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3.2.6 L’art pour l'art

Youth è l’ultimo film di Paolo Sorrentino, nel quale vediamo una ulteriore evoluzione verso un

cinema estetico, creato attraverso immagini sempre più oniriche. Un lavoro in cui l’arte sembra essere il filo rosso che lega tutti gli eventi rappresentati nella pellicola.

L’arte è qui rappresentata non solo attraverso richiami alla pittura, scultura e architettura ma grazie anche, a numerosi collegamenti alla musica, alla danza e al cinema stesso.

Youth sembra essere esso stesso un’opera d’arte, costruita attraverso una sequenza di

citazioni, fermo-immagini e tableaux-vivants: un omaggio alla semplicità come rappresentazione della bellezza.

Il film presenta una struttura contemplativa a tratti onirica, dove le figure sembrano aleggiare in un una generale aura di malinconia, attraverso immagini e dialoghi che si fanno sempre più condensati, citazionisti e colmi di significati.

L’opera è costituita da un’infinita serie di immagini, che si susseguono perdendo talvolta il filo conduttore. Immagini, citazioni e richiami che nella loro esteticità sembrano essere caratterizzati da un manierismo fine a se stesso.

A differenza dei film precedenti che si costruivano su molti nuclei tematici, affrontando numerosi argomenti, qui il film sembra maggiormente concentrato sull’esposizione delle immagini. Se l’arte ne La grande bellezza, si legava ad un discorso sulla contrapposizione tra antichità e contemporaneità, tra sacro e profano, in Youth invece, l’arte basta a se stessa: un omaggio all’art pour l’art.

In questo settimo film il regista Paolo Sorrentino mette al centro della scena la giovinezza che contrappone costantemente alla vecchiaia, attraverso la storia di due amici.

Entrambi i protagonisti sono dei grandi artisti: Fred è un compositore e direttore d’orchestra mentre Mick è un noto regista. Anche gli altri personaggi che vengono inseriti nella narrazione si presentano come degli artisti nella loro specialità: l’attore che ricerca la profondità, Maradona maestro nel palleggiare la pallina da tennis; la Miss Universo, bella e intelligente; il grande quanto anonimo scalatore; la Diva che rifiuta il ruolo nel film.

Il film è ambientato in un lussuoso hotel svizzero, nel quale sembrano soggiornare le vecchie glorie del passato.

L’arte della musica è narrata nella vicenda di Fred Ballinger, un uomo apatico che ha dedicato la sua intera vita al comporre e a dirigere le più grandi orchestre del mondo. Un artista che dopo la malattia della moglie decide di abbandonare il lavoro e la musica, anche se la sua passione è così profonda che ricerca il ritmo ovunque nella quotidianità.

La musica sembra essere una costante nella vita del compositore, egli infatti non perde occasione di suonare ritmicamente qualsiasi cosa, sia essa una carta di caramelle o un immaginario concerto campestre, composto da campanacci, alberi e dal vento.

Anche Mick, l’amico di Fred, è un uomo che ha dedicato la sua vita all’arte, nel suo caso al cinema. A differenza di Fred, Mick vuole ancora comporre la sua summa artistica, la sua opera testamento che gli permetterà di essere ricordato. Per entrambi gli artisti, l’arte

rappresenta la loro vita, tanto che una volta capito che il film non sarebbe stato il capolavoro tanto sperato, il regista decide di togliersi la vita.

Il tempo è una delle tematiche più rappresentate nel film. Attraverso un gioco di significati, Sorrentino narra lo scorrere della vita e della vecchiaia, in uno spazio atemporale della vicenda: i protagonisti sembrano essere in vacanza dalla loro vita, in una pausa dalla loro esistenza.

Nelle surreali vasche termali dell’hotel, arriva Miss Universo, che come premio o condanna ha vinto una settimana nel lussuoso hotel. Una donna bellissima che contro ogni aspettativa è pure intelligente. Una donna di grande sensualità, che come vediamo nella locandina del film, entra nella vasca tra gli sguardi ammaliati dei due protagonisti.

In questo caso l’immagine creata dal regista sembra ricordare l’iconografia di Susanna e i

vecchioni(Fig.29). 80

La storia fa parte del libro di Daniele e narra di Susanna, una bellissima donna, che durante il bagno viene notata da due vecchi giudici e da loro importunata, a causa del suo rifiuto però, la donna venne successivamente accusata di adulterio ma salvata da Daniele, il profeta. La vicenda ebbe una grandissima fortuna iconografica e venne rappresentata dai più noti artisti tra cui Paolo Veronese, Rubens, Guido Reni, Artemisia Gentileschi. Le raffigurazioni pittoriche solitamente mostrano la giovane donna all’interno della piscina e i due vecchi che la strattonano, in alcuni casi questi sono rappresentati lateralmente in osservazione.

Paolo Sorrentino, nella sua versione, infatti mostra Fred e Mick nel lato della piscina, che osservano, con sguardo apatico e disincantato, la bellissima Miss Universo che entra nella vasca. Una citazione, dalla quale Sorrentino sembra prendere in prestito più l’impostazione visiva e strutturale che letteralmente la storia della vicenda.

Un altro dei protagonisti messi in scena dal regista è l’attore Jimmy Tree, innamorato del cinema che cerca di essere ricordato per le sue più profonde interpretazioni, e non solo per il noto robot. Egli è nell’hotel per preparare il suo nuovo personaggio: Hitler.

Il travestimento dell’attore nella sua fissità e materialità ci ricorda l’opera di Maurizio Cattelan,

Him (Fig. 30). Un’opera che rappresenta Hitler inginocchiato in posizione di preghiera. La 81

statua mostra non la figura storica del dittatore ma l’interpretazione dell’artista, così come Jimmy Tree decide che non ha senso perdere tempo nell’interpretare l’orrore, ma decide di dare una propria personale interpretazione alla drammaticità del personaggio.

Il film presenta dunque l’arte, la vita e la vecchiaia come tematiche principali, espresse in una voluta e ricercata estetica delle immagini. Inquadrature a composizioni sceniche che presentano una struttura perfettamente simmetrica, in cui le figure sono ferme, bloccate e congelate, dove solamente al protagonista è concesso qualche movimento.

Immagini come tableaux-vivants, che non si collegano precisamente a determinate opere d’arte ma sembrano crearne di nuove.

Più che la narrazione di una storia, Youth sembra un museo, un museo virtuale nel quale si sussegue l’esposizione di quadri uno dopo l’altro: saune, piscine termali, ospiti pittoreschi, massaggiatrici danzanti, la donna che galleggia, il monaco che levita.

Cfr., Codacci-Pisanelli Angiola, Applausi e fischi per il manierismo di Paolo Sorrentino, L’espresso, in

80

http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2015/05/20/news/manierismo-sorrentino-1.213403 Him, Maurizio Cattelan 2001, cera e resina, collezione privata

Le immagini, create qui da Sorrentino e Luca Bigazzi, mostrano una raffinatissima composizione, un ricercato tecnicismo, la messa in scena di quadri statici, evidentemente artificiali, disseminando una serie di elementi ad effetto che hanno la chiara funzione di ammaliare l’osservatore.

“(…) Tutti i film di Paolo Sorrentino sono metafilmici, citazionisti, omaggi talmente manifesti a un immaginario cinematografico, musicale, pittorico, da essere pieni di sosia e di cloni.” Youth è forse più di tutte, un’opera estetica e a volte manierista, che vuole esporre quell’amore per l’arte che fa da linea guida a tutta la pellicola.