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Il primo periodo di (in)attuazione dell’art 47 Cost e le successive (e tardive) soluzioni approntate dal legislatore

rio. – 2. L’applicazione dell’art. 47, primo comma, Cost.: la tutela del risparmio “in tutte le sue forme”. – 3. L’applicazione dell’art. 47, secondo comma, Cost.: il risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e in- diretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. – 4. Art. 47 e art. 41, ultimo comma: la particolare at- tenzione alla tutela consumeristica. – 5. La giurisprudenza di le- gittimità e di merito: dall’attenzione per i rapporti tra istituti bancari ed organi di vigilanza alla definizione della nozione di attività bancaria.

1. Il primo periodo di (in)attuazione dell’art. 47 Cost. e le successive (e tardive) soluzioni approntate dal legislatore primario.

Prima di entrare in medias res e affrontare l’applicazione giurisprudenziale della norma costituzionale in esame nel presente lavoro, giova analizzare il primo periodo succes- sivo all’entrata in vigore della Carta Costituzionale c.d. di

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‘inattuazione’ della norma stessa, essendo stata considera- ta, sin dall’inizio, una norma di tipo programmatico64.

Secondo le pronunce della Consulta, come si avrà modo di rilevare, l’articolo in questione avrebbe natura di indirizzo politico per il legislatore statale che ha, in questo campo, competenza esclusiva, col solo limite della contraddittorie- tà intrinseca cui potrebbe andare incontro.

Come già ampiamente illustrato, il secondo comma dell’art. 47 Cost., impegnando la Repubblica a favorire l’accesso del risparmio popolare ed al diretto o indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese, rappresenta una mera specificazione del primo peri- odo del primo comma, ove la Repubblica si impegna a tu- telare ed incoraggiare il risparmio in tutte le sue forme. Nel periodo antecedente alla nascita della Consob – l’istituzione che, per eccellenza, rappresenta un permanen- te impegno pubblico alla realizzazione dei valori sottesi al-

64 Intendendo la norma come programmatica vd. V. CRISAFULLI, La

Costituzione e le sue disposizioni di principio, Milano, 1952, nota 5, p. 34.

Contra, più di recente, G. DE MINICO, La Costituzione difende il risparmio. E il

legislatore?, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, la quale nell’analizzare una sentenza della Corte di Cassazione (Cass., sez. I civ., 3 marzo 2001, n. 3132, in Foro it., 2001, I, 1139, con nota di A.PALMIERI) che ha ammesso una

responsabilità patrimoniale della Consob per omesso o errato controllo sull’informazione resa dall’industria finanziaria al risparmiatore, ha rinvenuto una diretta applicabilità della norma costituzionale de qua: «Forse

ancora una volta stiamo dimenticando l'art. 47 Cost. Se provassimo a leggerlo come precettivo? Ritenendo il diritto alla protezione del risparmio radicato direttamente nell'art. 47 Cost., senza necessità di una intermediazione legislativa

per renderlo operante nei confronti di tutti, tale dovere si rivolgerebbe anche alla Consob».

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la norma de qua – gli sforzi della dottrina65 e soprattutto del

legislatore positivo si sono imperniati, tutti, nell’attuazione proprio di questo secondo comma al fine di una maggior tutela del risparmio-investimento, intendendo per essa una riforma di quell’istituto che rappresenta lo sbocco naturale e prevalente: la società per azioni.

L’azionista ideato dal codice del ’42 è un risparmiatore- investitore, attivamente partecipe delle vicende societarie, che investe i propri capitali (o risparmi) per far sentire la propria voce nella gestione degli affari sociali, ancorché si trovi in minoranza.

Tale concezione dell’investimento sembra ascriversi ad una dogmatica del tutto diversa, se non contraria, a quanto pre- scritto dal secondo comma dell’art. in esame, in quanto non popolare e per nulla strutturalmente debole.

Gli anni ’40-’50 sono dominati, dunque, da una “teoria con- trattualistica delle società” la quale, nelle norme sulle socie- tà per azioni, esalta l’autonomia individuale senza partico- lari tutele per chi proviene dai ceti popolari.

Per dirla à la Pavone La Rosa66: «[l]a necessità di una riforma

delle società per azioni è oggi universalmente riconosciuta. Giu- risti, economisti e politici concordano nel ritenere che l’attuale struttura delle società per azioni è inadeguata ai compiti cui esse

devono adempiere nell’attuale stadio di evoluzione

dell’economia».

65 Cfr. N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Laterza, 1998; D. SORACE, Il

governo dell’economia, in Manuale di diritto pubblico a cura di G. AMATO – A.

BARBERA, Cedam, 1984, p. 783 ss.

66 A. PAVONE LA ROSA, Profili della Tutela degli Azionisti, in Riv. Soc., 1965,

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Appare, a parere di chi scrive, una concezione più liberista legata all’art. 41 Cost. che poco si confà al sistema di diritti sociali disegnati dalla Costituzione del ’48: secondo la teo- ria contrattualistica la migliore protezione dell’investitore si individuerebbe nel laissez-faire, in sostanza dovrebbe es- sere esso stesso a ricercare, nel rapporto con gli altri soci ed in una posizione di uguaglianza, almeno formale, rispetto ad essi, le migliori tutele dei propri interessi. Il legislatore avrebbe solo il dovere di assicurare tale libera dialettica. La descritta teoria inizia a manifestare il proprio limite al- lorquando i veri destinatari dell’art. 47 Cost. – i ceti popo- lari – non riconducibili sic et sempliciter agli investitori così concepiti, intraprendono un sistema di investimenti nell’azionariato: gli anni ’50-’60 sono caratterizzati da una forte spinta alla riforma della tutela del risparmio che mai prima di allora aveva visto tanto interesse da parte dei ceti tipicamente lontani dal mondo imprenditoriale.

La necessità di una riforma a tutela del risparmio popolare si fa sentire tramite la voce della dottrina italiana67 che re-

cepisce uno dei capisaldi della pubblicistica statunitense sulla tutela dell’investitore, l’opera di Berle e Means, “The Modern Corporation and Private Property”, del 1934, che prende atto della frammentazione dell’azionariato delle grandi società americane, e pone la questione dell’allontanamento della proprietà di tali società (nelle

67 Si deve soprattutto al contributo di due autori: cfr. A. BALDASSAR-

RE, Iniziativa Economica Privata (voce), Enciclopedia del Diritto, vol XXI, Giuffrè, 1971, pp. 584, 585 e F. GALGANO, La Libertà di Iniziativa Eco- nomica Privata nel Sistema delle Libertà Costituzionali, in (a cura di) F. GALGANO, La Costituzione Economica, Cedam, 1977

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mani di una moltitudine di risparmiatori, anche provenien- ti da ceti popolari) dalla gestione delle stesse (affidata ad una classe di manager professionali i quali, in virtù della propria esperienza e della dispersione dell’azionariato, pur potendo non essere – e normalmente non essendo - pro- prietari di quote della società, di fatto la controllano)68.

Si diversifica, dunque, anche in Italia il soggetto azionista “consapevole” – che controlla le società e detiene buona parte del capitale sociale – e l’azionista-risparmiatore, de- tentore, a contrario, di un capitale modesto ed alla ricerca di una remunerazione dello stesso.

È per ciò stesso che l’art. 47 Cost., specie nel suo secondo comma, si pone come baluardo del risparmiatore ‘popola- re’, intrinsecamente “debole” rispetto a quanto sinora rammentato sull’inadeguatezza della legislazione a pro- teggerli e stimolarli.

Sono gli intenti che muovono i due soggetti ad essere di- versi: da una parte l’azionista “attivo”, ante art. 47 Cost., con il chiaro obiettivo di controllare la società con la pro- pria quota di azionariato, dall’altra un risparmiatore popo- lare “assente”, poco interventista e poco informato in quan- to fiducioso della mera ripresa dell’economia nazionale, non regolata da alcun obbligo informativo delle aziende al- la ricerca di capitali.

L’assenteismo del risparmiatore “costituzionale” non deve ascriversi ad una propria “svogliatezza” o ad un proprio

68 Cfr. A. PAVONE LA ROSA, Profili della Tutela degli Azionisti, in Riv. Soc.,

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limite, bensì al mancato adeguamento della legislazione nazionale ai valori costituzionali69.

Come accennato, sono di derivazione americana, rectius statunitense, una serie di disposizioni legislative atte ad as- sicurare una serie di obblighi informativi a carico delle so- cietà che raccolgono il risparmio della parte più debole del- la popolazione, la cui violazione comporta un’azione giu- diziaria per il recupero delle perdite ed una denuncia all’organo pubblico preposta al controllo (la c.d. SEC)70.

Tali innovazioni costituiscono un importante paradigma per la futura discussione sul ruolo della Consob e sull’inadeguatezza del codice civile (precostituzione) a tu- telare un emergente investitore poco consapevole di quan- to sta investendo: in assenza di una specifica regolamenta- zione pubblica difficilmente si sarebbe fermata l’azione dei cc.dd. insider trading, unici soggetti in possesso di informa- zioni privilegiate al fine di trarre guadagni dalla specula- zione sui titoli interessati.

69 Si pensi alla scarsità di informazioni disponibili, informazioni che le

società sono obbligate, a quel tempo, a dare solo per coloro che detenessero il ventesimo del capitale sociale; nonché alla poca limpidezza dei bilanci (di lì a breve si sarebbero imposti modelli di bilancio maggiormente trasparenti nel calcolo dei profitti e delle perdite affinché si abbia una chiara interpretazione dei risultati dell’esercizio sociale). Cfr. sul punto G. ROSSI, Controllo Pubblico sulle Società per Azioni, in Riv. Soc., 1958, p. 518. Un’altra evidente carenza si potrebbe rinvenire nella mancanza di obblighi di trasparenza soprattutto per le società quotate in borsa atte invece a monopolizzare la raccolta del risparmio popolare.

70 Cfr. L. LOSS, La Funzione dello Stato nella Protezione degli Investitori, in Riv.

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Per ovviare a tali lacune legislative viene, innanzitutto, cre- ata una speciale categoria di azioni, cc.dd. “di risparmio”71,

proprio volte a tutelare quanto prescritto dall’art. 47 Cost. ovverosia incoraggiare l’accesso del risparmio popolare all’investimento azionario “nei grandi complessi produttivi del Paese”, in modo tale da far convivere l’obiettivo dell’azionista interventista (partecipare alla gestione della società) con quello del risparmiatore “assenteista” (volto al mero rendimento dei propri titoli).

Il risparmiatore concepito dall’art. 47, secondo comma, tramite le azioni di risparmio, rinuncia al diritto di votare nell’assemblea della società affinché acquisisca un maggior rendimento delle azioni investite, con un privilegio sulla distribuzione degli utili ed una riduzione della metà dell’imposta applicata ad essi72.

Prima di istituire la Consob, cristallizzando così un sogget- to specifico ed imparziale a tutela dell’art. 47 Cost., ed ac- canto a tale strumento di investimento azionario diretto ad un’attuazione del risparmio popolare, una spinta riforma- trice proviene da buona parte della legislazione europea73.

71 Cfr. O. FERRARO, La stima del valore economico delle partecipazioni. Il ruolo dei

premi e degli sconti, Franco Angeli, 2015, pp. 135 ss.

72 Taluni autori muovono critiche alle azioni di risparmio specie nella

soppressione del diritto di voto che affosserebbe maggiormente la partecipazione del risparmiatore popolare alla vita sociale, impeden- do il controllo della “democrazia azionaria” quale naturale contrap- peso del rischio insito nell’investimento in azioni. Cfr. G. OPPO, La Tutela dell’Azionista nel Progetto di Riforma, in Riv. Soc., 1966, pp. 1227- 1229; A. PAVONE LA ROSA , Profili della Tutela degli Azionisti, in Riv.

Soc., 1965, pp. 113-115.

73 È del 1965 la riforma tedesca, la Francia nel 1966 e il Regno Unito nel 1967

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Nel nostro Paese si ha una commissione interministeriale nel 1964 – un decennio antecedente alla prima legge attua- tiva dell’art. 47 Cost. – con cui si tutelano sia le società quo- tate che quelle non quotate: oltre alle azioni di risparmio, si disegnano una serie di controlli pubblici – affidati alla Ban- ca d’Italia74 – sulle società quotate, si regolamentano per la

prima volta le società dedite all’investimento dei patrimoni

Società per Azioni in Italia e le Iniziative Comunitarie in Materia di Armonizzazione delle Legislazioni Societarie nei Pesi Membri della CEE, in Riv.

Dir. Comm, 1973, pp. 247-248.

74 La Banca d’Italia, investita di tale compito, avrebbe dovuto seguire le

istruzioni provenienti dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (c.d. C.I.C.R.) che purtuttavia l’aveva dotata di poteri così generici da indurre, parte della dottrina a ravvisare una violazione della norma costituzionale che tutela l’iniziativa economica privata (ossia l’art. 41 Cost.) Di quest’avviso G. OPPO, La Tutela dell’Azionista nel Progetto di

Riforma, in Riv. Soc., 1966, p. 1243: «[f]ini, contenuto e mezzi dell’azione

dell’organo di vigilanza giustificano seri dubbi anche sul piano della legittimità costituzionale, perché il proposto controllo porta a una ingerenza dello Stato nella vita economica anche all’interno delle aziende, con violazione della libertà di iniziativa nel suo contenuto ‘minimo’, e perché il meccanismo adottato rende praticamente inoperanti le garanzie dei privati di fronte ad una azione amministrativa che pure incide in modo imponente sui loro interessi».

Sinteticamente, si ricorda, fra i poteri attribuiti all’organo di controllo, la nomina del presidente del collegio sindacale, stabilendone, a fini della garanzia della relativa indipendenza, la retribuzione; il potere di convocare l’assemblea e fissazione dell’o.d.g., di effettuare denunce al tribunale riguardo l’operato di amministratori e sindaci; di invitare gli amministratori a rivedere il progetto di bilancio nel caso esso sacrifichi i diritti patrimoniali dei possessori di azioni di risparmio (ecc.).

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loro affidati dai risparmiatori75, nonché si introduce una tu-

tela indiretta delle minoranze azionarie76.

Concludendo sul punto è la tutela del risparmiatore, con speciale protezione del ceto più debole popolare, ad ispira- re una serie di riforme – quale quella sulla società per azio- ni, una differenziazione tra grandi società quotate e una normativa sull’investimento collettivo – come già delineate e che qui non interessa approfondire oltre.

2. L’applicazione dell’art. 47, primo comma, Cost.: la tute- la del risparmio “in tutte le sue forme”.

Passando ora alla trattazione dell’interpretazione costitu- zionale della norma in esame riservato alla Consulta, si ri- leva come non siano poche le ordinanze sollevate assu- mendo, quale parametro di costituzionalità, l’art. 47 Cost. stesso. Preme sottolineare, pur tuttavia, che spesso si ag- giunge, ad adiuvandum, ad altre norme della c.d. Costitu- zione economica, assumendo un carattere trasversale, inte- ressando, cioè, diversi settori (dalle imposte e tasse agli in- teressi legali, alla retribuzione sufficiente, agli strumenti di previdenza…).

75 È qui che si realizza finalmente l’autonomo (rispetto al primo comma)

precetto del secondo comma della norma in esame, così l’on. Zerbi aveva auspicato puntando a tutelare il risparmio oggetto di “indiretto investimento nei grandi complessi produttivi del Paese”.

76 Ci si riferisce, ad esempio, all’informazione dei soci alla nomina di uno

dei sindaci da parte dell’autorità giudiziaria; alla riduzione del quorum necessario per la convocazione dell’assemblea.

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Si principia, dunque, dal primo comma dell’art. 47 Cost., ovvero alla più volte richiamata tutela del risparmio “in tutte le sue forme”.

Una delle sue “forme” si rinviene nell’importante materia dell’anatocismo bancario77 che occupa una posizione cen-

trale nel rapporto (e nei contenziosi) tra banca e cliente.

77 Il tema è divenuto particolarmente attuale dall’entrata in vigore del d.l.

14 febbraio 2016, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. 8 aprile 2016, n. 49 che ha innovato le lettere a) e b) dell’art. 120, comma 2 T.U.B. (Testo Unico Bancario, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) definendo il nuovo assetto degli interessi anatocistici nei rapporti bancari. La delega contenuta in tale art. («il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle

operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria […]» viene attuata dal D.M. 3 agosto 2016, n. 343 emanato dal Ministro dell’Economia in qualità di Presidente del CICR in tema di conteggio e produzione degli interessi.

Si rammenta brevemente come dal 1° gennaio 2014 l’intero sistema bancario fosse rimasto in attesa dell’emanazione da parte del CICR di tale delibera attuativa, atteso che l’orientamento seguito dalla maggior parte degli istituti di credito si è fondato sulla posticipazione dell’applicabilità della nuova normativa al momento dell’adozione del decreto applicativo da parte del CICR.

Anzitutto, la Delibera CICR predetta consente (cfr. art. 5) alle banche di procedere all’adeguamento dei contratti in corso con una “Proposta di modifica unilaterale” ai sensi dell'art. 118 e 126-sexies T.U.B., con la precisazione che questo adeguamento normativo costituisca giustificato

motivo ai sensi dell’art. 118 T.U.B. citato.

È specificato, poi, che la Delibera (e la nuova normativa prevista dal 120 T.U.B.) trovi applicazione con riguardo agli interessi maturati, al più tardi, a partire dal primo ottobre 2016. Per gli interessi maturati a partire dal quarto trimestre 2016 (compreso) è vietato, in particolare, la capitalizzazione infrannuale degli interessi debitori.

La Delibera statuisce, inoltre, che:

a) l’art. 120, comma 2, del T.U.B. si applica a ogni operazione di esercizio del credito e raccolta del risparmio, salvo alcune diposizioni che si riferiscono solo ad alcune tipologie contrattuali (cfr. infra lett. d);

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Per quanto qui interessa si ricorda, brevemente, come l’anatocismo sia una modalità di calcolo del tasso di remu- nerazione del capitale, in base al quale gli interessi matura- ti in un dato periodo si sommano al capitale originario, concorrendo essi stessi alla formazione di interessi futuri.

b) il divieto di produzione di interessi sugli interessi debitori non si applicherebbe gli interessi di mora, per i quali vi è un semplice rinvio alla disciplina del Codice Civile;

c) viene confermata la regola della pari periodicità (e separata rendicontazione) nel calcolo degli interessi attivi e passivi nei rapporti di conto corrente e di conto di pagamento, che però non può essere inferiore a un anno;

d) per le aperture di credito in conto corrente (o conto di pagamento), anche anticipi documenti, gli sconfinamenti anche in assenza di fido o oltre il fido:

(i) si stabilisce un termine di esigibilità, individuato nel 1° marzo dell’anno successivo a quello di maturazione (ovvero almeno trenta giorni dalla ricezione delle comunicazioni periodiche di cui agli artt. 119 e 126-quater, primo comma, T.U.B.), o comunque nella data di chiusura del rapporto. Si tratta nella sostanza di un termine di legge a partire dal quale la Banca può pretendere dal cliente il saldo degli interessi nel frattempo maturati e dal quale maturano gli interessi di mora (pari al tasso legale ex 1224 c.c. quando non sono stati contrattualmente previsti);

(ii) si conferma la necessità di contabilizzare separatamente gli interessi debitori maturati e la sorte capitale;

(iii) si conferma che banche e clienti possano convenire, anche preventivamente (quindi, in sede di stipula del contratto), che gli interessi passivi maturati ed esigibili siano portati in conto, diventando capitale e producendo interessi. Tale autorizzazione è comunque sempre revocabile prima dell’addebito (a partire dal primo marzo);

(iv) si conferma che il contraVo possa prevedere che, una volta divenuti esigibili gli interessi, i fondi accreditati sul conto dell’' intermediario e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento siano impiegati per estinguere il debito da interessi;

(v) si prevede che, in caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi siano immediatamente esigibili pur non potendo produrre ulteriori interessi, che potranno essere calcolati sulla sola sorte capitale.

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Oggi la disciplina specifica è ricavabile dall’art. 120 T.U.B. (testo unico bancario, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) e de- termina un forte squilibro per il risparmiatore rispetto ai rapporti che intrattiene con la propria banca. Il codice civile contiene una norma, rubricata proprio “Anatocismo”, che vieta tale meccanismo remunerativo prevedendo la capita- lizzazione degli interessi solo in base a precisi presupposti di legge78. Di tale disciplina di favore per il risparmiatore,

in quanto vieterebbe l’anatocismo anteriormente alla pro- duzione degli interessi che con il patto si vogliono capita- lizzare, si è realizzato un uso distorto da parte delle ban- che, le quali hanno fatto leva sulla legittimità dell’eventuale uso contrario, rinveniente, in via interpreta- tiva, in quello normativo che prevede, infatti, la capitaliz- zazione dell’interesse.

Per questo le banche, sulla base di un uso normativo ana- tocistico, hanno da sempre inserito nei contratti di credito in conto corrente, la c.d. clausola anatocistica.

In deroga alla normativa codicistica si prevedeva che l’anatocismo operasse con cadenza trimestrale (anziché, i sei mesi citati chiaramente dalla norma), mentre i cc.dd. in- teressi attivi, quelli cioè a favore del debitore, con cadenza annuale79.

78 Art. 1283 c.c. «In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono

produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi».

79 Cfr., V. CARBONE che si è espresso nel senso di una sorta di “doppia”

velocità, Interessi anatocistici tra interventi giurisprudenziali, salvataggi