Capitolo II- L’immagine cristiana tra accettazione e diffidenza Da Costantino al V secolo.
2.3 Diffusione delle immagini cristiane e atteggiamenti problematici nella seconda metà del IV secolo.
2.3.2 Argomenti teologici contro le immagin
In Asterio, come abbiamo visto, l‟obiezione teologica contro le immagini di Cristo non ha un ruolo preponderante; verosimilmente il vescovo di Amasea se ne è servito in via occasionale per finalità che non hanno a che fare con il suo atteggiamento verso le opere d'arte. L‟omelia di Asterio su Lazzaro riflette comunque la presenza di questo argomento nel dibattito del tempo, ed effettivamente in altri casi esso può costituire la base di una più consistente ostilità nei confronti delle rappresentazioni artistiche.
La connessione con il problema dell‟unione di umanità e divinità in Cristo sarà caratteristica del dibattito sulle immagini nei secoli successivi, in seguito alla definizione delle due nature, unite e non confuse nella persona di Gesù, messa a punto nei grandi concili cristologici del V secolo (Efeso 431, Calcedonia 451)316. Gli iconofili porranno l‟evento dell‟Incarnazione a fondamento storico della raffigurabilità di Gesù, mentre gli iconofobi sottolineeranno l‟impossibilità di una vera immagine di Cristo, in quanto una rappresentazione in forma corporea non può restituire l‟unione delle due nature e quindi inevitabilmente finisce per circoscrivere e negare la divinità.
L‟inserimento della questione dell‟immagine nel dibattito cristologico conosce tuttavia delle significative anticipazioni già nel corso del IV secolo.
Non si può non ricordare, innanzitutto, la lettera di Eusebio a Costantina, nella quale, come abbiamo già visto, il vescovo di Cesarea respinge la richiesta di un‟immagine di Cristo avanzata dalla principessa sulla scorta delle seguenti motivazioni: un‟immagine della forma divina è impossibile, perchè nessuno conosce il Figlio se non il Padre; l‟immagine della forma corporea non solo non rende giustizia alla maestà divina del Logos, ma è a sua volta di per se
315
Nicephori... Refutatio et eversio, ed. J. M. Featherstone, Turnhout - Leuven , 1997, 85, 56-69, pp. 150-151. 316 Sul fronte iconofilo la connessione fra l‟immagine e il dogma dell‟Incarnazione è affermata per la prima volta nel canone 82 del Concilio Quinsesto e poi, negli scritti di Germano di Costantinopoli e di Giovanni Damasceno, per poi rivestire naturalmente un ruolo centrale anche negli Atti del Concilio Niceno II e negli scritti di Niceforo e Teodoro Studita. Sul versante iconoclasta, invece, la connessione fra la questione delle due nature di Cristo e l‟impossibilità di rappresentarLo, appunto per non correre il pericolo di circoscrivere la natura divina e confonderla con quella umana, viene inaugurata dalle Peuseis dell‟imperatore Costantino V e si ritrova poi nelle definizioni dei sinodi iconoclasti del 754 e dell‟815. Su tutti questi testi, cfr capitolo 3.
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stessa impossibile perchè, dopo la Trasfigurazione, la carne di Cristo è stata inghiottita nella gloria della divinità317.
Possiamo dire che proprio la precocità delle argomentazioni cristologiche, che è uno degli elementi che più induce a sospettare la falsificazione, può trovare conferme in altre testimonianze del IV secolo. In un tempo vicino a quello di Eusebio, fra III e IV secolo, potrebbe aver fatto ricorso al tema cristologico, questa volta in positivo, e cioè con l‟intento di difendere le immagini, Gregorio il Taumaturgo, stando a due frammenti contenuti all‟interno del florilegio iconofilo del Codex Parisinus Gr. 1115:
Gli eretici sacrileghi e impuri, non riconoscendo che il Figlio è consustanziale al Padre, neppure vogliono venerare la pittura in immagine del Dio Logos incarnato. Su di essi sia dunque anatema ed essi siano considerati estranei alla fede dei Cristiani.
Su coloro che non venerano la croce onorata del Signore Gesù Cristo e la sua santa forma nell’immagine, salutandoLo (in essa) come Dio incarnato e non come semplice uomo, sia anatema318.
Anche questi due passi, tuttavia, ci sono giunti solo attraverso il canale di età iconoclasta e non trovano riscontro nella produzione storicamente accertata del Taumaturgo. Anche se questi non sono elementi sufficienti per concludere con assoluta sicurezza che si tratti di una falsificazione iconodula, il dubbio può legittimamente sorgere. Un indizio a favore della loro autenticità potrebbe essere visto nel fatto che il riferimento all‟Incarnazione è condotto in maniera ancora molto semplice, embrionale, senza entrare nelle complesse pieghe del problema delle due nature. Al tempo stesso è da notare che nel primo frammento emerge il tema del rapporto di consustanzialità fra il Padre e il Figlio, centrale nei dibattiti teologici del IV secolo, mentre non avrà un ruolo determinante nella successiva letteratura sull‟immagine. Altre spie suggeriscono che, almeno nella seconda metà del IV secolo, la connessione fra il tema dell‟immagine di Cristo e il problema cristologico era già stata inaugurata, anche se non era ancora svolta con la perspicuità e la chiarezza che si avrà solo dopo il Concilio di Calcedonia.
Una testimonianza significativa al riguardo è offerta, seppur con ottica negativa, da Epifanio di Salamina, il quale, in un passo del Discorso contro coloro che si applicano a fare, per un
rituale idolatra, delle immagini a somiglianza di Cristo, della Madre di Dio e dei martiri, ma anche degli angeli e dei profeti, afferma:
317 Cfr. paragrafo 3.1 318
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Alcuni dicono: poichè attraverso Maria, sempre vergine, è divenuto un essere umano perfettamente compiuto, lo rappresentiamo come uomo. Ma egli è divenuto uomo in modo tale che tu puoi dipingere l’incomprensibile, che regge con la sua mano tutto l’universo? Non è Egli piuttosto simile al Padre, e non fa tornare vivi i morti? Quando mai, allorchè è venuto sulla terra, ha ordinato di offrigli un’immagine che lo rappresenta, o di ammirarla, o anche solo di guardarla? Molto chiaramente, questo è un precetto che viene dal male319.
Per Epifanio il Cristo fatto uomo mantiene sempre una connessione con la potenza e la gloria della divinità che impedisce di considerarlo come un uomo sullo stesso piano degli altri e quindi rende illegittima la rappresentazione in forma corporea. Il vescovo di Salamina attesta comunque che alcuni suoi contemporanei difendono le immagini proprio facendo ricorso all‟argomento dell‟Incarnazione.
Il testo di Epifanio non focalizza ancora chiaramente, come si farà solo a partire dal V secolo, la distinzione fra natura umana e divina; presenta invece affinità con l‟Epistola a Costantina e anche con un'altra testimonianza che ci è stata tramandata solo dal patriarca Niceforo di Costantinopoli (IX secolo), nella sua confutazione del sinodo iconoclasta dell‟815. Si tratta di un brano attribuito da Niceforo a un non meglio identificabile presbitero di nome Leonzio, che, secondo Thummel, può essere collocato nel V secolo:
Mentre pregava, l’aspetto del suo volto e le sue vesti divennero splendenti come il sole, gettando luce intorno a sè...
Giustamente i pittori non hanno imparato a dipingere una sola immagine di Cristo. Quale immagine potevano infatti rappresentare? Quella del Battesimo, vedendo la quale il Giordano rabbrividì? O quella sul monte, che Pietro, Giacomo e Giovanni non poterono comprendere? O quella sulla croce, di fronte alla quale il sole, avendola compresa, si oscurò? O quella nella tomba, avendo visto la quale le potenze degli inferi inorridirono? O quella della Resurrezione, che i discepoli non capirono, quando la videro? Mi sconvolge completamente ognuno di quelli che dicono: “Possiedo un’immagine del Signore”. Vuoi procurarti la sua immagine? Allora acquistala nella tua anima. È infatti impossibile rappresentare il Signore in immagine320.
Anche qui si dà molto rilievo al momento della Trasfigurazione (l'episodio che rivela apertamente la caratterizzazione divina della persona di Cristo durante la vita terrena) e si insiste sulla dimensione gloriosa del corpo umano di Gesù, una gloria che incute soggezione a uomini e demoni e che non può essere del tutto compresa.
La connessione con il problema delle due nature di Cristo sembrerebbe dunque essere entrata
319 Cfr. Antologia, cit. n. 159. 320
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nel dibattito sulle immagini prima dei concili cristologici del V secolo. Dovette trattarsi, comunque, di casi abbastanza sporadici e non ancora maturi. Una vera e propria difesa sistematica delle immagini basata sul dogma dell‟Incarnazione sembra non esserci stata ancora nel corso del IV secolo, almeno a giudicare dalle testimonianze conservate: non si può non notare come gli autori che ci hanno fornito le attestazioni più significative in favore delle immagini, come i Cappadoci e Asterio di Amasea, sembrino non avere ancora compiuto questo passo.