• Non ci sono risultati.

l’inizio della vita umana personale

1. Perché Aristotele in bioetica?

Adriano Prosperi, Dare l’anima

1. Perché Aristotele in bioetica?

Al fine di affrontare la problematica bioetica dello statuto dell’embrione umano ho preso le mosse dalla filosofia naturale di Aristotele, in particolare dalle sue ipotesi riguardo all’embriologia dei mammiferi e, più specificamente, dell’uomo. Questo punto di partenza è giustificato da almeno due ordini di ragioni, in base ai quali ritengo ragionevole poter avviare la riflessione riguardo all’identità e allo statuto dell’embrione umano a partire dalle riflessioni aristoteliche.

Il primo ordine di ragioni è di carattere storico-culturale. Le teorie aristoteliche sulla riproduzione umana hanno svolto, nella civiltà

occidentale, un ruolo culturale imparagonabile nella storia. A partire dal IV secolo a.C. fino, almeno, al Seicento, esse hanno costituito il punto di riferimento fondamentale per la biologia. Nell’analizzare le questioni che rientrano nell’ambito della bioetica è indispensabile strutturare una prospettiva interdisciplinare:107 nel caso del presente lavoro, la riflessione riguardante lo statuto dell’embrione umano coinvolge discipline quali l’embriologia scientifica, la filosofia, la storia e, talvolta, posizioni teologiche. È dunque necessario tenere in considerazione la storia di ognuna di queste discipline. Le opinioni di Aristotele in materia di embriologia hanno prevalso per circa due millenni e non sarebbe sensato ignorarle completamente.108

Il secondo ordine di ragioni è di natura metodologica. Aristotele ha riflettuto sulla questione riguardante l’inizio di un nuovo essere umano, armonizzando le proprie osservazioni empiriche, le conoscenze degli “esperti” nel settore e le proprie indagini di psicologia sviluppate in sede di riflessione filosofica.109 Egli riuscì, così, a coniugare fatti empirici e principi metafisici senza farne scaturire contraddizioni. Questo fa sì che

107 La “bioetica”, nell’Introduzione alla seconda edizione della Encyclopedia of Bioethics del 1995, viene definita come «lo studio sistematico delle dimensioni morali, comprendenti la visione morale, le decisioni, le politiche delle scienze della vita e della cura della salute, attraverso una

varietà di metodologie etiche in un contesto interdisciplinare», Warren T. REICH, Encyclopedia of

Bioethics, Simon & Schuster - MacMillan, New York 19952, p. XXI, corsivo mio.

108 «Le nostre idee e il nostro linguaggio in tema di origine dell’individuo umano si sono formate all’interno del quadro concettuale della biologia e della filosofia aristotelica nella storia della civiltà occidentale. I dati storici di cui disponiamo mettono chiaramente in luce che le opinioni della gente sull’inizio dell’individuo umano sono cambiate nel corso dei secoli in relazione al modo in cui i fatti, veri o presunti, sono stati interpretati attraverso il prisma

concettuale di Aristotele. Lo stesso si può dire di altri temi controversi del nostro tempo. Il modo corretto di affrontare questo antico problema è quello di trattarlo in un’ottica interdisciplinare, combinando insieme le risorse di storia, filosofia e scienza», Norman M. FORD, When did I begin?

Conception of the human individual in history, philosophy and science, Cambridge University

Press, Cambridge 1988, tr. it. Rodolfo RINI (a cura di), Quando comincio io? Il concepimento nella

storia, nella filosofia e nella scienza, Baldini&Castoldi, Milano 1997.

109 Cfr. LANZA e VEGETTI, Introduzione, in ARISTOTELE, Opere biologiche, cit., pp. 9-43, pp. 13-14.

il quadro concettuale da lui elaborato costituisca un esempio per il tentativo di cui si fa carico la bioetica, ovvero costituire una prospettiva che integri scienza e filosofia.110 Nell’approccio dello Stagirita vi è un ulteriore aspetto da sottolineare: esso è di natura aconfessionale, vale a dire è indipendente dalle dottrine di una particolare confessione religiosa.111 Prendere le mosse da una prospettiva assiologicamente neutra si rivela in bioetica particolarmente opportuno, a causa delle difficoltà collegate allo sforzo di fornire fondazioni morali, ove il contesto sia quello di società caratterizzate dal pluralismo delle visioni morali.112

Infine, intraprendere la ricerca su una problematica così attuale a partire dalle riflessioni di un naturalista greco del IV secolo a.C., contribuisce, se pur a latere, a tenere a mente che la questione riguardante l’inizio di un nuovo essere umano non nasce col progresso tecnico-scientifico della biomedicina, ma è una domanda che è stata storicamente declinata in modi differenti ed è stata oggetto di risposte molto diverse tra loro.113

110 Cfr. FORD, Quando comincio io?, cit., p. 53-54.

111 Enrico BERTI, Quando esiste l’uomo in potenza? La tesi di Aristotele, in ID., Nuovi studi

aristotelici II - Fisica, antropologia e metafisica, Morcelliana, Brescia 2006, pp. 143-150, p. 143.

112 Come osserva Corrado Viafora, in riferimento alla dimensione giuridica delle problematiche bioetiche, «da un lato, nello Stato post liberale si ritiene chiusa la parentesi storica del positivismo giuridico e si ripropone il problema della fondazione morale del diritto positivo; dall’altro la molteplicità e l’instabilità delle convinzioni morali nella società pluralistica contemporanea fanno emergere, nell’interesse dei rapporti giuridici, l’esigenza di neutralità assiologica dei processi di applicazione e di sviluppo del diritto», Corrado VIAFORA, Introduzione alla bioetica, Franco Angeli, Milano 2006, p. 28. Che il pluralismo etico che caratterizza le nostre società sia uno tra i fattori che mettono in moto la riflessione bioetica è anche l’osservazione di Cattorini e Reichlin: «Tra le varie ragioni che presiedono al movimento della bioetica, ossia alla diffusione e

all’intensificazione della riflessione teorica e del dibattito civile sull’etica applicata al mondo della biomedicina, una particolare rilevanza va indiscutibilmente assegnata al contesto pluralistico e secolarizzato in cui viviamo», Paolo CATTORINI e Massimo REICHLIN, Bioetica della generazione, Società editrice internazionale, Torino 1996, p. 3.

113 Riguardo a questa «domanda antica», come l’autore stesso la definisce, un contributo magistrale è dato da Adriano PROSPERI, Dare l’anima, Einaudi, Torino 2005. Prosperi si concentra in particolar modo sul Magistero della Chiesa cattolica, mostrando come su temi quali l’infusione