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3.3.3 Roma, sacra e profana

Ne La grande bellezza Sorrentino fa una dedica di amore e disprezzo a Roma, centro indiscusso nel quale si è formata la cultura occidentale.

Il regista introduce una elevata quantità di elementi artistici, oggetti, citazioni e opere, derivanti direttamente dalla cultura del nostro paese, che trova la sua culla nativa nella città di Roma. La capitale è il luogo in cui vi è la più grande concentrazione di storia, arte e cultura di tutto il mondo, e che Sorrentino ci permette di scovare, anche dove non è pubblicamente visibile. Fin dalle sue prime immagini La grande bellezza ci mostra alcuni tra i luoghi più nascosti e allo stesso tempo tradizionali della città, come per esempio lo scoppio del cannone sul colle del Gianicolo che ci introduce nella vicenda di Jep Gambardella. Allo stesso modo, l’inquadratura della statua di Garibaldi, da cui emerge la frase Roma o Morte, ci anticipa la contraddizione tra sacro e profano che fa da filo rosso alla narrazione . 114

Il film è disseminato di panoramiche che rappresentano il grande paesaggio romano, scorci e architetture che ci vengono mostrate come delle vere e proprie opere d’arte, vedute che vengono rappresentate come normali e naturali scenografie al quale nessuno dei protagonisti presta però più attenzione.

Molteplici sono gli interni signorili che vediamo susseguirsi nelle immagini del film: la casa di Jep, quella di Viola e di Orietta. Numerosi sono anche i giardini e i paesaggi nei quali il regista ci conduce attraverso le passeggiate che Jep si concede in compagnia di Ramona.

Sorrentino ci mostra qui Roma come un museo a cielo aperto, nel quale le architetture e le sculture sono funzionali al messaggio del film. Il film sembra infatti voler mostrare, attraverso la contraddizione tra sacro e profano, quella società ormai vuota e dedita allo sperpero che non riesce a percepire e ad apprezzare il valore delle cose.

Molti sono i luoghi che ci vengono mostrati come scenografie, vere e proprie opere d’arte che la cinica società romana ormai non considera e non apprezza più. Palazzi ricchi nei quali vivono i protagonisti, ma all’interno dei quali sembrano essere prigionieri più che protetti. (Fig. 13)

La società che racconta Sorrentino è bassa e frivola, si presta alla cerimonia del botox, in cui uomini e donne si mettono in fila, per una bellezza effimera data dai plastici ritocchi. Alle spalle del fantomatico dottore, vi è Venere, icona della bellezza e della femminilità, ma che qui sembra solamente una copia dell’originale. (Fig.14)

Uno degli eventi più tristi dell’intero film è forse la scena che vede protagonisti i coniugi Colonna. La sequenza ci ricorda per alcuni aspetti la vicenda dei nobili caduti in disgrazia de

Le conseguenze dell’amore: la coppia che vive nella camera dell’albergo, aspettando di

morire in modo rocambolesco.

Cfr., D’Orazio C., La Roma segreta del film La grande bellezza, cit., pp. 5-10

Ne La grande bellezza la vicenda dei due coniugi viene ulteriormente esasperata. Il conte e la contessa Colonna, perso il loro patrimonio, vivono nella cantina del loro palazzo e si prestano ad interpretare, in cambio di una lauta ricompensa, la parte di falsi nobili.

In una scena vediamo la contessa Colonna suonare al portone del suo stesso palazzo, camminare tra ambienti e arredamenti che un tempo rappresentavano lo sfarzo della sua famiglia. La scena si mostra come uno dei momenti più tristi di tutto il film, quando la donna ascolta per mezzo l’audio-guida la sua storia, la sua nascita, la morte della madre e la caduta in disgrazia del padre.

Nelle scene successive, Sorrentino ci riporta ai giorni odierni, introducendoci all’arte contemporanea per mezzo della festa a casa di Lillo.

Non a caso l’edificio che il regista sceglie per rappresentare l’evento è anche l’abitazione di un noto collezionista d’arte: Pino Casagrande . Casagrande era uno dei più grandi 115 collezionisti del nostro tempo, un esperto che amava circondarsi di oggetti artistici, sviluppando all’interno della sua abitazione un arredamento di perfetta compenetrazione tra arte antica e arte contemporanea, tra sacro e profano.

La città che Sorrentino crea all’interno del suo film è frutto di un meticoloso ed interessante montaggio che ci porta nei meandri più nascosti dei palazzi romani, luoghi generalmente chiusi e non visibili dal pubblico. Sorrentino, attraverso la passeggiata che viene concessa a Jep e Ramona da Stefano il custode delle chiavi, ci mostra il vero cuore di Roma.

Stefano è l’uomo di fiducia delle principesse che porta sempre con se la valigetta, contenente le chiavi dei luoghi più affascinanti della città. Il custode in qualità di protettore della cultura che accompagnerà i protagonisti nei meandri più silenziosi della Roma sacra, lontana dall’esistenza profana del suo popolo.

Il viaggio inizia attraverso l’onirico scorcio della Basilica di San Pietro, vista attraverso il buco della serratura di un grande portone. I due protagonisti, una volta oltrepassato il portone, si ritrovano tra le siepi di Palazzo Cavalieri, nel magnifico giardino che ci introduce nelle storiche gallerie d’arte romana: i Musei Capitolini.

Una volta entrati nel palazzo, ci troviamo al cospetto del Marforio , che metaforicamente 116

viene inserito all’inizio della nostra visita tra le antiche statue della cultura occidentale come nella realtà è posto nei giardini d’entrata del palazzo nuovo dei musei capitolini.(Fig.15)

Da qui, inizia il percorso all’interno dei palazzi romani. I due protagonisti, accompagnati dalla fioca luce di un candelabro, camminano tra le antiche statue greco-romane. Lungo la galleria si aprono innumerevoli stanze al cui interno sono esposte opere dell'antichità, mezzi busti e statue, ritratti di gloriosi imperatori, principi e condottieri del passato.

La cinepresa si insinua tra tutte le stanze scovando i pezzi più importanti della collezione, ci mostra la splendida Venere Capitolina : la statua, copia romana, che rappresenta la 117

versione pudica della Venere, appena uscita dal bagno che tenta di coprirsi il pube e i seni

Pino Casagrande (1937-2013), noto collezionista dell’ambiente romano, che si avvicina al mondo del

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collezionismo negli anni ottanta, fino ad aprire una galleria tutta sua nel 1992 in Via Principessa Clotilde. Nella sua casa, una vera e propria villa sospesa tra l’Aventino e le Terme di Caracalla nella quale non di rado venivano organizzati eventi all’insegna della cultura, dell’amicizia e del buongusto.

Marforio, statua marmorea romana I sec. a.C., Musei Capitolini, Roma.

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Venere Capitolina, autore sconosciuto, copia romana di un originale greco del II sec. a.C., Musei

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(Fig.16); La vecchia che tiene preziosamente tra le sue braccia il fiasco di vino, rivelando le rughe e le piaghe della vecchiaia; il Galata morente , l’eroe che piange le proprie sconfitte, 118

che venne commissionata da Attalo I di Pergamo per sancire la vittoria sui Galati. (Fig.17) La sequenza di riprese fa vedere le opere più belle della collezione conducendoci verso un luogo ben preciso. La luce, le pareti e tutti gli elementi presenti nelle stanze sembrano accompagnarci verso l’opera centrale, fulcro di tutto il percorso: La Fornarina di Raffaello 119

(Fig.18).

All’interno di quest’ultimo palazzo il buio è totale e il nostro sguardo viene catalizzato dalla magnifica opera di Raffaello, l’unica fonte di luce della scena. La Fornarina è dotata di una luce propria che le permette di emergere dall’oscurità. Tutti gli sguardi sono concentrati su di lei, sullo splendore di donna semi-svestita che con eleganza si mostra al pubblico.

Il celebre dipinto di Raffaello, si presenta come un’immagine ammaliante che cattura l’attenzione di Jep che si commuove davanti l'immagine della donna.

Il dipinto che rappresenta il ritratto di Margherita Luti, la figlia del fornaio di Trastevere della quale Raffaello era profondamente innamorato, ci riconduce in qualche modo alla donna amata di Jep: Elisa.

La Fornarina nel film viene mostrata come rappresentazione dell’amore, un’icona collegabile

a Venere. Da un lato Venere o Fornarina sembra ricorda l'amore giovanile di Jep, dall'altro invece rappresenta l'ammirazione dei cittadini nei confronti della propria città.

Il percorso nel quale i due protagonisti sono condotti risulta impossibile nella realtà, esso è frutto di una interessante e raffinata operazione di montaggio. Il percorso che inizia a Palazzo Cavalieri, per proseguire poi nei musei capitolini fino ad arrivare a Palazzo Barberini. Tuttavia i passaggi tra questi diversi luoghi sono resi impercettibili grazie all’operazione dal regista che ci permette di assistere ad un viaggio che è emozionale e di forte pathos oltre che informativo.

A differenza degli altri film, in cui i quadri e le opere d’arte risultavano inserite in relazione al significato della scena o della particolare situazione, ne La grande bellezza, il messaggio degli oggetti artistici sembra relazionato all’intera pellicola più che ai singoli eventi. L’insieme degli oggetti artistici e delle citazioni d’arte sottolineano infatti, lungo tutto il film, il gioco tra sacro e profano, tra bellezza e superficialità che pare essere il reale soggetto del film.

Galata morente, Epigono, copia marmorea dei un originale bronzeo del 230-220 a.C., Musei Capitolini,

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Roma

La Fornarina, Raffaello Sanzio, 1518–1519 ca., olio su tavola, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma