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LA VALUTAZIONE DELLO STRESS DELL’ASINO

Area Veterinaria

LA VALUTAZIONE DELLO STRESS DELL’ASINO

AnGelo GAzzAno, PAolo BARAGlI

Ricercatore universitario, dipartimento di scienze Fisiologiche, Università di Pisa Ricercatore in formazione, dipartimento di scienze Fisiologiche, Università di Pisa

la prima descrizione di un evento stressante si deve ad un medico ungherese, hans selye, che nel 1936, conducendo un esperimento di farmacologia su alcuni ratti, notò la presenza di ulcere gastriche, atrofia del sistema immunitario ed ingrossamento delle ghiandole surrenali, anche negli animali di controllo. Poiché questi soggetti non avevano ricevuto alcun farmaco ma avevano subito le stesse pratiche sperimentali, con manipolazioni ed iniezioni, selye ne dedusse che le lesioni che aveva osservato non potevano dipendere che da esse. si trattava di una risposta generica, non specifica dell’organismo ad uno stimolo negativo e selye la de- finì con il termine di “stress”, usato in ingegneria per indicare la tensione a cui è sottoposto un materiale.

da allora le definizioni di stress sono state numerose, ma la più semplice è quella che lo descrive come la risposta dell’organismo che si ha quando un individuo percepisce una mi- naccia al proprio equilibrio psico-fisico (omeostasi). non tutte le situazioni di stress sono pe- rò negative o pericolose per la salute fisica e psichica dell’organismo, anzi alcune volte l’in- dividuo stesso prova piacere nel ricercare situazioni caratterizzate da particolari stimoli (ba- sti pensare a quante persone amano il brivido della velocità).

comunque sia, qualsiasi alterazione della omeostasi costituisce un costo energetico per l’organismo che deve ritrovare il proprio equilibrio con l’ambiente circostante e per fare ciò è necessario che impieghi parte delle energie normalmente utilizzate nel metabolismo dell’in- dividuo. Per cui lo stress ha un costo in termini di energia ed in base all’entità di tale costo si possono definire tre tipi di stress:

lo stress fisiologico (eustress), o stress buono in cui l’animale investe una quota mini- 1)

ma di energia nella risposta, senza esserne cosciente e l’adattamento rientra nel range della normalità;

l’overstress che è invece un livello di stress che richiede l’impiego di notevole energia 2)

nella risposta adattativa, anche in questo caso l’animale non è cosciente dello sforzo che sta compiendo ed in questo caso può andare a scapito di altri processi biologici; il distress si ha quando l’animale impegna elevate risorse nella risposta adattativa, di- 3)

viene cosciente dello sforzo che il suo organismo sta compiendo e si può ritenere che soffra; qualora tale sforzo perduri molto a lungo può essere alla base dell’insorgenza di patologie.

Un’altra classificazione che può essere fatta si basa sulla durata dello stress, distinguendo uno stress acuto (in cui la situazione stressante dura per poche ore) e uno stress cronico (in cui la situazione si protrae per più di un giorno). molte situazioni causa di stress acuto sono provocate dall’uomo, com’è il caso di un qualsiasi approccio ravvicinato, trasporto dell’ani- male, situazioni messe in atto per la tutele del benessere (visite cliniche), procedure che pre- cedono la macellazione, ecc...

la classificazione basata sulla durata è abbastanza superficiale e può non definire bene l’entità dello stress, perché un determinato intervallo temporale in cui agisce lo stress può avere un valore diverso a seconda della specie su cui agisce (ad esempio uno stress di 1 gior- no ha un impatto differente nel ratto, che vive in media 3 anni, rispetto ad un cane che vive in media 15 anni).

la risposta dell’organismo all’evento stressante può essere divisa in tre fasi: • Fase di riconoscimento dell’evento stressogeno.

• Fase di difesa biologica nei confronti dell’evento stressogeno.

• Fase relativa alle conseguenze alla risposta di stress che avvengono nell’organismo. la risposta inizia con la percezione da parte del sistema nervoso centrale di un evento co- me potenzialmente pericoloso per l’omeostasi individuale (fase di riconoscimento) ed in que- sta fase non ha importanza che l’evento sia realmente pericoloso, è piuttosto importante che sia percepito come tale dall’individuo. In conseguenza di ciò il sistema nervoso metterà in atto una risposta che consiste nella combinazione di 4 diverse strategie biologiche difensive: la risposta comportamentale, quella del sistema nervoso autonomo, la risposta neuroendocri- na e quella immunitaria.

la risposta che è biologicamente più economica è quella comportamentale ed infatti un animale può risolvere una situazione di stress semplicemente allontanandosi dall’agente stres- sante. Tale risposta può essere letta sotto una duplice veste: essa può dimostrarsi utile all’ani- male per eliminare la causa dello stress: ad es. un animale sotto il sole ha caldo e si sposta all’ombra; a volte invece la risposta comportamentale non è sufficiente per superare lo stress, ma può diventare un indizio della sua presenza. non è una risposta facile da interpretare poi- ché di molti comportamenti non è noto ciò che li causa veramente ed ogni evento stressante provoca comportamenti ben determinati per cui è difficile descrivere una risposta comporta- mentale universale. Per quanto riguarda l’asino, considerando che le ricerche sui comporta- menti anomali in questa specie sono scarsissime, è importante far riferimento agli studi sul comportamento normale (ben descritto da moehlam, 1998) per valutare di conseguenza i com- portamenti che si distaccano dalla norma.

la seconda risposta ad essere attivata è di tipo nervoso e coinvolge il sistema nervoso au- tonomo, ma considerata la brevità della durata della sua azione non ha effetti a lungo termi- ne sul benessere dell’animale. la risposta neuroendocrina è invece di più lunga durata e coin- volge numerosi organi ed apparati e si attua attraverso l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipo- fisi-surrene. la quarta risposta è di tipo immunologico e si presenta integrata con le prece- denti da cui è spesso modulata.

Questa serie di risposte biologiche è indotta da un particolare agente stressante e modifica- ta da vari fattori che influenzano il modo che un animale ha di percepire quello stimolo come pericoloso per la propria omeostasi. Questi fattori sono: esperienze precedenti, fattori geneti- ci, età, stato fisiologico, stagione, relazioni sociali, relazioni con l’uomo.

sulla base degli effetti che lo stress provoca nei vari comparti dell’organismo, è possibile individuarlo, seppur con qualche difficoltà, riferendoci alle risposte biologiche che esso su- scita.

nello stress acuto, la risposta comportamentale è caratterizzata dapprima da una risposta di orientamento nei confronti dello stimolo potenzialmente stressogeno, che può trasformarsi in una riposta di allarme vera e propria, seguita da reazioni difensive o di fuga se lo stimolo è valutato rischioso per la propria incolumità. la reazione di orientamento di per sé non in- dica che lo stimolo sia stressogeno. l’animale indirizza la sua attenzione verso un particola- re input sensoriale.

la risposta d’allarme comprende l’interruzione delle attività che l’animale sta compiendo. l’asino ad esempio mentre sta pascolando può interrompere tale attività per valutare l’even- tuale pericolosità di uno stimolo che si sta avvicinando. A ciò segue l’immobilità che prelude ad attività difensive, cambiamenti posturali, di fuga, balzi o altri movimenti improvvisi, tipi- ci di ogni specie animale, a volte accompagnati da emissione di suoni. Il tempo che trascorre prima che l’attività interrotta sia ripresa può essere utilizzato per misurare l’entità dell’even- to stressante.

ci sono poi indicatori comportamentali di dolore quali ad esempio i cambiamenti di po- stura durante il dolore addominale, il ridotto utillizzo di un arto dolorante, il leccamento del- la regione dolorante e le alterazione del comportamento alimentare.

nello stress cronico le alterazioni comportamentali possono riguardare le alterazioni del movimento, da tener presenti in animali in allevamento. molto frequenti anche comportamen- ti legati alla mancanza di una risorsa, come carenze di fosforo ad esempio che possono pro- vocare pica (ingestione di feci).

sono rilevabili anche comportamenti associati alla mancanza di partner sociali o sessuali, evidenziati da aumento dell’aggressività e ridotta reattività a nuovi stimoli.

Possono anche evidenziarsi conseguenze dovute all’impossibilità di compiere certi com- portamenti, ad esempio il comportamento di suzione è spesso impedito nei vitelli alimentati al secchio, con comparsa di comportamenti di suzione verso oggetti o individui, oppure con- seguenze della frustrazione, che esita nello sviluppo di stereotipie, cioè sequenze comporta- mentali ripetute senza variazione e con nessuna funzione ovvia.

Apatia e mancanza di responsività, che si notano frequentemente negli animali degli zoo e negli allevamenti intensivi, sono spesso l’ultimo stadio di uno stato di stress cronico.

la valutazione dello stress attraverso l’individuazione della altre risposte biologiche può essere condotta non senza difficoltà.

la risposta del sistema nervoso autonomo si attua mediante l’attivazione immediata del- le surrenali e provoca la liberazione di adrenalina e noradrenalina, che determinano aumen- to della pressione arteriosa e del flusso ematico, esaltazione del metabolismo, aumento della glicemia e della glicolisi nei muscoli, aumento della forza muscolare.

Tale risposta può essere quantificata essenzialmente con la valutazione di parametri fisio- logici come la frequenza cardiaca. non è sempre facile distinguere cambiamenti di frequenza cardiaca legati all’attività metabolica da quelli provocati da risposte emozionali. È perciò im- portante che le operazioni di rilevamento della frequenza cardiaca non siano esse stesse fonte di stress e ne inducano involontariamente un aumento (nell’asino adulto la frequenza cardiaca è in media 44 battiti al minuto, mentre nel soggetto giovane è 60 battiti al minuto).

Altri due parametri fisiologici da tenere in considerazione sono la frequenza respiratoria e la temperatura corporea. la frequenza respiratoria può essere rilevata anche ad una certa di- stanza e quindi si presta ad essere facilmente valutata senza disturbare l’animale, ed il suo in- nalzamento avviene generalmente in corso di reazioni emozionali, anche senza che vi sia at- tività fisica evidente (nell’adulto 20 atti respiratori al minuto e 60 nel giovane). la temperatu- ra corporea presenta fluttuazioni giornaliere ma aumenta in seguito ad eventi stressanti, come manipolazioni da parte dell’uomo e trasporto (la temperatura nell’adulto è in media 37,1 °c, mentre è più elevata nel soggetto giovane: 37,6° c). la temperatura cutanea e delle estremità può ridursi in seguito alla vasocostrizione di origine simpatica. Tuttavia il coinvolgimento del sistema nervoso autonomo si può anche valutare mediante l’attività della midollare del sur- rene, con il dosaggio di alcuni ormoni che però necessitano di particolari accortezze, sia nel prelievo del sangue che nella gestione del campione, per evitare di falsare i risultati. la libe- razione delle catecolamine in circolo avviene entro 1-2 secondi dalla percezione dello stimo- lo ed il loro metabolismo è rapidissimo con un tempo di emivita è di circa 30-60 secondi nel cavallo. Per una loro corretta valutazione è importante quindi la modalità di prelievo che deve essere effettuata tramite agocannula posizionata qualche tempo prima del prelievo che deve avvenire entro 60 secondi dall’inizio del trattamento. la valutazione della pressione ematica può fornire indicazioni utili sullo stato di benessere dell’animale solo se il suo rilevamento è effettuato in modo incruento e senza divenire fonte di stress.

stress intermittenti sempre dello stesso genere possono provocare un’assuefazione della ri- sposta della midollare surrenale, con una riduzione dei livelli ematici delle catecolamine.

la risposta neuroendocrina agisce con la finalità di inibire le funzioni non essenziali come la crescita e la riproduzione per mantenere la sopravvivenza dell’individuo. essa si manifesta principalmente per opera dell’AcTh liberato dalle cellule della porzione anteriore dell’ipo- fisi su stimolazione del cRh ipotalamico, della vasopressina, dell’adrenalina e dell’ossitoci- na. l’AcTh agisce sulla corticale del surrene provocando la liberazione di glicocorticioidi: cortisolo o corticosterone a seconda della specie. I glicorticoidi aumentano il flusso ematico e giocano un ruolo importante nella mobilizzazione di zuccheri e lipidi, rendendoli disponibili, come fonte energetica, per fronteggiare lo stress; tuttavia elevati e persistenti livelli di glico- corticoidi per un tempo relativamente lungo possono condurre a catabolismo proteico, ipergli- cemia, immunosoppressione. esiste perciò un meccanismo a feed-back che blocca sia la se- crezione di cRh dal nucleo paraventricolare dell’ipotalamo sia quella di AcTh dall’ipofisi.

la valutazione dell’attività della corticale del surrene può essere effettuata misurando l’AcTh nel plasma che ha un tempo di emivita assai ridotto o direttamente il cortisolo. Il cortisolo può essere misurato nelle urine, saliva e sangue. nelle urine la concentrazione può essere espressa in rapporto a quella della creatinina che è costante. Anche la liberazione del cortisolo è rapida e può essere provocata dalle manipolazioni precedenti il prelievo ematico che dovrebbe avvenire nell’arco di 2-4 minuti dall’inizio dell’interazione con l’animale. nel- la saliva si trova solo nella forma libera ed è quindi presente in quantità minore. I livelli sali- vari di cortisolo aumentano nelle stesse circostanze che provocano un aumento di quelli ema- tici nell’uomo, pecora, suino e cane.

la determinazione del cortisolo (primati, cani, gatti ed ungulati) e del corticosterone (pol- li e roditori) fornisce indicazioni che possono essere falsate dal ritmo pulsatile di secrezio- ne che varia durante l’arco della giornata, pertanto è importante effettuare i prelievi ematici sempre alla stessa ora. Anche nell’asino il rilascio del cortisolo nel sangue ha un’attività pul- satile, con cicli di circa due ore, con concentrazioni minime di 51,4 + 17,6 nmol/l e massime di 160,0 + 11,0 nmol/l. È stato però dimostrato da Forhead e colleghi (1995) che un viaggio in van di 4 ore elimina questa secrezione pulsatile con il cortisolo che tende a rimanere a va- lori alti, compresi fra 110 e 220 nmol/l, in conseguenza dell’effetto stressogeno del viaggio. Il normale rilascio pulsatile del cortisolo si ristabilisce dopo 8 – 10 ore dalla fine del viag- gio. da ciò possiamo trarre indicazioni sull’importanza che potrebbe avere anche nell’asi- no il dosaggio del cortisolo per monitorare un’eventuale condizione di stress, soprattutto at- traverso la verifica della normale attività di rilascio pulsatile, che può essere fatta mediante prelievi ad intervalli regolari nell’arco della giornata in modo da poter valutare il numero e l’ampiezza dei picchi.

esistono dei test specifici per valutare la funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e come essa sia alterata dallo stress: Test dell’AcTh, Test di soppressione con il desametazo- ne (per i quali si rimanda a testi specifici di diagnostica clinica veterinaria).

Uno degli effetti più pericolosi che lo stress ha sulla salute dell’animale è quello sulla ri-

sposta immunitaria. Un esempio è costituito dalle malattie respiratorie dei bovini che si svi- luppano frequentemente dopo un trasporto. I glicocorticoidi hanno un effetto bifasico sul si- stema immunitario. nello stress acuto in cui l’animale può trovarsi a dover scegliere tra la fu- ga ed il combattimento, situazioni in cui è alta la probabilità che vi siano ferite, il sistema im- munitario è attivato dai glicocorticoidi per difendere l’organismo dalle infezioni e accelerare la cicatrizzazione dei tessuti lesi. I glicocorticoidi dopo questa fase iniziale riportano il siste- ma immnunitario nella norma per evitare l’insorgenza di fenomeni autoimmunitari.

nello stress cronico prevale invece una immunodepressione ad opera dei glicocorticoidi che provocano apoptosi linfocitaria, con conseguente aumento della probabilità che si instau- rino patologie di varia origine che generalmente coinvolgono in primis quegli apparati mag- giormente esposti a contatto con l’ambiente esterno (apparato respiratorio, digerente, cute).

BIBlIoGRAFIA essenzIAle

Forhead AJ, smart d, smith RF, dobson h. Transport-induced stress responses in fed 1)

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PeR chI VUol sAPeRne dI PIù sUllA GesTIone e lA sAlUTe dell’AsIno: The donkey sanctuary (www.thedonkeysanctuary.org.uk): A guide to caring for your donkey. svendsen ed. The professional handbook of the donkey. 4th edition, Whittet Books (UK).

BASI NEUROFISIOLOGIChE DELL’EMpATIA

NEL RAppORTO UOMO-ASINO E CONSIDERAZIONI BIOMECCANIChE

GIAnlUIGI GIoVAGnolI

medico Veterinario, dottore di Ricerca, specialista in sanità Animale, Allevamento e Produzioni zootecniche, Perfezionato in medicina dello sport del cavallo scuola Italiana di Fisioterapia Animale, “i dioscuri”, str. dei cappuccini, 102 - 53100 siena, Italy. InTRodUzIone

Il rapporto uomo-asino, come per tutti gli altri animali domestici, si compone di continue e reciproche interazioni sensoriali ed emotive che interagiscono con la memoria individua- le e quindi, per l’uomo, anche con fattori culturali. In questo breve scritto non si prendono in esame i numerosi e profondi fattori culturali, consci o inconsci, che legano da millenni l’uo- mo all’asino; né si prenderanno in esame i fattori legati a memorie individuali del singolo uo- mo o asino che appaiono tanto importanti per lo specifico individuo quanto del tutto contin- genti. Viceversa si cercherà di esplorare i fattori neurofisiologici alla base del comportamen- to dell’uomo verso l’asino e alcuni aspetti biomeccanici che sembrano incidere in modo so- stanziale sul comportamento di quest’ultimo.

Basi evoluzionistiche comuni del comportamento

la prima cosa che appare importante sottolineare è che sia l’asino e sia l’uomo sono due animali sociali. Questo significa che la selezione darwiniana ha indotto un tipo di adattamen- to che ha premiato la vita di gruppo e con essa tutti quei comportamenti sociali che la costitu- iscono, la nutrono e la saldano. I legami sociali ed affettivi fanno quindi parte dell’evoluzione dell’animale-uomo e di tutte le altre specie animali cosiddette sociali.

l’uomo prova quindi piacere in tutti quei contatti fisici che rinforzano i suoi legami socia- li poiché, da un punto di vista evoluzionistico, questi sono certamente utili ad avere maggio- ri possibilità di sopravvivenza. Un esempio eclatante ci è fornito dalla cura reciproca del cor- po (ingl. “grooming”) che costituisce un’indiscutibile fonte di piacere tanto per gli animali quanto per l’uomo. Questa fonte di piacere è mediata, tra l’altro, dalle β-endorfine e crea an- che un certo attaccamento tra chi offre e chi riceve le cure specie quando questo comporta- mento è abituale (per es. Keverne, 1989).

A questo punto appare fondamentale chiarire che questo legame sociale, tipicamente spe- cie-specifico, trova una ragguardevole eccezione negli animali domestici. Il rapporto tra spe- cie diverse è stato infatti profondamente alterato per quelle specie in cui si è avviato il lungo e complesso processo della domesticazione. È acclarato che l’uomo ha fortemente influenza- to l’evoluzione in queste specie. scegliendo di far riprodurre gli animali più facilmente ge- stibili ha quindi inciso in modo sostanziale sul loro comportamento. nell’epoca preistorica e nell’antichità la facile gestione dell’animale deve essere stato un fattore certamente non meno importante della vocazione produttiva: carne, latte, lana, uova o lavoro. Anzi, per gli anima- li utilizzati per quest’ultimo scopo la docilità e la facilità nella gestione durante le varie fun- zioni lavorative richieste è stato indubbiamente un fattore selettivo imprescindibile. così, per esempio, un asino che non si fosse fatto facilmente caricare di pesi o che si fosse immediata- mente allontanato ogni volta gli fosse stato possibile o che non avesse accettato di buon gra- do di girare sempre intorno su se stesso per azionare un mulino non sarebbe certamente stato di grande utilità. nella preistoria, nell’antichità e anche nel medioevo il trasporto dell’acqua,

del legno e del cibo erano attività spesso connesse con la sopravvivenza, la perdita anche solo di un carico di legna poteva implicare la morte per assideramento. In questo contesto un ani- male con un comportamento affidabile aveva un valore anche molto maggiore di un animale magari anche più resistente, ma meno sicuro nella sua gestione.

la ridotta mole, la versatilità d’uso (il traino di aratri o carri, il trasporto di materiale diret- tamente sul dorso e la cavalcabilità) e la non trascurabile frugalità e resistenza hanno quindi reso l’asino, per millenni, l’animale da lavoro per eccellenza e certamente il più diffuso. se è vero il proverbio che “Non si conosce bene un amico se non dopo averci lavorato insieme”, allora si può forse affermare che l’asino, certamente più utile del cane, è stato per millenni il migliore amico dell’uomo.

la condivisione delle lunghe ed interminabili ore di lavoro ha quindi fortemente influen- zato anche il rapporto reciproco e le capacità di comprensione tra le due specie. l’uomo che