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c Statuette rappresentanti divinità pagane nel culto privato

Nel documento I Padri della Chiesa e le immagini (pagine 42-54)

Fin qui abbiamo visto i riferimenti a quelle che erano le immagini più emblematiche del culto pagano: statue di grandi dimensioni, collocate in edifici religiosi o comunque in luoghi pubblici, e oggetto di atti di culto pubblicamente visibili da parte dei fedeli.

Nella loro polemica contro il repertorio delle immagini religiose pagane, tuttavia, gli autori cristiani dei secoli II-IV non si rivolgono solo all‟ambito del culto pubblico. Volendo evitare ogni contatto con gli idoli, non bastava ai cristiani evitare i templi pagani, cosa questa che doveva riuscir loro naturale, o i fori o i luoghi di maggiore rappresentanza della vita cittadina, impresa questa già più difficile della prima. Le immagini di soggetto religioso pagano permeavano gli spazi delle abitazioni, delle botteghe; contrassegnavano i vari momenti e le diverse attività della vita quotidiana. Costituivano, insomma, un apparato onnipervasivo e tentacolare, e proprio per questo suscitavano una preoccupazione fortissima nelle autorità che

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guidavano il popolo cristiano. È utile osservare la reazione che questa presenza capillare suscita nei padri: anche questo aiuterà a comprendere il loro atteggiamento riguardo all‟uso delle immagini da parte cristiana.

Fra le tipologie di immagini impiegate in ambito privato su cui gli autori cristiani soffermano la loro attenzione, troviamo le statuette rappresentanti divinità.

La testimonianza più ricca e articolata proviene da Clemente Alessandrino.

Nel capitolo IV del Protrepticus ad Graecos, dopo aver stigmatizzato i comportamenti scandalosi e immorali delle divinità pagane, osserva:

Ecco quale grande e furiosa passione, mediante i loro malvagi artifici, le arti sono riuscite a provocare nelle creature non dotate di ragione! Eppure, per quanto riguarda le scimmie, i loro allevatori e guardiani hanno osservato con meraviglia che non c’è alcuna figurina di cera o di fango che le possa ingannare con la sua somiglianza e con i suoi ornamenti; voi, dunque, sarete inferiori alle scimmie, poichè ponete attenzione a statuette di pietra, di legno, d’oro, di avorio e a pitture? Di siffatti funesti giocattoli sono per voi artefici gli scalpellini, gli statuari, i pittori, i falegnami e i poeti, i quali introducono una simile, enorme moltitudine di divinità, popolando i campi di Satiri e Pani, le selve di Ninfe, Oreadi e di Amadriadi, e inoltre di Naiadi i luoghi presso le acque, i fiumi e le fonti, e di Nereidi i luoghi presso il mare59.

Clemente fa riferimento indubbiamente a statuette di piccole dimensioni, come testimoniato dall‟uso del diminutivo, e in diversi materiali: pietra, legno, oro e avorio: ιηζίλνηο θαὶ μπιίλνηο θαὶ ρξπζένηο θαὶ ἐιεθαληίλνηο ἀγαικαηίνηο.

Dall‟uso del termine ἀγαικαηίνηο si deduce che si tratta di figure di divinità, probabilmente anche con una funzione cultuale. Le pagine precedenti del Protrepticus fanno supporre che si tratti di divinità tradizionali del Pantheon greco; ma oltre a ciò si deve notare che, nel passo immediatamente successivo, Clemente cita una serie di figure semidivine, Satiri, Pani, ninfe (Oreadi, Amadriadi, Naiadi) che potrebbero essere collegati alle statuette, anche se è possibile che l‟Alessandrino stia pensando anche ad immagini ad altro tipo:

Di siffatti funesti giocattoli sono per voi artefici gli scalpellini, gli statuari, i pittori, i falegnami e i poeti (νἱ ιηζνμόνη θαὶ νἱ ἀλδξηαληνπνη νὶ γξαθεῖο ηε αὖ θαὶ ηέθηνλεο θαὶ πνηεηαί), i quali introducono una simile, enorme moltitudine di divinità, popolando i campi di Satiri e Pani, le selve di Ninfe, Oreadi e di Amadriadi, e inoltre di Naiadi i luoghi presso le acque, i fiumi e le fonti, e di Nereidi i luoghi presso il mare60.

Dove erano collocate queste immagini? Se il contesto generale del capitolo IV del

Protrepticus fa pensare che Clemente si stia riferendo ad oggetti presenti nell‟ambito privato e

59 Clemente Alessandrino, Protrepticus ad Graecos, IV, 58, 1-2, cfr. Antologia, cit. n. 13. 60 Clemente Alessandrino, Protrepticus ad Graecos, IV, 58, 2, , cfr. Antologia, cit. n. 13.

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domestico61, il riferimento ai campi, alle selve e a siti posti in prossimità di sorgenti o corsi d‟acqua, che gli artisti popolano di immagini, induce a ipotizzare ad una collocazione delle statuette in luoghi naturali che dovevano in qualche modo essere connessi al culto di queste divinità minori.

Le testimonianze di altri due autori ci riportano invece nell‟ambito della casa. Tertulliano, quasi a voler sottolineare che anche i pagani, in fondo, sono consapevoli del fatto che le divinità che adorano sono falsi dèi, ricorda delle pratiche di riuso poco rispettose della presunta sacralità delle immagini: le statuette di divinità conservate nei larari, quando si presentano consumate per il lungo utilizzo nel culto, vengono rifuse per ricavarne delle suppellettili. Così un Saturno può diventare una pentola, una Minerva può essere trasformata in una ciotola:

Gli dei domestici, che chiamate Lari, trattate in base all'autorità domestica, impegnandoli, vendendoli, mutando talora in una pentola un Saturno, talora in una ciotola una Minerva, secondo che ciascuno per il lungo culto è consumato o ammaccato, secondo che ciascun padrone di casa ha più venerabile riscontrato la necessità domestica62.

La trasformazione delle immagini in suppellettili fa pensare che si tratti di statuette in materiale metallico, probabilmente bronzo, anche se l‟autore non offre indicazioni precise al riguardo.

Infine, all‟inizio del IV secolo, Arnobio ricorda l‟usanza pagana, evidentemente ancora viva, di porre sulle tavole delle statuette raffiguranti gli dei:

Consacrate le mense ponendo in tavola delle saliere e dei simulacri degli dei63?

Ci si può chiedere se queste immagini avessero una valenza puramente ornamentale o fossero in qualche modo legate alla dimensione del culto. L‟uso dei termini sacras e simulacris fa propendere per questa seconda ipotesi.

Queste osservazioni dei Padri trovano preciso riscontro nelle testimonianze delle fonti e nei rinvenimenti archeologici. Statuette di divinità realizzate in diversi materiali venivano venerate nel culto privato, assieme a quelle dei Lari, ma anche separatamente da esse, in

61 Possiamo ricordare da questo punto di vista la menzione delle tavolette dipinte, per cui cfr. 1.1.3 d.

62 Tertulliano, Apologeticus, 13, 1. Testo latino in PL 1, 344 B-345 A. Traduzione italiana di chi scrive. .La trulla era una ciotolina o cucchiaio per attingere il vino dal cratere..

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diverse strutture e spazi della casa64. A partire dall‟età imperiale viene utilizzato nelle fonti il termine lararium per indicare questi apprestamenti cultuali, anche se impropriamente, perchè si tratta di una forma di culto che non si identifica con quello dei Lari nell‟ambito del focolare domestico65. Le testimonianze più significative vengono dalla raccolta di biografie imperiali giuntaci sotto il nome di Historia Augusta. Nella vita di Marco Aurelio apprendiamo che l‟imperatore filosofo teneva in tale venerazione i suoi maestri da conservare e venerare le loro immagini nel proprio larario personale66. L‟imperatore Alessandro Severo aveva, secondo la testimonianza del suo biografo, due larari: in uno conservava le immagini di Cristo, Abramo, Orfeo, Apollonio di Tyana; nell‟altro, invece, le effigi di personaggi illustri della storia, della mitologia e della letteratura greca e latina: Achille, Alessandro Magno, Virgilio e Platone67. Fra i personaggi tenuti in così grande stima da essere venerati nei sacelli privati potevano esserci anche gli imperatori: Svetonio, nella biografia di Adriano, racconta che l‟imperatore aveva fra i suoi Lares cubicoli una statuetta bronzea di Augusto adolescente, che gli era stata donata dall‟autore stesso68

.

I santuari domestici degli imperatori di cui ci danno notizia le biografie dell‟Historia Augusta e di Svetonio dovevano probabilmente rappresentare casi particolari, i quali non rispecchiavano una consuetudine comunemente condivisa nella società tardo antica. L‟eccezionalità delle scelte dei sovrani nella composizione dei larari potrebbe essere la ragione che ha spinto i biografi a soffermarsi sui personaggi rappresentati, mentre non vengono ricordate le divinità di cui più comunemente si ponevano le effigi nei sacrari privati. In generale non sono offerti molti dati neppure riguardo alla collocazione dei lararia (tranne i casi dei Lares cubiculi), nè riguardo ai materiali impiegati.

64 A questo problema sono stati dedicati studi approfonditi nell‟ultimo decennio. Cfr: A. Kaufmann-Heinimann,

Götter und Lararien aus Augusta Raurica : Herstellung, Fundzusammenhänge und sakrale Funktion figürlicher Bronzen in einer römischen Stadt, Augst, Basel, 1998; E. Gagetti, Preziose sculture di età ellenistica e romana, Milano, 2006.; E. Rathmayr, Götter- und Kaiserkult im privaten Wohnbereich anhand von Skulpturen aus dem Hanghaus 2, in «Römische Historische Mitteilungen», 48, 2006, 103-133. Una utile sintesi è presente in F.

Giacobello, Larari pompeiani. Iconografia e culto dei Lari in ambito domestico, Milano 2008, pp. 54-58

65 Sui larari menzionati nell‟Historia Augusta e nelle biografie di Svetonio, si vedano: A. Kaufmann-Heinimann,

Götter und Lararien, cit., pp. 182-184; E. Gagetti, Preziose sculture, cit., pp. 487-489; F. Giacobello, Larari pompeiani, cit.

66 Historia Augusta, Giulio Capitolino, Vita Marci Antonini Philosophi, 3,5. 67

Historia Augusta, Elio Lampiridio, Vita Alexandri Severi, 29, 1; 31, 4-5

S. Settis, Severo Alessandro e i suoi Lari, in «Athenaeum», 50, 1972, pp. 35-72. Sulle più antiche testimonianze riferite ad immagini di Cristo si tornerà nel paragrafo 1.3.

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La dizione di Lares cubicoli attesta tra l‟altro una collocazione del sacello all‟interno delle stanze private, delle camere da letto. Svetonio fornisce una testimonianza al riguardo anche nella Vita di Domiziano, riferendo che i particolari sul brutale assassinio dell‟imperatore erano stati riferiti dallo schiavo addetto alla cura dei Lares cubiculi, che vi aveva assistito. Ancora dall‟Historia Augusta apprendiamo che le immagini dell‟imperatore Marco Aurelio venivano conservate nei larari.

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Maggiori informazioni in tal senso vengono invece dalle testimonianze archeologiche, con le quali risulta utile confrontare le osservazioni degli autori cristiani, per cercare di comprendere più a fondo contro quali immagini si dirigesse il loro attacco.

Complessi di statuette in ambito domestico e collegabili, in base al contesto di ritrovamento, ad una dimensione cultuale (in senso più o meno profondo) sono stati rinvenuti soprattutto nell‟area vesuviana69

. Al tempo stesso, però, possono essere presi in considerazione anche i ritrovamenti avvenuti in ambito transalpino, studiati da Anne Marie Kaufmann Heinimann70, e nella casa sul pendio n. 2 di Efeso, questi ultimi di particolare interesse perchè offrono un termine di confronto per l‟area orientale dell‟impero, oltre che una situazione cronologica che arriva fino al III secolo d.C., e quindi all‟epoca dei Padri71

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Consideriamo innanzitutto la collocazione dei larari. Nei passi sopra considerati Clemente, Tertulliano e Arnobio non sembrano fare riferimento alla tipologia dei lares cubiculi. E in effetti questo tipo di collocazione, benchè attestata in area vesuviana, sembra non aver avuto un ruolo prevalente72.

A Pompei ed Ercolano, a Efeso, come anche a Ostia, i larari contenenti immagini delle divinità erano per lo più ubicati nei luoghi di maggiore rappresentanza della domus: l‟atrio, il tablino, il peristilio o gli spazi adiacenti. Questi ambienti costituivano “la parte pubblica dello spazio privato” e la presenza dei sacelli al loro interno si spiega con le esigenze di autorappresentazione del dominus: le pratiche del culto privato divenivano infatti anche l‟occasione per esibire apparati lussuosi e splendidamente decorati, atti ad esprimere la ricchezza del proprietario73. Le statuette potevano essere collocate in strutture architettoniche come nicchie, edicole o pseudoedicole, cioè nicchie decorate con elementi architettonici a imitazione di un tempietto. Le nicchie potevano essere affrescate, presentando così una

69 Sui larari di area vesuviana si vedano: A. Kaufmann-Heinimann, Götter und Lararien, cit., pp. 184-86; F. Giacobello, Larari pompeiani, cit, pp. 66-69, 127-129; A. Kaufmann Heinimann, Statuettes de laraire et religion domestique a Pompei, in «Archeologia Vesuviana», 2007, pp. 151-157.

70 A Kaufmann-Heinimann, Götter und Lararien, cit. Lo studio di Annemarie Kaufmann Heinimann è dedicato ai larari con statuette bronzee di Augst e Kaiseraugst, ma offre un utile panoramica anche sui ritrovamenti di larari e gruppi di statuette nelle varie regioni dell‟impero.

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F. Krinzinger (hrsg), Das Hanghaus 2 von Ephesos : Studien zu Baugeschichte und Chronologie, Wien 2002; E. Rathmayr, Götter- und Kaiserkult, cit.

72A Pompei i luoghi deputati ad accogliere i sacelli degli dèi nei cubicula risultano in netta minoranza rispetto a quelli individuati negli atri e in viridaria e peristili. Cfr. F. Giacobello, Larari pompeiani, cit, p. 66. Sussistono tuttavia alcuni esempi significativi, come le statuette collocate nell‟armarium lararium ubicato nel cubiculum 2 della Casa a Graticcio di Ercolano. Cfr: A. Kaufmann-Heinimann, Götter und Lararien, cit., p. 210; E. Gagetti, Preziose sculture, cit., pp 480-90; F. Giacobello, Larari pompeiani, cit, p. 56. Nella Casa n.2 di Efeso non si è potuta stabilire la presenza di larari nelle camere da letto: Cfr. E. Rathmayr, Götter- und Kaiserkult, cit. Riguardo alla devozione privata nei cubicula, cfr. anche: A. Anguissola, "Persone e oggetti nel cubiculum: la costruzione letteraria della privacy nella casa romana", in F. De Angelis, a cura di, Lo sguardo archeologico. I normalisti per Paul Zanker, Pisa, 2007

73 A. Zaccaria Ruggiu, Spazio privato e spazio pubblico nella città romana, Roma, 1995, pp. 370-77; A. Kaufmann-Heinimann, Götter und Lararien, cit., p. 184; F. Giacobello, Larari pompeiani, cit, p. 67.

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combinazione di pittura e scultura74. Clemente Alessandrino, facendo riferimento contemporaneamente a statuette realizzate in vario materiale e a pitture (grafai) poteva forse avere in mente una situazione di questo genere, anche non si può escludere che intendesse delle pitture su tavola, che potevano essere collocate assieme alle sculture nei lararia (ma non si conoscono esempi materiali). Gli oggetti del culto domestico potevano essere collocati anche all‟interno di mobili in legno, come scrigni, armadi, casse75

.

.Accanto ai luoghi più rappresentativi all‟interno della domus, un ruolo di primo piano nell‟ospitare gli apprestamenti cultuali sembrano averlo avuto i giardini. Peristili e viridaria conobbero una progressiva monumentalizzazione, anche essi sulla scorta della politica di autorappresentazione sociale del dominus76.

Negli spazi di verdi di Pompei si incontrano numerose edicole, pseudoedicole, nicchie semplici o affrescate. Talvolta le nicchie potevano avere una decorazione in stucco e dipinta a imitazione di elementi naturali, in un‟armoniosa integrazione con la natura vera e propria: è il caso delle numerose nicchie con calotta a conchiglia spesso associate al culto di Venere, e delle pitture di giardino realizzate anche nei sacelli di culto.

La presenza di sacelli e statue oggetto di culto nei giardini è anche ampiamente documentata nella pittura murale77.

Si può anche ipotizzare che Clemente intendesse fare riferimento a situazioni di tal genere, allorchè parla di immagini di divinità collocate nella natura, presso selve, specchi o corsi d‟acqua.

Veniamo ora ai soggetti delle statuette rappresentanti divinità attestati nei ritrovamenti archeologici.

74 La distinzione delle varie tipologie architettoniche che ospitavano i lararia risale a G.K. Boyce, Corpus of the

Lararia of Pompeii, in «Memoirs of the American Academy in Rome», 14, 1937, p. 10.

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Strutture in legno si sono eccezionalmente conservate ad Ercolano, grazie alle condizioni di seppellimento, diverse da quelle di Pompei: Ercolano fu seppellita non dalla lava, ma da materiali piroclastici. Si possono ricordare le edicole della Casa del sacello di legno e della Casa del Salone Nero; o anche i due armadi rinvenuti in una stanza del piano superiore della Casa a Graticcio, dei quali uno conteneva stoviglie e strumento vari in bronzo, mentre l‟altro ospitava il vero e proprio larario, una serie di undici statuette in bronzo. Cfr: T. Budetta, M. Pagano, Ercolano: legni e piccoli bronzi. Testimonianze dell‘arredo e delle suppellettili della casa romana, Roma, 1988, pp. 36-37; A. Kaufmann-Heinimann, Götter und Lararien, cit., p. 212; M. P. Guidobaldi, Ercolano, in Storie da un‘eruzione, 2003, pp. 96-98; E De Carolis, Il mobile a Pompei ed Ercolano : letti, tavoli, sedie e armadi : contributo alla tipologia dei mobili della prima età imperiale, Roma, 2007; F. Giacobello, Larari pompeiani, cit, p. 127.

76 F. Pesando, Domus. Edilizia privata e società pompeiana fra III e I sec. a.C, Roma, 1997, pp. 272-273; W. Jashemski, The gardens of Pomepii, Herculaneum and the villas destroyed by Vesuvius, New York, 1979; P. Grimal, I giardini di Roma antica, Milano, 1990; M. Mastroroberto, "La scultura dei giardini", in Domus - viridaria, horti picti, catalogo della mostra, Casina dell'Aquila, 5 luglio-12 settembre 1992, Pompei, Biblioteca Nazionale, 6 luglio-12 settembre 1992, Napoli, 1992, pp. 85-96; F. Giacobello, Larari pompeiani, cit, pp. 67-69

77 S. Sande, Pagan pinakes and Christian icons : continuity or parallelism?, in «Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia», n.s. 4, 18, 2004 (2005), pp. 85-88. Cfr. paragrafo 1.1.3 d.

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Come abbiamo già detto sopra, le gallerie di personaggi illustri ricordate dall‟Historia

Augusta dovevano essere casi molto particolari. I larari dovevano usualmente ospitare, a

giudicare dai ritrovamenti, immagini delle divinità e degli antenati della famiglia.

Per quanto riguarda le divinità, i soggetti più comuni erano: il Genio e i Lari (esclusivamente in area occidentale); alcune divinità del pantheon tradizionale grecoromano, come Mercurio, Minerva, Giove, Tyche o Fortuna, spesso identificata con Iside, Eracle e, molto popolari, Bacco e Venere; i principali dèi della religione egiziana, come Iside, Serapide e Arpocrate78.

Potevano poi esserci dei culti particolarmente diffusi a livello locale: nella casa sul pendio n.2, ad esempio, sono stati ritrovati vari frammenti pertinenti a statuette di Artemide Efesia, dea protrettice della città79.

Oltre alle divinità, i larari potevano anche ospitare immagini di personaggi umani. Anzitutto degli imperatori. Sempre da Efeso provengono numerose attestazioni in tal senso.

Dall‟unità abitativa 7 provengono busti in marmo a grandezza naturale di Tiberio e Livia, unitamente a un grande serpente in bronzo e a una statuetta con peplo che potrebbe rappresentare Nemesi. Sono stati ritrovati inoltre busti degli imperatori Adriano e Marco Aurelio, dei quali sono incerte la collocazione originaria e la funzione80.

Alle divinità e agli imperatori, i quali, in virtù del processo di divinizzazione conosciuto già in vita o comunque dopo la morte, stavano in una posizione intermedia fra il piano umano e quello divino, si aggiungevano i ritratti degli antenati.

78 Sulla composizione dei larari in generale, si vedano: A. Kaufmann-Heinimann, Götter und Lararien, cit., pp. 185-186, 192-195; E. Gagetti, Preziose sculture, cit., pp.; F. Giacobello, Larari pompeiani, cit, p. 57.

Riguardo alla popolarità delle divinità egizie, si può ricordare che dall‟unità II della casa sul pendio n. 2 di Efeso provengono tre statuette bronzee rappresentanti Iside Panthea, Atena e Serapide. L‟insieme dovette essere assemblato dal dominus durante l‟ultima fase abitativa, nel III secolo (epoca alla quale è ascrivibile la statuetta di Iside). La popolarità dei culti egizi è attestata anche dal ritrovamento, nella cucina dell‟unità residenziale 4, di una testina di Serapide, unitamente a una lampada e a un piccolo altare: peraltro sarebbe un esempio di sacrario domestico allestito in cucina A Efeso hanno un ruolo molto importante anche le divinità terapeutiche, come Asclepio, Telesforo e Igea: si può pensare che in ambito orientale queste divinità sostituissero i Lari nella funzione di protezione della famiglia. Dall‟unità 4 provengono ad esempio una statuetta di Igea e un frammento di bastone con attorcigliato un serpente, che doveva essere pertinente ad una figura di Asclepio. Dall‟unità 6 proviene una statuetta di Telesforo, il culto del quale era diffuso in Asia Minore e in altre parti dell‟impero. E. Rathmayr, Götter- und Kaiserkult, cit., pp. 117-118.

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E. Rathmayr, Götter- und Kaiserkult, cit., pp. 118-121.

80 Tutti questi busti sono arrivati da epoche più antiche fino all‟ultima fase abitativa del complesso (III secolo): il

dominus conservava le immagini acquistate dai suoi antenati e ne aggiungeva di nuove; d‟altronde il riferimento agli imperatori del passato, piuttosto che a quelli in carica, poteva essere volutamente ricercato nel III secolo, per invocare la continuità e la stabilità dell‟autorità imperiale in un‟era di frequenti rivolgimenti politici; o forse si voleva sottolineare l‟ininterrotta fedeltà della famiglia all‟impero. Ad Efeso anche altri ritrovamenti rivelano che l‟immaginario imperiale rivestiva un ruolo importante negli spazi del culto domestico. Dalla latrina SR 29 dell‟unità 2 provengono iscrizioni graffite che menzionano un certo Salutaris. Costui è stato identificato con Vibio Salutaris, cavaliere di discendenza italica che risiedeva a Efeso in età traianea e che, com‟è noto da un' epigrafe, possedeva statue in argento di Traiano e Plotina, che donò, assieme a un cospicuo gruppo di statue di Artemide in materiale prezioso, alla città di Efeso. Peraltro il collegamento fra la casa n.2 e l‟imperatore Traiano è confermato anche dal ritrovamento di un fregio in avorio rappresentante imprese di questo sovrano. Cfr. E. Rathmayr, Götter- und Kaiserkult, cit., pp. 128-131.

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Si può ricordare, ad esempio, il caso del larario della casa del Menandro a Pompei: una nicchia affrescata, aperta nella parete di un‟esedra del peristilio, ospitava cinque statuette in materiale deperibile, probabilmente legno rivestito di cera. Delle cinque figure, una era una statuetta rappresentante una divinità in forma giovanile, seduta su una base rocciosa, con un copricapo a quattro punte. Le altre quattro erano ritratti, due in forma di erme e due in forma di busto81.

Fig. 2 - Pompei, larario della casa del Menandro (da Maiuri)

Nel documento I Padri della Chiesa e le immagini (pagine 42-54)