriviamo a noi, che stiamo pensando, mentre chiediamo qualcosa all’asino cosa stiamo sentendo? corro più di lui? Penso di non farcela a chiedergli qualcosa? Voglio parlare con lui?

creiamo esperienze positive che danno la possibilità ad asini e uomini di poterle ricordare per poter tornare a farle di nuovo. creiamo la fiducia del gruppo nel poter “fare / sentire”.

si lavora su dei blocchi invisibili che si accumulano attorno a noi e che solo spingendo ci si fa largo e si continua. si! lavoro sul saper chieder aiuto quando il blocco è tale che non puo esser rotto ma solo spostato (alcuni buchi ci sono e non li potrai chiudere mai. Puoi imparare a riconoscerli e a gestirli).

oggi abbiamo giocato a polo con gli asini. c’é chi da terra con le longhine direziona l’asi- no, chi sta in sella cerca di colpire la palla con delle scope. ho visto persone correre fino allo sfinimento pur di fare gol. ho visto persone sciogliere tensioni e fare acrobazie pur di toccare la palla. ma cosa accade?

Gli asini ci danno sempre una mano: entra la palla nel maneggio, gli asini iniziano a scap- pare, in noi sale la tensione, ci dobbiamo salire e se cado?

Inizia la partita, la tensione è nel gruppo asini e uomini e donne. Allora si lavora a scioglie- re rami che si addensano su di noi e a rispettare le liane. Inizio a guardare e sciolgo i rami, lì, dove c’è un blocco, lo rispetto e libero il gruppo dalla liana.

Alla fine si crea una situazione fluida in cui sia asini che umani non temono più la palla, ma giocano, sentono e iniziano a riconoscere le situazioni che si pongono di fronte a loro. chi sta a terra e tira l’asino con il giocatore munito di scopa si concentra sui gol, il gioco un po’ sfuma, si iniziano ad utilizzare piedi, braccia, spinte, anche questo è un entrare in contatto, buttarsi nella mischia. Il fine umano è sempre il vincere, mi chiedo se si può solo giocare. se poi la palla andrà tra i pali bene, altrimenti sarà per il prossimo tiro.

la magia è quanto tutti noi abbiamo bisogno di vivere il gruppo, tornare ad usare il corpo poter lasciarsi andare agli altri. È questo il benessere. l’asino ci aiuta con il suo stare e ci riporta alle origini, mi sembra di vedere tanti bambini sciogliersi in danze “asinine”, tutto questo a prescindere dall’età anagrafica di ognuno di noi.

LA RELAZIONE UOMO-ASINO COME ESpRESSIONE DI UN’EVOLUZIONE CULTURALE

lUcIA FRAncescA mennA

coordinatrice didattica del modulo Professionalizzante in zooantropologia, cattedra di Igiene e zooantropologia nella sanità Pubblica, Facoltà di medicina Veterinaria Università di napoli “Federio II”

In questi ultimi anni, a mio parere, stiamo assistendo ad una profonda trasformazione cul- turale che si rende manifesta anche dall’affacciarsi di altri paradigmi nell’ambito delle disci- pline mediche. si definisce paradigma, l’insieme di assunzioni teoriche e sperimentali, che influenzano gli scienziati e indirizzano il lavoro scientifico verso una determinata direzione. In accordo con quanto sostenuto dall’epistemologo Kune, ogni periodo storico è caratterizzato dal proprio paradigma ed il progresso scientifico, in realtà è segnato da un continuo alternarsi di paradigmi più o meno indipendenti e incommensurabili fra loro, (relativismo epistemologi- co). con la nascita dell’Università moderna dovuta ad humbold nel 1809 (Berlino) nascono anche le discipline che consentono, così, la costituzione di linguaggi specifici all’interno di ciascuna di loro ed in una certa “oggettivizzazione” del sapere. ed è stato proprio grazie alla costituzione delle discipline che si è riusciti all’interno ciascuna scienza a focalizzare l’atten- zione che ha portato ad approfondirne la conoscenza, a migliorare gli strumenti di indagine, al punto da giungere, per esempio all’utilizzo della biologia molecolare come strumento dia- gnostico che oramai risulta essere un metodo di utilizzo routinario.ma a questo punto del no- stro momento storico,si sta verificando quanto ipotizzato dall’epistemologo Kune, e che più la scienza procede nelle sue scoperte, più il paradigma, che rappresenta la struttura culturale, le assunzioni teoriche e sperimentali che influenzano gli scienziati ed il loro lavoro, diventa stretto ed incapace a portare alla soluzione alcuni quesiti. Questo si sta verificando anche nel nostro periodo storico, nel quale il paradigma molecolare che sta alla base delle più importan- ti scoperte scientifiche, non riesce a fornire gli strumenti che ci consentano di dare risposte esaustive a diversi quesiti sia di tipo terapeutico, che prettamente teorico. Infatti non ci sono ancora spiegazioni scientifiche esaustive per spiegare la migrazione degli uccelli,o la capacità delle tartarughe marine di orientarsi perfettamente, una volta schiuse, verso il mare, così come la perdita di coesione sociale delle termiti alla separazione o alla morte della regina. ( I sette esperimenti per cambiare il mondo” R.sheldrake 1994) Questi sono soltanto alcuni esempi, e questo fa pensare che stiamo assistendo ad una crisi del paradigma di riferimento. d’altra parte, a rafforzare quest’ipotesi, osserviamo che i costi delle ricerche scientifiche sono sempre più alti e non paragonabili al livello di avanzamento della conoscenza a cui portano, questa condizione fu considerata da Kune stesso un’ulteriore prova della crisi del modello di riferi- mento ed il segnale della necessità e del possibile scivolamento verso paradigmi nuovi (“la struttura delle rivoluzioni scientifiche) d’altra parte, è noto come le più importanti scoperte che hanno rivoluzionato il mondo scientifico, dalla gravità alla scoperta della penicillina, alle leggi dei fluidi nascono da intuizioni, dallo scantonamento di una disciplina dentro un’altra e sono avvenute a costo zero. la storia della scienza, inoltre, rappresenta anche la storia delle discipline e dello scantonamento di una nell’altra.(e. morin “la testa ben fatta”2000)

Per questo motivo si sta facendo strada l’idea del superamento della rigida separazione delle discipline per arrivare ad un approccio multi disciplinare (e. morin “la testa ben fat- ta”- 2000) d’altra parte è stato l’occhio interdisciplinare a permettere la scoperta di Troia, come quella della teoria della deriva dei continenti e lo stesso evoluzionismo. nell’ambito di questo panorama culturale, quindi, si stanno affacciando alcune discipline che richiedono proprio un’ approccio multi disciplinare, se solo pensiamo all’omeopatia, all’agopuntura e

ad tante altre espressioni della medicina non convenzionale. Questa trasformazione culturale richiede, però, una preparazione di base che non sia più relegata esclusivamente al ristretto settore della propria applicazione ma che attinga anche ad altre discipline la cui conoscenza, risulta indispensabile per consentire di operare con la dovuta completezza, consapevolezza e creatività. la zooantropologia, appunto, è una di queste discipline che studiando la relazione uomo animale, in tutte le sue espressioni fino a quello applicativo, dimostra questa esigenza di multi disciplinarietà. diversi studi infatti, dimostrano che nel momento in cui si realizza una relazione, anche quando si interagisce con un animale, si attiverebbero delle strutture della corteccia cerebrale che determinerebbero lo stato empatico e con esso la possibilità di apertura e miglioramento psicologico (Iacoboni m. 2009; Keysers c, Fadiga l. 2008). da diversi anni, oramai, si è venuti a conoscenza di particolari strutture presenti in molteplici aree cerebrali, definiti neuroni specchio. A queste strutture si deve la capacità di apprendimento per imitazio- ne, quello di comprensione delle azioni e la condivisione emotiva, e secondo Berti,addirittura la coscienza. Questo è uno dei motivi per i quali è molto interessante indagare sull’immagine interiore che ognuno di noi porta con sé rispetto ai diversi animali, quelle forme archetipiche che consentirebbero così l’approccio profondo. se indaghiamo sulla simbologia dell’asino, ci accorgiamo quanto la sua immagine ci faccia risalire a due approcci differenti;se da una parte, infatti, richiama un’idea di testardaggine e di scarsa brillantezza dall’altro ci evoca l’idea di umiltà, mitezza e determinazione. Interessantissimo è il riconoscimento del mito dal quale derivano questi due approcci così differenti ma che portano entrambi ad un principio di rinnovamento anche se raggiunto attraverso vie differenti. l’approccio per così dire negativo, lo si deve inizialmente, all’introduzione dell’asino nel bacino del mediterraneo da parte dei popoli indoeuropei ed alla diffidenza ad accoglierlo da parte delle popolazioni autoctone. Inoltre è riconducibile al mito di osiride ed Iside uno dei miti più

importanti del popolo egiziano, che vede seth, rappresentato da un asino fulvo,il fratello di osiride e suo assassino, ma proprio in questo mito si realizza l’atto di consapevolezza e tra- sformazione che ritroveremo poi in Apuleio con il suo Asino- lucio così collegato ai piaceri della carne, espressione della componente ctonia della natura umana. nel corso della storia le caratteristiche asinine si possono ritrovare nell’immagine di satana, associando la caratteristi- ca testardaggine alla riluttanza dei pagani ad allacciare la religione giudaico-cristiana. ma è proprio attraverso la mitologia dei popoli indoeuropei che si giunge alla cavalcata di dioniso ed al mito che racconta la sfida tra Apollo e marsia dal quale si evince una rivalutazione della figura dell’asino e del suo significato trasformante. Immagine espressa più tardi dalla caval- cata della madonna nella notte di Betlemme e quella di Gesù al suo ingresso a Gerusalemme nella domenica delle palme. da qui, attraverso le favole, i racconti medievali, fino ai giorni nostri ritroviamo sempre la stessa simbologia che è proprio quella simbologia che andremo a ricercare ed ad attivare nel momento in cui l’asino sarà il mediatore di un’attività finalizzata al benessere. la zooatropologia, quindi sta contribuendo alla trasformazione del concetto di salute, che non è più considerato uno stato di assenza di malattia, ma uno stato nel quale ogni essere vivente è in equilibrio organico e con il proprio stato emozionale. da questo concetto, quindi si intravede già una trasformazione rispetto ad una visione tradizionale di salute nella quale l’uomo in particolare, era al centro del mondo e soprattutto distaccato da tutto il resto, da questa visione, invece, l’individuo, che sia l’uomo o l’animale, per stare in salute deve essere in uno stato di equilibrio con l’ecosistema.

da quanto detto, si evince, che nel momento in cui si opera in queste attività con un anima- le non è possibile non avere una preparazione multi disciplinare, non è possibile non sforare in altre discipline. Inoltre si ritiene che sia necessario portare una trasformazione all’interno dello schema di equipe che opera in questo settore delineando un modello più vicino ad una formazione europea che ha in sé il seme della multi disciplinarietà dando valore maggiore alla

formazione di quella figura che attualmente viene definita “conduttore”. Questa figura profes- sionale, quindi, è importantissima poiché è quella che opera realmente facendo da mediatore, da ponte tra la persona e l’animale. Il “conduttore”, infatti, è quella figura professionale che con la sua capacità e la sua creatività guida la relazione ed opera per la sua buona riuscita, focalizzando nelle sue azioni l’obbiettivo preposto. È facile immaginarsi, dunque, quanto sia importante curare adeguatamente la preparazione di questa figura professionale che deve avere le competenze adeguate non solo per tradurre,nel tempo di ciascun incontro, quanto suggerito nelle riunioni preliminari dalle altre figure operative, ma soprattutto deve essere in grado di comprendere appieno le problematiche verso le quali si opera in modo da essere una figura di reale collaborazione alla salute dell’individuo umano ed animale. Inoltre quando lo sguardo è rivolto all’animale, andrebbe considerato il parametro di benessere non solo nei confronti dello stress ma anche a quelli che sono i segnali del reale godimento dell’animale a partecipare a quella specifica attività la formazione culturale, dunque, di questa figura professionale è ancora troppo poco considerata e sottovalutata, richiede infatti una prepara- zione multidisciplinare, che abbracci settori anche differenti tra di loro ma dalla cui sintesi scaturisce la competenza adeguata che sta dietro ad un lavoro apparentemente semplice ma che è in realtà molto complesso ed articolato.

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