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d Pitture su tavola di soggetto religioso pagano

Nel documento I Padri della Chiesa e le immagini (pagine 54-113)

Sempre rimanendo nell‟ambito domestico, un‟altra categoria di manufatti oggetto di culto da parte dei pagani e dei quali troviamo testimonianza negli scritti dei Padri è rappresentato dalla pittura su tavola di soggetto religioso.

Il testimone principale è, ancora una volta, Clemente Alessandrino, il quale, nel capitolo IV del Protrepticus, attacca veementemente l‟uso di appendere nelle case, e in particolare nelle camere da letto, quadretti (Πηλαθίνηο) che rappresentano gli amori delle divinità:

60, 1 Ma i più non la pensano così: messi da parte il pudore e la paura, si fanno dipingere nelle loro case le passioni immorali dei loro demoni. In tal modo, dediti interamente alla lussuria, hanno adornato le loro camere nuziali con certe tavolette dipinte (Πηλαθίνηο γνῦλ ηηζὶ θαηαγξάθνηο), che appendono in alto a somiglianza di offerte votive, e scambiano l’incontinenza per pietà.

2. Così, mentre giacciono nel letto, durante i loro amplessi, fissano lo sguardo su quella Afrodite ignuda, avvinghiata nell’amplesso amoroso. E poichè piace loro la personificazione della femminilità, fanno incidere nei castoni dei loro anelli il lascivo uccello che vola verso Leda, servendosi in tal modo di un sigillo, che è del tutto conforme all’intemperanza di Zeus!95

A questo tipo di immagini Clemente sembra riferirsi anche in un passo poco distante:

Questi sono i modelli della vostra mollezza, questi i fondamenti divini della vostra dissolutezza, questi gli insegnamenti dei vostri dèi, che si mostrano dissoluti al pari di voi.

“...poichè ciò che ciascuno vuole, questo anche crede”, secondo l’oratore ateniese. (nota 101: Demostene, Olynth, III, 19). E quali sono anche le altre vostre immagini! Piccoli Pan e fanciulle nude e satiri ubriachi e rigonfiamenti fallici, che sono presentati nudi nei dipinti (Οἷαη δὲ αὖ θαὶ ἄιιαη ὑκῶλ εἰθόλεο, παλίζθνη ηηλὲο θαὶ γπκλαὶ θόξαη θαὶ ζάηπξνη κεζύνλ ηεο θαὶ κνξίσλ ἐληάζεηο, ηαῖο γξαθαῖο ἀπνγπκλνύκελαη), e che sono condannati dalla loro stessa incontinenza. 2. Ormai non vi vergognate più di ammirare i dipinti che rappresentano le posizioni erotiche di ogni genere di lussuria esposti apertamente in pubblico, ma anzi li conservate e li tenete appesi in alto come se fossero offerte votive, vere immagini delle vostre divinità, e voi venerate nelle vostre case, come se fossero sacre, queste stele di spudoratezza, e vi fate dipingere in ugual modo tanto le posizioni erotiche di Filenide come le fatiche di Eracle96.

95 Clemente Alessandrino, Protrepticus ad Graecos, IV, 60, 1-2. Il passo è contenuto nella citazione n. 13 dell'Antologia. F. Migliore, in Protrettico ai greci / Clemente Alessandrino,c cura di F. Migliore, Roma, 2004, traduce παλίζθνη con statuette di Pan, tuttavia il termine significa piccoli Pan, Clemente non utilizza in questo passo vocaboli pertinenti all‟ambito della scultura, e Pan era rapprentato frequentemente anche in pittura, nelle scene di carattere dionisiaco a cui l‟Alessandrino sta facendo riferimento.

96 Clemente Alessandrino, Protrepticus ad Graecos, IV, 61, 1-3. Cfr. Antologia, cit. 13. Riferimenti più generici a pitture su tavola come idoli sono offerti da Clemente anche in Protrepticus I, 3, 1 e I, 7, 5: cfr. Clementis Alexandrini Protrepticus, cit., p. 5.6-7; pp. 12.23, 13.28. Qui però l‟Alessandrino non parla di πίλαθεο, bensì di μύια e ζθηαγξαθίαη, dove il termine ζθηαγξαθίαη (disegni, pitture) consente di interpretare μύια, legni, come tavole e non come statuette in legno.

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Qui l‟Alessandrino non usa il termine di πίλαθεο , ma quello più generico di γξαθαί, pitture; tuttavia l‟analogo soggetto (le avventure erotiche di dèi e semidei) e la collocazione in posizione elevata di questi dipinti (ἀλαθείκελα) fanno supporre che Clemente si stia ancora riferendo a dei πίλαθεο del genere di quelli menzionati poco prima.

L‟esistenza di pitture su tavola di soggetto religioso pagano ha trovato conferma nel ritrovamento, a partire dagli inizi del „900, di alcuni pannelli nell‟area egiziana del Fayum, rappresentanti divinità e databili ad un arco di tempo che va dal II al IV secolo d.C.

Il corpus di queste pitture, comprendente a tutt‟oggi una ventina di tavole, e suscettibile di aumento, è tornato ad essere, negli ultimi decenni, oggetto di particolare attenzione da parte degli studiosi, sulla scorta soprattutto delle ricerche di Thomas Mathews, che sta indagando questi manufatti anche in relazione al loro ruolo di precedenti dell‟icona cristiana97

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In questi pannelli la divinità è solitamente rappresentata a figura intera, in contesti non narrativi e in posizione frontale. I soggetti più frequenti sono le divinità maggiori della religione egiziana, come Serapide, Iside, Horus Arpocrate, ma anche figure di dèi minori rappresentati in costume militare o a cavallo98.

Per una coincidenza fortunata quanto suggestiva, tuttavia, una tavola conservata al Museo Pushkin di Mosca potrebbe rappresentare proprio la dea menzionata da Clemente, Afrodite, assieme al dio Ares, suo amante99.

97 È tuttora in corso il progetto di ricerca di Thomas F. Mathews e Norman Muller, i quali si sono riproposti di ricostruire e studiare il corpus delle pitture su tavola della Tarda Antichità. Elenchi delle tavole oggetto di studio sono stati forniti in: T. F. Mathews, The emperor and the icon, in Imperial art as Christian art - Christian art as imperial art : expression and meaning in art and architecture from Constantine to Justinian, Roma, 2001, Erschienen, 2002, “Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia”n.s. 1, 15, 2001, pp. 163-177 (in particolare pp. 175-177); Id., The clash of gods : a reinterpretation of early Christian art, Princeton, 1993, rev. and expanded ed. Princeton, 1999, 2nd printing Princeton, 2003; trad. it. Scontro di dei. Una reinterpretazione dell‘arte paleocristiana, traduzione di A. dell‟Aira ed E. Russo, prefazione di E. Russo, Milano, 2005, pp. 210- 211. Gli studi di Mathews e le sue ipotesi circa il ruolo di precedente che la pittura su tavola di soggetto religioso pagano avrebbe avuto nello sviluppo dell‟icona cristiana hanno, in anni recenti, attirato l‟interesse di altri studiosi su questo argomento: cfr. R. Sörries, Das Malibu-Triptychon : ein Totengedenkbild aus dem römischen Ägypten und verwandte Werke der spätantiken Tafelmalerei, Dettelbach, 2003; S. Sande, Pagan pinakes and Christian icons : continuity or parallelism? , in “Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia”, n.s. 4, 18.2004(2005), pp. 81-100. Sulla questione del rapporto fra pinakes pagani e icone cristiane si tornerà nel paragrafo 1.3.

98 T. F. Mathews, The emperor and the icon, cit., pp. 173-175; Id, Scontro di dèi, cit.,pp. 95-96.

99 Su questa tavola si vedano: K. Parlasca, Mumienporträts und verwandte Denkmäler, Berlin, Wiesbaden, 1966, pp. 72-73, tav. 19, 2; Id., Repertorio d'arte dell'Egitto greco-romano. Pittura. Ritratti di mummie. Serie B (2), Palermo e Roma, 1977, pp. 65-66, tav. 95,2.

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Fig. 4, Mosca, Museo Puškin, pittura su tavola, inv. 4233, Ares e Afrodite

La tavola mostra una giovane coppia raffigurata a mezzo busto. L‟uomo indossa un chitone rosa a maniche corte, una clamide rosso bruna e un elmo di bronzo ornato di pietre preziose. Sul petto reca una fibbia ornata da un‟immagine del toro Api. La donna è vestita di un chitone bianco che, ornato da una rosa, scivola dalla spalla sinistra, scoprendole un seno. I capelli neri, scriminati al centro, le scendono in lunghi riccioli sulle spalle. L‟uomo cinge la donna con la mano sinistra, e con la destra sostiene il suo braccio sinistro. La donna, a sua volta, dispiega con la mano destra alzata un mantello scuro che aleggia dietro di lui e ne trattiene l‟altra estremità con la sinistra.

L‟elmo della figura maschile e la caratterizzazione frivola di quella femminile conducono a pensare ad Ares e Afrodite. Parlasca interpretava questa tavola come il ritratto di una coppia di mortali rappresentati in forma di divinità. Per Mathews l‟opera rientra nel corpus dei

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pannelli religiosi tardo antichi, ed egli la connette anzi esplicitamente al passo di Clemente Alessandrino100. Possiamo dire che, se è vero che l‟atteggiamento di affettuosa confidenza fra i due coniugi e il taglio a mezzo busto hanno un‟indiscussa consonanza con l‟ambito del ritratto, il seno nudo della figura femminile sarebbe un elemento alquanto ardito ed insolito nella rappresentazione di una defunta; una simile audacia, che poteva risultare lesiva del decoro della morta, non ha riscontro nel repertorio dei ritratti del Fayum. La nudità è invece caratteristica della rappresentazione di Afrodite. D‟altronde anche i gesti delle due figure, e in particolare il contatto fra il braccio dell‟uomo e la mano della donna, trovano riscontro in varie raffigurazioni di Marte e Venere nella pittura murale pompeiana101.

L‟interpretazione della tavola di Mosca come pittura di soggetto religioso piuttosto che come ritratto appare dunque condivisibile. Tuttavia questo dipinto non sembra corrispondere pienamente al tipo di immagine evocato da Clemente Alessandrino, per quanto sia suggestiva la coincidenza della presenza di Afrodite sia nella tavola che nel passo del Protrepticus. Clemente insiste infatti con forza sul carattere marcatamente erotico dei pinakes raffiguranti la dea e di altre raffigurazioni consimili.

Nella tavola di Mosca invece la relazione adulterina fra Ares e Afrodite non è mostrata esplicitamente, anche se già il solo particolare del seno nudo doveva risultare scandaloso agli occhi dei cristiani dei primi secoli.

Fra i pannelli religiosi pagani giunti fino a noi ve ne sono alcuni di contenuto erotico più esplicito. Si può ricordare, ad esempio, una tavola scoperta da Rubensohn a Tebtynis e conservata al Museo del Cairo, nella quale un giovane Dioniso-Arpocrate, nudo, mostra il proprio sesso102.

100 T. F. Mathews, The emperor and the icon, cit., p. 175; Id., Scontro di dèi, cit., p. 94-95: qui, oltre a ricordare il passo di Clemente Alessandrino, sottolinea l‟antitesi fra l‟esplicita rappresentazione del nudo nelle tavole pagane e la rinuncia alla sessualità raccomandata dagli autori cristiani.

101 Così ad esempio nel tablino della casa di M. Lucrezio Frontone a Pompei: cfr. Romana pictura : la pittura romana dalle origini all'età bizantina, a cura di A. Donati, Milano, 1998, p. 199.

102 O. Rubensohn, Aus griechisch-romischen Hausern des Fayum, in «Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Instituts», 20, 1905, pp. 23-25, tav. 3; T. F. Mathews, Scontro di dèi, cit., p. 95. Un altro caso che si può ricordare è quello di una tavola conservata al Museo Archeologico di Alessandria d‟Egitto (no. 22976), nella quale sono rappresentate due divinità egizie, Suchos e Min, quest‟ultimo nell‟atto di tenere il proprio membro. Cfr. V. Rondot, "Min Maitre de Tebtynis", in Egyptian religion the last thousand years : studies dedicated to the memory of Jan Quaegebeur , Willy Clarysse, Antoon Schoors and Harco Willems (eds.), Leuven, 1998, 2, pp. 241-255.

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Fig. 5, Il Cairo, Museo Egizio, pittura su tavola, inv. J 31568, Dioniso/Horos/Arpocrate (da Rubensohn)

Leggendo il passo di Clemente, tuttavia, vengono in mente più che altro le rappresentazioni di carattere propriamente erotico che popolavano lo spazio domestico nell‟età imperiale: costituivano un tema frequente sia nella pittura murale che nei mosaici pavimentali103.

Non di rado le si poteva vedere anche sui πίλαθεο, le tavole dipinte appese o appoggiate alle pareti, di cui si conservano numerose testimonianze indirette nelle pitture murali di Roma e

103 I temi erotici erano molto diffusi nella pittura murale antica; cfr. da ultimo L. Jacobelli, Le pitture erotiche

delle Terme suburbane di Pompei, Roma, 1995, con bibliografia precedente. In genere però i personaggi non sono identificabili come divinità. Nel repertorio dei mosaici pavimentali africani dell‟età imperiale si trovano invece amori delle divinità e del mito i cui protagonisti sono strettamente collegabili all‟immaginario evocato da Clemente, legato al mondo di Dioniso e Venere e delle divinità minori che costituivano le loro corti. Questi mosaici avevano una funzione non cultuale, ma essenzialmente ornamentale o di rappresentazione delle attività della famiglia del dominus...Suscitavano comunque la preoccupazione dei Padri in quanto costituivano un apparato di immagini pagane che permeavano lo spazio della casa, oltre al fatto che i soggetti erotici risultavano scandalosi e immorali. Sulle rappresentazioni di divinità nei mosaici pavimentali africani e sulle loro rappresentazioni, cfr. S. Muth, "Eine Kultur zwischen Veränderung und Stagnation : zum Umgang mit den Mythenbildern im spätantiken Haus", in Epochenwandel? : Kunst und Kultur zwischen Antike und Mittelalter / Franz Alto Bauer ; Norbert Zimmermann (Hrsg.), Mainz am Rhein, 2001, pp. 95-116; K. M. Dunbabin, The Mosaics of Roman North Africa : studies in iconography and patronage, Oxford, New York, 1978, pp. 137-187; K. M. Dunbabin, Mosaics of the Greek and Roman world, Cambridge, 1999, pp. 115 ss.

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dell‟area campana (anche se in genere i personaggi coinvolti in queste attività amatorie non sono identificabili come divinità o eroi del mito)104.

Queste rappresentazioni, tuttavia, al pari degli altri soggetti visibili sui πίλαθεο, vale a dire scene di banchetto, allegorie letterarie o musicali, attività della vita quotidiana, figure sedute o stanti, sacrifici, non sembrano un particolare valore cultuale, ma al più un carattere solo blandamente religioso: essenzialmente svolgevano funzione di rispecchiamento dei gusti e della vita dei proprietari e della loro famiglia105.

Gli unici πίλαθεο che sembrano riflettere un uso cultuale e votivo sono quelli collocati nei pressi di statue di divinità, colonne, baeytilii e altari nel genere dei “paesaggi sacri”. Nei non numerosi casi in cui si riesce a distinguere il soggetto rappresentato, però, queste tavole non sembrano corrispondere strettamente né alle descrizioni di Clemente Alessandrino né ai pannelli con immagini di divinità provenienti dall‟area del Fayum; per lo più, infatti, riproducono le fattezze della statua o del baetylus a cui sono dedicate106.

Clemente Alessandrino, tuttavia, attribuisce più volte e molto chiaramente alle tavolette dipinte raffiguranti gli amori degli dèi una funzione votiva. Non ci sono particolari ragioni per mettere in dubbio la credibilità delle sue affermazioni; a confronto con le attestazioni materiali giunte fino a noi, esse suggeriscono invece l‟opportunità di non incanalare in categorizzazioni troppo rigide le varie tipologie di immagini pagane più o meno strettamente legate all‟ambito religioso: le varie funzioni che si possono individuare, cultuale, ornamentale, di rappresentanza, non si escludevano l‟una con l‟altra, ma potevano convivere intrecciate: per questo spesso non risulta possibile distinguerle e definirle in modo univoco107. Che i pinakes religiosi avessero una funzione primariamente (anche se non esclusivamente) votiva è confermato dal fatto che nei pannelli tardoantichi rappresentanti gli dèi pagani si vede talvolta il donatore raffigurato in piccola scala accanto alla divinità. Possiamo ricordare,

104 Cfr. ad esempio Museo nazionale romano. Le pitture. II,1, Le decorazioni della villa romana della Farnesina , a cura di I. Bragantini, M. de Vos, Roma, 1982, tavv. 40, 51, 85, 86, 87, 96, 172, 210.

105D. L. Thompson, "A Painted Triptych from Roman Egypt," J. Paul Getty Museum Journal 6-7 (1978 79), pp. 185-92 (in particolare p. 190); I. Scheibler, Zu den Bildinhalten der Klappturbilder romischer Wanddekorationen, in «Mitteilungen des Deutschen Archaologischen Instituts - Romische Abteilung», vol. 105, 1999, pp. 1-20 (in particolare p. 19); S. Sande, Pagan pinakes and Christian icons : continuity or parallelism?, in “Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia”, n.s. 4, 18, 2004 (2005), pp. 81-100 (in particolare p. 89)

106 S. Sande, Pagan pinakes, cit., pp. 85-88, ha pubblicato un elenco di pitture di Roma e Pompei rapppresentanti paesaggi sacri in cui si vedono pinakes collocati nei pressi di statue, colonne, baetylii, e che verosimilmente avevano una funzione votiva.; il soggetto dei pinakes risulta spesso non distinguibile sia ragioni legati alle pitture stesse, vale a dire le piccole dimensioni del quadretto e lo stato di conservazione, sia per la qualità delle immagini pubblicate.

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ad esempio, la tavola con un dio militare conservata al Rhode Island School of Design di Providence108.

Fig. 6, Providence, Rhode Island School of Design Museum, pittura su tavola, n. 59030, Divinità militare

Un‟iscrizione dà voce alla preghiera dell‟offerente: ππὲξ Παλεθξίκκηο ἐπ’ἀγαζ῵, “in favore di Panephrimmis, per il bene”109

. La formula di richiesta di beneficio, ἐπ’ἀγαζ῵, ricorre anche in altre tavole110. I pinakes potevano essere offerti con funzione votiva sia in ambito domestico che all‟interno degli edifici di culto. Una tavola frammentaria raffigurante Iside lactans è stata rinvenuta nel tempio di Tutu, a Ismant el Kharab, antica Kellis, nell‟oasi di Dahkle111.

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G. Nachtergael, Trois dédicaces au dieu Hèrôn, in «Chronique d'Egypte», 1996, vol. 71, no141, pp. 129-142. La figura del donatore si scorge anche nelle seguenti tavole: Berkeley, Phoebe Hearst Museum of Anthropology, no. 6.21387, sacerdote con dio bambino; questa tavola è ancora inedita, ma una foto è visibile nel sito www.tebtynis.berkeley.edu; Musees Royaux d‟Art et d‟Histoire de Bruxelles, no. E 7409, Heron e divinità militare; una tavola raffigurante Heron e un‟altra divinità, conservata ad Etampes, in Francia, in collezione privata, e pubblicata da M. Rassart Debergh in Plaquettes peintes d'époque romaine, in «Bulletin de la Société d'Archéologie Copte» 30, 1991, pp. 43-47. Cfr. T. Mathews, The Emperor and the icon, cit, p. 174.

109 Cfr. G. Nachtergael, Trois dédicaces, cit., p. 140. Una diversa lettura del nome, Παληνθξεκκηνο, era stata proposta da F. Cumont, "Un dieu suppose syrien associe a Heron en Egypte", Melanges syriens offerts a M. Rene Dussaud, Paris 1939, 1-9.

110 Ad esempio nella tavola di Etampes: cfr. M. Rassart Debergh, Trois icônes romaines du Fayoum, in «Chronique d'Egypte», 1991, vol. 66, no131-132, pp. 349-355, in particolare pp. 353-355; G. Nachtergael, Trois dédicaces, cit., p. 141.

111C. A. Hope, Isis and Serapis at Kellis: A Brief Note, in «Bulletin of the Australian Centre for Egyptology», 5, 1994, 37-42, in particolare pp. 37-38 e pl. 3; C. A. Hope, H. Whitehouse, "A Painted Panel of Isis", in Dakhleh Oasis Project: Preliminary Reports on the 1992-1993 and 1993-1994 Field Seasons, Oxford, 1999, pp. 95-100; Th. F. Mathews ; N. Muller, Isis and Mary, pp. 7-8 e p. 11, tav. 1.5. Secondo Helen Whitehouse la

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Anche gli autori cristiani attestano più volte che i pagani attribuisono alle immagini delle divinità il significato di offerte votive, pur non facendo specifico riferimento alle pitture su tavola: così Origene e Clemente; così Lattanzio112.

1.1.4 - Il ritratto dell’imperatore: idolo o modello di riferimento per l’immagine cristiana?

Abbiamo visto quanto le immagini degli dèi fossero diffuse nei media e nella forme più diverse, permeando vari ambiti della vita pubblica e privata.

Non meno capillare era la diffusione delle immagini imperiali, che garantivano al sovrano la possibilità di una presenza ramificata e continua nella società tardo antica113.

Dalle fonti storiche pagane di età imperiale, come Erodiano, Cassio Dione e le raccolte di biografie che compongono l‟Historia Augusta114

, si comprende non solo quanto le immagini dei sovrani permeassero i luoghi e i tempi della vita cittadina, ma anche come l‟immagine svolgesse effettivamente il ruolo di sostituto dell‟imperatore in molte situazioni. ne faceva le veci nelle azioni giudiziarie o negli spettacoli teatrali o circensi, qualora non potesse essere tavola, databile alla fine del II secolo, venne utilizzata in ambito domestico prima di essere offerta come dono votivo al tempio di Tutu. Francois Cumont ipotizzò la provenienza da un tempio, e in particolare da quello di Heron a Philadelphia, per tre tavole messe in vendita a Parigi, e che, secondo le indicazioni del venditore, erano state acquistate insieme nella regione del Fayum. Due di esse erano le tavole di Providence e Bruxelles: cfr. n...Marguerite Rassart Debergh identificò la terza nella tavola di Etampes: cfr. M. Rassart Debergh, Trois icônes romaines, cit., pp. 352-353. A sostegno di questa ipotesi G. Nachtergael, Trois dédicaces, cit., p. 142, ricorda il fatto che le tavole di Providence e di Etampes vennero entrambe vendute a Parigi in un periodo di tempo molto vicino, fra il 1953 e il 1955.

112 Per Origene, Contra Celsum, VII, 44; VII, 62; VII, 66 (in questi due casi riporta, direttamente e indirettamente, affermazioni del filosofo pagano Celso); VIII, 17: cfr. Contro Celso / Origene, a cura di P. Ressa, cit. pp. 627, 646, 650, 672; per Lattanzio, Divinae Institutiones, VI, 13. Lattanzio riferisce che i pagani sono soliti ornare con materiali preziosi le immagini delle divinità.

113 La letteratura sui ritratti dei sovrani nell‟età imperiale è naturalmente vastissima. Si danno qui solo alcuni riferimenti generali: H. P. L'Orange, Apotheosis in ancient portraiture, Oslo, 1947; B. M. Felletti Maj, Iconografia romana imperiale : da Severo Alessandro a M. Aurelio Carino (222-285), Roma, 1958; C. Vermeule, A Graeco-Roman portrait of the third century A. D. and the Graeco-Asiatic tradition in imperial portraiture from Gallienus to Diocletian, in «Dumbarton Oaks papers», 15.1961, pp. 1-22; S. Nodelman, Severan imperial portraiture, A.D. 193-217, 1964; R. Calza, Iconografia romana imperiale : Da Carausio a Giuliano (287-363 d.C.), Roma , 1972; S. Sande, Zur Porträtplastik des sechsten nachchristlichen Jahrhunderts, in «Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia», 6, 1975, pp. 65-106; S. Wood, Roman portrait sculpture, 217-260 A.D. : the transformation of an artistic tradition, Leiden, 1986; D. E.E. Kleiner , Roman sculpture, London, 1992; C. B. Rose, Dynastic commemoration imperial portraiture in the Julio- Claudian period, Cambridge : Cambridge University Press, 1997; From Caligula to Constantine : tyranny & transformation in Roman portraiture, ed. by Eric R. Varner, Atlanta, 2000; E. R. Varner, Mutilation and transformation : damnatio memoriae and Roman imperial portraiture, Leiden, 2004.

114 Histoire romaine de Dion Cassius, traduite en français avec des notes critiques, historiques, etc., et le texte en regard, par E. Gros et V. Boissée, Paris, 1845-1870 (in particolare tome dixieme, Paris, 1870); Storia dell'Impero romano dopo Marco Aurelio/ Erodiano ; testo e versione a cura di Filippo Cassola, Firenze, 1968, Histoire auguste : les Empereurs romains des IIe et IIIe siècles / édition établie par A. Chastagnol, Paris, 1994. Una ricca

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