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Art 47 e art 41, ultimo comma: la particolare attenzione alla tutela consumeristica.

Ripensando all’individuazione di una distinzione tra gli artt. 41 e 47 Cost.107, è stato autorevolmente sostenuto108

105 Cfr. P. CERRI, Fallimento e debiti di massa, Giappicchelli, 1980.

106 Comunicazione Consob n. DIN/82717 del 7 novembre 2000. 107 Cfr. supra cap. I, par. 2.1. e cap. II par. 1.

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come il secondo possa essere interpretato quale specifica- zione del primo alla luce di taluni sviluppi nella composi- zione dell’azionariato dei grandi complessi produttivi del Paese.

La funzione sociale dell’imprenditore riconosciuta dall’art. 41 Cost. riconducibile agli azionisti detentori di quote di potere (essendo proprietari azionari) sarebbe poco assimi- labile alla tutela degli azionisti-risparmiatori, interessati al semplice “accesso” all’investimento azionario e protetti in- vece dall’art. 47 Cost.

In altre parole, l’art. 47 tutelerebbe solo gli azionisti esclusi dai gruppi di controllo e potrebbe essere assurto a parame- tro, in via generale, anche per tutti gli azionisti allorquando si tratti di società cc.dd. a “capitale polverizzato” o a dire- zione manageriale. Nelle publics companies, infatti, la pro- prietà, non strettamente collegata al controllo, porta i de- tentori di azioni a disinteressarsi dalla gestione dell’impresa, la quale quindi farà riferimento ai managers professionali essendo, essi stessi, oggetto di protezione ex art. 41 Cost.109.

108 F. GALGANO, (a cura di), La Costituzione Economica, Cedam, 1982, p.

7.

109 Tale intuizione, pur tuttavia, ha trovato opinioni contrastanti con

l’interpretazione ricavabile dal raffronto tra primo e secondo comma dell’art. 41 Cost., a mente dei quali l’attività economica privata dovrebbe essere intesa sia quale attività gestoria dell’impresa che come semplice destinazione di capitali ad essa (in argomento, v. anche A. BALDASSARRE,

Iniziativa Economica Privata (voce), in Enc. Dir., vol. XXI, Giuffrè, 1971, p. 594).

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Per quanto più attiene alla riserva di legge di cui all’ultimo comma dell’art. 41 Cost.110 e tentando di operare una con-

nessione con la tutela del risparmio popolare qui esamina- ta, può notarsi come si sia giunti in Italia, grazie alle spinte e alla visione europeista111, primariamente alla tutela con-

sumeristica112.

In entrambi i temi, infatti, sia nel caso dei diritti dei con- sumatori, sia nel caso della tutela dei risparmiatori, larga parte dell’attenzione è riservata all’informativa precontrat- tuale e contrattuale, affidata sia alle banche, che non devo- no operare raggiri od essere particolarmente oscure nella presentazione dei prodotti, sia al giudice, che deve in que- sto modo attuare il dettato costituzionale.

Le prime leggi italiane a tutela dei consumatori sorgono al- la fine degli anni ’80, ma è in tempi odierni che il soggetto consumatore ha ricevuto una particolare e forte tutela.

110 «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività

economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».

111 L’articolo 169 del TFUE infatti stabilisce attualmente che «al fine di

promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, l’Unione contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi» (grassetto aggiunto).

112 È del codice dei consumatori che è riservata la definizione del

“consumatore”: art. 3, primo comma, «[…] si intende per: a) consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta».

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Senza pretesa di completezza se dapprima la scelta del le- gislatore italiano113 è stata di introdurre nel codice un capo

XIV bis in attuazione della legge comunitaria del 1994, in tema di clausole abusive nei contratti col consumatore, og- gi, dal 2005, esiste un codice del consumo (decreto legisla- tivo, 6 settembre 2005, n. 206) per dare uniformità ad una così importante materia.

In subiecta materia non ci si può esimere dal rilevare il le- game che ha la disciplina consumeristica con le norme det- tate sulla trasparenza bancaria114, importante ai fini del

presente lavoro. Nel nostro ordinamento è stata introdotta per la prima volta con la legge n. 154/1992115 (poi trasfuso

nel Titolo VI, T.U.B., oggi rubricato “Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”).

113 Non tutti hanno ovviato con tale soluzione (ad esempio in Germania si è

inserito nel codice civile; mentre, in Catalogna (Spagna) o in Scozia si è preferito riunirle in un apposito codice o testo unico che dovrà poi essere coordinato con il codice civile.

114 Sul tema CARRIERO, Trasparenza bancaria, credito al consumo e tutela del

contraente debole, in Foro it., 1992, V, p. 354 ss.

115 L’unica norma applicabile (anche) ai rapporti bancari prima del ’92 era il

già citato (cfr. supra cap. II par. 1) art. 1284 c.c., relativo alla pattuizione del solo tasso di interesse. L’art. 1284 c.c. stabiliva (così come stabilisce ancora oggi) che se il tasso degli interessi convenuto fosse stato superiore al tasso legale, la pattuizione degli interessi avrebbe dovuto essere conclusa in forma scritta, quale forma vincolata ad substantiam. A contrario, se il tasso degli interessi convenuto fosse stato inferiore al tasso legale, la pattuizione degli interessi era a forma libera, e quindi provabile con qualsiasi mezzo, anche testimoniale o per presunzioni. Al di fuori di queste ipotesi, prima del 9 luglio 1992 in cui entra in vigore la Legge 154/1992, il regime dei contratti bancari, ed in particolare dei contratti di credito, era caratterizzato pertanto dalla più assoluta libertà (sino all’8 luglio 1992, la forma dei contratti bancari era libera).

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Ad oggi, fonte importante sono le “Disposizioni sulla traspa-

renza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari” disposte

dalla Banca d’Italia in data 29 luglio 2009 che sostituiscono ogni contraria disposizione emanata in argomento fino ad allora.

La disciplina, allo scopo di favorire la semplificazione, la comparabilità delle informazioni e il rafforzamento della tutela della clientela, si basa su tre principali leve:

1) l’adozione del principio di proporzionalità, ovvero la di- versificazione della disciplina a seconda delle esigenze del- le diverse fasce di clientela (“consumatori”, “clientela al dettaglio”, “cliente”) e delle caratteristiche dei servizi;

2) il ricorso alla standardizzazione dell’informativa e agli indicatori sintetici di costo, cioè:

(i) la standardizzazione delle guide pratiche, del foglio in- formativo e del documento di sintesi riferiti a prodotti di conto corrente e mutui offerti ai consumatori;

(ii) la presenza di indicatori sintetici di costo, nella docu- mentazione informativa riferita ai prodotti di conto corren- te destinati ai consumatori, calcolati in base a profili di uti- lizzo tipo standard a livello di settore;

3) l’introduzione di una disciplina sull’organizzazione e i controlli interni, consistente in un insieme di adempimenti volti a garantire il rispetto della correttezza nei rapporti, anche in sede precontrattuale, con la clientela al dettaglio. Tra i principali strumenti di trasparenza si ricordano le forme di pubblicità su tassi, prezzi e altre condizioni con- trattuali praticate per le operazioni e per i servizi e sui principali strumenti di tutela previsti in favore dei clienti; i requisiti di forma e contenuto minimo dei contratti; le for-

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me di tutela nei casi di variazione delle condizioni contrat- tuali e comunicazioni periodiche idonee ad informare il cli- ente sull’andamento del rapporto contrattuale; le regole specifiche per il caso di impiego di tecniche di comunica- zione a distanza; i requisiti organizzativi volti a presidiare i rischi legali e di reputazione della Banca attraverso il man- tenimento di rapporti trasparenti e corretti con i clienti.

5. La giurisprudenza di legittimità e di merito: