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LA MISURAZIONE E VALUTAZIONE DEI RISULTATI PUBBLICI LOCAL

2.1 Il concetto di performance e sistemi attinent

2.1.1 La performance in ambito pubblico

Nelle imprese private la necessità di adeguarsi alla dinamicità ambientale e di fronteggiare la crescente complessità globale dei mercati al fine di continuare ad esistere e di assicurarsi una quota di ricchezza prodotta ha comportato una progressiva evoluzione delle tecniche e delle strumentazioni impiegate, di volta in volta adeguate alle mutate condizioni contestuali, e alla realizzazione in molte realtà di sistemi di gestione complessi delle performance.

Da alcuni anni, anche se in modo differente, i medesimi approcci teorici e pratici stanno sempre di più entrando a far parte della realtà pubblica: si osserva infatti come il miglioramento delle performance rappresenti l’obiettivo comune e centrale a numerose iniziative di riforma interessanti il settore pubblico e, nella prassi, a diverso modo e con intensità differente esistano già diverse esperienze positive di implementazione di questi sistemi (Sanger, 2008, p. 74). Anche in letteratura i riferimenti a questa tipologia di sistemi (performance measurement e

performance management system) sono particolarmente abbondanti soprattutto qualora correlati

all’insieme di riforme ricadenti all’interno del New Public Management (Pollitt e Dan, 2011, p. 27). Purtroppo, ed è stato possibile vederlo anche attraverso i risultati di una ricerca presentati nell’ultimo paragrafo del capitolo precedente, i sistemi di performance management sono un qualcosa al quale il legislatore italiano approda piuttosto tardi rispetto a molti altri Stati, sia del continente americano che europeo.

Attualmente, alla generalità delle amministrazioni pubbliche (enti locali inclusi) viene richiesto di rispondere a quelle che sono le prioritarie esigenze dei cittadini, tenuto conto dei livelli quantitativi e qualitativi dei servizi raggiungibili con l’impiego di risorse scarse (monetarie in primo luogo) e di essere nei confronti di questi ultimi soggetti maggiormente trasparenti raccogliendo, rendicontando e comunicando loro i risultati conseguiti nell’immediato e gli impatti di medio-lungo periodo verificatisi in seguito all’adozione di talune politiche pubbliche; nel cercare di adempiere adeguatamente a queste finalità l’ente pubblico necessita di conoscere la performance realizzata e di essere in grado di governare la complessità che la circoscrive. Una maggiore disponibilità di informazione tempestive e attendibili di quanto concretamente viene svolto dalle amministrazioni pubbliche innegabilmente si traduce in un miglioramento dei rapporti tra amministrazione e collettività, spesso modificando in termini positivi i momenti di confronto e di dialogo costruttivo con le famiglie e le imprese del territorio. Comunicare obiettivi e soprattutto risultati deve entrare nella quotidianità di tutti gli enti pubblici italiani e attraverso l’implementazione di sistemi di misurazione (Francos Santos et al., 2007, pp. 18-19) presto la conoscenza sia pure all’esterno delle performance realizzate diverrà realtà. Tali sistemi raffigurano la principale arma in mano ai Governi dei diversi Stati

grazie alla quale osteggiare l’autoreferenzialità ormai da troppo tempo diffusa nelle sedi e negli uffici delle organizzazioni pubbliche.

Le misure di performance rappresentano informazioni critiche di governo in quanto esse possono allo stesso tempo consentire alla componente politica di ottenere o rafforzare il consenso popolare intorno ad essa, se non addirittura perderlo, e possono determinare l’apprendimento di quali siano i servizi migliori da fornire e quanto meglio siano in grado di soddisfare i bisogni della collettività (Sanger, 2008, p. 71). I sistemi di performance

management se correttamente implementati agevolano l’amministrazione in questo senso

orientando in particolar modo le scelte dei politici e della componente tecnica in merito ai servizi pubblici da erogare e ai livelli di prestazione minimi, migliorando qualitativamente politiche e decisioni assunte nel corso della gestione e incoraggiando la formulazione di nuove idee organizzative e gestionali (Ruffini et al., 2011, p. 14). La crescente digitalizzazione della pubblica amministrazione e il frequente ricorso all’informatizzazione delle procedure costituiscono a tal proposito un esemplificazione di cosa e come stia cambiando in questi ultimi decenni con l’aiuto di un approccio alla gestione orientato alle performance. Un esempio banale di ciò che sta lentamente mutando ma che normalmente colpisce è dato dalla fornitura di alcuni servizi direttamente attraverso l’accesso ad un portale internet di un amministrazione e la possibilità, per esempio, di poter scaricare da casa propria e stampare sulla propria stampante certificati o documenti che altrimenti il cittadino-utente avrebbe dovuto reperire recandosi fisicamente presso la sede degli uffici pubblici; in tal caso l’amministrazione oltre a guadagnarne positivamente in termini di visibilità agli occhi della cittadinanza (dato un probabile passaparola fra gli individui soprattutto nella fase di introduzione iniziale del servizio) ottiene una riduzione dei tempi di erogazione del servizio e una riduzione dei costi ad esso associati (ad esempio derivante dalla collocazione ad altre mansioni del personale dipendente precedentemente impiegato), peraltro tutti vantaggi ampliamente ricercati nel contesto economico di crisi attuale.

Numerosi autori nel corso degli anni hanno proposto una moltitudine di motivazioni che suggeriscono ad un’amministrazione pubblica di avvalersi di un sistema di misure di

performance, per lo più derivanti dalla varietà di scopi per i quali politici e dirigenti ritengono

opportuno utilizzare le misure da individuare (Behn, 2003; Del Bene e Marasca, 2009; (Lebas e Euske, 2007); esiste, in realtà, secondo Behn R. D. (2003) la convinzione in dottrina che qualsiasi intento riconosciuto come plausibile sia in concreto riconducibile ad un unico solo

scopo, ossia il miglioramento delle performance (64). Alla luce dell’attuale contesto competitivo, al di là dei possibili vantaggi ritraibili dall’introduzione e applicazione di un sistema di

performance management, il motivo prioritario per il quale si decide di utilizzare una

strumentazione in grado di fornire informazioni utili sulle prestazioni conseguite è rappresentato dal poter apprendere quanto è accaduto in modo più fedelmente possibile al fine di poter regolare in maniera ottimale i comportamenti operativi, indirizzandoli anzitutto al miglioramento continuo. Cercare di migliorare, tuttavia, non si presenta un’operazione tanto semplice ed ovvia. All’interno di una qualsiasi amministrazione pubblica ancora oggi non tutti i soggetti che rivestono una funzione direzionale possiedono le abilità e le conoscenze necessarie per poter comprendere come intervenire in senso migliorativo o apportare significative innovazioni nel processo produttivo ed erogativo dell’ente pubblico; ma anche qualora il

management pubblico possieda le capacità necessarie, l’apprendimento di quali cambiamenti si

rendano urgenti in un determinato periodo e la ricerca delle soluzioni proficuamente adottabili restano piuttosto difficoltose.

In aggiunta a questo, la rilevanza della misurazione e della gestione delle performance è accresciuta, in particolar modo, dalla missione istituzionale caratterizzante le amministrazioni del settore pubblico (Del Bene e Marasca, 2009, p. 287). Diversamente dalle aziende del settore privato generalmente tenute a remunerare gli investitori di capitale, l’amministrazione pubblica deve obbligatoriamente cercare di soddisfare una moltitudine di bisogni individuali e collettivi talmente elevata da condizionare l’eterogeneità dell’attività svolta, la tipologia e le modalità di utilizzo delle risorse, la diversità dei processi produttivi adottati, le forme di erogazione dei beni e servizi offerti ecc…, e quindi tale da rendere complessa la gestione dell’attività amministrativa. La finalità propria dell’ente pubblico rende in definitiva la misurazione delle

performance un’attività dalla quale non si può prescindere, specie allorquando si constata che

(64) L’autore, al contempo, individua altri sette differenti motivi per i quali la dirigenza pubblica si avvale delle misure di performance: al fine di esprime un giudizio oggettivo sull’operato complessivo dell’amministrazione, al fine di controllare l’operato dei propri subalterni, al fine di programmare e redigere il budget, al fine di motivare tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nella produzione di beni e servizi pubblici, al fine di convincere l’organo politico e l’opinione pubblica della bontà del lavoro svolto, al fine di premiare i meritevoli, al fine di apprendere informazioni utili dai dati raccolti (Behn, 2003, pp. 588-593). Entrando invece nel dettaglio della casistica pubblica italiana la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, quale organismo di indirizzo generale sui temi contenuti nel D.Lgs. n. 150/09, individua per sistemi di misurazione le seguenti finalità: «migliorare, una volta a regime, il sistema di individuazione e comunicazione dei propri obiettivi; verificare che gli obiettivi siano stati conseguiti; informare e guidare i processi decisionali; gestire più efficacemente sia le risorse che i processi organizzativi; influenzare e valutare i comportamenti di gruppi e individui; rafforzare l’accountability e le responsabilità a diversi livelli gerarchici; incoraggiare il miglioramento continuo e l’apprendimento organizzativo» (CIVIT, n. 89/2010, p. 7).

«governare senza avere informazioni è un’arte sempre meno possibile ai tempi d’oggi» (Ruffini et al., 2011, p. 9).

In conformità con quanto appena affermato, appaiono di tutto rilievo i contenuti del secondo e del terzo articolo del decreto Brunetta (D.Lgs. 150/09) nei quali si legge che, essenzialmente, «la misurazione e la valutazione della performance sono volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche». Per mezzo della riforma in questione l’offerta dei beni e dei servizi pubblici dovrebbe tendere a migliorare, innanzitutto, grazie ad un diverso orientamento gestionale del management pubblico incentrato sul miglioramento continuo delle

performance, sull’adozione di parametri di riferimento e confronto e l’apprendimento di

informazioni attinenti alla customer satisfaction (OECD, 2010, p. 12). L’obiettivo di fondo per il quale è stata adottata l’ennesima riforma consiste, invero, nell’incrementare la qualità dei servizi pubblici offerti e, corrispettivamente, nell’accrescere le capacità delle autorità competenti di riuscire a soddisfare le esigenze della collettività tramite un sistema di

performance management. Ancora, secondo la recente riforma, il sistema di misurazione e

valutazione delle performance si profila come lo strumento grazie al quale l’amministrazione pubblica consegue contemporaneamente «elevati standard qualitativi ed economici del servizio»; queste disposizioni rammentano, in particolar modo, che gli sforzi dell’organizzazione pubblica devono essere parallelamente tesi ad incrementare la qualità dei servizi prestati e a selezionare le allocazioni di risorse ottimali per realizzarli (Nuti, 2009, p. 3), senza che l’una o l’altra finalità prevalga. Nei prossimi anni, ciascuna amministrazione pubblica nel suo complesso, organo politico e tecnico direttamente coinvolti, sarà tenuta a rispondere ai bisogni della cittadinanza nel rispetto delle condizioni economiche di efficienza e di produttività. I provvedimenti normativi diretti ad avviare l’applicazione di sistemi di

performance management all’interno del settore pubblico italiano si dimostrano essere, dunque,

fermamente allineati con le considerazioni teorico-pratiche largamente diffuse sull’argomento in questione (65).

Malgrado ciò, ogni amministrazione pubblica (azienda sanitaria, ente locale, agenzia governativa) al fine di assicurarsi la “buona riuscita” di un sistema di gestione delle

performance in grado di consentire il miglioramento dei risultati pubblici locali deve,

innanzitutto, prestare particolare attenzione ad alcuni elementi rischiosi ed interpretazioni distorte solitamente rinvenibili dall’analisi delle casistiche pubbliche e generalmente accolti

(65) I principi generali e i criteri da osservare nello sviluppo di un sistema di misurazione e valutazione delle performance contenuti nel testo della riforma trovano fondamento in modelli teorici estrapolabili dalla letteratura sull’argomento; per visionare alcune esemplificazioni di richiami teorici correlabili agli articoli del decreto Brunetta si veda quanto riportato dall’OECD (2010) a p. 47.

dalla dottrina aziendale. Delle svariate e rischiose incognite che una qualunque amministrazione potrebbe ritrovarsi a dover affrontare in fase di progettazione di un sistema di questo genere le principali possono essere:

 l’onerosità di sistemi particolarmente complessi (Ruffini et al., 2011; Sanger, 2008). Il costo (66) di alcuni sistemi di performance management, infatti, può diventare eccessivamente elevato (rispetto ai benefici da esso prodotti) a causa di difetti progettuali, come per esempio l’elevato utilizzo di indicatori poco significativi, oppure per le repentine modifiche e correzioni ad esso successivamente apportate. Inoltre, particolare attenzione deve essere prestata alla complessità (67) caratterizzante questi sistemi, attributo che spesso ne può condizionare sensibilmente il costo.

 l’ancor troppo scarsa autonomia riconosciuta ai manager pubblici (Calciolari, 2009, p. 649). La discrezionalità decisionale costituisce uno dei presupposti dei sistemi di

performance management che può essere tanto più a repentaglio quanto maggiore è

l’ingerenza politica e quanto più numerose sono le leve di potere in mano all’organo di governo che consentono di condizionare sensibilmente i comportamenti tecnici. Il sistema in questione apporta benefici «nella misura in cui è in grado di incidere e modificare i comportamenti» (Nuti, 2009, p. 29). Laddove la dirigenza pubblica, invece, è soggetta alle continue pressioni dell’esecutivo non risulta per nulla condizionata nei comportamenti da assumere dalle misure rilevate. La mancanza di responsabilizzazione influisce altresì sul livello di accettazione del sistema di misurazione e valutazione e sulla percezione della sua utilità da parte della struttura operativa; infatti, maggiormente i soggetti sono abituati a non ritenersi responsabili dei risultati generati, maggiormente non sapranno che cosa farsene di indicatori di monito della gestione.

 l’inadeguatezza delle informazioni discendenti dalle misurazioni nel catturare i fenomeni reali, vuoi per la complessità caratterizzante il contesto di riferimento, oppure per le manipolazioni strategiche a cui viene usualmente sottoposto il sistema allo scopo di alterarne i risultati (Calciolari, 2009; Nuti, 2009; Ruffini et al., 2011; Sanger, 2008). Come accade spesso anche nelle imprese private, le rilevazioni vengono svolte e gli indicatori sono

(66) Nel decreto in questione, il legislatore ha stabilito l’obbligo per le amministrazioni di non far derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica nell’applicazione delle relativa riforma, ovvero di impiegare le medesime risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. In pratica, secondo tale disposizione, le amministrazioni pubbliche dovranno introdurre e rendere operativamente funzionante un sistema di misurazione e valutazione delle performance dai benefici superiori ai costi sostenuti per la progettazione e implementazione, non dovendo in alcun modo ricorrere ad un indebitamento pubblico ulteriore.

(67) In questo caso, la complessità è data dalla notevole difficoltà riscontrabile quando si tenta di sintetizzare attraverso degli indicatori determinati outcomes desiderati sui quali quasi sempre incidono fattori e fenomeni del tutto estranei all’attività pubblica.

identificati con un certo grado di soggettività che può di fatto annebbiare la visione della realtà e ancor più frequentemente qualora i dati sulle performance sono strettamente legati ad un sistema di riconoscimento di incentivi monetari; se lasciati liberi di agire, politici e dirigenti, soggiogati dalla possibilità di non ottenere un altro mandato o di non vedersi rinnovare l’incarico, comprometteranno l’attendibilità dei risultati a proprio favore. Risulta fondamentale quindi non solo progettare e sviluppare un sistema in grado di migliorare i risultati prodotti, ma anche verificarne e monitorarne costantemente il corretto funzionamento e utilizzo, coerentemente con i fini per il quale è stato implementato.

 la cultura burocratica rappresenta un ostacolo al cambiamento e specialmente all’adozione e all’impiego di informazioni sulle performance (OECD, 2010, p. 13), in quanto questo tradizionale approccio seguito non riconosce come importante l’impiego di misure multiformi per la programmazione e gestione amministrativa. Ancora una volta uno degli ostacoli, e forse il principale, all’ennesimo tentativo di migliorare l’operato pubblico attraverso l’adozione di tecniche manageriali è costituito dalla cultura del pubblico impiego e ancora una volta al centro di tutto sono le persone con la loro resistenza al cambiamento e, soprattutto, alle metodologie di valutazione; come da più parti confermato (68) la preparazione culturale dell’organizzazione per l’introduzione di un qualunque meccanismo operativo è dunque d’obbligo (Del Bene e Marasca, 2009, p. 307).

A questo punto, dopo aver sottolineato quali siano i probabili benefici derivabili dall’introduzione di sistemi di performance management e le criticità delle quali tenere al contempo conto, risulta scontato chiedersi cosa s’intenda per performance in ambito pubblico o con quali parole essa possa essere identificata. Similmente a quanto rilevato dagli studi del mondo privato, anche in questo caso la questione si presenta particolarmente ostica data la dinamicità, la multidimensionalità e differenziazione del termine (Silvi, 1995, pp. 69-70). Ciononostante, riportando quanto affermato da alcuni (Rennie e Di Filippo, 2006, p. 14), si ritiene che la performance aziendale nel contesto pubblico dagli anni duemila possa allinearsi sempre più al concetto di valore pubblico (69). La creazione di valore pubblico sembra, infatti, ben sintetizzare quanto ai giorni nostri viene richiesto alle amministrazioni pubbliche di

(68) Della medesima opinione è Sanger (2008, p. 77) la quale scrive «an effective introduction of performance measurement and performance-based management requires a culture change and takes a committed leader with considerable skill willing to provide significant managerial investment and rewards». D’altronde si rammenta che l’ambiente culturale e le tensioni fra i gruppi sociali interni all’organizzazione consistono nelle variabili più importanti e più difficili da governare dalle quali dipende la buona riuscita in ogni momento delle innovazioni apportate.

(69) Il concetto di valore pubblico come si ricorda è stato teorizzato per la prima volta da Moore H.R. nell’opera Creating Public Value del 1995, e di recente (2011) aggiornata dall’autore insieme a Benington J. in Public Value. Theory and Practice, contenente peraltro numerosi interventi e conclusioni proposti col passare degli anni da svariati studiosi.

generare, raccogliendo al suo interno complessivamente gli aspetti fondamentali da osservare e rispettare, in questo nuovo complicato contesto; la classe politica, la cittadinanza, gli studiosi e le stesse amministrazioni sono tutti soggetti interessati alla misurazione e alla conoscenza della capacità sviluppata dall’ente locale, anche attraverso l’interazione e il coordinamento con altre organizzazioni, nel creare valore per la collettività con le risorse messe a disposizione da quest’ultima e per le generazioni future (Bernington e Moore, 2011, p. 43).

Di preciso, oggigiorno, il concetto di valore pubblico non è più semplicemente circoscritto ad indicare la capacità dei beni e servizi prodotti dall’amministrazione di soddisfare, più o meno adeguatamente i bisogni dell’utenza, bensì comincia sempre più a corrispondere alla capacità di risposta che è in grado di fornire una domanda “plurale” alle complessive esigenze attuali e future della società (Bernington e Moore, 2011; Borgonovi e Mussari, 2011; Rennie e Di Filippo, 2006; Tanese et al., 2006).

In particolare, i cambiamenti istituzionali che stanno intervenendo nelle relazioni fra Stato e amministrazioni territoriali, in Italia riconducibili al quadro delle riforme sul federalismo, influiscono in maniera decisiva sul grado di autonomia e responsabilità gradualmente assegnati alle regioni e agli enti locali, obbligando tali amministrazioni a modificare il proprio modo di governare e di incidere sul territorio di riferimento. La maggiore discrezionalità d’azione riconosciuta all’ente locale, coerentemente con le finalità che gli competono, contribuisce a renderlo un centro decisionale pubblico importante nel quale, con modalità diverse da amministrazione ad amministrazione, ci si preoccupa sempre più della risoluzione di molteplici problematiche complesse; la creazione di valore pubblico quindi non può concretizzarsi in un’unica politica o in un unico programma di azione, ma si identifica in una molteplicità di modi differenti di agire capaci di assolvere ai bisogni collettivi. Inoltre, la crescente dinamicità e complessità ambientale condizionano sempre più la dimensione dello spettro d’azione dell’intervento pubblico. Per queste ragioni, i problemi che le amministrazioni territoriali sono chiamate a risolvere, rispetto al passato, riguardano maggiormente la collettività nel suo complesso: una risposta diretta a soddisfare un problema globale apporta benefici per molti più soggetti rispetto a un’unica condotta volta ad appagare i bisogni di singoli individui (Borgonovi e Mussari, 2011, p. 111).

Inoltre, nel cercare di soddisfare problematiche molto comuni, seppur condizionate dalle caratteristiche socio-economiche dell’ambiente di riferimento, si è diffuso di recente nelle amministrazioni pubbliche il ricorso a forme di cooperazione e partenariato. In sostanza, enti e organizzazioni, pubbliche o private che siano, si coalizzano insieme in reti o network al fine di conseguire opportune sinergie ed economie di scala, di raccogliere e condividere fra loro una certa conoscenza, nonché di assolvere con rigore alla soddisfazione delle necessità collettive

(Rennie e Di Filippo, 2006, p. 14). All’interno di queste reti di collaborazione l’ente pubblico può coincidere con il vertice direzionale e indirizzare e coordinare il lavoro, per esempio, di società partecipate, imprese appaltatrici, organismi no profit; ancora, le amministrazioni comunali appartenenti al medesimo territorio metropolitano o provinciale possono decidere di predisporre i prossimi piani strategici in comune fra di loro al fine di rafforzare i benefici derivanti da ogni singola azione pubblica (Tanese et al., 2006, pp. 25-33).

Il concetto di valore pubblico sta assumendo, quindi, una complessità e multidimensionalità che, come descritto precedentemente, sono propri del concetto di performance. Riassumendo, con le parole di Borgonovi E. e Mussari R. (2011, p. 116) «il risultato dell’azione pubblica (avendo riguardo alla natura dei bisogni) è sempre meno “singolare” o “particolare” (ovvero riferibile a una singola azienda o a una sua funzione, linea di attività o unità organizzativa) e sempre più “plurale” o “globale” in quanto scaturente dall’insieme complessivo delle relazioni fra le aziende (pubbliche e private) che concorrono alla concreta attuazione delle politiche condivise in sede istituzionale. La produzione di valore pubblico è pertanto correlata alla capacità delle amministrazioni pubbliche di coinvolgere, anche nella produzione ed erogazione di servizi, una molteplicità (peraltro variabile) di attori istituzionali ed economici e di governare una fitta serie di interdipendenza che con essi si stabiliscono».

Non esistendo una definizione di performance pubblica comunemente accettata dalla dottrina aziendalistica e coerentemente con il presente lavoro di tesi riferito all’applicazione del D.Lgs. n. 150/09 all’interno degli enti locali, sembra opportuno utilizzare la definizione