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1.4.5 THIS MUST BE THE PLACE

La paura è importante per aiutarti a prendere decisioni, ma almeno una volta nella vita bisogna

non aver paura 67

Regia = Paolo Sorrentino

Soggetto e Sceneggiatura = Paolo Sorrentino e Umberto Contarello Musiche = David Byrne, Will Oldham Fotografia = Luca Bigazzi Produzione = Medusa Film, Indigo Film, Lucky Red, ARP Sélection, Element Pictures Durata = 118’

This Must Be The Place rappresenta la prima esperienza internazionale del regista

partenopeo, che avviene grazie anche, all’incontro con Sean Penn. I due si videro durante le premiazione de Il divo, al Festival di Cannes, in cui Sean Penn era il presidente di giuria. Il film si configura come un opera dedicata alla grande tradizione della musica rock, espressa in una spettacolare struttura metaforica del viaggio.

Cheyenne, una rockstar ormai ritiratasi dalle scene, vive a Dublino, non parla con la sua famiglia da quasi trenta anni. Ma un giorno viene a conoscenza della grave situazione di salute del padre e decide di partire alla volta dell’America. Arriverà in ritardo, il padre è ormai morto. Ma in una sorta di onore e di omaggio alla sua morte, Cheyenne decide di intraprendere il viaggio che il padre stava seguendo da molti anni. Una sorta di riscatto personale per entrambi, un viaggio esistenziale, di maturazione che si snoda tra le meravigliosi e desolati paesaggi americani.

Sean Penn interpreta una rockstar sul viale del tramonto, Cheyenne, una figura in perfetto stile dark-rock con capelli cotonati, trucco evidente e una insana malinconia che lo rende un personaggio del tutto pittoresco.

Vive con la moglie, una donna tutta d’un pezzo che di lavoro fa il pompiere e si prende cura di lui. Passa il tempo con una giovane ragazza Mary, anche ella depressa che sembra non cogliere le attenzioni di Desmond.

Cheyenne viene mostrato come un uomo privato della forza vitale che si veste ancora come una rockstar ventenne, ma cammina con l’incidere titubante di un vecchio. Dotato di una voce flebile che suona come una cantilena infantile, egli non fuma perché è un bambino “e i bambini sono gli unici che non hanno mai il desiderio di fumare” . 68

Un uomo incastrato nella sua stessavita, che riuscirà a liberarsi proprio grazie al viaggio nel suo passato, un viaggio che sarà un percorso evolutivo e formativo tra storia, cultura e paesaggio americano.

Cheyenne in This Must Be The Place ( Paolo Sorrentino, 2011)

67

Cfr., Dayné A., This Must Be The Place, “Panoramiche”, 54, 2012, p.40

Cheyenne infatti, a causa della morte del padre intraprenderà un percorso nel suo passato che lo condurrà verso l’America in cui era nato.

La Rock-star deciderà poi di vendicare il padre, andando alla ricerca dell’aguzzino che lo aveva umiliato durante la prigionia, nei campi di concentramento. Un viaggio in cui incontrerà personaggi come “figurine bizzarre di un album che raccoglie trance di vita comune, ritrattini pieni di calore e colore, schizzi, bozzetti dai quali trapela l’amabilità, il senso dell’humor, il gusto della minuzia” . 69

Uomini e donne pittoresche: l’apparizione in bianco dell’amico; l’anziano stravagante che dice di aver inventato il trolley; David Byrne che interpreta se stesso; il cacciatore di nazisti Mordecai Midler; il bambino che non sapeva nuotare.

Un viaggio di maturità alla fine del quale, vedremo il protagonista prendere l’aereo, fumare la sua prima sigaretta, abbandonare il trolley e il carrellino, togliersi il trucco mostrandoci un vero sorriso sulle sue labbra. Cheyenne è finalmente diventato adulto.

La grande regia di Sorrentino, riesce a restituire nel contempo quel senso di immensità e di solitudine, incrociando lo stile roadmovie al romanzo di formazione.

La prima parte della vicenda e caratterizzata da un senso di tristezza, di mancanza che è rappresentata con il vuoto. Il vuoto è l’elemento per eccellenza del film, rappresentato da immagini minimaliste e razionali com’è la cucina, vuote come sono le strade senza auto, vuoto è il prato e il giardino, vuota è anche la piscina, che non ha acqua perché nessun ha

mai pensato di mettercela.

I luoghi dove viene ambientata la vicenda sono caratterizzati dalla provvisorietà, dalla mancanza di contatto, “spazi che si evidenziano per la loro negazione della conoscenza individuale, spontanea e umana,(…).” 70

Non solo i luoghi, ma anche i protagonisti sembrano essere tutti caratterizzati dal vuoto, dall’assenza, dall’abbandono. Figure apatiche, portate all’esagerazione tanto da farle diventare profondamente ironiche, divertenti in grado di suscitare empatia con lo spettatore. Con questa opera Sorrentino sembra impossessarsi dei riti e dei miti del cinema americano, adattato al suo registro espressivo e alla sua tipica struttura drammaturgica.

La natura, gli spazi, le immense terre desolate sono mostrate dal regista al massimo della loro espressività. Sorrentino ci mostra l’America, secondo le immagini, volutamente esasperate stratificate nelle nostre menti, stereotipi con cui noi identifichiamo gli spazi americani.

“(…) tra i lunghi banconi e dinners desolati, motel tristi e sperduti e stazioni di servizio al centro del niente: distese e strade rettilinee tagliate in composizione di calibrata geometria e astrattismo, ponti sospesi sulle profondità del canyon, immensi paesaggi su cui

campeggiano le difficoltà del vivere e il contrappunto delle solitudini sperdute” 71

Cheyenne si inserisce perfettamente nel panorama dei personaggi sorrentiniani, caratterizzati da maschere, un mascheramento che qui sembra rappresentare anche la sua prigione e la sua incapacità a crescere.

Vigni F., La maschera, il potere, la solitudine: il cinema di Paolo Sorrentino, cit., p. 177

69

Ivi., p. 170

70

Ivi., p. 180

Una rock-star che ha un segreto, un peso che sembra portarsi appresso nel carrellino o nel trolley che è il “(…)peso dell’irrisolto passato, ma è altresì quello del vuoto del presente (…)” . 72

This Must Be The Place, non è ritenuta una tra le sua opere migliori, anche se rispettivamente

alle precedenti, si presenta come un’opera più matura e consapevole.

Le opere precedenti del regista, sono giocate su strutture vorticose della trama, composizioni di pieni e vuoti, di incastri qua e là delle varie vicende. In This Must Be The Place Sorrentino decide di utilizzare una struttura lineare, orizzontale che scorre lenta in cui soggetti, eventi e luoghi vengono talvolta solamente mostrati e sorpassati senza soffermarsi.

This Must Be The Place si presenta come un lungo e malinconico viaggio, che parte da

Dublino per arrivare in America e ritornare poi a Dublino.

Un viaggio di espiazione e maturazione lungo un America mostrataci come una cartolina. Immagini che si susseguono, una dopo l’altra in un capolavoro visivo, sottolineato ulteriormente dalla colonna musicale del film.

Ivi., p. 169