L’argomento di potenzialità
2. La versione tuziorista dell’argomento di potenzialità
La prima versione dell’argomento di potenzialità considera l’embrione come intrinsecamente meritevole di tutela morale in virtù della sua potenzialità di divenire persona. Tale statuto è conferito
all’embrione dalla sua natura umana, che esso acquisisce a partire dal momento in cui sia completata la fecondazione dell’ovulo e sia dunque terminato il processo di formazione del nuovo genoma. L’argomento di potenzialità, in questa accezione, afferma che al momento della fecondazione si forma un nuovo individuo umano, dotato della
potenzialità attiva di sviluppare da sé tutte le strutture fisiche necessarie
all’esercizio delle funzioni superiori e che sia tale potenzialità a garantirgli il diritto alla vita. Nelle pagine che seguono tale interpretazione dell’argomento di potenzialità verrà definita versione
tuziorista,172 facendo riferimento all’omonima dottrina morale sinteticamente espressa nel principio «In dubio tutior pars est erigenda,
tutiora sunt sequenda», la quale costituì una delle variabili della dottrina
morale elaborata dalla casistica gesuitica nel XVII secolo. Tale dottrina sostiene che, qualora l’applicazione di una regola morale sia dubbia, ci si debba attenere all’opinione che paia comportare le implicazioni meno rischiose. In anni recenti, tale dottrina è stata ampiamente ripresa in contesti differenti e con terminologie diverse da quelle originarie. In bioetica, il principio tuziorista (o, se si preferisce, prudenziale, o
precauzionista173) prescrive che, nel dubbio se all’embrione sia da
172 Il termine deriva dal latino tutior, “più sicuro”.
173 Il principio di precauzione, che qui cito soltanto per un’analogia di impostazione con l’approccio che ho definito tuziorista, è stato, in primo luogo, peculiare dell’etica ecologista. In situazioni che prospettino la possibilità di un rischio e, contemporaneamente, la non
quantificabilità statistica di tale possibilità, tale principio, assunto come criterio guida, stabilisce di stimare l’opportunità e l’appropriatezza di certe risoluzioni in base alla valutazione dei risultati attesi ed, eventualmente, di predisporre strategie di valutazione del rischio alternative e misure di protezione prima che tali rischi si realizzino. Esso è un dovere prima facie, ossia ammette eccezioni nei casi in cui la situazione concreta alla quale viene applicato faccia sì che esso entri in conflitto con altri doveri. Il principio di precauzione ha avuto diverse sistemazioni formali in documenti internazionali (Dichiarazione di Rio de Janeiro, 1992; Convenzione di Parigi per la
protezione dell’ambiente marino, 1992; Trattato di Amsterdam; Protocollo sulla biosicurezza di Cartagena; Comunicazione della Commissione europea sul ricorso al principio di precauzione,
attribuire lo statuto ontologico e morale proprio delle persone, si debba propendere a trattarlo “come se” fosse una persona.
Nelle pagine che seguono indicherò con il termine tuziorismo le posizioni che, in ambito bioetico, sostengono che all’embrione vada garantito il trattamento che viene riservato alle persone,
Commissione europea COM, 2001; Direttiva 2001/81 CEE del Parlamento e del Consiglio sull’emissione deliberata nell’ambiente di OGM). Per l’esposizione di una possibile procedura razionale volta alla soluzione dei conflitti di politica ambientale attraverso un bilanciamento di costi e benefici, rimando al documentato volume di Kristin S. SHRADER-FRECHETTE, Valutare il
rischio. Strategie e metodi di un approccio razionale, tr. it. di F. Bizzotto e E. Mazzocchi, C. Poli
(a cura di), Guerini, Milano 1993 (Risk and Rationality. Philosophical Foundations for Populist
Reforms, The Regents of the University of California 1991). Efficace, in particolare, la valutazione
(anti-utilitarisitica) dei rapporti tra rischio ambientale e giustizia sociale, con particolare riferimento al coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale. Per la teoria generale del comportamento razionale in situazioni di gioco, includendo la teoria della decisione, la teoria dei giochi e l’etica, si veda la precisa, sebbene oramai datata, trattazione di John C. HARSANYI,
Rational behavior and bargainig equilibrium in games and social situations, Cambridge
University Press 1977 (tr. it. di Simona MORINI, Comportamento razionale e equilibrio di
contrattazione, Il Saggiatore, Milano 1985). La strategia di approccio alle situazioni di rischio che
Harsanyi presenta è di stampo utilitarista: chi opera una decisione razionale in una situazione di rischio o incertezza deve massimizzare la sicurezza o l’utilità media, ossia il benessere medio di ciascun individuo, appartenente al gruppo coinvolto (per cui potrebbe risultare lecito, in certe circostanze e per un giusto motivo, accettare di sacrificare la sicurezza o l’utilità di una minoranza di persone a favore della media della società). In riferimento al modello per i giudizi di valore morali – che implica che la funzione di benessere sociale di un individuo razionale debba avere la forma della media aritmetica delle utilità individuali – si veda in particolare il capitolo III,
Soluzioni per specifiche classi di giochi. Rimando inoltre all’ormai classico volume di Hans
JONAS, Das Prinzip Verantwortung, Insel Verlag, Frankfurt am Main 1979, tr. it. di Paola RINAUDO, Pier Paolo PORTINARO,Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica,
Einaudi, Torino 1990. Per il principio di precauzione si veda in particolare il capitolo II, Questioni
relative ai fondamenti e al metodo, pp. 33-63. La proposta di Jonas costituisce un esempio
emblematico per un utilizzo del principio di precauzione in senso oltranzista: egli stabilisce il precetto secondo il quale, in casi di incertezza e di rischio che implichino imprese «molto grandi e irreversibili», si debba «prestare più ascolto alla profezia di sventura che non a quella di salvezza». In riferimento alla valutazione del rischio Jonas attribuisce alla filosofia morale il compito di rivolgersi anche ai timori (che chiama «il malum immaginato») per rivelare ciò che veramente l’umanità considera irrinunciabile: in tal modo, egli prospetta un’«euristica della paura» la quale, pur non essendo l’unico criterio per la ricerca del bene, costituisce, a suo parere, un criterio insostituibile: «Questo avviene nell’ “etica del futuro” di cui siamo alla ricerca, nella quale ciò che va temuto non è ancora esperito e forse non ha analogie nell’esperienza passata e presente. Il
malum immaginato dovrà allora assumere in ruolo del malum esperito e questa prefigurazione non
si presenta da sé, ma la si dovrà elaborare intenzionalmente: l’acquisizione anticipata dal pensiero di quell’idea diventa quindi il primo dovere, per così dire propedeutico, della nostra etica», pp. 35-36. Per una trattazione specifica del principio di precauzione riguardo all’etica ambientalista (ed in particolare per una disamina filosofica sugli erronei utilizzi di tale principio riguardo alle
applicazioni della bio-industria in campo agroalimentare) segnalo Sergio BARTOLOMMEI, Sul
principio di precauzione: norma assoluta o regola procedurale?, in «Bioetica» 9 (2001), 2, pp.
indipendentemente dal fatto che tali posizioni considerino certa, dubbia o indecidibile la natura personale dell’embrione stesso.