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L’arretratezza italiana nell’attuazione di logiche basate sulle performance

La misurazione e valutazione delle performance e la correlata strumentazione della quale servirsi sono entrate gradualmente a far parte della realtà pubblica italiana, riscuotendo per la prima volta interesse agli inizi degli anni ’90. Come si è in precedenza descritto, è stato proprio in quel periodo, tramite una rivoluzione normativa di intensa portata, che si sono avvicinate le modalità di gestione tipiche delle organizzazioni private a quelle pubbliche. Entrando in profondità nell’intento riformatore, il risultato decisamente ricercato e tanto desiderato è

riconducibile all’abbandono di una cultura essenzialmente orientata al rispetto dei compiti per volgere ad una organizzazione prettamente orientata ai risultati. Osservando il tutto da un punto di vista ancora più concreto, di fatto, si nota come questo cambiamento si sia tradotto nello spostamento di enfasi dei sistemi di misurazione, dapprima incentrati sulle risorse da utilizzare (input) e, in seguito, rivolti maggiormente ad indagare sui beni e servizi prodotti (output) (Hinna e Monteduro, 2006, pp. 28-29). Nel corso degli anni, poi, i sistemi di misurazione e valutazione hanno continuato a subire ulteriori e innovative modifiche attraverso l’integrazione di un approccio maggiormente teso a considerare gli interessi della collettività e il grado di coerenza dell’attività amministrativa con essi. Di conseguenza le misurazioni utili tanto al vertice politico quanto al management pubblico hanno cominciato ad assumere una dimensione più vaga e ampia, volta a rilevare l’impatto (outcome) delle decisioni e azioni pubbliche nei confronti dei portatori di interesse (cittadini, imprese).

Adesso, la nuova riforma del D.Lgs. 150 del 2009 presentando una logica di continuità con quello che è stato fatto nel passato cerca di superarne i limiti e le difficoltà (49), anche guardando alle esperienze internazionali, con un ulteriore incremento della pressione sui risultati. Ci sono Paesi maggiormente avanzati nella fase di attuazione, anche solamente nell’ambito del circoscritto territorio europeo, che hanno favorito l’assimilazione del nuovo contesto di

performance, non più circoscritte al singolo individuo che ricopre incarichi al vertice della

struttura organizzativa, ideando o elaborando dalla teoria metodi e strumenti, e avviando progetti di sperimentazione (Hinna, 2010; Pollitt e Dan, 2011; Ongaro e Valotti, 2008).

A questo punto cosa è possibile dire in merito al livello di transizione del nostro Paese verso un orientamento ai risultati? Quanto evidenziato da diversi ricerche e studi non porta ad una conclusione positiva. Da quanto emerge, negli anni immediatamente precedenti all’entrata in vigore del decreto Brunetta, l’Italia si è presentata come sempre “fanalino di coda” nell’applicazione di nuovi approcci e metodologie. Questa affermazione è supportata dallo studio di un’indagine recentemente comparsa in un articolo di Monteduro F. (2009) basata sulla rielaborazione dei dati raccolti nel Budget Practice and Procedures Database realizzato dall’OECD dal 2007.

(49) Constato che l’orientamento ai risultati del settore pubblico viene visto quanto mai come una condizione necessaria da perseguire, si rende doveroso cercare di porre rimedio a quelle difficoltà che possono contrastane l’effettiva realizzazione. A tal proposito Hinna L. e Monteduro F. (2006, p. 30) sono concordi nell’affermare che occorrono due condizioni: «sapere come misurare le performance di un’amministrazione, una politica, un programma, o un servizio nonché di un dirigente o di un dipendente pubblico; assicurare che le misure di performance siano poi effettivamente utilizzate nell’ambito delle decisioni strategiche, operative e organizzative». La recente normativa include proprio metodi e tecniche utili affinché queste condizioni si verifichino.

Tabella 1.6 Diffusione dell’orientamento alla performance in Italia e in altri Paesi 38 PAESI PAESI OCSE ITALIA Performance measurement Misure di performance Target di performance Evaluation report Informazioni di outcome 63% 58% 71% 74% 67% 63% 77% 70% Si No Si Si Performance budgeting

Performance utilizzata nella discussione del budget

Collegamento diretto tra performance e risorse

58% 50% 60% 53% No No Performance based- management

Informazioni di performance utilizzate per la gestione

Responsabilità per la fissazione degli obiettivi di performance in capo ai vertici manageriali Responsabilità per l’ottenimento degli obiettivi di performance in capo ai vertici manageriali

47% 45% 13% 50% 47% 17% Si No No Performance reporting

Rendicontazione delle performance alla legislatura

Rendicontazione delle performance ai cittadini

61% 79% 57% 83% Si Si Performance auditing

Analisi di efficienza o di costo-efficacia da parte degli organi supremi di revisione

37% 43% No

Fonte: Monteduro F., 2009, p. 67.

La tabella 1.6 riassume l’analisi dei contenuti del database (50) mostrando le percentuali appartenenti ai vari Paesi dell’OECD e, in modo distinto, le considerazione per l’Italia pertinenti:

 la misurazione dei risultati (performance measurement);

 l’allocazione delle risorse (performance budgeting);

 la gestione e la responsabilizzazione della dirigenza pubblica (performance based-

management and assessment);

 la rendicontazione esterna dei risultati ai cittadini ed a chi ne rappresenta gli interessi

(performance reporting);

 la revisione esterna dei risultati da parte degli organismi indipendenti (performance

auditing).

In sintesi, nella maggior parte dei Paesi oggetto del database è riscontrabile un’elevata diffusione di misure di performance, non solo finanziarie, supportate da un rinnovamento nei sistemi di bilancio nel senso di un maggior collegamento tra mete da raggiungere e mezzi finanziari a disposizione per raggiungerli. Altrettanto diffuse appaiono le forme di rendicontazione esterna volte a far circolare informazioni di performance ai cittadini-utenti. Una minore seppur di rilievo tensione viene invece riservata alle tecniche di responsabilizzazione dei

(50) Il database è accessibile all’indirizzo http://www.oecd.org/gov/budget/database e consultabile da chiunque. Esso fornisce informazioni sui 30 Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e su ulteriori altri.

manager pubblici sia nella fase della definizione di obiettivi misurabili sia per il

raggiungimento di tali obiettivi, concedendo la necessaria autonomia manageriale ed ai diversi approcci di revisione che passano dall’essere basati su verifiche di legittimità a verifiche interessanti aspetti economici della gestione.

Diverso si presenta invece il caso italiano, realtà nella quale manca una diffusa convinzione che le misure di performance si rilevino realmente utili accanto alle ben famose misure di natura finanziaria, specialmente nei soggetti eletti democraticamente che non si rendono conto di come queste potrebbero favorevolmente avvantaggiarli sia nel catturare l’opinione pubblica sia nel catturare l’attenzione dei propri collaboratori. Il principale gap da superare è ancora una volta insito nella cultura delle persone: se concetti come misurazione delle performance, dell’output, dell’outcome vengono vissuti come elementi estranei sarà piutttosto difficile che essi vengano applicati tecnicamente nell’attività lavorativa quotidiana. Alquanto sconfortante è la constatazione della presenza di “si” per il reporting contrastante con i due “no” che compaiono per il budgeting: come è possibile infatti che si rendicontino i risultati se a monte mancano i programmi. Un’opportuna misurazione dei risultati e una trasparente e partecipata rendicontazione degli stessi, infatti, rappresentano il presupposto per avere una pubblica amministrazione efficace, a sua volta condizione fondamentale per la competitività del nostro sistema Paese.

In Italia, le raccolta di dati utili per conoscere quello che accade all’interno della pubblica amministrazione o di ciò che influisce a vario modo sull’esterno e, in particolar modo, sulle aspettative dei vari portatori di interesse del territorio di riferimento (nazionale, regionale, provinciale o comunale) fa parte della quotidianità delle nostre amministrazioni pubbliche; purtroppo quello che principalmente caratterizza l’arretratezza delle nostre amministrazioni è il mancato utilizzo delle banche dati a loro disposizione e la mancata occasione di avvalersi di una fonte informativa notevole. Solamente quando la misurazione farà adeguatamente parte di un sistema integrato di programmazione, valutazione e rendicontazione, ogni sua misura diverrà un mezzo ampiamente e opportunamente impiegato ai fini decisionali dal management pubblico. In proposito, i due primari limiti secondo Monteduro F. (2010, p. 347) da superare sono: «l’assenza di un approccio sistemico all’introduzione di logiche performance-based; l’eccessiva focalizzazione sulla mera introduzione di strumenti, con un approccio prevalentemente adempimentale, prescindendo dal loro effettivo utilizzo ai fini decisionali e di accountability».

La riforma della pubblica amministrazione avviata dal Ministro Brunetta a partire dal 2008 è stata ideata ed approvata allo scopo di ottenere alcuni principali benefici macroeconomici: al fine di ridurre il deficit e il debito del comparto pubblico, per incrementare la produttività dello Stato e delle istituzioni pubbliche in generale, allo scopo di ridurre tempi e costi a carico della

cittadinanza e delle imprese e, inoltre, al fine di poter selezionare le politiche migliori in grado di apportare un benessere superiore (OECD, 2010, p. 107). In conclusione, secondo quanto appena evidenziato, la riforma Brunetta si presenta come l’ennesimo importante stimolo per l’Italia diretto a incoraggiare l’accostamento, una volta per tutte, del sistema pubblico italiano a quello dei migliori Stati del mondo attraverso il superamento di quei limiti appena citati.

CAPITOLO 2

LA MISURAZIONE E VALUTAZIONE