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IL SISTEMA DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO NEGLI ENTI LOCAL

3.1 Una nozione introduttiva di controllo di gestione

Il sistema di misurazione e valutazione della performance pubblica, introdotto dal D.Lgs.150 del 2009 che, come appena terminato di illustrare, ne delinea i tratti principali e gli aspetti caratteristici, si applica in tutto e per tutto direttamente alle amministrazioni centrali, mentre finisce con l’essere calato nella realtà delle amministrazioni locali grazie a qualche accortezza, “abbattendosi” essenzialmente sul sistema dei controlli interni. Le nuove disposizioni, invero, ne modificheranno i tratti originariamente previsti e influenzeranno in maniera assai decisiva il percorso evolutivo del sistema stesso. Le possibili modalità pratiche attraverso le quali gli attuali sistemi operativi degli enti locali si allineeranno ai principi di indirizzo generale contenuti nel decreto Brunetta rappresentano l’oggetto di indagine della presente opera di studio.

Nello specifico, il componente del sistema dei controlli interni previsto dall’art. 147 del T.U.E.L. sul quale si intende concentrare l’attenzione nel prosieguo dell’opera è il controllo di gestione, meccanismo operativo diretto a supportare costantemente nel corso della gestione i processi decisionali del management e a sostenere complessivamente il conseguimento di risultati di continuo migliori. Difatti, come si avrà modo di constatare al termine della lettura del presente capitolo, numerose sono le indicazioni di carattere generale ugualmente valide sia per il controllo di gestione che per il sistema di misurazione e valutazione delle performance e gli aspetti critici da considerare per il loro raccordo (94).

(94)Molte volte il legislatore in questo senso ci tiene ad evidenziare un sorta di relazione fra i due sistemi ed a raccomandare la necessità di un loro raccordo. Ad esempio: comma 2, art. 6, «gli organi di

Al fine di giungere ad un’approfondita nonché esauriente ricerca di quali aspetti caratterizzino oggi i principali processi di programmazione, gestione, controllo e valutazione dei risultati all’interno degli enti locali italiani, sembra corretto iniziare dalla definizione e illustrazione in cosa consiste e come si attua il controllo di gestione, dapprima raccogliendo teorie e convinzioni consolidate nella letteratura in generale (par. 3.1) e successivamente nel caso specifico di comuni e province (par. 3.2 e ss.).

Il controllo di gestione non rappresenta un fenomeno del tutto nuovo o completamente sconosciuto al mondo imprenditoriale italiano, anzi su di esso si è già prodotta un’amplia letteratura e, soprattutto in momenti come quelli attuali gravati da forte dinamicità ambientale e un imprevedibile mutevolezza dei fenomeni economici, le aziende italiane percepiscono l’implementazione di questo sistema operativo come ancora più indispensabile di un tempo. Attualmente è opinione diffusa (Anthony et al., 2005; Amigoni, 2006; Bergamin Barbato, 1991; Bubbio, 2012; Brusa, 2000) che l’implementazione di un sistema diretto ad agevolare il perseguimento delle finalità di fondo dell’impresa rappresenta, insieme a una creatività strategica ed a delle capacità imprenditoriali eccelse, un fattore imprescindibile per lo svolgimento dell’attività d’impresa, benché di per sé non costituisca una condizione sufficiente per assicurarsi di ottenere risultati di successo.

Di questo meccanismo operativo solamente negli ultimi decenni se ne è sentito parlare nell’ambito del settore no-profit e delle amministrazioni (o aziende) pubbliche (95), con alcuni settori come quello ospedaliero più all’avanguardia di altri nell’applicazione di tale filosofia di conduzione aziendale. Le amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali, pur progettando sistemi di controllo di gestione nel rispetto delle proprie tipicità e scegliendo adeguati strumenti a sostegno di esso, nel farlo non possono prescindere da una basilare conoscenza di quelle che sono le tecniche e le metodologie già ampliamente impiegate e diffuse in ambito privato.

Il termine “controllo di gestione” deriva dall’inglese management control ed è proprio a causa della traduzione, spesso non corretta, del vocabolo straniero che nascono degli equivoci riguardanti il suo significato. Il controllo (control), in questo caso e diversamente da quanto siamo soliti pensare, non ha un’accezione di carattere ispettivo o di verifica formale, bensì si identifica in un’attività di guida o supporto per tutti coloro i quali sono soliti affrontare problemi

indirizzo politico amministrativo si avvalgono delle risultanze dei sistemi di controllo di gestione presenti nell’amministrazione»; comma 3, art. 7, «il sistema di misurazione e valutazione della performance individua, […] le modalità di raccordo e di integrazione con i sistemi di controllo esistenti; le modalità di raccordo e integrazione con i documenti di programmazione finanziaria e di bilancio».

(95) Per un maggior dettaglio si ricorda quanto scritto nel primo capitolo, nel quale infatti si sono riassunti i principali processi di riforma che hanno portato allo stato attuale del sistema dei controlli interni.

e prendere, di conseguenza, decisioni strategiche e non all’interno dell’azienda, normalmente identificati nel complesso con appunto il vocabolo management.

I tratti distintivi caratterizzanti codesto meccanismo operativo che dovrebbero essere presenti oggi in una qualsiasi azienda, privata o pubblica che sia, sono la conseguenza prodottasi in decenni di storia e derivante dal diverso approccio riservato alle condizioni di efficienza ed efficacia da parte delle imprese, di volta in volta al manifestarsi di cambiamenti prevalentemente nei processi produttivi e nelle condizioni del contesto esterno. In breve, dalla letteratura consultata (Amigoni, 2006; Bergamin Barbato 1991; Bubbio, 2012; Silvi, 1995) e dalle analisi condotte in essa volte ad evidenziare i fattori che hanno fortemente condizionato i sistemi di controllo notoriamente conosciuti, si può individuare una sorta di percorso attraverso il quale si è giunti alla metodologia gestionale attualmente esistente e le cui principali tappe evolutive sono state segnate da:

 un progressivo affiancamento all’attenzione da destinarsi all’efficienza tecnica di un maggior interesse nei confronti della dimensione di efficacia, nel periodo in cui la “produzione di massa” lascia il campo alla “produzione snella”. L’esigenza di produrre elevati volumi, in tempi assai brevi, secondo procedure standardizzate al massimo e a prezzi largamente accessibili gradualmente rallenta fino a lasciare il posto alla necessità di apprendere i nuovi bisogni della clientela, all’inserimento di aspetti qualitativi nel prodotto/servizio offerto e di riuscirci con una certa flessibilità. Inoltre, la strumentazione di supporto prettamente tecnico-contabile subisce anch’essa un’evoluzione facendo spazio alla contabilità dei costi, quale forma primordiale della contabilità economico analitica;

 una rifocalizzazione delle priorità da realizzare, stabilendo il primato degli obiettivi di medio-lungo termine su quelli di breve termine. L’allargamento del campo di visione delle imprese è sottolineato in particolare dall’avanzare della riconosciuta importanza all’innovazione strategica e alla conseguente formulazione delle linee guida che l’organizzazione deve seguire, essenziale per garantirsi un arco di vita temporale dell’impresa ben più a lungo di quanto fatto fino ad allora. Invero, si è reso di conseguenza obbligatorio il raccordo del contenuto dei budget con quelli dei piani d’azione entrati prepotentemente a monte del processo di programmazione;

 un incremento del numero di soggetti destinatari (fino ad allora manager, dipendenti e proprietari) dei rendiconti di gestione favorendo la fruizione di una parte del supporto informativo anche a coloro i quali intrattengono rapporti meno diretti ma ugualmente importanti con l’impresa (stakeholder). Di recente, infatti, le funzionalità del controllo di gestione e del correlato sistema di misurazione si sono allargate comprendendo un sistema di

rendicontazione interessato a perfezionare la comunicazione esterna (96), rivolta in special modo a clienti, fornitori, associazioni di vario tipo, politici e collettività di riferimento. La sintesi storica conduce inevitabilmente all’adozione di una specifica concezione di tale sistema operativo, consentendo di impostare tutto il presente lavoro di tesi su un univoco e preciso approccio alla tematica. Come emerge da quanto appena scritto, il concetto di controllo di gestione al quale si farà riferimento, comparso in letteratura soltanto nei fini anni ’80 primi anni ’90, è il risultato di quella serie di accadimenti che hanno interessato imprese e, con loro, sistemi di controllo (tab. 3.1).

In definitiva, il controllo di gestione si concretizza in un unico complesso incardinato organizzativamente e rivolto ad indirizzare l’attività economica d’impresa, interagente con gli altri meccanismi operativi appartenenti al più ampio sistema aziendale e, a sua volta, scomponibile in tre subsistemi. Esso non può consistere unicamente nella ricerca dell’efficienza a breve, ma deve estendersi ben oltre codesto orizzonte temporale sia pure con obiettivi generali dell’azienda di medio lunga durata; superando la specializzazione dei sistemi di controllo notoriamente conosciuti (97), il controllo di gestione tende a bilanciare fra loro, efficienza e efficacia, breve e medio lungo periodo, (Bergamin Barbato, 1991, pp. 41-49) riservando a ciascuno di essi un opportuno spazio di considerazione all’interno dell’organizzazione.

(96) Gli studi in merito alla tematica della Corporate Social Responsability sono gli ultimi, in ordine di tempo, ad essersi associati alle questioni riguardanti i sistemi di controllo delle imprese. Un vertice aziendale intenzionato oggigiorno a percorrere il cammino della responsabilità sociale d’impresa deve sapere che si può servire di un sistema di controllo gestionale opportunamente strutturato, in grado di fissare i futuri impatti sociali e ambientali, oltre a quelli economici, e di monitorarne per mezzo di indicatori di performance sociale e ambientale costantemente l’evoluzione temporale. In sostanza, se il sistema di controllo accoglie questa nuova prospettiva di fondo diviene possibile per l’organizzazione orientare le decisioni manageriali non solo in modo correlato alle dimensione dell’efficienza e dell’efficacia, ma anche in relazione alle esternalità ambientali e sociali generate (Mio, 2005,pp. 85-104).

(97) Oltre al sistema di cui si sta parlando, infatti, se ci basiamo sull’oggetto del controllo possiamo distinguere diverse forme di controllo comunemente diffuse nelle aziende e centrate sulle azioni, sul personale e sui risultati (Merchant e Riccaboni, 2001). Altresì, a seconda del contenuto e del ruolo a ciascuno assegnato se ne rinvengono ulteriori configurazioni dotate di specifiche caratteristiche, quali il controllo esecutivo, il controllo direzionali, il controllo strategico (Bergamin Barbato, 1991).

Tabella 3.1 Elementi caratterizzanti il controllo di gestione nel suo progredire

I

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“tttrrraaadddiiizzziiiooonnnaaallleee” ccceeennntttrrraaatttooo sssuuullllllaaa

g

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o

oorrriiieeennntttaaatttooo aaallllllaaa ssstttrrraaattteeegggiiicccaaa

O

Obbiieettttiivvoo «È il processo attraverso il quale il management si assicura che le risorse

siano impiegate in modo efficace ed efficiente» (R. N. Anthony, 1965)

«È il processo attraverso il quale il management cerca di influenzare i

comportamenti per attuare la strategia» (R. N. Anthony, 1987)

O

Orriieennttaammeennttoo • Post action control

• Trovare gli scostamenti per segnalare le azioni correttive

• Cost control

• Steering control

• Non avere scostamenti (intervenire prima) • Cost management O Oggggeettttii • Prodotti • Centri di responsabilità • Clienti • Canali distributivi • Business • Progetti • Rischi aziendali S Sttrruummeennttii • Management Accounting • Budget • Contabilità analitica • Sistema di reporting • Variance analysis

• Management accounting integrata

• Key performance indicator

• Balanced scorecard

• Activity Based Costing

• Lean accounting

• Cost of ownership

• Target costing

• Life cicle costing

Fonte: adattamento da Bubbio A., 2012, p. 37.

Come un qualsiasi sistema di controllo, esso influisce sui comportamenti organizzativi e, nello specifico, responsabilizza i manager in merito alle azioni da loro adottate, ai risultati da loro conseguiti e dagli atteggiamenti da loro manifestati al sopraggiungere di un evento. All’interno dell’impresa coinvolge a vario modo tutti gli individui collocati lungo la scala gerarchica condizionandoli ad assumere decisioni ed a svolgere attività in maniera coerente e coordinata con gli obiettivi dell’organizzazione identificati dal vertice aziendale. Ancora, differentemente da altri sistemi di controllo e indagando più a fondo negli aspetti psicologici e

sociali, cerca di ottenere una condizione alquanto difficile da conseguire, ovvero l’allineamento dei comportamenti organizzativi con le finalità aziendali e, nel fare questo, condiziona inevitabilmente la cultura dell’impresa stessa (Anthony et al., 2005; Bergamin Barbato, 1991; Bubbio 2012; Brusa, 2000; Merchant e Riccaboni, 2001). Non risulta semplice, infatti, comprendere le motivazioni che hanno spinto un determinato soggetto ad agire in uno specifico modo senza conoscere i meccanismi di fondo che guidano le persone sia prese singolarmente che in gruppo. Accertata questa peculiarità, nella progettazione del sistema di controllo gestionale è d’obbligo cercare di delinearne una struttura in grado di «indurre i membri dell’organizzazione (manager e no) a compiere azioni che siano a un tempo nel loro interesse personale e nell’interesse dell’organizzazione» (Anthony et al., 2005, p. 252).

Il controllo di gestione in quanto immerso all’interno di un’organizzazione composita di un insieme di persone che, a vario titolo, cooperano e agiscono secondo intenti comuni deve essere di utilità per tutte loro in diversi momenti e con differenziate modalità (98). Esso consta in un processo strutturato che ha origine nel momento topico della formulazione delle strategie aziendali, si articola nell’individuazione e definizione degli obiettivi operativi e nella loro realizzazione, e termina con la riflessione sui risultati conseguiti e l’eventuale riformulazione delle linee di indirizzo strategico-operativo. Nel progettare un sistema di controllo si rende immancabilmente necessario fare delle considerazioni in merito ad alcuni “elementi astratti” fortemente condizionanti la percezione del meccanismo in questione da parte delle risorse umane dell’impresa. Questi vengono solitamente identificati con lo stile di direzione e la funzione attribuita al sistema di controllo da parte del vertice: a seconda del primo, che potrà essere più o meno accentrato, corrispettivamente il sistema di controllo potrà essere inteso più come mezzo utile per verificare i comportamenti operativi attuati o più come una strumentazione di sostegno per i soggetti obbligati a prendere decisioni con un certo rilievo.

Come precedentemente richiamato, la dottrina è solita individuare una scomposizione del controllo di gestione in tre essenziali e distinti elementi, quali la struttura tecnico informativa di supporto, la definizione della ripartizione delle responsabilità, dette altresì dimensione statica del sistema, ed il processo di controllo, costituente la dimensione dinamica.

In particolare, quest’ultimo si distingue dai primi due componenti poiché si concretizza in una serie circostanziata di attività informali, non regolamentate e dalla consistenza dinamica,

(98) Questa visione del sistema di controllo gestionale la si ha in particolare in seguito all’avvicinamento degli studi organizzativi alla tematica, avvenimento che ha delineando da quel momento il sorgere di un approccio “istituzionalista” al meccanismo di controllo (Amigoni, 2006, p. 4; Bubbio, 2012, p. 30; Riccaboni, 1999). In particolare l’esigenza di vedere il sistema di controllo come uno strumento organizzativo era dovuta in gran parte per il legame intercorrente tra esso e il sistema degli incentivi.

concernenti in riunioni, discussioni e altre forme di coordinamento verbale e non verbale. In sostanza il processo di controllo è raffigurato dalle tappe attraverso le quali si realizza il sistema di controllo gestionale e presenta una forma circolare assicurata da un meccanismo “di chiusura” dominante. Le sue fasi, ciascuna delle quali rappresenta il presupposto per la successiva, possono essere così disposte in elenco (Bergamin Barbato, 1991, p. 373):

1. individuazione dei parametri-obiettivo, quali primarie linee guida di riferimento per l’intera organizzazione e, nello specifico, di coloro i quali si devono adoperare nel realizzarli;

2. attuazione dei percorsi di gestione delle risorse ritenuti economicamente razionali al fine di generare prodotti e/o servizi di valore;

3. rilevazione e rendicontazione dei risultati raggiunti;

4. accostamento ai parametri-obiettivo dei risultati conseguiti,

5. analisi delle eventuali cause provocanti un risultato diverso rispetto agli obiettivi preventivati,

6. riflessione in merito ai probabili interventi correttivi utili a eliminare le difformità emerse.

Come è possibile notare tale processo non coincide con il solo confronto delle risultanze con i target aziendali annuali e pluriennali, grazie anche all’attenzione crescente riservata ad un certo punto agli studi di strategia aziendale. È oramai assodato come, di fatto, non può esistere attività di controllo se prima non la si anticipa con un’opportuna e coerente attività programmatoria; inoltre è altrettanto vero il contrario, in quanto risulta superficiale destinare tempo e risorse all’individuazione e definizione di un insieme di possibili traguardi se a ciò non fa seguito un conveniente ragionamento attorno ai risultati conseguiti.

Quindi, a monte dell’intero processo si trova la pianificazione strategica che sulla base delle opportunità e delle minacce dell’ambiente, dei punti di forza e di debolezza dell’azienda, definisce gli obiettivi di fondo realizzabili mediante strategie di medio-lungo termine, coinvolgendo in primo luogo i vertici aziendali. La pianificazione è invero la fondamentale premessa alle successive attività di programmazione e controllo degli obiettivi, cosicché dai piani d’azione si transita ai programmi, dagli obiettivi strategici a quelli operativi, fissando in tal modo il probabile percorso che l’organizzazione necessariamente sarà obbligata a seguire e allargando man mano il numero di persone chiamate a darvi seguito.

In un secondo tempo, le azioni decise e prodotte dai manager generano delle conseguenze che devono essere misurate e confrontate con gli obiettivi attesi. Entra in campo, a questo punto, il “meccanismo di retroazione” del processo di controllo, permettendo al sistema operativo di riadeguarsi ai cambiamenti intercorsi nell’organizzazione e/o nell’ambiente esterno influenzanti

le dinamiche evolutive dei processi di generazione di valore da parte dell’azienda. Tale cosiddetto riadattamento può peraltro avvenire secondo tre possibili modalità correttive: «è possibile rettificare le attività, […] si potrebbero rivedere i singoli budget operativi, […] gli stessi programmi potrebbero essere sostanzialmente rivisti o eliminati» (Anthony et al., 2005, pp. 238-239). Scendendo ulteriormente nel dettaglio del meccanismo, le risposte sorgono a seconda di due differenti modalità di comparazione: si possono infatti confrontare i risultati attesi con quelli effettivi ed intervenire correggendo eventuali difformità (feedback), oppure il confronto può interessare due momenti di previsione diversi, l’uno fatto un po’ più tardi dell’altro, allo scopo di migliorare la capacità programmatoria degli obiettivi soprattutto in situazioni di forte dinamismo (feedforward).

L’integrazione del processo di programmazione e controllo e l’attuazione delle fasi appena delineate va a tutto vantaggio dei manager posti ai vari livelli della scala gerarchica, veri e propri protagonisti. Come già è stato detto in precedenza, il controllo influisce sui comportamenti organizzativi dei manager, responsabilizzandoli ad ottenere risultati più confacenti alle finalità aziendali, ma non si è spiegato che per fare ciò si devono poter individuare e delimitare delle ideali aree di responsabilità. È per questo che sulla base della struttura organizzativa dell’azienda si provvede a disegnare quella che viene anche chiamata “mappa delle responsabilità”, per mezzo della quale a specifiche posizioni organizzative si assegna l’onere di governare delle variabili complesse da esse direttamente influenzabili.

Questo adempimento, tuttavia, risulta tanto complicato quanto di vitale importanza ai fini dell’instaurazione e dell’accoglimento di una direzione incentrata sulle singole unità organizzative e sui relativi obiettivi in capo ad esse. I centri di responsabilità vengono tradizionalmente distinti in centri di costo, di ricavo, di profitto e di investimento, sebbene, in verità, ne esistano forme assai più articolare e complesse a seconda delle esigenze emerse in fase di progettazione del sistema. Limitandosi alle tipologie appena elencate, come è facile intuire dal nome a loro assegnato i centri classici di costo o di ricavo sono responsabili della quantità e qualità delle componenti negative e positive di reddito, ovvero del valore monetario dell’input acquisito e del valore monetario dell’output venduto. Altrettanto accade per i centri di profitto, quali unità responsabili della differenza tra ricavi conseguiti e costi sostenuti, e per i centri d’investimento ai quali spetta il monitoraggio ed il governo di tutte le variabili precedenti, nonché di quella attinente al capitale investito (99).

(99) Per una comprensione più dettagliata dei parametri-obiettivo e degli indicatori affibbiabili a vari centri di responsabilità si vedano Anthony et al., 2005, Bergamin Barbato, 1991, Brusa, 2000, Merchant e Riccaboni, 2001. Si è preferito non dilungarsi troppo nell’esposizione dell’argomento in quanto, come si

Ancora più difficoltosa risulta l’individuazione in merito a quali obiettivi e indicatori devono essere responsabilizzati i manager. I parametri-obiettivo di fatto, quale mezzo per orientare ai risultati, catturano le variabili critiche al cui presidio sono dirette le unità decisionali e vengono generalmente rappresentati mediante indicatori, espressi sia quantitativamente che qualitativamente. Nonostante il diffuso utilizzo da parte delle imprese del settore privato di indicatori espressi in termini economico-finanziari non è assolutamente detto che per ciascun centro di responsabilità si debba per forza far ricorso a indicatori di tal genere. Anzi è emersa, negli ultimi decenni (100), una tendenza a mettere in discussione le misure attraverso le quali orientare i comportamenti manageriali, ritenute spesso troppo riduttive per fornire una visione