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La giurisprudenza di legittimità e di merito: dall’attenzione per i rapporti tra istituti bancari ed organ

di vigilanza alla definizione della nozione di attività bancaria.

Senza pretesa di completezza, passando brevemente in ras- segna la giurisprudenza di legittimità e di merito in mate- ria, si denota una particolare attenzione alla chiarificazione dei rapporti tra organi di vigilanza ed istituti di credito, nonché ad una specificazione dell’attività bancaria.

Partendo da quest’ultima, la natura dell’attività bancaria ha vissuto vicende altalenanti. Dapprima, infatti, la Corte di Cassazione l’aveva definita come «(…) attività (bancaria),

volta alla raccolta del risparmio e all’esercizio del credito, quale che sia la natura del soggetto che la esplica» senza legarla ad alcun interesse di tipo pubblico, di talché qualsiasi soggetto privato finiva per compierla (Cass. pen., sez. un., 10 ottobre 1981). Pochi anni dopo, nel 1987 (Cass. pen., sez. un., 23 maggio 1987), la Cassazione, rendendosi conto che la Banca d’Italia aveva perso l’ampia discrezionalità di cui godeva nel momento genetico dell’attività creditizia, afferma che

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l’esercizio dei pubblici poteri di disciplina, coordinamento e controllo nel settore del credito, di cui all’art. 47 Cost., è coerente con gli interventi pubblici previsti dall’art. 41 Cost. sull’attività economica affinché questa sia indirizzata e coordinata a fini sociali, analogamente a quanto avviene per altre attività economiche. Per ciò stesso, la normale at- tività bancaria resta fuori dall’ambito di applicazione dell’art. 358 c.p.116 mentre lo statuto penale della P.A. con-

tinua ad essere applicato all’attività degli enti creditizi pubblici.

Ancora più pregnante (in quanto riferita a tutti gli istituti creditizi pubblici e privati) è la decisione della Cassazione del 28 febbraio 1989, in cui rigetta definitivamente la teoria del pubblico servizio e definisce l'attività bancaria, indi- pendentemente dall'ente che la esercita, di natura privata, dato che si svolge secondo il modello più prettamente im- prenditoriale ed in regime concorrenziale.

In sostanza, gli operatori bancari, quando esplicano la normale attività di raccolta del risparmio e di esercizio del credito, non sono qualificabili come pubblico ufficiale e in- caricato di pubblico servizio ai sensi degli artt. 357117 e 358

c.p.

116 Art. 358 c.p. prevede «agli effetti della legge penale, sono incaricati di un

pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale».

117 Art. 357 c.p. «agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro

i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e

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Il dibattito relativo alla natura della Banca D’Italia risale ad una decisione del 1952 della Cassazione (sentenza a sezioni unite 21 ottobre 1952 n. 3042). In particolare si riteneva che la banca centrale fosse un ente di diritto pubblico.

E ciò soprattutto in ragione della posizione di preminenza funzionale: in sostanza «prevale, nelle numerose specifiche funzioni di essa, l’interesse generale per l'economia dello Stato».

Tali argomentazioni sono poi oggetto di un’altra decisione, ove la Cassazione, a sezioni unite (senza 5 marzo 1979, n. 1353), riconosce alla Banca d'Italia funzioni pubbliche sta- tuali nel settore valutario e attribuisce carattere pubblicisti- co alla «attività di direzione e vigilanza nel settore crediti- zio e di regolamentazione del mercato monetario e della circolazione monetaria, fra cui preminente quella di difesa del valore internazionale e interno della moneta e la polizia della valuta».

Infine, è interessante soffermarsi anche sul profilo che ri- guarda i rapporti intercorrenti fra Banca d’Italia, CICR e Ministro del Tesoro: in tal senso il Consiglio di Stato con la sentenza del 16 marzo 1966 n. 146, ha riconosciuto la legit- timità del provvedimento del Ministro del tesoro che pro- ceda allo scioglimento degli organi amministrativi di una banca fondandosi sulla motivata proposta fatta dalla Banca d’Italia.

Allo stesso tempo ha ritenuto legittimo il provvedimento di scioglimento degli organi amministrativi di una banca

caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi».

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adottato, in via di urgenza, dal Ministro del tesoro, coi po- teri del CICR, qualora lo stesso venga poi ratificato dal Comitato stesso.

Per quanto concerne più prettamente la protezione del ri- sparmiatore, ricordiamo che la Cassazione con la sentenza 3 marzo 2001, n. 3132 ha riconosciuto la responsabilità pa- trimoniale della Consob per negligenza nell'esercizio dell'attività di vigilanza sull'informazione resa dall'indu- stria finanziaria al risparmiatore.

Come già accennato, difatti, l’attenzione per il consumato- re-risparmiatore in materia di contratti bancari, trasparen- za e correttezza, non è mancata.

A questo proposito, è molto interessante la sentenza del Trib. Roma, Sez. III, 15 giugno 2006 in materia di contratti bancari secondo cui «Le normative contenute nel T.U.F. e nel

reg. Consob, riconducigli agli interessi protetti di carattere pub- blicistico previsti nell’art. 47 della Carta Costituzionale (esigenze di trasparenza, correttezza, diligenza ed equilibrio), sono pre- scrittive o impositive di obblighi di comportamento (cioè di in- formazione attiva e passiva) cui la banca è tenuta in forza di un vincolo negoziale già sorto, non rilevando, di regola, ai fini della validità del contratto, il carattere più o meno doveroso (ovvero resistenza di un interesse pubblico al corretto adempimento) di quegli obblighi, i quali rappresentano una specificazione del ge- nerale dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto, la cui violazione, com'è noto, non si traduce in causa di invalidità dello stesso».

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Ancor più rilevante Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2014, n. 3640 secondo cui «l’art. 137, comma primo bis118, d.lgs. 385 del

1993, (T.U. in materia bancaria), sanzionando la violazione

dell’obbligo giuridico di fornire informazioni veritiere sulla si- tuazione economica di colui che intende ottenere concessioni di credito per sé o per le aziende che amministra, configura un reato di pericolo che intende assicurare, indipendentemente dalla effet- tiva concessione del credito o dal concreto pregiudizio per la ban- ca, una tutela anticipata della correttezza e della lealtà nei rap- porti tra agente ed istituto bancario. (Fattispecie in cui è stata ri- tenuta penalmente rilevante la presentazione di fatture non veri- tiere per la anticipazione bancaria)».

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APITOLO

III

LE POLITICHE PUBBLICHE SUL CREDITO

SOMMARIO: 1. Servizio pubblico e tutela del credito: i diversi modelli